Archivi giornalieri: 27 marzo 2023

Pensioni, aumenti il 3 aprile. Chi prenderà più soldi e quanto dall’Inps

Pensioni, aumenti il 3 aprile. Chi prenderà più soldi e quanto dall’Inps

Pensioni, aumenti il 3 aprile. Chi prenderà più soldi e quanto dall'Inps

Pensioni, rivalutazione piena. Ecco per chi

Pensione, calcola quanto prenderai esattamente in aprile (e non solo). Clicca

Pensioni, in arrivo altre novità in aprile (pagamento il 3 essendo l’1 sabato).
L’Inps comunica la conclusione di tutte le attività di rivalutazione delle pensioni e delle prestazioni assistenziali, propedeutiche al pagamento delle prestazioni previdenziali e assistenziali nel 2023. Con la circolare INPS 22 dicembre 2022, n. 135, l’Istituto per la previdenza sociale indica nel dettaglio tutte le operazioni effettuate.

Secondo quanto previsto dalla Legge di bilancio, si dovrebbero avere pensioni minime non inferiori a 600 euro per tutti gli over 75 (rispetto ai 525 euro del 2022). Chi ha meno di 75 anni, invece, non raggiungerà 600 euro: spetterà in quel caso un’altra rivalutazione (1,5%) sull’inflazione con un assegno pari a 570 euro. Non tutti i pensionati potranno beneficiare degli stessi aumenti: l’importo dipenderà, infatti, dal “peso” complessivo dell’assegno.

Ad essere interessati dall’adeguamento al 100% sono solo gli assegni non superiori a quattro volte il trattamento minimo, cioè quelli fino a 2.101,52. Per chi riceve mensilmente cifre più elevate è invece previsto un aumento progressivamente inferiore, sulla base dei sei nuovi scaglioni.

Nonostante l’aumento delle pensioni fosse stato promesso per gennaio, a causa di questioni riguardanti i tempi dell’Inps, esso non si è concretizzato. Tuttavia, i pensionati si aspettavano di ricevere questi aumenti nel mese successivo. Ma, come segnalato da molti, questo non sta avvenendo.

 

Andrea Pianeta, l’ex tranviere che ha battuto l’Inps: “Così ho riavuto la mia pensione”

Andrea Pianeta, l’ex tranviere che ha battuto l’Inps: “Così ho riavuto la mia pensione”

 

Milano – Il ricorso amministrativo vinto da un pensionato di Atm, Andrea Pianeta, apre la strada a una raffica di richieste di rimborso all’Inps da parte di ex lavoratori dei trasporti.

Andrea Pianeta, l'ex tranviere che ha battuto l’Inps: “Così ho riavuto la mia pensione”

Andrea Pianeta, l’ex tranviere che ha battuto l’Inps: “Così ho riavuto la mia pensione”© Fornito da Il Giorno

Le cifre

Il 71enne, in passato conosciuto per la sua attività sindacale nella società del trasporto pubblico milanese, ha ottenuto infatti il pagamento di arretrati per circa seimila euro netti (relativi agli ultimi cinque anni) e un ricalcolo della pensione che lo porta a percepire da ora 156,17 euro lordi in più ogni mese: le pensione lorda mensile passa così da 2.084 euro a 2.241 euro, che equivale a un netto di 1.391 euro mensili.

 

La vicenda

Quei 156 euro in più gli spettavano per diritto ma, finora, non erano mai stati versati. Una querelle che affonda le radici a metà degli anni ’90, quando avvenne un passaggio che si è tradotto in una beffa per i lavoratori del trasporto pubblico. Fino ad allora, infatti, i contributi pensionistici venivano versati in un fondo previdenziale specializzato sul settore che, dal 1995, è confluito nell’Inps. “Noi versavamo somme aggiuntive – spiega Luigi Lazzaretti, un altro pensionato intenzionato a presentare il ricorso per ottenere il ricalcolo della pensione – che ci avrebbero permesso di ottenere una pensione più alta, di circa 150-200 euro in più a seconda delle posizioni. Soldi che di fatto sono ‘spariti’, perché i versamenti sono stati livellati e al momento del calcolo della pensione l’importo totale è identico a quello delle altre categorie che invece hanno sempre versato all’Inps. Finora non ci eravamo accorti della differenza, ora chiediamo la ricostituzione della pensione e il versamento degli arretrati”. La forbice non è da poco: un ex lavoratore Atm con versamenti nel fondo di settore sarebbe dovuto andare in pensione con il 90% dello stipendio, che “in silenzio” si è invece ridotto all’80% con il passaggio all’Inps.

