Archivi giornalieri: 10 marzo 2023

Raccomandate A/R: invio sospeso dal 14 al 29 marzo

Raccomandate A/R: invio sospeso dal 14 al 29 marzo

Per tutte le altre tipologie di corrispondenza il servizio continuerà a essere erogato regolarmente

Pubblicazione: 10 marzo 2023

Dal 14 al 29 marzo 2023, a causa di interventi tecnici sui servizi di gestione e recapito della corrispondenza automatizzata, sarà sospeso l’invio massivo delle raccomandate con ricevuta di ritorno (raccomandate A/R) via posta verso tutti i destinatari.

Per tutte le altre tipologie di corrispondenza il servizio continuerà a essere erogato regolarmente.

Firmato protocollo per la certificazione pediatrica tra INPS e Santobono

Firmato protocollo per la certificazione pediatrica tra INPS e Santobono

Il certificato semplificherà l’accertamento sanitario per il riconoscimento di specifiche prestazioni erogate dall’INPS, eliminando la necessità di ulteriori accertamenti specialistici.

Pubblicazione: 10 marzo 2023

Il 9 marzo, a Napoli, presso la Giunta Regionale della Campania, è stato firmato un protocollo quadro, della durata di tre anni, per l’utilizzo del certificato specialistico pediatrico in favore dei minori ricoverati o in cura presso detta struttura ospedaliera.

L’accordo è stato siglato alla presenza del Presidente dell’INPS, prof. Pasquale Tridico, del Presidente della Regione Campania, On. Vincenzo De Luca e del Direttore generale della struttura ospedaliera Santobono – Pausilipon, dott. Rodolfo Conenna e del direttore del coordinamento metropolitano di Napoli, dr. Roberto Bafundi.

Il certificato gratuito semplificherà la fase di accertamento sanitario prodromico al riconoscimento di specifiche prestazioni erogate dall’INPS, eliminando la necessità di ulteriori accertamenti specialistici.

Sulla base di tale certificazione, la cui appropriatezza ed esaustività costituirà garanzia per una corretta valutazione medico legale, l’INPS procederà direttamente all’erogazione delle prestazioni assistenziali. Le istanze potranno essere definite agli atti e i beneficiari non saranno soggetti a viste di revisione sino al compimento della maggiore età.

In tal modo l’INPS e l’A.O.R.N. “Santobono-Pausilipon” offriranno un aiuto concreto ai minori disabili e alle loro famiglie, velocizzando l’erogazione delle prestazioni socioassistenziali:

  • indennità di accompagnamento (art. 1 della legge 18/1980 ss.mm.);
  • indennità di comunicazione (art. 4 della legge 508/1988);
  • indennità di frequenza (art. 1 della legge 289/1990).

L’INPS, attraverso il proprio personale medico, amministrativo e informatico, si impegna a effettuare presso la struttura in questione l’attività formativa necessaria al corretto uso della procedura telematica destinata ai medici della struttura ospedaliera, i quali procederanno alla trasmissione telematica mediante credenziali di accesso rilasciate dall’Istituto.

Il presidente Tridico ha rimarcato come con questo accordo si intenda evitare “il dolore burocratico” di famiglie già colpite da un profondo disagio, mettendo in comunicazione i medici di un grande ospedale della Campania con i medici INPS che definiranno le prestazioni esclusivamente sulla base della documentazione prodotta telematicamente.

Il presidente De Luca ha definito l’accordo come “una bella iniziativa di solidarietà e civiltà” che consentirà di evitare alle famiglie e ai piccoli pazienti di doversi sottoporre a più visite in una fase della vita già caratterizzata da particolare sofferenza.

Il dr. Bafundi, infine, ha sottolineato come la sinergia tra amministrazioni possa determinare semplificazione, sburocratizzazione e tempestività nell’erogazione dei servizi a tutela dei diritti delle famiglie in condizioni di particolare fragilità.

Questa sperimentazione è attiva solo in pochi ospedali del nostro Paese, tra queste anche la realtà napoletana del Santobono.

