Archivi giornalieri: 8 gennaio 2022

Congedo di maternità, Ok al prolungamento di tre mesi per le lavoratrici autonome

Congedo di maternità, Ok al prolungamento di tre mesi per le lavoratrici autonome
Dall’INPS le prime istruzioni per fruire dei tre mesi aggiuntivi di congedo di maternità in favore di autonome e professioniste concessi con la Legge di Bilancio 2022. Nella circolare n. 1 del 3 gennaio anche le indicazioni sul congedo di paternità per i dipendenti reso strutturale sempre dall’ultima Manovra.
 

Sulla fruizione dei tre mesi aggiuntivi di congedo di maternità per lavoratrici autonome e professioniste l’INPS interviene con le prime istruzioni (circolare n. 1/2022). La misura è quella introdotta dall’ultima Legge di Bilancio (L. n. 234/2021) approdata in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre scorso e il cui testo definitivo, sul punto, non ha riservato sorprese rispetto a quanto si leggeva nello schema trasmesso dal Consiglio dei Ministri al Parlamento ad ottobre.

I tre mesi in più a titolo di indennità di maternità, rispetto ai 5 già a disposizione fruibili prima e dopo il parto, sono concessi alle lavoratrici – e a certe condizioni anche ai lavoratori – iscritte alla Gestione Separata, alle autonome e imprenditrici inscritte alle gestioni autonome INPS e alle libere professioniste con cassa che, nell’anno precedente al periodo di maternità, abbiano percepito un reddito inferiore a 8.145 euro (art. 1, comma 239 L. 234/2021).

Nel documento di prassi c’è spazio anche per le indicazioni operative relative al congedo di paternità in favore dei lavoratori dipendenti, 10 giorni per l’obbligatorio e uno per il facoltativo, che dopo un decennio di sperimentazione la Manovra 2022 ha finalmente messo a regime (art. 1 comma 134).

Congedo di maternità: a chi spettano i tre mesi aggiuntivi

A beneficiare dal 1° gennaio di quest’anno dei tre mesi extra, da aggiungersi alla fine dei 5 mesi già spettanti, sono in particolare:

  • le lavoratrici, autonome nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, iscritte in via esclusiva alla gestione separata INPS;
  • le iscritte alle gestioni autonome INPS (commercianti, artigiane, coltivatrici dirette, pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne);
  • le libere professioniste iscritte alle casse o agli enti di previdenza riconosciuti dalla legge di cui all’Allegato D del Decreto Lgs n. 151/2021, competenti alla corresponsione dell’indennità.

Per costoro la maternità deve aver avuto inizio in data coincidente o successiva al 1° gennaio 2022, o anche antecedente, purché il periodo indennizzabile non sia esaurito all’inizio di quest’anno.

Nell’anno precedente a quello della domanda di estensione del periodo, tuttavia, le interessate devono aver dichiarato un reddito inferiore a 8.145 euro, da rivalutare annualmente in base alla variazione dei prezzi al consumo.

Del prolungamento possono beneficiare anche i padri, lavoratori autonomi o parasubordinati e sempre nel rispetto del requisito reddituale, in caso di morte o di grave infermità della madre o di abbandono o, ancora, in ipotesi di affidamento esclusivo del bambino. Resta salvo, sia per le madri che per i padri, il requisito della regolarità contributiva che, già verificato al momento della concessione dell’indennità, non dovrà essere accertato nuovamente in sede di esame della domanda di prolungamento.

Congedo di paternità obbligatorio: la misura è diventata strutturale

Disco verde anche per il congedo di paternità obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, introdotto in via sperimentale dalla Legge n. 92/2012 e prorogato con alcune modifiche fino ad oggi, che con l’ultima Manovra diventa strutturale: 10 giorni  concessi al padre in coda al periodo già accordato alla madre, ma fruibili a prescindere dal diritto della stessa al congedo obbligatorio.

Possibile anche un giorno in più a titolo di congedo facoltativo, ma che in tal caso non si configura quale diritto autonomo ed è quindi sfruttabile unicamente previo accordo con la madre e in sua sostituzione. Sia l’obbligatorio che il facoltativo, tra l’altro, sono fruibili entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio, da far decorrere, in caso di morte perinatale, dalla data di decesso.