 

Effetto domino

Una beffa che, solo sul fronte di Atm, potrebbe riguardare circa 10mila ex dipendenti, che hanno lavorato fra gli anni ’70 e la metà degli anni ’90. Per ora, dopo il ricorso pilota vinto da Andrea Pianeta, 80 altri pensionati hanno deciso di seguire la stessa strada, rivolgendosi a un patronato per ottenere il ricalcolo. “Gli arretrati che mi sono stati riconosciuti riguardano solo gli ultimi cinque anni – aggiunge Pianeta – perché gli altri anni sono ormai prescritti. È un’ingiustizia, e abbiamo intenzione di andare avanti e fare causa per ottenere l’importo totale. Si tratta di soldi che abbiamo guadagnato con il nostro lavoro: l’Inps non può prescrivere la nostra pensione, altrimenti devono prescrivere anche il vitalizio dei politici”. Pianeta, che vive a Cassina de’ Pecchi, ha intenzione intanto di creare un comitato di ex ferrotranvieri, per portare avanti una battaglia comune.

 

Piccola beffa

Il ricorso vinto, però, ha un risvolto amaro, che rovina la festa. Pianeta, per portare avanti la sua istanza, si è affidato infatti a uno studio legale di Bari, firmando un contratto che lo impegna a versare “il 30% del valore dell’affare” in caso di buon esito del contenzioso. Una fetta dei soldi ottenuti finirà, quindi, sul conto corrente dell’avvocato

Estensione bonus 150-200 euro a Marzo-Aprile, nuova importante circolare INPS appena rilasciata

Estensione bonus 150-200 euro a Marzo-Aprile, nuova importante circolare INPS appena rilasciata

Estensione bonus 150-200 euro a Marzo-Ap
bonus 150 200 euro Marzo Aprile inps

Quali sono i recenti chiarimenti forniti dall’Inps per chi deve ancora ricevere i bonus una tantum di 150-200 euro: ecco le ultime novità

Una nuova importante circolare Inps chiarisce novità sulla estensione del bonus 150-200 euro a marzo-aprile. Come noto, i bonus una tantum dello scorso anno sono stati recentemente estesi anche a categorie di persone che erano state inizialmente esclusi dalla misura. 

Per ricevere i bonus una tantum di 150-200 euro erano previste regole specifiche per i beneficiari. Ed ora l’Inps interviene con nuovi chiarimenti. Vediamo cosa prevedono.

  • Estensione bonus 150-200 euro a Marzo-Aprile a chi spetta
  • Nuova importante circolare Inps per estensione bonus 150-200 euro a Marzo-Aprile

Estensione bonus 150-200 euro a Marzo-Aprile a chi spetta

bonus di 150-200 euro estesi riguardano categorie di persone che, come accennato, erano state inizialmente escluse dalla misura: si tratta dei lavoratori autonomi e professionisti che non hanno una partita Iva, collaboratori, dottorandi di ricerca e assegnisti che non sono iscritti alla Gestione separata a condizione di soddisfare specifici requisiti.

Per ottenere i bonus 150-200 euro bisogna, infatti, essere in possesso anche dei seguenti requisiti:

  • avere reddito complessivo entro i 35mila euro nel periodo d’imposta 2021 per il bonus 200 euro e di 20mila euro per il bonus di 150 euro;
  • essere già iscritti alla gestione autonoma con posizione attiva alla data del 18 maggio 2022, data di entrata in vigore del decreto Aiuti;
  • avare una attività lavorativa avviata al 18 maggio 2022
  • avere effettuato entro il 18 maggio 2022, per il periodo di competenza dal primo gennaio 2020 e con scadenze di versamento entro il 18 maggio 2022, almeno un versamento contributivo, totale o parziale, alla gestione di iscrizione per la quale è richiesta l’indennità
  • non essere titolare di trattamenti pensionistici diretti alla data del 18 maggio 2022

I pagamenti dei bonus alle nuove categorie di persone avrebbero dovuto essere riconosciuti a marzo e l’Inps aveva spiegato che lavoratori autonomi e professionisti senza partita Iva per ricevere i bonus di 150-200 euro, se avevano già presentato domanda o all’Inps o alla propria cassa privata previdenziale ma si erano visti negare il bonus perché inizialmente esclusi, li avrebbero ricevuti a seguito della nuova presa in carico della domanda in automatico.

