Archivi giornalieri: 26 gennaio 2022

Agevolazioni PNRR

Agevolazioni PNRR: sì al cumulo con altri incentivi, no al doppio finanziamento

E’ ammesso il cumulo tra incentivi e agevolazioni PNRR e altre misure agevolative? Ecco cosa ne pensa la Ragioneria generale dello Stato, RGS

PNRR

Con la recente circolare n° 33 del 31 dicembre 2021, la Ragioneria Generale dello Stato, RGS, è tornata nuovamente sulle possibilità di cumulo tra misure che operano all’interno del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza, PNRR e altri incentivi statali.

E’ ammesso il cumulo? Cosa si intende per doppio finanziamento? Ebbene, a tali domande ha risposto l’RGS. I chiarimenti si estendono anche alla misura “Investimento 1: Transizione 4.0” (M1C2-1) prevista dal PNRR che ha l’obiettivo di sostenere la trasformazione digitale delle imprese, incentivando gli investimenti a sostegno della digitalizzazione. Si tratta di alcuni crediti d’imposta.

Agevolazioni PNRR: sì al cumulo con altri incentivi, no al doppio finanziamento

Iniziamo subito con un passaggio cruciale: il doppio finanziamento non è mai ammesso.

Cosa si intende per doppio finanziamento?

La circolare n° 33 precisa che:

il divieto di doppio finanziamento, previsto espressamente dalla normativa europea, prescrive che il medesimo costo di un intervento non possa essere rimborsato due volte a valere su fonti di finanziamento pubbliche anche di diversa natura. Si tratta di un principio generale di sana gestione finanziaria applicabile al bilancio dell’Unione europea, ma valido quale regola generale anche per l’ordinamento interno.

Doppio finanziamento e cumulo sono concetti ben separati tra loro.

Infatti, per cumulo si intende il ricorso a più forme di intervento/sostegno pubblico per sostenere lo stesso progetto di investimento.

Tale fattispecie è prevista e consentita nell’ambito dei PNRR dall’art. 9 del Reg. (UE) 2021/241.  Il sostegno fornito nell’ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF) si aggiunge al sostegno fornito nell’ambito di altri programmi e strumenti dell’Unione”. È pertanto prevista la possibilità di cumulare all’interno di un unico progetto fonti finanziarie differenti “…a condizione che tale sostegno non copra lo stesso costo” (divieto di doppio finanziamento).

Un esempio pratico

La RGS fa un esempio pratico per meglio chiarire i concetti sopra esposti. Come vedremo, il cumulo è ammesso, ma, come già ribadito anche dall’Agenzia delle entrate per alcuni incentivi ( ad esempio cumulo bonus beni strumentali e bonus sud), le agevolazioni cumulate non possono superare il costo dell’investimento.

Se una misura del PNRR finanzia il 40% del valore di un bene/progetto, la quota rimanente del 60% può essere finanziata attraverso altre fonti. Purché si rispettino le disposizioni di cumulo di volta in volta applicabili e, complessivamente, non si superi il 100% del relativo costo (Fonte circolare 33). In quest’ultimo caso, parte dei costi sarebbero infatti finanziati due volte. Già comporterebbe  il c.d. “doppio finanziamento”, di cui è fatto sempre divieto.

Dunque si al cumulo tra le varie misure agevolative, verificando di vota in volta:

  • cosa prevedono le singole norme di cui alle misure agevolative e le norme in ambito UE,
  • anche in materia di aiuti di Stato.

Ulteriori chiarimenti

I chiarimenti fin qui analizzati si applicano anche ad una specifica misura del PNRR della quale si fa menzione nella circolare.

Il riferimento è alla misura “Investimento 1: Transizione 4.0” (M1C2-1) prevista dal PNRR. Misura che ha l’obiettivo di sostenere la trasformazione digitale delle imprese, incentivando gli investimenti a sostegno della digitalizzazione attraverso il riconoscimento di tre tipologie di crediti di imposta alle imprese che investono in:

  • beni capitali;
  • ricerca, sviluppo e innovazione;
  • attività di formazione alla digitalizzazione e di sviluppo delle relative competenze.