È stata infatti la Legge di Bilancio 2021 che, oltre ad elevare il periodo indennizzabile da 7 a 10 giorni, con possibile estensione a undici, ha esteso la tutela del congedo obbligatorio e facoltativo dei padri anche nel caso di morte perinatale del figlio.

Il padre lavoratore dipendente, per il periodo di congedo obbligatorio, ha diritto a un’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100 per cento della retribuzione e alla relativa contribuzione figurativa. Per le indennità anticipate dal datore di lavoro, che potrà rifarsi sull’Istituto in sede di pagamento dei contributi, il lavoratore deve comunicare in forma scritta a quest’ultimo preventivamente i giorni in cui intende fruirne. Viceversa, devono presentare apposita domanda telematica all’INPS i lavoratori che ricevono direttamente il pagamento dall’Istituto.

DocumentiCircolare Inps 1/2022

 

Pensioni, Anche il part-time verticale vale un anno pieno ai fini pensionistici

Pensioni, Anche il part-time verticale vale un anno pieno ai fini pensionistici

Lo prevede un passaggio della legge di bilancio con il quale è stato finalmente recepito l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità.

Da quest’anno anche i lavoratori dipendenti del settore privato in regime di part-time verticale avranno diritto all’accredito di 52 settimane contributive ai fini del raggiungimento del diritto a pensione a condizione che la loro retribuzione sia pari o superiore a 10.724€. Lo prevede l’articolo 1, co. 350 della legge n. 178/2020 (legge di bilancio per il 2021).

La questione riguarda il calcolo dell’anzianità di contribuzione pensionistica per i titolari di contratti di lavoro a tempo parziale in cui alcune settimane non sono interessate da attività lavorativa (lavoro a tempo parziale di tipo verticale e ciclico). Si tratta prevalentemente dei lavoratori stagionali cioè quei soggetti impiegati solo in alcuni mesi dell’anno, spesso da settembre a giugno a favore dei quali la giurisprudenza di legittimità ha ormai accertato il diritto all’accredito dell’annualità intera ai fini della maturazione del diritto a pensione nella misura in cui il rapporto tra l’ammontare della contribuzione annua ed il numero complessivo delle settimane sia almeno pari al minimale contributivo settimanale (al pari di quanto previsto per i lavoratori in regime di part-time orizzontale). L’intervento legislativo si propone quindi l’obiettivo di recepire l’orientamento evitando il perdurare di copiosi, quanto superflui, contenziosi legali.

La novità

Più in dettaglio la novella legislativa dispone che per i contratti di lavoro a tempo parziale verticale, in corso al 1.1.2021 o che abbiano decorrenza iniziale successiva, il numero delle settimane da includere nel computo dell’anzianità utile ai fini del diritto al trattamento pensionistico si determini rapportando il totale della contribuzione annua al minimale contributivo settimanale (206,23€, nel 2021). Per i contratti di lavoro a tempo parziale già esauriti al 1.1.2021, il riconoscimento delle settimane è subordinato alla presentazione di apposita domanda dell’interessato, corredata da idonea documentazione. In ogni caso, i trattamenti pensionistici liquidati in base alla nuova norma non potranno avere decorrenza anteriore al 1.1.2021, data di entrata in vigore della legge n. 178/2020.

In definitiva la norma riconosce anche ai lavoratori dipendenti del settore privato in regime di part-time verticale il diritto all’accredito di 52 settimane l’anno (utili ai fini del diritto a pensione, es. quota 100opzione donnapensione anticipata, eccetera) in presenza di un reddito pari almeno a 10.724€ annui (206,23×52) a prescindere dalla collocazione temporale delle settimane lavorate nell’anno (attualmente, invece, l’INPS riconosce l’accredito contributivo solo in relazione alle settimane effettivamente lavorate). Se non è soddisfatto il predetto requisito reddituale l’anzianità verrà proporzionalmente ridotta in funzione del reddito conseguito (es. con 8.868€ saranno riconosciute solo 43 settimane contributive). I criteri sono i medesimi previsti per l’accredito delle settimane contributive per i lavoratori dipendenti del settore privato in regime di part-time orizzontale. La norma ha efficacia dal 2021 e riguarderà anche i contratti passati ma, in tal caso, l’accredito non potrà determinare l’erogazione di una prestazione pensionistica anteriore al 1° gennaio 2021. 