Chi invece non aveva mai presentato domanda per avere i bonus di 150-200 euro doveva provvedere a presentarla secondo le istruzioni fornite da Inps e singole Casse private. 

Nuova importante circolare Inps per estensione bonus 150-200 euro a Marzo-Aprile

La nuova importante circolare Inps sulla estensione dei bonus 150-200 euro a nuovi beneficiari riguarda proprio le modalità di richiesta dei bonus, con nuova proroga al 30 aprile. Stando a quanto comunicato dall’Inps, chi soddisfa i requisiti per avere l’estensione del bonus 150-200 euro può inviarne apposita domanda di richiesta entro il 30 aprile 2023. 

La domanda deve essere inviata esclusivamente in via telematica, accedendo all’area personale del sito Inps, scegliendo poi la sezione ‘Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche’ e seguendo il percorso previsto ‘Sostegni, sussidi ed indennità’ > ‘Esplora Sostegni, Sussidi e Indennità’ > ‘Vedi tutti’ presente nella sezione Strumenti > ‘Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche’.

Basta poi selezionare la voce di appartenenza, cioè ‘Indennità una tantum- Autonomi Senza Partita Iva’. In alternativa, si può presentare la domanda anche chiamando l’Inps al numero verde o rivolgendosi ad un patronato.

 

Contributi versati non riconosciuti dall’Inps? Ecco come difendersi

Contributi versati non riconosciuti dall’Inps? Ecco come difendersi

L’Inps non ha riconosciuto i contributi versati: cosa devono fare i lavoratori per tutelare i propri diritti.

Uno dei compiti più importanti dell’Inps – acronimo di Istituto Nazionale Previdenza Sociale – è quello di provvedere a gestire ed amministrare i contributi, che vengono regolarmente versati dai lavoratori autonomi e da quelli dipendenti. L’assolvimento di questi compiti, da parte dell’Inps, ha un obiettivo ben preciso: provvedere a garantire ai lavoratori e alle loro famiglie una copertura previdenziale nel momento in cui vi è una malattia, un infortunio sul lavoro o dovessero andare incontro alla disoccupazione. Oltre a permettere di andare in pensione, quando vengono raggiunti i requisiti previsti dalla legge.

A volte, però, può capitare che l’Inps non riconosca i contributi che sono stati versati. Questo, purtroppo, genera alcuni disagi e preoccupazione per i lavoratori coinvolti. Come si devono muovere i diretti interessati, per tutelare i propri diritti? Come si devono muovere per riuscire a farsi riconoscere i contributi da parte dell’Inps? Scopriamolo insieme.

Inps, perché non riconosce i contributi

Quali sono i motivi per i quali l’Inps non riconosce i contributi versati? Perché, in estrema sintesi, un lavoratore potrebbe ritrovarsi in questa spiacevole situazione? Sono diverse le motivazioni per le quali un contribuente può ritrovarsi in questa condizione. Le più frequenti sono le seguenti:

  • omissioni od errori vari effettuati nel corso dell’invio della documentazione. Il datore di lavoro o il datore di lavoro potrebbero non aver inviato tempestivamente o in maniera corretta la documentazione prevista per l’iscrizione dall’Inps o per il successivo versamento dei contributi previdenziali;
  • eventuali errori nella compilazione della documentazione. All’interno dei moduli compilati ed inviati all’ente potrebbero esserci degli errori o delle inesattezze relative ai versamenti che sono stati effettuati;
  • eventuali controlli o verifiche effettuate da parte dell’Inps. L’ente potrebbe aver avviato dei veri e propri controlli per accertare la regolarità dei contributi versati: questo potrebbe aver portato alla luce alcuni problemi relativi ai versamenti;
  • eventuali differenze tra i dati in possesso del lavoratore e quelli in mano al datore di lavoro, che potrebbero essere, ad esempio, determinati da errori di trascrizione o calcolo.

Come si devono muovere i lavoratori

Nel momento in cui ci si accorge che l’Inps non ha riconosciuto dei contributi è necessario muoversi velocemente, in modo da risolvere la situazione e tutelare i propri diritti. Ma vediamo cosa è necessario fare.