Anche per tale misura valgono le suddette indicazioni per cumulo e doppio finanziamento.

⭐️ Segui Lavoro e Diritti su Google News: clicca sulla stellina per inserirci nei preferiti.
 

Quota 102. C’è incompatibilità con i redditi da lavoro autonomo? L’Inps non fa sconti

Quota 102. C’è incompatibilità con i redditi da lavoro autonomo? L’Inps non fa sconti

Rispetto all normativa di quota 100, il legislatore ha solo modificato alcuni parametri di accesso alla pensione anticipata

In pensione nel 2022 con la Quota 102, quanti lavoratori sfrutteranno il canale

La Legge n°234/2021, Legge di bilancio 2022, ha sostituito quota 100 con quota 102.

Rispetto all normativa di quota 100, il legislatore ha solo modificato alcuni parametri di accesso alla pensione anticipata.

Infatti, possono andare in pensione con quota 102 i soggetti con un’età anagrafica pari almeno a 64 anni e un’anzianità contributiva minima di 38 anni.

Sono tutte confermate le cause di incompatibilità reddituale già in essere per quota 100.

Il riferimento principale è all’incompatibilità con i redditi da lavoro autonomo. Difatti chi va in pensione con quota 100 non può continuare a lavorare.

Quota 102

La Legge n°234/2021, Legge di bilancio 2022, ha introdotto la c.d quota 102. Grazie alla quale è possibile andare in pensione anticipata:

  • con un requisito anagrafico pari almeno a 64 anni e
  • un’anzianità contributiva minima di 38 anni.

Nello specifico, potranno andare in pensione anticipata con quota 102: gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive della medesima, gestite dall’INPS, nonché alla gestione separata, che maturino nel corso dell’anno 2022 i requisiti di età anagrafica pari a 64 anni e di anzianità contributiva pari a 38 anni (c.d. “quota 102”). Fermo restando che il diritto conseguito entro il 31 dicembre 2022 può essere esercitato anche successivamente a tale data.

Pensione quota 102 e redditi da lavoro autonomo. Quale incompatibilità?

Circa l’incompatibilità di quota 102 con i redditi da lavoro autonomo, valgono le indicazioni fornite dall’INPS con la circolare n° 117/2019.

Infatti, nel passaggio da quota 100 a quota 102, le regole di incompatibilità non sono state modificate dal legislatore.

Dunque, quota 102 è incompatibile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.

Rilevano ai fini dell’incumulabilità della pensione: i compensi percepiti per l’esercizio di arti; i redditi di impresa connessi ad attività di lavoro, nonché le partecipazioni agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione nei casi in cui l’apporto è costituito dalla prestazione di lavoro (cfr.

il messaggio n. 59 del 12 marzo 1997); diritti di autore; brevetti.Ai fini della verifica dell’incumulabilità, rilevano i redditi percepiti nel periodo compreso tra la data di decorrenza del trattamento pensionistico e la data di compimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia.

Redditi cumulabili con quota 102

Non rilevano ai fini dell’incumulabilità della pensione:

  • le indennità percepite dagli amministratori locali in applicazione dell’articolo 82 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – TUEL e, più in generale,
  • tutte le indennità comunque connesse a cariche pubbliche elettive;
  • i redditi di impresa non connessi ad attività di lavoro, nonché le partecipazioni agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione nei casi in cui l’apporto non è costituito dalla prestazione di lavoro ai sensi dell’articolo 24 della legge 20 maggio 1985, n. 222 (cfr. informativa ex Inpdap n. 11/2003, p. 2);
  • indennità percepite per l’esercizio della funzione di giudice di pace (cfr. l’articolo 11, comma 4-bis, della legge 21 novembre 1991, n. 374);
  • indennità percepite dai giudici onorari aggregati per l’esercizio delle loro funzioni ai sensi dell’articolo 8 della legge 22 luglio 1997, n. 276 (cfr. la circolare n. 67 del 24 marzo 2000);
  • le indennità percepite per l’esercizio della funzione di giudice tributario a norma dell’articolo 86 della legge 21 novembre 2000, n. 342 (cfr. la circolare n. 20 del 26 gennaio 2001);
  • ecc.