Non ci sono modifiche per i dipendenti pubblici, per i quali, ai fini del diritto al trattamento pensionistico, gli anni di servizio ad orario ridotto sono sempre da considerarsi utili per intero, ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della L. 29 dicembre 1988, n. 554 a prescindere dal reddito.

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Part-time Verticale, come si presenta la domanda per l’aumento dell’anzianità contributiva

Part-time Verticale, come si presenta la domanda per l’aumento dell’anzianità contributiva

Disponibile l’applicativo online dell’INPS per l’invio delle domande di accredito contributivo per i periodi di part-time verticale o ciclico sino al 31 dicembre 2020. I chiarimenti in un documento dell’ente di previdenza.

Disco verde dell’INPS alla presentazione delle domande per il riconoscimento (gratuito) dell’anzianità contributiva utile ai fini del diritto a pensione per i lavoratori che abbiano avuto rapporti di lavoro part-time verticale o ciclico anteriori al 31 dicembre 2020. Lo rende noto l’Istituto di previdenza nella Circolare n. 4/2021 pubblicata l’altro giorno in cui spiega che è stato rilasciato l’applicativo per l’inoltro online delle istanze in sostituzione della vecchia procedura.

La questione

Riguarda il calcolo dell’anzianità di contribuzione pensionistica per i lavoratori dipendenti del settore privato titolari di contratti di lavoro a tempo parziale che in alcuni periodi dell’anno non hanno prestato attività lavorativa (cd. part-time verticale o ciclico). Si tratta prevalentemente dei lavoratori stagionali a favore dei quali la giurisprudenza di legittimità ha ormai accertato il diritto all’accredito dell’annualità intera ai fini della maturazione del diritto a pensione (cioè 52 settimane) se hanno percepito una retribuzione annua pari almeno al minimale contributivo (circa 10.724€ annui) come già previsto per i lavoratori in regime di part-time orizzontale.

Più precisamente il numero delle settimane da includere nel computo dell’anzianità utile ai fini del diritto al trattamento pensionistico si determinia rapportando il totale della contribuzione annua al minimale contributivo settimanale (206,23€ nel 2021). Il legislatore si è adeguato con l’articolo 1, co. 350 della legge n. 178/2020 (legge di bilancio 2021). L’INPS ha fornito le prime istruzioni con la Circolare n. 74/2021.

In tale sede è stato precisato che l’accredito della contribuzione avviene automaticamente solo per i rapporti attivati dal 1° gennaio 2021 in poi; per quelli esauriti al 31.12.2020 o in corso alla medesima data (cd. rapporti in itinere) l’interessato deve produrre all’INPS una apposita domanda corredata da una documentazione comprovante i periodi di lavoro in questione e copia del contratto di lavoro. Originariamente la domanda si doveva presentare tramite PEC o tramite il servizio online di segnalazione contributiva (cd. FASE).

Accredito online

Ebbene l’INPS informa che dal 5 gennaio 2022 (data di pubblicazione del documento di prassi) le istanze in parola possono essere inviate esclusivamente tramite il nuovo applicativo online disponibile al percorso “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “Accredito per il diritto a pensione del periodo di part-time verticale o ciclico” (serve lo SPID, la Carta nazionale dei servizi o la carta d’identità elettronica). Non saranno più accettate le precedenti modalità di invio.

La domanda può essere presentata sia dal diretto interessato che da un superstite del soggetto deceduto (es. coniuge e/o figli) ad esempio per ottenere il diritto alla liquidazione di una pensione indiretta. Nella procedura l’utente, in particolare, dovrà indicare i dati identificativi del datore di lavoro; la data di inizio e fine del rapporto di lavoro o se trattasi di rapporto in essere al 31 dicembre 2020; la percentuale di part-time; i periodi di sospensione del rapporto di lavoro in funzione della mancata prestazione lavorativa connessa all’articolazione dell’orario di svolgimento dell’attività lavorativa del rapporto part-time stesso; i periodi non lavorati e non retribuiti per sospensione del rapporto di lavoro senza retribuzione derivanti da causa diversa dal part-time (es. aspettativa).

