Archivi giornalieri: 15 febbraio 2021

Assegni familiari 2021

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Assegni familiari e maggiorazioni 2021: importi e limiti di reddito

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Rivalutazione 2021 per assegni familiari e maggiorazioni di pensione : le tabelle nella circolare INPS 157 2020

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E’ stata pubblicata ieri la circolare INPS n. 157 del 29.12.2020  con le tabelle dei nuovi limiti di reddito familiare da applicare ai fini della cessazione o riduzione della corresponsione degli assegni familiari e delle quote di maggiorazione di pensione per l’anno 2021 

Vengono  chiariti i limiti di reddito mensile  che verranno considerati dall’INPS per il diritto agli assegni familiari per l’anno 2021, rivalutati sulla base del tasso di inflazione programmato

Da sottolineare che le indicazioni interessano i soggetti esclusi dalla normativa degli ANF, assegni per il nucleo familiare, cioè coloro a cui  gli assegni familiari sono riconosciuti direttamente dall’istituto e non dai datori di lavoro; si tratta in particolare di:

  1. coltivatori diretti, coloni, mezzadri e dei piccoli coltivatori diretti
  2. pensionati delle Gestioni speciali per i lavoratori autonomi

 La circolare ricorda anche che  la cessazione del diritto alla corresponsione dei trattamenti di famiglia,  non comporta la cessazione di altri diritti e benefici  sui familiari a carico.

Gli importi delle prestazioni (assegni familiari e maggiorazione pensione) sono i seguenti:

  •  8,18 euro mensili spettanti ai coltivatori diretti, coloni e mezzadri per i figli ed equiparati; 
  • 10,21 euro mensili spettanti ai pensionati delle Gestioni speciali per i lavoratori autonomi e ai piccoli coltivatori diretti per il coniuge e i figli ed equiparati;
  •  1,21 euro mensili spettanti ai piccoli coltivatori diretti per i genitori ed equiparati. 

 Per quanto riguarda in particolare i limiti di reddito mensili da considerare ai fini del riconoscimento del diritto agli assegni familiari per l’anno 2021 l’istituto precisa che   il trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti è fissato dal 1° gennaio 2021 nell’importo mensile di 515,58 euro. In relazione a tale trattamento, i limiti di reddito mensili da considerare  per il  diritto agli assegni familiari risultano :

  •  726,11 euro per il coniuge, per un genitore, per ciascun figlio o equiparato; 
  • 1270,69 euro per due genitori ed equiparati.

 I nuovi limiti di reddito valgono anche, secondo le disposizioni già in vigore e a suo tempo rese note, in caso di richiesta di assegni familiari per fratelli, sorelle e nipoti (indice unitario di mantenimento).

Le tabelle e la circolare sono allegati sotto.

Fonte: Inps

 

INAIL

Prestazioni economiche

Sulla base del principio dell'”automaticità delle prestazioni“, l’Inail tutela i lavoratori che subiscono un infortunio sul lavoro o contraggono una malattia professionale mediante l’erogazione di prestazioni economiche, sanitarie e integrative, anche se il datore di lavoro non ha versato regolarmente il premio assicurativo.

Al principio dell’automaticità delle prestazioni fanno eccezione:

  • alcune tipologie di lavoratori autonomi (quali ad esempio gli artigiani e coltivatori diretti) che, in caso di infortunio o malattia professionale non sono in regola con il versamento del premio assicurativo, non riceveranno le prestazioni (economiche) fino all’assolvimento dell’obbligo contributivo
  • le/i casalinghe/i che subiscono un infortunio in ambito domestico ma, al momento dell’evento lesivo non sono iscritte/i all’assicurazione, non hanno diritto alle prestazioni.

Le prestazioni economiche prevedono l’acquisizione della Certificazione unica dei redditi dell’anno precedente, con la sola eccezione per il rimborsi spese.

Assegni familiari

Assegni familiari e bonus maternità 2021: non cambiano gli importi erogati dai Comuni

Diego DenoraLeggi e prassi
 

Assegni familiari e bonus maternità 2021: non cambiano gli importi erogati dai Comuni rispetto all’anno precedente. Soglie ISEE e valore del beneficio rimangono stabili. A stabilirlo è il Comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche della famiglia, del 12 febbraio 2021.

 
13 febbraio 2021 Assegni familiari e bonus maternità 2021: non cambiano gli importi erogati dai Comuni
 

Gli importi degli assegni familiari e dei bonus maternità 2021 erogati dai Comuni sono, nella misura intera, pari a 154,14 euro e 348,12 euro, e rimangono gli stessi del 2020.

Nessuna novità anche per le soglie ISEE da rispettare per beneficiarne, che restano fissate nel primo caso a 8.788,99 euro e nel secondo a 17.416,66 euro.

La variazione ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati a ribasso, pari a -0,3%, fa rimanere stabili le cifre.

A stabilirlo è il Comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche della famiglia, del 12 febbraio 2021 che rimanda al documento dell’anno precedente:

 

“restano fermi per l’anno 2021 la misura e i requisiti economici dell’assegno al nucleo familiare numeroso e dell’assegno di maternità di cui al comunicato del Dipartimento per le politiche della famiglia pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2020”.

Prima di passare a rassegna gli importi, è necessario sottolineare che i valori fanno riferimento alle prestazioni erogate dai Comuni e non a quelle concesse su base nazionale gestite direttamente dall’INPS di cui rappresentano una sorta di integrazione.

Gazzetta Ufficiale – Comunicato della presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche della famiglia, del 12 febbraio 2021
Rivalutazione, per l’anno 2021, della misura e dei requisiti economici dell’assegno per il nucleo familiare numeroso e dell’assegno di maternità.