Difatti, le incompatibilità/compatibilità previste per quota 100 rimangono in vigore anche per quota 102.

Lavoro autonomo occasionale 2022: novità no tax area e comunicazione preventiva

Lavoro autonomo occasionale 2022: novità no tax area e comunicazione preventiva

Lavoro autonomo occasionale, dalla nuova no tax area alla comunicazione preventiva, la guida per l’anno 2022

Lavoro autonomo occasionale

Il lavoro autonomo occasionale è stato oggetto di diverse novità negli ultimi due mesi. Anche la Legge n°234/2021, Legge di bilancio 2022, ha introdotto alcune modifiche in materia di tassazione dei redditi da lavoro autonomo occasionale.

Infatti, la no tax area è stata innalzata da 4.800 a 5.500 euro. Ciò significa che fino a tale importo i redditi non sono tassati. Per recuperare le ritenute subite nella ricevuta fiscale rilasciata al committente, sarà sempre necessario presentare la dichiarazione dei redditi (va bene anche il 730).

Altra novità riguarda la nuova comunicazione preventiva obbligatoria.

Lavoro autonomo occasionale: inquadramento fiscale

Il codice civile, all’art. 2222 inquadra il lavoro autonomo richiamando la situazione in cui:

una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro.

Soffermandoci sul lavoro autonomo occasionale ossia svolto in maniera non abituale, il trattamento fiscale del reddito da esso scaturente è disciplinato dall’art.67 del DPR 917/86, TUIR. I redditi da lavoro autonomo occasionale sono considerato quali redditi diversi.

Tali  redditi  sono costituiti dalla differenza:

  • tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e
  • le spese specificamente inerenti alla loro produzione.

Differenza come individuata dall’art.71 del TUIR.

A tal proposito, nella circolare n° 49/2013, l’Agenzia delle entrate ha messo in evidenza come i redditi di lavoro autonomo non abituale sono determinati, proprio in ragione della loro occasionalità, tenendo conto del collegamento specifico tra compenso e spesa sostenuta per conseguirlo, in quanto deducibile nel periodo di imposta in cui sono percepiti i compensi cui dette spese si riferiscono in modo specifico.

La nuova no tax area

La tassazione dei redditi da lavoro autonomo occasionale così come quelli da lavoro autonomo abituale o di impresa è stata oggetto di modifiche con la Legge di bilancio 2022. Nello specifico, intervenendo sull’art.13 del TUIR, detrazioni per tipologia di reddito, al comma 5, il legislatore ha innalzato la no tax area da 4.800 euro a 5.500 euro.

Ciò significa che fino a tale importo non si pagano “tasse”.

La nuova no tax area non è altro che frutto dell’aumento della detrazione per tipologia di reddito da 1104 a 1265. Tale ultimo importo è l’Irpef teoricamente dovuta per i redditi fino a 5500 (5500*23%).

Per recuperare le ritenute subite nella ricevuta fiscale rilasciata al committente sarà sempre necessario presentare la dichiarazione dei redditi. Va bene anche il 730. Il reddito da lavoro autonomo occasionale andrà indicato nel quadro D, rigo D5 codice 2.

Anche ai redditi da lavoro autonomo occasionale si applicano le nuove aliquote Irpef. Redditi da sommare ad eventuali altri introiti soggetti a Irpef.

Nello specifico, l’imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 del DPR 917/86, TUIR, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:

  • fino a 15.000 euro, 23 per cento;
  • da 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 25 per cento;
  • da 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35 per cento;
  • oltre 50.000 euro, 43 per cento.

La ricevuta fiscale con la ritenuta del 20%

Il lavoratore autonomo occasionale deve rilasciare al committente ossia a colui che richiede la sua prestazione,  una ricevuta “non fiscale”, nella quale è tenuto ad indicare i seguenti elementi obbligatori:

  • i propri dati personali;
  • le generalità del committente;
  • la data e il numero progressivo d’ordine della ricevuta;
  • il corrispettivo lordo concordato;
  • la ritenuta d’acconto (pari al 20% dei compenso lordo);
  • l’importo netto che verrà corrisposto dal committente.