Possono essere indicati più rapporti anche con diversi datori di lavoro – tramite i tasti funzione “Aggiungi periodo da valorizzare” o “Aggiungi periodo non riconoscibile” e “Aggiungi periodo per un nuovo datore di lavoro”. Inoltre l’utente potrà allegare il modulo di attestazione del datore di lavoro.

Una volta inserite tutte le informazioni richieste e allegati i documenti a supporto, tramite la funzione “Riepilogo e invio” l’utente può controllare i dati inseriti e poi premere il tasto “Invio” per l’inoltro dell’istanza. La domanda inoltrata sarà immediatamente visualizzata nell’elenco delle proprie domande (consultabili nell’apposita sezione della procedura), dove sarà anche possibile consultare lo stato di avanzamento della pratica, visualizzare il numero di protocollo, appena disponibile, e stampare la relativa ricevuta.

In alternativa alla procedura online è possibile rivolgersi ad un patronato.

Quando è utile

Si ricorda che la procedura va utilizzata ove, a seconda della carriera assicurativa dell’interessato, consenta di acquisire e/o ad anticipare il diritto a pensione. Non serve, invece, per aumentare la misura dell’assegno dato che la contribuzione accreditata è valida solo ai fini del diritto e non anche ai fini della misura. 

Documenti: Circolare Inps n. 4/2022

 

Dis-Coll, Raddoppia la durata. Ecco cosa cambia dal 2022

Dis-Coll, Raddoppia la durata. Ecco cosa cambia dal 2022

  Giovedì, 06 Gennaio 2022

L’indennità Dis-Coll è stata oggetto di una corposa revisione nell’ultima Manovra: dall’estensione della durata di fruizione al nuovo décalage fino al riconoscimento della contribuzione figurativa. Dall’INPS il quadro di tutte le novità per chi cessa la collaborazione dopo il 1° gennaio 2022.

Nuove regole per i percettori dell’indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi (Dis-Coll) che cessano di lavorare dal 1° gennaio 2022. Per loro il meccanismo di riduzione mensile del 3 per cento, il cosiddetto décalage, scatta al sesto e non al quarto mese, la durata massima di fruizione raddoppia passando da 6 a 12 mesi e viene riconosciuta la contribuzione figurativa.

È stata la Legge di Bilancio 2022 ad aggiungere un comma, il 15-quinquies, all’art.15 del D.lgs. n. 22/2015 introducendo queste ed altre modifiche alla misura di pari passo con quelli apportate all’altra indennità di disoccupazione, la Naspi. A fornire i dovuti chiarimenti, come di consueto, è l’INPS con la circolare n. 3/2022.

Come cambia il meccanismo di décalage

Per quanto riguarda il dècalage, resta immutata l’entità della decurtazione mensile da applicare, il 3 per cento sull’importo complessivo dell’assegno. Ciò che da quest’anno subisce una variazione è la decorrenza di tale meccanismo.

In particolare, per chi interrompe involontariamente il proprio rapporto di collaborazione prima del 1° gennaio 2022, la Dis-Coll continua a ridursi del 3 per cento ogni mese a partire dal primo giorno del quarto mese di fruizione (91° giorno).

Viceversa, per chi cessa di lavorare dopo il 1° gennaio compreso – ed è questa la novità introdotta sul punto dalla L. n. 234/2021 – il dècalage inizia a decorrere dal primo giorno del sesto mese (151° giorno).