Gli interventi hanno sottolineato la volontà di estendere i protocolli sperimentali anche per altre patologie, prioritariamente anche per quelle oncologiche, ad altre strutture ospedaliere del territorio.

Quante risorse per la cooperazione allo sviluppo

Quante risorse per la cooperazione allo sviluppo

Il principale impegno dei paesi donatori è quello di destinare all’aiuto pubblico allo sviluppo lo 0,70% del proprio reddito nazionale lordo. Un traguardo che dovrebbe essere raggiunto entro il 2030.

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Definizione

Per misurare l’impegno di un paese donatore è internazionalmente riconosciuto come indicatore il rapporto tra fondi destinati nell’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) e il reddito nazionale lordo (Rnl). In questo modo, nella cooperazione allo sviluppo, viene evidenziato il peso delle risorse investite da un determinato paese rispetto alla sua ricchezza nazionale.

Il traguardo più noto in questo settore prevede che i paesi donatori contribuiscano all’aiuto pubblico allo sviluppo destinando a questo settore almeno lo 0,70% del proprio reddito nazionale lordo.

0,70% il rapporto Aps/Rnl che i paesi donatori si sono impegnati a raggiungere entro il 2030.

In particolare i membri comitato Ocse Dac (development assistance committee) hanno assunto questo come obiettivo già dal 1970. Con l’adozione del rapporto Pearson infatti, questi paesi ritenevano di poter raggiungere il traguardo entro i successivi 5 o 10 anni.

We therefore recommend that each aid-giver increase commitments of official development assistance to the level necessary for net disbursements to reach 0.70 per cent of its gross national product by 1975 or shortly thereafter, but in no case later than 1980.

Purtroppo però così non è stato. Per questo nel 2015 le Nazioni unite hanno riproposto questo traguardo inserendolo nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (Sdg 17.2). Attualmente quindi il rinnovato impegno dei paesi donatori è quello di arrivare a quota 0,70% Aps/Rnl entro il 2030.

Ma l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile prevede un altro traguardo che deve essere raggiunto dai paesi donatori e che in questo caso riguarda i paesi a più basso livello di sviluppo. Ovvero i cosiddetti least developed countries (Ldcs). A questi paesi infatti i donatori si sono impegnati a destinare una quota di Aps compresa tra lo 0,15 e lo 0,20% del reddito nazionale lordo.

0,15 – 0,20% la quota di reddito nazionale lordo che i donatori si sono impegnati a destinare ai paesi Ldcs.

Anche in questo caso l’Agenda 2030 ha solo riaffermato un impegno che in realtà era già stato assunto in precedenza. Nel 2011 con il programma di azione per gli Ldcs ma ancor prima nel 1981, nel corso della conferenza di Parigi delle Nazioni unite.

Sul piano nazionale invece, l’Italia adotta questi obiettivi innanzitutto come membro delle Nazioni unite, dell’Unione europea e del comitato Dac dell’Ocse. Obblighi che derivano direttamente dall’essere membri di queste organizzazioni, ulteriormente rafforzati dall’articolo 1 della legge che disciplina il settore della cooperazione allo sviluppo (l. 125/2014).

La cooperazione allo sviluppo […] persegue, in conformità coi programmi e con le strategie internazionali definiti dalle Nazioni Unite, dalle altre organizzazioni internazionali e dall’Unione europea, gli obiettivi fondamentali volti a: a) sradicare la povertà e ridurre le disuguaglianze […]; b) tutelare e affermare i diritti umani […]; c) prevenire i conflitti, sostenere i processi di pacificazione

Per entrare più nell’operativo, l’articolo 12 della legge stabilisce poi che sia varato un documento triennale di programmazione in cui vengono indicate la visione strategica, gli obiettivi e le priorità della politica italiana di cooperazione allo sviluppo.

Dati

Considerati complessivamente i paesi Ocse Dac nel 2021 hanno investito nel settore della cooperazione allo sviluppo 185 miliardi di dollari (a prezzi correnti). Un valore in crescita rispetto all’anno precedente, ma solo in termini assoluti. Infatti confrontando questo importo con il reddito nazionale lordo complessivo di questi paesi emerge un rapporto Aps/Rnl pari allo 0,33%. Ovvero una cifra identica a quella dell’anno precedente e ben distante dall’obiettivo dello 0,70%.