Inoltre, dovrà essere indicato che si tratta di “Operazione non soggetta a IVA a norma dell’articolo 5, comma 2, DPR n 633/72“ Il committente, se impresa, società, professionista ecc,  funge da sostituto d’imposta e dovrà versare per conto del lavoratore la ritenuta del 20% a titolo di acconto Irpef.

La ricevuta dovrà essere emessa preferibilmente al momento del pagamento.

I redditi andranno dichiarati in riferimento all’anno di incasso.

Se la ricevuta ha un valore superiore ai 77,47 euro, deve essere necessariamente rilasciata con marca da bollo da 2 euro.

Gli obblighi previdenziali

Dal punto di vista degli obblighi previdenziali, fino a 5.000 euro non vi è alcun obbligo contributivo.

Infatti, ai sensi dell’art.44 del D.L. 269/2003,

i soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale e gli incaricati alle vendite a domicilio di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, sono iscritti alla gestione separata (articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335), solo qualora il reddito lordo annuo derivante da dette attività sia superiore ad euro 5.000 (art.44 D.L. 269/2003).

Dunque, per i lavoratori autonomi occasionali, i primi 5.000 euro annui costituiscono una soglia di esenzione dall’obbligo contributivo (Fonte portale INPS).

I lavoratori interessati devono comunicare tempestivamente ai committenti occasionali l’eventuale superamento della soglia di esenzione. Con obbligo di iscrizione alla Gestione Separata.

L’imponibile previdenziale sarà  costituito dal compenso lordo erogato al lavoratore, dedotte eventuali spese addebitate al committente e risultanti dalla ricevuta.

Ai lavoratori autonomi occasionali si applicano le stesse regole di iscrizione, ripartizione del contributo, versamento e denuncia previste per i collaboratori coordinati e continuativi, nonché le regole generali in materia di aliquote (33,72%-24%), massimale e accredito contributivo.

Da qui:

  • il carico contributivo  è per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del collaboratore;
  • l’obbligo di versamento compete tuttavia al committente anche per la quota a carico del lavoratore. Quota trattenuta all’atto della corresponsione del compenso.

Il committente versa il totale della contribuzione come da ricevuta, con l’F24 entro 16 del mese successivo a quello di pagamento del compenso.

La comunicazione preventiva del lavoratore autonomo occasionale

Un’ulteriore novità introdotta dal D.L. 146/2021, c.d decreto fiscale, in materia di lavoro autonomo riguarda l’obbligo di comunicazione all’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente dell’impiego di lavoratori autonomi occasionali. Competenza individuata in ragione del luogo ove si svolge la prestazione.

L’obbligo riguarda le imprese committenti e i rapporti avviati dal 21 dicembre 2021 in avanti. Si veda a tal fine la nota n° 29 dell’11 gennaio 2022-Ispettorato nazionale del Lavoro.

⭐️ Segui Lavoro e Diritti su Google News: clicca sulla stellina per inserirci nei preferiti.
 

Bonus assunzioni percettori reddito di cittadinanza, guida aggiornata al 2022

Bonus assunzioni percettori reddito di cittadinanza, guida aggiornata al 2022

Come funziona e quali sono le novità 2022 sullo sgravio per le aziende che assumono lavoratori beneficiari del Reddito di Cittadinanza

Bonus assunzioni

Bonus assunzioni percettori reddito di cittadinanza: cos’è e come funziona nel 2022? Le modifiche operate dall’ultima Legge di Bilancio (Legge 30 dicembre 2021 numero 234) con decorrenza dallo scorso 1° gennaio non hanno risparmiato l’impianto di Pensione e Reddito di Cittadinanza (in sigla PdC e RdC), due meccanismi di sostegno economico introdotti nel 2019 con lo scopo di contrastare situazioni di povertà ed esclusione sociale.