Raddoppia la durata della Dis-Coll

Risulta dello stesso tenore, ossia più favorevole ai nuovi percettori di Dis-Coll, la modifica alla durata del beneficio. Per chi perde la propria occupazione dal 1° gennaio in poi, infatti, l’assegno sarà corrisposto per un numero di mesi pari a quelli “lavorati” nel periodo compreso tra il 1° gennaio dell’anno precedente l’evento di cessazione del lavoro e il predetto evento. Ad esempio, qualora l’interessato svolga attività di collaborazione coordinata e continuativa dal 5 novembre 2021 e la interrompa il 5 marzo 2022 – quindi successivamente al 1° gennaio 2022 – riceverà quattro mesi di indennità (anziché due).

Un trattamento diverso è infatti riservato a chi ha interrotto la collaborazione precedentemente al 1° gennaio di quest’anno: costui ha diritto alla Dis-Coll per un periodo pari alla metà dei mesi “lavorati” tra gennaio del mese antecedente la cessazione e la cessazione stessa.

Non vanno ricompresi nel computo, tra l’altro, eventuali periodi già considerati per l’erogazione della prestazione in precedenza.

In coerenza con le istruzioni già in passato fornite, l’INPS ribadisce che sebbene la norma parli di “mesi di contribuzione, o frazione di essi” in ordine alle mensilità su cui rifarsi per il determinare la durata della prestazione, in realtà il parametro su cui basarsi è quello dei mesi, o frazioni di essi, in cui si è svolto il rapporto di collaborazione/assegno di ricerca/dottorato di ricerca con borsa di studio (ecco perché mesi “lavorati”). Questo l’orientamento consolidato del Ministero del Lavoro.

Anche con riferimento alla durata massima del beneficio, così come rivista dall’ultima Manovra, lo spartiacque rimane il 1° gennaio 2022: per chi interrompe la collaborazione dopo questa data la prestazione può durare massimo 12 mesi, così come previsto dal nuovo comma 15-quinquies. Al contrario, per le cessazioni concluse prima il periodo di fruizione resta pari ad un massimo di 6 mesi.

Ok alla Contribuzione figurativa

Viene inoltre riconosciuta la copertura figurativa utile ai fini pensionistici (diritto e misura) per l’intero periodo di godimento in favore di coloro che, per eventi intervenuti partire da quest’anno, percepiscono la Dis-Coll. Contribuzione rapportata al reddito medio mensile e determinata entro 1,4 volte il massimo mensile dell’indennità.

Il che significa, rifacendosi all’esempio fornito dall’INPS, che a fronte di un importo massimo mensile della prestazione pari a 1.335,40 euro, la contribuzione figurativa per l’anno 2022 è riconosciuta entro 1.869,56 euro (1.335,40 euro per 1,4).

Si ribadisce che la contribuzione figurativa continua a non essere riconosciuta sulle prestazioni Dis-Coll erogate per le cessazioni involontarie intervenute fino alla data del 31 dicembre 2021.

Cresce l’aliquota aggiuntiva

Per far fronte alle modifiche cresce dal 1° gennaio 2022 l’aliquota contributiva per il finanziamento della prestazione. L’aliquota dovuta dai collaboratori, dagli assegnisti e dottorandi di ricerca con borsa di studio (ma anche dagli amministratori e dai sindaci ancorché queste figura non abbiano diritto alla prestazione) viene incrementata dallo 0,51% all’1,31% equiparando quella dovuta dai lavoratori dipendenti a fini Naspi. In sostanza queste figure dal 1° gennaio 2022 verseranno una contribuzione pari al 35,03% del reddito imponibile in luogo del 34,23% dovuto sino allo scorso anno.

Documenti: Circolare Inps 3/2022

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Nati nel 1960 in pensione nel 2022: ecco come fare

Nati nel 1960 in pensione nel 2022: ecco come fare

Nati nel 1960 in pensione nel 2022: ecco come fare

Possibile pensione nel 2022 anche per i nati nel 1960 e senza quota 100. Vediamo come

Niente pensione a 62 anni per i nati nel 1960. Ed il motivo è presto detto. Con la chiusura di quota 100, che ha esaurito il suo periodo di sperimentazione 2019 – 2021, nulla da fare per chi è nato quell’anno.

Fuori dalla misura e fuori dalla cristallizzazione della stessa misura. Ma una possibilità concreta di riuscire comunque a trovare un canale di uscita nel 2022 esiste anche per loro. E tale possibilità è stata recentemente ampliata per il nuovo anno.