Il primo passo da compiere è quello di verificare la regolarità dei contributi. Questa operazione può essere fatta consultando direttamente il sito dell’Inps e appurando quanti contributi sono stati versati sul proprio conto. Il lavoratore ha anche la possibilità di richiedere un estratto conto contributivo direttamente all’Inps: al suo interno vengono riportati tutti i contributi, che sono stati versati, e vengono segnalate le eventuali anomalie.

Per visionare all’interno del sito dell’Inps la propria posizione contributiva è necessario accedere alla propria area personale e cercare “estratto conto contributivo“. Grazie a questo servizio è possibile visionare i contributi versati ed esportare l’elenco in formato pdf.

Nel momento in cui si dovessero riscontrare delle anomalie relativamente ai contributi, che sono stati versati, è possibile chiedere all’Inps le motivazioni per il loro mancato riconoscimento.

Aspetti negativi del mancato versamento

Quali sono le conseguenze di un mancato riconoscimento dei contributi versati. Il primo problema, contro il quale i lavoratori vanno incontro, è la non possibilità di accedere ai benefici previsti, tra i quali ci sono l’assistenza sanitaria o la pensione.

L’azienda che sta attraversando un periodo di disagio finanziario, potrebbe aver utilizzato le somme non versate all’ente per far fronte ad altre spese. Nel caso in cui si dovesse verificare questa situazione, il lavoratore potrebbe riscontrare una maggiore difficoltà nel recuperare le somme di denaro che gli spettano. Nel caso in cui si sospetti che i contributi non siano stati versati, è opportuno accedere immediatamente nel proprio profilo Inps ed appurare come stiano realmente le cose.

Il datore di lavoro, che non versato quanto previsto dalla legge, rischia di ricevere delle multe e delle sanzioni particolarmente salate.

Come si deve muove il lavoratore

È importante che il lavoratore si muova celermente per tutelare i propri diritti previdenziali ed ottenere il risarcimento che gli spetta. L’Inps, infatti, ha la possibilità di chiedere al datore di lavoro i contributi mancanti entro cinque anni a partire dalla data di scadenza dei contributi stessi.

Cosa significa, in estrema sintesi, tutto questo? Scopriamolo con un semplice esempio. Nel caso in cui un datore di lavoro non versi i contributi nel 2023, l’Inps può richiedere il versamento entro il quinto anno successivo, quindi ha tempo per farlo entro il 2028. Se l’Inps non dovesse richiedere il pagamento dei contributi entro cinque anni, si estinguono tutti i diritti previsti dalla legge. Nel momento in cui il lavoratore decide di sporgere una denuncia direttamente all’Inps, i termini di prescrizione si estendono a 10 anni, dando all’ente più tempo per farsi parte attiva nei confronti dell’azienda.

Ecco perché è importante controllare regolarmente la propria posizione contributi: questo permette ai diretti interessati di agire con tempestività quando si creano delle situazioni spiacevoli.

Contributi Inps, cosa succede se l’azienda è in fallimento

Cosa succede quando il lavoratore si accorge di un’omissione contributiva a seguito del fallimento dell’azienda per la quale lavorava. In questo caso il lavoratore ha diritto a richiedere il rimborso del credito spettante, andando ad insinuarsi al passivo. In questo caso dovrà dimostrare il mancato versamento dei contributi previdenziali da parte del datore di lavoro. Per farlo dovrà avanzare la propria richiesta direttamente al curatore fallimentare.

Spetterà proprio al curatore fallimentare tentare di recuperare la liquidità necessaria per provvedere al pagamento dei creditori. Purtroppo, può anche capitare che questo non sia sufficiente: è il caso delle aziende che non hanno più liquidità per onorare tutti gli impegni finanziari. L’Inps, per tutelare questi lavoratori, ha istituito una particolare garanzia, riservata ai dipendenti: il Fondo di Garanzia Inps. Questo fondo interviene quando il datore di lavoro è insolvente e non ha provveduto a versare in tutto o in parte i contributi previdenziali. I diretti interessati hanno la possibilità di accedere al fondo solo e soltanto nel caso in cui sussistono determinati requisiti: tra questi ci deve essere l’insolvenza accertata dell’azienda.