Proprio al fine di favorire l’inserimento / reinserimento lavorativo dei soggetti percettori di RdC, il Decreto Legge istitutivo (D.L. 28 gennaio 2019 numero 4 convertito in Legge 28 marzo 2019 numero 26) ha introdotto (articolo 8) due distinti sgravi contributivi per i datori di lavoro privati che attivano contratti con i beneficiari il sussidio.

Come anticipato all’inizio, la Manovra 2022 è intervenuta sull’agevolazione in parola, in particolare:

  • Semplificando la procedura di accesso;
  • Ampliando le fattispecie contrattuali ammesse allo sgravio;
  • Valorizzando il ruolo delle Agenzie per il Lavoro in termini di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro.

Analizziamo in dettaglio a chi spetta e come funziona la misura di favore, alla luce delle novità previste in Manovra.

Bonus assunzioni percettori reddito di cittadinanza: quanto spetta

L’agevolazione per l’assunzione di beneficiari RdC riduce l’ammontare dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro da versare all’INPS (esclusi i premi e i contributi INAIL), in misura diversa non superiore, rispettivamente a 780 o 390 euro mensili.

Sgravio contributivo fino a 780 euro mensili

Nell’ipotesi in cui l’azienda contestualmente alla stipula di un contratto “a tempo indeterminato, pieno o parziale, o determinato, o anche mediante contratto di apprendistato” (articolo 8 comma 1 del D.L. n. 4/2019 come modificato dalla Legge di Bilancio), sigla presso il Centro per l’Impiego un patto di formazione con cui garantisce al lavoratore un percorso formativo o di riqualificazione professionale, l’ammontare dello sgravio è:

  • Pari all’importo mensile del RdC percepito dal lavoratore all’atto dell’assunzione (comunque non superiore a 780 euro mensili);
  • Riconosciuto per una durata corrispondente alla differenza tra diciotto mensilità ed i periodi già goduti dal beneficiario, comunque non inferiori a cinque mesi (in caso di rinnovo l’esonero spetta nella misura fissa di cinque mensilità).

Leggi anche: Reddito di Cittadinanza 2022, ultime novità su patto per il lavoro, importi e controlli

Sgravio 390 euro mensili

Il beneficiario RdC che, dopo aver completato un percorso formativo o di riqualificazione professionale, ottiene un “contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato” coerente “con il profilo formativo” (articolo 8 comma 2 D.L. n. 4/2019) porta in dote al datore di lavoro l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico di quest’ultimo (esclusi i premi e i contributi dovuti all’INAIL):

  • Nel limite della metà dell’importo mensile del Reddito di Cittadinanza percepito all’atto dell’assunzione (comunque non superiore a 390 euro mensili);
  • Per una durata pari alla differenza tra diciotto mensilità ed i periodi già fruiti dal beneficiario, comunque non inferiori a sei mensilità (in caso di rinnovo l’esonero è applicato in misura fissa equivalente a sei mensilità per metà dell’importo RdC).

La restante metà del sussidio mensile è “riconosciuta all’ente di formazione accreditato che ha garantito al lavoratore assunto” il percorso formativo o di riqualificazione professionale “sotto forma di sgravio contributivo applicato ai contributi previdenziali e assistenziali dovuti per i propri dipendenti” (ai sensi del già citato articolo 8 comma 2).

A fronte di rapporti avviati in corso di mese, il tetto massimo dello sgravio è pari all’importo mensile diviso 31, successivamente moltiplicato per i giorni di durata del rapporto nel mese in questione. Ipotizziamo che l’agevolazione sia pari a 670 euro mensili. Il valore dev’essere diviso per 31 e successivamente moltiplicato per i giorni di calendario in cui il rapporto è attivo nel mese interessato.

Bonus assunzioni percettori reddito di cittadinanza, a chi spetta e a quali condizioni

Lo sgravio contributivo (tanto nella sua versione non eccedente i 780 euro quanto in quella con tetto pari a 390 euro mensili) non può eccedere l’ammontare totale dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore per le mensilità oggetto dell’incentivo (esclusi i contributi ed i premi dovuti all’INAIL).