Meglio hanno fatto i paesi europei del gruppo Dac. Considerati complessivamente infatti questi arrivano allo 0,50% Aps/Rnl. D’altronde dei 5 paesi hanno già raggiunto l’obiettivo 0,70, 4 sono membri Ue. Purtroppo però l’Italia non rientra tra questi ma tra i 14 che non hanno nemmeno raggiunto lo 0,30%.

Ma le cose cambiano notevolmente se invece che valutare gli importi in relazione alla ricchezza nazionale si osservano i valori assoluti. Da questo punto di vista, ad esempio, gli Stati Uniti, che in termini relativi si trovano in fondo alla classifica, si posizionano saldamente al primo posto. Con 47,8 miliardi di dollari infatti gli Usa contribuiscono per quasi il 26% di tutto l’aiuto pubblico allo sviluppo dei paesi Dac.

Allo stesso tempo comunque è utile tenere presente che, se considerati complessivamente, i paesi Dac dell’Unione europea contribuiscono per quasi 83 miliardi di dollari, pari al 44,5% del totale.

Analisi

Raggiungere lo 0,70 entro il 2030 è un obiettivo importante assunto dall’Italia e più in generale dai paesi donatori. Così come importante è l’impegno relativo ai paesi Ldcs. Stando ai dati 2021 tuttavia solo pochi stati possono effettivamente sostenere di aver contribuito a pieno alla crescita dei paesi meno sviluppati.

L’Italia purtroppo rientra tra quei donatori che non solo ancora non raggiungono gli obiettivi, ma che si trovano anche piuttosto distanti dal traguardo. L’aspetto più preoccupante dei dati italiani però riguarda il loro andamento incostante negli anni.

Dopo una crescita importante tra 2014 e 2017 infatti il rapporto Aps/Rnl italiano è calato drammaticamente nei due anni successivi. Il 2021 poi ha rappresentato un nuovo anno di crescita ma non è affatto chiaro se questa possa essere considerata stabile oppure di carattere episodico congiunturale.

Questa instabilità peraltro deve essere considerata come il frutto delle scelte dei governi che si sono succeduti. Infatti le risorse destinate al canale multilaterale sono cresciute in modo stabile negli anni, perché legate a impegni di finanziamento obbligatori verso le organizzazioni internazionali di cui l’Italia fa parte. Quelle allocate sul canale bilaterale invece sono state storicamente discontinue. Segno della mancanza di una stabile politica di indirizzo, capace di una programmazione pluriennale. Questo perché la classe politica, al di là di quanto dichiarato dalla legge (L.125/2014), non è mai riuscita a rendere la cooperazione allo sviluppo parte integrante e qualificante della politica estera italiana. E questo a tutto detrimento della posizione internazionale del paese.

Il canale multilaterale dell’aiuto riguarda quelle risorse destinate da un paese donatore alle organizzazioni multilaterali di sviluppo. I fondi bilaterali invece sono gestiti direttamente dal donatore. Vai a “Cosa sono il canale bilaterale e il canale multilaterale”

Per questo sarebbe importante che l’Italia si dotasse di una strategia il più possibile condivisa, stabilizzando le risorse destinate al canale bilaterale in un chiaro percorso di crescita. Come sostenuto dalla campagna 070 inoltre sarebbe fondamentale definire obiettivi intermedi da perseguire per raggiungere i traguardi previsti dall’Agenda 2030.

L’articolo è stato redatto grazie al progetto “Cooperazione: mettiamola in Agenda!”, finanziato dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Le opinioni espresse non sono di responsabilità dell’Agenzia.

 

San Macario di Gerusalemme

 

San Macario di Gerusalemme


Nome: San Macario di Gerusalemme
Titolo: Vescovo
Nascita: III secolo, Gerusalemme
Morte: 335 circa, Gerusalemme
Ricorrenza: 10 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
La forza della sua opposizione all’arianesimo è dimostrata dal modo in cui Ario parla di lui nella sua lettera a Eusebio di Nicomedia.