Il riscatto dei contributi

Anche se risulta essere una decisione particolarmente onerosa per il richiedente, il lavoratore ha la possibilità di fare richiesta di riscatto dei contributi. Questa richiesta può essere presentata in qualsiasi momento, anche quando si è già in pensione: l’istanza può essere inoltrata dallo stesso lavoratore o dai superstiti. Può essere richiesto anche dal datore di lavoro, che ha intenzione di sanare il danno causato al dipendente.

È opportuno presentare apposita documentazione che vada a testimoniare che sia intercorso l’effettivo rapporto di lavoro e che sussista la mancanza del versamento dei contributi.

 

L’Italia non ha rispettato gli impegni sulla forestazione urbana #OpenPNRR

L’Italia non ha rispettato gli impegni sulla forestazione urbana #OpenPNRR

Entro la fine del 2022 era prevista la piantumazione di 1,6 milioni di alberi. Tuttavia, in base ai controlli di carabinieri e corte dei conti, questo obiettivo sarebbe lontano dall’essere raggiunto. Una conferma delle criticità sul rispetto delle scadenze del Pnrr che evidenziamo da mesi.

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L’Italia ha una copertura arborea pari a 12 milioni di ettari, equivalenti a circa il 40% di tutto il territorio nazionale. Si tratta di una delle percentuali più elevate d’Europa. Una dimensione importante però, quando si considera la presenza di foreste in uno stato, è quante di queste si trovano in prossimità delle città.

Infatti i grandi centri urbani risultano particolarmente esposti ad alcuni effetti del cambiamento climatico per via della densità abitativa, del traffico e del conseguente inquinamento. Oltre al fatto che la loro condizione ecologica ha un impatto su un numero più elevato di persone. Una maggiore presenza di foreste aiuterebbe quindi a mitigare molti fenomeni climatici di matrice antropica come alluvioni, frane, ondate di calore e cattiva qualità dell’aria.

Per questo motivo il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede uno specifico investimento in questo senso del valore complessivo di 330 milioni di euro. Questa misura prevedeva un primo step da raggiungere nel 2022. Entro il 31 dicembre infatti sarebbero dovuti essere piantati almeno 1 milione e 600mila alberi.

6,6 milioni di alberi da mettere a dimora nelle città metropolitane entro il 2026.

Come noto, il governo ha annunciato il rispetto di tutte le scadenze previste per il secondo semestre dello scorso anno, inclusa quella in esame. Da diverse settimane però stiamo evidenziando che le comunicazioni del governo nascondono diverse criticità. Lacune che abbiamo riscontrato anche in questo caso. Adesso una recente pronuncia del collegio del controllo concomitante della corte dei conti conferma come questo traguardo sia ben lontano dall’essere effettivamente raggiunto.

In molti territori infatti risulta che le attività sono ancora alla fase di progettazione. Ma anche dove si è proceduto alla parte pratica sono state riscontrate delle difficoltà. Un caso esemplare non solo di come anche le misure apparentemente meno significative del Pnrr nascondano delle insidie. Ma anche della scarsa chiarezza che circonda il piano italiano fin dalla sua approvazione.

I fondi per il 2022 e gli annunci del governo

Come già detto, il governo ha annunciato il rispetto di tutte le scadenze previste per il secondo semestre dello scorso anno, inclusa quella in esame. Tuttavia, in molti casi abbiamo evidenziato delle criticità. L’investimento per il verde urbano ed extraurbano da questo punto di vista non fa eccezione.

L’obiettivo al 31 dicembre 2022 viene considerato come raggiunto dalla banca dati Regis.

In primo luogo si conferma anche qui la scarsa chiarezza. Infatti non è stata fornita alcuna evidenza del raggiungimento dell’obiettivo se non uno scarno comunicato stampa pubblicato dal ministero dell’ambiente. Dove però non c’era nessun dettaglio, né sulla distribuzione delle risorse sul territorio né sull’effettivo stato di avanzamento dei lavori. Lo stesso comunicato peraltro è stato usato come fonte anche per l’aggiornamento del portale Italia domani.

Per conoscere i progetti ammessi a finanziamento e come si distribuiscono i fondi sul territorio occorre recuperare il decreto direttoriale 198 dell’agosto scorso. Questo atto assegna i fondi previsti per il 2022, pari a circa 84 milioni di euro.