E’ altresì prevista la restituzione dell’incentivo fruito, maggiorato delle sanzioni civili, in caso di licenziamento del beneficiario RdC nei trentasei mesi successivi all’assunzione, a meno che il recesso non avvenga per giusta causa o giustificato motivo.

Leggi anche: Reddito di Cittadinanza sospeso per ISEE, DSU da aggiornare entro il 31 gennaio

Si incorre nella restituzione dello sgravio anche a fronte di:

  • Licenziamento per giusta causa o giustificato motivo dichiarato illegittimo;
  • Recesso dal contratto al termine del periodo di prova o del periodo di formazione (in caso di apprendistato);
  • Dimissioni del beneficiario RdC per giusta causa.

Condizioni

L’accesso allo sgravio è condizionato al rispetto dei seguenti vincoli:

  • Assunzione spontanea e non in attuazione di un obbligo preesistente stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva;
  • Osservanza della normativa sul lavoro, in particolare quella a tutela delle condizioni di lavoro;
  • Rispetto della parte economica e normativa di accordi e contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali di datori e lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale;
  • Inoltro delle comunicazioni obbligatorie di instaurazione o modificazione del rapporto di lavoro nel rispetto dei termini di legge;
  • Rispetto del diritto di precedenza previsto dalla legge o dal contratto collettivo;
  • Regolarità contributiva.

E’ inoltre necessario che:

  • l’azienda realizzi un incremento occupazionale netto del numero dei dipendenti;
  • il datore di lavoro sia in regola con le norme previste in materia di assunzioni obbligatorie ovvero assuma un beneficiario del sussidio iscritto nelle liste del collocamento obbligatorio;
  • lo sgravio rispetti i limiti previsti in materia di aiuti di Stato.

Il ruolo delle Agenzie per il Lavoro

Tra le novità introdotte dalla Manovra 2022 figura il ruolo attribuito alle Agenzie per il Lavoro (iscritte all’apposito albo informatico), in termini di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro per i beneficiari RdC.

In particolare, il nuovo comma 1-ter introdotto all’articolo 8 del D.L. n. 4/2019 riconosce alle Agenzie “per ogni soggetto assunto a seguito di specifica attività di mediazione” il 20% dell’incentivo “di cui al comma 1” del medesimo articolo 8 (sgravio con tetto massimo di 780 euro mensili), che viene decurtato dalla quota spettante al datore di lavoro.

Leggi anche: reddito di cittadinanza senza green pass

Come ottenere lo sgravio contributivo per i percettori di Reddito di Cittadinanza

Un’altra modifica ad opera della Legge di Bilancio è la semplificazione del meccanismo di accesso allo sgravio previsto per chi assume beneficiari RdC e stipula contestualmente all’assunzione un patto di formazione (articolo 8 comma 1). Viene infatti eliminato l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare “alla piattaforma digitale dedicata al Rdc presso l’ANPAL le disponibilità dei posti vacanti” e, su tali, assumere a tempo pieno ed indeterminato (anche mediante contratto di apprendistato).

La nuova formulazione del comma 1 (in vigore dal 1° gennaio 2022) prevede il riconoscimento dello sgravio al datore di lavoro privato

che assuma a tempo indeterminato, pieno o parziale, o determinato, o anche mediante contratto di apprendistato, i soggetti beneficiari di Rdc”.

E’ necessario ricordare che l’INPS ha reso disponibile un’apposita procedura di ammissione allo sgravio, all’interno del “Portale delle agevolazioni (ex DiResCo)” (accessibile collegandosi a “inps.it – Prestazioni e Servizi – Servizi – Servizi per le aziende e consulenti”) denominata “SRDC – Sgravio Reddito di Cittadinanza” utile ai datori di lavoro per conoscere, previa domanda:

  • L’ammontare e la durata del beneficio spettante in base alle informazioni sul Reddito di Cittadinanza;
  • Il rispetto delle condizioni previste in materia di aiuti di Stato o de minimis.

In caso di esito positivo (lavoratore percettore di RdC e capienza di aiuti de minimis) la procedura fornirà un riscontro di accoglimento della domanda, con elaborazione del relativo piano di fruizione.