Macario prese parte al Concilio di Nicea, nel corso del quale potrebbe aver avuto molto a che fare con la stesura del Credo niceno. Nella Storia del Concilio di Nicea attribuita a Gelasio di Cizico ci sono una serie di dispute tra immaginari Padri del Concilio e dei filosofi al soldo di Ario. In una di queste controversie Macario è portavoce per i vescovi che difende la discesa all’inferno. Macario appare il primo tra i vescovi di Palestina che hanno sottoscritto il Concilio di Nicea.

Secondo Teofane, Costantino, alla fine del Concilio di Nicea, chiese a Macario di cercare i siti della Resurrezione e della Passione e la Vera Croce. L’enorme quantità di pietre sopra il tempio di Venere, che al tempo di Adriano si era accumulato nel tempo sopra il Santo Sepolcro, fu demolito, e “quando la superficie originale del terreno apparve immediatamente, al contrario di ogni aspettativa, il monumento sacro della Resurrezione del nostro Salvatore fu scoperto”. Nell’apprendere la notizia Costantino scrisse a Macario una lunga lettera per ordinare l’erezione di una sontuosa chiesa sul luogo: si dava avvio così alla prima costruzione cristiana della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Gerusalemme san Macario, Vescovo e Confessore, per consiglio del quale Costantino Magno e la beata Elena, sua madre, purificarono i luoghi santi e li abbellirono di sacre Basiliche.

Quanto consuma il settore dei trasporti Ambiente

Quanto consuma il settore dei trasporti Ambiente

I trasporti sono un elemento fondamentale per l’economia e la società, ma dipendono ancora largamente da fonti di energia inquinanti. In Italia, il 91% dei consumi finali è attribuibile a prodotti petroliferi.

 

I trasporti sono un settore fondamentale nelle nostre società. Permettono infatti lo spostamento di merci ma anche di persone, creando interconnessione e mobilità e quindi una maggiore apertura. Una tendenza in aumento, in un mondo sempre più globalizzato. Allo stesso tempo però i trasporti sono anche tra i principali fattori di pressione sul clima, come afferma la European evironmental agency (Eea). Essi sono infatti responsabili, in Europa, di oltre un quinto di tutte le emissioni di Co2. Oltre a diffondere nell’ambiente vari altri composti chimici inquinanti e nocivi per la salute umana come l’ozono, il pm10, il pm2,5 e il biossido di azoto.

Per questo è importante favorire l’utilizzo delle energie rinnovabili in questo settore. A livello sia comunitario che nazionale sono stati posti a tal fine una serie di obiettivi. Tuttavia a oggi nel nostro paese i trasporti continuano a rappresentare una quota molto elevata dei consumi totali. E i prodotti petroliferi, i più dannosi per l’ambiente, continuano a costituire la fonte di energia più importante.

Gli obiettivi comunitari e nazionali per dei trasporti meno inquinanti

L’Unione europea ha esplicitato da anni ormai la necessità di riformare profondamente il settore dei trasporti, con una maggiore consapevolezza delle problematiche ambientali.

Con la direttiva Ue 2009/28, ha fissato un obiettivo concreto in questo senso: gli stati membri erano tenuti a raggiungere una quota dei consumi finali lordi coperti da energia proveniente da fonti rinnovabili pari al 10% entro il 2020. Nel 2019, stando all’ultimo aggiornamento del gestore dei servizi energetici (Gse), la quota risultava ampiamente superata in 4 paesi. Parliamo di Estonia (45%), Svezia (30%), Finlandia (21%) e Paesi Bassi (12,5%). In Italia invece il dato si attestava al 9%.

Gli stati membri scelgono la propria strategia e i propri traguardi.