Perché per i nati nel 1960 la pensione a 62 anni di quota 100 non è fattibile

Come è noto a tutti, la quota 100 si completava una volta raggiunta l’età minima di 62 anni e la contribuzione minima di 38 anni. Combinazione 62+38 quindi, la prima possibile. Ma solo per i nati fino al 1959. Infatti per chi è nato nel 1960, la combinazione 62+38 può essere raggiunta solo nel 2022. Troppo tardi per la quota 100 cessata il 31 dicembre ormai trascorso.

Nessuna possibilità quindi, nemmeno dalla cristallizzazione dei requisiti. Tale opzione infatti riguarda chi al 31 gennaio aveva già compiuto i 62 anni necessari. Impossibile per chi è nato dopo il 31 dicembre 1959 e al contrario, possibile per chi è nato prima.

Perché c’è la possibilità di andare in pensione nel 2022 anche per i nati nel 1960

Nulla è perduto però. Perché per i nati nel 1960 c’è il salvagente, una salvaguardia per i lavoratori delle piccole e medie imprese. Viene infatti introdotto uno scivolo dai 62 anni per lavoratori di aziende in crisi. Sono stanziati 600 milioni complessivi per la misura, di cui 200 per il 2022, ed altrettanti per il 2023 e 2024.

È stato previsto un apposito fondo a cui potranno accedere queste aziende per pianificare le uscite anticipate. Un fondo che però deve essere ancora regolamentato. Manca il decreto attuativo, necessario per rendere in funzione la misura. Il varo si prevede per il mese di febbraio. Un decreto interministeriale dal momento che i dicasteri interessati sono quelli dello Sviluppo Economico, di Economia e Finanze e quello del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Una possibilità concreta quindi si aprirà per questa vasta area di lavoratori. Per loro la pensione a 62 anni, preclusa dalla fine di quota 100 e dal varo della nuova quota 102 (combinazione 64+38), potrebbe materializzarsi lo stesso. Naturalmente non parliamo certo di una misura aperta a tutti come la quota 100.

Infatti è necessario essere lavoratori di piccole e medie imprese che vivono una situazione di crisi per via dell’emergenza pandemica. Ma è altrettanto vero che sicuramente aziende di questo tipo, cioè in difficoltà non sono poche. E su questo aspetto che le critiche a questa misura sono copiose, perché 600 milioni di euro per un triennio appaiono pochi.

 

Come è stata la divisione sociale della Cina? Caratteristiche principali

Come è stata la divisione sociale della Cina? Caratteristiche principali

il divisione sociale della Cina Comprendeva cinque grandi classi: la nobiltà e le quattro occupazioni. Tra questi c’erano gli shi (accademici), i nong (agricoltori), i gong (artigiani) e gli shang (mercanti).

 

Tre delle classi erano considerate fondamentali per la società: i nobili che governavano il paese, gli accademici che lo gestivano e gli agricoltori che lo rendevano possibile.

Questa divisione sociale della Cina avvenne durante la dinastia Qin, fondata da Shi Huangti (221-206 AC).

 

Questa dinastia rimase fino al 1911, quando fu rovesciata da una rivoluzione. Questo periodo è anche conosciuto come l’età imperiale in Cina.

Caratteristiche principali

La divisione sociale in Cina non era nelle classi socioeconomiche. In questo modo, sia i livelli di reddito che la posizione sociale variavano notevolmente in tutte le classi.

La gerarchia era basata su due principi. Il primo era che coloro che lavoravano con le loro menti (studiosi o accademici) erano più preziosi e rispettabili di quelli che lavoravano con i loro muscoli. Pertanto, il secondo dovrebbe essere governato dal primo.

 
 

Il secondo principio era legato all’utilità per lo Stato e la società dal punto di vista economico e fiscale. I contadini occuparono la successiva posizione gerarchica perché erano una fonte di ricchezza.Il commercio era considerato di scarso utilizzo. Di conseguenza, mercanti e mercanti erano all’ultimo posto.