 

⭐️ Segui Lavoro e Diritti su Google News: clicca sulla stellina per inserirci nei preferiti.
 

Santi Timoteo e Tito

 

Santi Timoteo e Tito


Nome: Santi Timoteo e Tito
Titolo: Vescovi Discepoli di San Paolo
Ricorrenza: 26 gennaio
Tipologia: Commemorazione
 
La memoria di due Vescovi delle primissime generazioni cristiane, ambedue convertiti da San Paolo e suoi collaboratori, è stata abbinata nel nuovo Calendario della Chiesa. Timoteo e Tito non erano israeliti, non appartenevano al Popolo eletto. Ambedue perciò impersonavano il primo grosso problema incontrato dalla Chiesa nascente. Il problema era questo: era lecito entrare nella Chiesa cristiana senza prima passare dalla Sinagoga ebraica? I pagani potevano essere battezzati direttamente, oppure il battesimo doveva essere riserbato soltanto ai circoncisi?

La questione venne affrontata dagli Apostoli, a Gerusalemme, verso l’anno 50, in quello che può esser definito il primo Concilio della Chiesa. La controversia fu vivace, ma San Paolo, per quanto israelita, sostenne le ragioni dei pagani convertiti, e in tal senso convinse anche gli altri Apostoli, e San Pietro, che dette autorità alle decisioni del concilio.

Timoteo era figlio di una donna israelita e di padre gentile, cioè pagano. Egli rappresentava in qualche modo un punto d’incontro e d’intesa tra le due tendenze. Per rispetto al padre, la madre non l’aveva fatto circoncidere. Quando San Paolo giunse in Asia Minore, a Listra, patria di Timoteo, convertì la madre e battezzò il giovane, promettente figlio.

Tito, a sua volta, era proprio uno di quei pagani della Siria che, convertito da San Paolo, era entrato a far parte della Chiesa di Antiochia. Quattordici anni dopo, Paolo lo portò con sé a Gerusalemme, proprio nel momento cruciale della controversia circa il battesimo dei Gentili. L’Apostolo si oppose risolutamente alla circoncisione del cristiano di Antiochia, e Tito divenne così il vivente simbolo del valore universale del Cristianesimo, senza distinzioni di nazionalità, di razza e di cultura.

Diverso fu invece il comportamento di San Paolo nei confronti di Timoteo. Incontrandolo dopo alcuni anni, gli consigliò la circoncisione. Ciò sembrava in contrasto con i principi paolini, ma evidentemente l’Apostolo delle Genti voleva fare di Timoteo un missionario presso gli Ebrei.

Timoteo divenne così uno dei migliori e più assidui collaboratori di Paolo, docile e affettuoso, riflessivo e fedele. E utilissimo collaboratore dell’Apostolo fu anche Tito, eloquente e ispirato, zelante e irreprensibile. Ambedue, Timoteo e Tito, furono latori delle lettere di San Paolo alle varie comunità cristiane. Due lettere dell’Apostolo, importantissime, furono indirizzate proprio a Timoteo; un’altra lettera, anche questa fondamentale, venne indirizzata a Tito, che era restato ad evangelizzare l’isola di Creta, dove divenne Vescovo di Gòrtina, morendovi vecchissimo, verso la fine del primo secolo cristiano.

Timoteo, invece, inviato da Paolo ad organizzare la Chiesa di Efeso, divenne il primo Vescovo, amato e venerato, di quella grande città orientale, dove morì verso l’anno 97. La tradizione lo disse Martire, ucciso a colpi di pietra dai pagani della città, adirati perché il Vescovo cristiano si sarebbe opposto ai Baccanali, durante una festa pagana. Ma nessun documento conferma quest’ultimo capitolo della vita del fedele «figlio spirituale» di Paolo.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria dei santi Timoteo e Tito, vescovi, che, discepoli di san Paolo Apostolo e suoi collaboratori nel ministero, furono l’uno a capo della Chiesa di Efeso, l’altro di quella di Creta; ad essi sono indirizzate le Lettere dalle sapienti raccomandazioni per l’istruzione dei pastori e dei fedeli.