A livello di fondi assegnati il territorio che ne riceve di più è quello della città metropolitana di Messina con 15,9 milioni di euro necessari per la messa a dimora di circa 445mila piante. Seguono Roma (13 milioni, 305mila piante) e Napoli (10,5 milioni, 190mila piante). È interessante notare come nel decreto in esame manchino all’appello Milano, Bologna e Firenze. Il capoluogo lombardo in particolare, è da anni tra le città più inquinate d’Italia.

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FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica
(consultati: martedì 21 Marzo 2023)

 

Nella relazione del collegio della corte dei conti si fa riferimento al caso di Milano. Qui, si legge, le condizioni poste dal bando sarebbero sostanzialmente irrealizzabili a causa dell’alta densità abitativa che di fatto rende impossibile procedere ad un’opera di rimboschimento di 3 ettari (che salirebbero a 10 per le aree antropizzate). Per questo motivo si apprende che sia la città metropolitana che il comune di Milano avrebbero richiesto modifiche al bando affinché nelle prossime annualità sia possibile accedere ai fondi. Fattispecie simili a questa riguardano anche i casi di Bologna e Firenze.

L’assenza di queste 3 città metropolitane è solo una delle molte criticità che emergono dall’analisi approfondita di questa misura. La scadenza da completare entro il 2022 infatti prevedeva non la semplice assegnazione dei fondi ma l’effettiva messa a dimora degli alberi. In questo caso, come emerge dalla già citata analisi della corte dei conti, la distanza tra quello che c’è scritto sulla carta e la realtà è abissale.

Trasparenza, informazione, monitoraggio e valutazione del PNRR

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Le criticità legate ai nuovi progetti

Un primo elemento che emerge dal documento della corte è che anche per questo investimento il Pnrr finanzia in parte nuovi progetti (300 milioni) ma in parte progetti che erano già in essere al momento dell’approvazione del piano (30 milioni). La corte ha rilevato criticità in entrambi gli ambiti.

Per quanto riguarda i nuovi progetti il collegio, avvalendosi anche dei sopralluoghi effettuati dai carabinieri forestali, ha rilevato che nella maggior parte dei casi la messa a dimora delle piante risulta “appena avviata”.

La scadenza prevedeva la messa a dimora degli alberi ma in molti casi siamo ancora alle fasi progettuali.

Messina, la città metropolitana che riceve la quota più significativa di risorse, gli interventi alla data del sopralluogo risultavano ancora alla fase dello studio di fattibilità. A Napoli era ancora in corso l’individuazione dei vivai regionali da utilizzare per l’approvvigionamento. Addirittura a Genova si sarebbero riscontrate delle irregolarità nelle aziende che si sono aggiudicate il bando.

San Ruperto

 

San Ruperto


Nome: San Ruperto
Titolo: Vescovo
Nascita: VII secolo, Salisburgo
Morte: 27 marzo 718, Salisburgo
Ricorrenza: 27 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Ruperto nacque in una nobile famiglia di origini irlandesi imparentata con i Merovingi, alla fine del VII secolo. Dopo aver ricevuto un’educazione monastica, operò per l’evangelizzazione della Baviera ancora idolatra. Fu primo vescovo itinerante, di Salisburgo, di cui oltretutto promosse lo sviluppo delle saline. Fu vescovo di Worms e poi di Ratisbona. Svolse il suo apostolato nel monastero da lui fondato, attorno al quale nacque poi e si sviluppò la città di Salisburgo «in tedesco borgo del sale» in riferimento all’attività principale della zona: l’estrazione di sale dalle miniere delle vicine montagne. Morì il 27 marzo dell’anno 718. Le sue reliquie sono oggi venerate nella cattedrale di Salisburgo.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Salisburgo in Baviera, nell’odierna Austria, san Ruperto, vescovo, che, abitando dapprima a Worms, su richiesta del duca Teodone giunse in Baviera e costruì a Salisburgo una chiesa e un monastero, che governò come vescovo e abate, divulgando da lì la fede cristiana.

ICONOGRAFIA

San Ruperto e un angelo con il secchio del sale

titolo San Ruperto e un angelo con il secchio del sale
autore Paul Troger anno XVIII secolo

Nell’iconografia tradizionale, San Ruperto viene spesso raffigurato con in mano un secchio di sal