Successivamente, con la direttiva 2018/2001, si è individuato un traguardo ulteriore, fissato per il 2030: il 14%. Tuttavia tale obiettivo si applica specificamente ai fornitori di prodotti energetici al settore dei trasporti e pertanto non si può considerare un obiettivo nazionale. Gli stati membri sono invece tenuti a definire la propria strategia nazionale per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030 dal Clean energy for all Europeans package. Specificamente, attraverso un documento programmatico denominato “piano nazionale integrato energia e clima” (Pniec). Quello italiano, presentato alla commissione europea nel dicembre 2019, fissa la quota a un ambizioso 22%.

22% la quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti entro il 2030, secondo l’obiettivo nazionale italiano.

Il settore dei trasporti, una panoramica europea

Si tratta di un settore che come abbiamo detto è fondamentale, ma il cui peso non è analogo in tutti gli stati dell’Ue. Parliamo in questo senso sia di peso relativo (rispetto agli altri settori, come quota dei consumi complessivi) che come contributo attribuibile in base alla popolazione residente.

Spicca in questo senso il Lussemburgo, il paese Ue che riporta il dato di gran lunga più elevato sia come quota di energia consumata nel settore dei trasporti (51,4%) che come consumo in rapporto alla popolazione (279 ktep ogni 100mila abitanti).

Come incidenza dei trasporti nei consumi totali, Cipro e Malta riportano i dati più alti dopo quello lussemburghese: rispettivamente 41,9% e 41%. Mentre per quanto riguarda il consumo rispetto alla popolazione, al Lussemburgo seguono, a distanza, Austria e Slovenia. Con rispettivamente 89,3 e 85,3 ktep ogni 100mila abitanti.

L’Italia si trova piuttosto in linea con la media Ue: leggermente al di sopra per quanto concerne il peso del settore sui consumi totali (31% contro il 29% dell’Ue) e lievemente al di sotto invece nel caso del consumo in rapporto alla popolazione (59 ktep ogni 100mila abitanti contro 61).

In Italia il progresso è ancora lento

Negli anni, nel nostro paese il consumo attribuibile al settore dei trasporti si è progressivamente ridotto. Si tratta tuttavia di un calo modesto, appena superiore al 10% in un periodo di 15 anni, come mostrano i dati del gestore dei servizi energetici (Gse).

-11% l’energia consumata dai trasporti in Italia, tra 2005 e 2019, secondo il Gse.
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DA SAPERE

I dati si riferiscono ai consumi finali di energia nel settore dei trasporti, per tipologia di fonte energetica. I “prodotti petroliferi” comprendono gasolio/diesel, benzine, cherosene, Gpl e altro, mentre i “biocarburanti” comprendono biodiesel e benzine bio (provenienti da fonti energetiche rinnovabili). Ktep è l’unità di misura utilizzata per misurare l’energia e corrisponde alla tonnellata equivalente di petrolio – il tep rappresenta la quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Gse
(pubblicati: martedì 1 Giugno 2021)

 

A diminuire è stato soprattutto il consumo di prodotti petroliferi, passato da 43.427 a 36.414 ktep tra 2005 e 2019 (-16%), e in particolare di benzina, passata da poco più di 14mila a meno di 8mila ktep (-46%). Anche se bisogna evidenziare che Gpl e cherosene hanno, al contrario, visto un incremento: rispettivamente pari al 61% e al 32%.

Mentre è aumentato del 16% l’uso di elettricità (da 853 a 992 ktep), del 200% quello di gas naturale (da 380 a 1.147) e del 622% quello di biocarburanti (da 177 a 1.276). Quest’ultimo aumento così marcato si deve, come rileva il Gse, ai meccanismi pubblici di sostegno che obbligano a miscelare i prodotti petroliferi con dei biocarburanti (previsti dalla direttiva Ue 2015/1513). Un elemento di impatto fortemente positivo, anche se occorre evidenziare che i biocarburanti costituiscono ancora una componente minoritaria dei consumi totali dei trasporti (circa il 3%).

Tuttavia i prodotti petroliferi continuano a costituire la fonte di energia più importante per i trasporti in Italia: il 91% – con un calo di 6 punti percentuali rispetto al 2005, quando si attestavano al 97%. Una diminuzione che è stata piuttosto costante e graduale negli anni.

Foto: Egor Myznik – licenza