Le attività dei mercanti potrebbero essere considerate pericolose per l’ambiente e per l’armonia sociale.

 

Inoltre, hanno accusato l’eccessivo accumulo di ricchezza per le fluttuazioni dei prezzi e la disponibilità di materie prime. Inoltre, la gente credeva che i mercanti fossero disonesti e avidi.

Le principali classi sociali della Cina

nobili

I nobili appartenevano alla dinastia Qin, fondata da Shi Huangti (221-206 AC), e governavano il paese.

Lo shi

Il primo shi proveniva dall’antica casta dei guerrieri, quindi non erano veri studiosi.

 

Tuttavia, questa casta gradualmente si è evoluta in un’élite accademica burocratica in cui il nobile lignaggio non era così accentuato.Gli studiosi non erano molto ricchi, anche quelli che possedevano terreni. Tuttavia, sono stati rispettati per la loro conoscenza.

Il nong

Nell’antichità, all’interno della divisione sociale della Cina, i contadini si classificarono al secondo posto dopo gli studiosi.

 

I contadini erano proprietari terrieri e, a lungo, l’agricoltura ha svolto un ruolo chiave nell’ascesa della civiltà cinese. Coloro che hanno lavorato la terra hanno prodotto cibo per sostenere la società.Inoltre, pagavano la tassa fondiaria, che era una fonte di entrate statali per le dinastie dominanti.

Il gong

Il gong era composto da coloro che avevano le capacità per realizzare oggetti utili. Questa classe è stata identificata con il simbolo cinese che significa lavoro (功).

 

Come gli agricoltori, producevano oggetti essenziali, ma la maggior parte di loro non aveva terra propria e quindi non generava reddito.Tuttavia, erano più rispettati dei commercianti perché le loro abilità erano trasmesse dai genitori ai bambini.

Lo shang

Sebbene potessero raggiungere una ricchezza significativa, gli shang erano considerati in bassa considerazione perché non producevano nulla. Questi erano dedicati al trasporto e ai beni di mercato fabbricati da altri.

 

A volte i commercianti acquistavano terreni per essere considerati agricoltori e, quindi, avevano più rispetto nella società.Alcuni hanno pagato una buona educazione ai loro figli per raggiungere lo status di studiosi.

riferimenti

  1. Cina imperiale. (2014, 10 dicembre). L’Università del New Mexico. Estratto il 19 ottobre 2017 da unm.edu.
  2. Mark, J. J. (2012, 18 dicembre). Cina antica Nella storia antica Estratto il 19 ottobre 2017 da ancient.eu.
  3. Hansson, A. (1996). Rotti cinesi: discriminazione ed emancipazione nella tarda Cina imperiale. Leiden: Brill.
  4. Cohn, J. (201e). L’antico cinese. New York: Gareth Stevens Publishing.
  5. Classi sociali della Cina antica (s / f9) Estratto il 19 ottobre 2017 da mmsamee.weebly.com.
 

Assegno per il nucleo familiare – ANF

Assegno per il nucleo familiare – ANF

Cos’è+

L’Assegno per il Nucleo Familiare (ANF) è una prestazione economica erogata dall’INPS ai nuclei familiari di alcune categorie di lavoratori, dei titolari delle pensioni e delle prestazioni economiche previdenziali da lavoro dipendente e dei lavoratori assistiti dall’assicurazione contro la tubercolosi.

Il riconoscimento e la determinazione dell’importo dell’assegno avvengono tenendo conto della tipologia del nucleo familiare, del numero dei componenti e del reddito complessivo del nucleo stesso. La prestazione è prevista in importi decrescenti per scaglioni crescenti di reddito e cessa in corrispondenza di soglie di esclusione diverse a seconda della tipologia familiare.

Sono previsti importi e fasce reddituali più favorevoli per alcune tipologie di nuclei (ad esempio, nuclei monoparentali o con componenti inabili ).

Gli importi sono pubblicati annualmente dall’INPS in tabelle valide dal 1° luglio di ogni anno, fino al 30 giugno dell’anno seguente (MESSAGGIO N. 2331 DEL 17.06.2021 e CIRCOLARE N. 92 del 30 giugno 2021).