Assegni familiari per nuclei numerosi 2021: non cambiano gli importi erogati dai Comuni

Gli assegni familiari per i nuclei numerosi erogati dai Comuni per il 2021 arrivano fino a un massimo di 154,14 euro, e possono richiederli coloro che non superano la soglia ISEE di 8.788,99 euro.

Come sottolinea il comunicato del 12 febbraio 2021, Gli importi, in entrambi i casi, sono quelli previsti nel corso del 2020, in cui si era registrato un lieve aumento rispetto al 2019.

Il valore effettivo dell’assegno viene definito sulla base della scala di equivalenza in relazione alla composizione del nucleo familiare.

Regolato dall’articolo 65 della legge numero 448 del 23 dicembre 1998, il beneficio è concesso ai nuclei familiari composti da cittadini italiani e UE residenti, da cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, ma anche dai familiari che non hanno cittadinanza di uno Stato membro titolari del diritto di soggiorno o soggiorno permanente.

Avere tre o più figli è il requisito fondamentale per accedervi, oltre al rispetto della soglia ISEE stabilita.

Le somme vengono erogate su richiesta dell’aspirante beneficiario, che una volta ottenuto il via libera ha diritto a 13 mensilità erogate con cadenza semestrale dall’INPS.

Assegno familiare 2021 Importo in misura piena Soglia ISEE 2021
154,14 euro 8.788,99 euro

Bonus maternità 2021: non cambiano gli importi erogati dai comuni

Il bonus maternità 2021 ammonta, invece, nella misura intera a 348,12 euro ed è riconosciuto in presenza di un ISEE del nucleo familiare non superiore alla soglia dei 17.416,66 euro. Anche in questo caso nessuna variazione è prevista per il 2021.

Il beneficio è regolato dall’articolo 74 della legge numero 151 del 2001.

Destinatarie del bonus sono le madri non lavoratrici o coloro che non hanno diritto all’indennità di maternità dell’INPS o ancora alla retribuzione per il periodo di maternità. In caso di importi inferiori a quello del bonus comunale, la madre lavoratrice può chiederlo in misura ridotta.

Gli importi possono essere richiesti in caso di nascite, affidamenti preadottivi e adozioni senza affidamento sia dalle cittadine italiane o comunitarie residenti in Italia che dalle cittadine non comunitarie con carta di soggiorno o permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

Come per gli assegni familiari 2021, il beneficio viene riconosciuto su richiesta: la domanda deve essere presentata al comune di appartenenza entro la scadenza dei 6 mesi dalla nascita del figlio o dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato.

Bonus maternità 2021 Importo in misura piena Soglia ISEE 2021
348,12 euro 17.416,66 euro

Assegni familiari e maternità dei comuni 2021

Assegni familiari e maternità dei comuni 2021: importi, domande e scadenze

Comunicati gli importi validi per il 2021 degli assegni nuclei familiari numerosi e assegni di maternità concessi dai comuni.

Gli importi di assegni familiari e maternità dei comuni rimangono invariati per il 2021. Si tratta dell’assegno per il nucleo familiare numeroso riconosciuto dai Comuni, riservato a chi ha almeno tre figli minori e dell’assegno di maternità riconosciuto dai comuni per chi non ha altre forme di tutela. L’aggiornamento degli importi è dovuto alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) che per l’anno 2020, è risultata pari allo -0,3%; per tale ragione, la legge stabilisce che quando questo indice è negativo, non si ha un ribasso degli importi, ma questi rimangono invariati.

I dati sono stati pubblicati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia – che ha pubblicato il relativo Comunicato in Gazzetta Ufficiale del 12 febbraio 2021. A breve gli stessi importi saranno recepiti dall’INPS con apposita circolare.

Vediamo i dettagli.

Assegno nucleo familiare numeroso dei comuni: cos’è e a chi spetta

Come accennato in premessa l’Assegno nucleo familiare numeroso dei comuni, o più comunemente detto “assegni familiari dei comuni”, è un assegno al nucleo familiare, concesso dai Comuni e pagato direttamente dall’INPS. L’ANF dei comuni è rivolto alle famiglie numerose, ovvero che hanno almeno tre figli minorenni e che dispongono di ISEE basso e quindi di patrimoni e redditi limitati.

E’ un assegno che non va confuso con gli assegni per il nucleo familiare destinato ai lavoratori dipendenti e assimilati e ai pensionati ex dipendenti, in quanto non è richiesto lo status di lavoratore dipendente come requisito, ma il semplice possesso di requisiti legati all’ISEE e al nucleo familiare.

Questa prestazione è quindi cumulabile con qualsiasi altro trattamento di famiglia e, come specificato espressamente dalla norma, non costituisce reddito imponibile ai fini fiscali e previdenziali. Non è, cioè, assoggettato all’IRPEF.

ANF dei comuni: requisito ISEE e familiare

Per averne diritto è necessario possedere un ISEE, per l’anno 2021, non superiore a 8.788,99 euro.

Si ricorda, al riguardo, che l’assegno al nucleo familiare dei Comuni spetta a:

  • nuclei familiari residenti nei comuni in cui si fa domanda e composti da cittadini italiani e UE;
  • nuclei familiari composti da cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo; nonchè familiari privi di cittadinanza con diritto di soggiorno o di soggiorno permanente;
  • cittadini stranieri titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria.

Il nucleo familiare deve essere composto da almeno un genitore e tre figli minori (appartenenti alla stessa famiglia anagrafica), che siano figli del richiedente, del coniuge o ricevuti in affido preadottivo.

Assegni familiari dei comuni: quanto spetta

L’assegno è erogato per 13 mensilità ed ha un valore mensile per il 2021 pari a 145,14 euro (che corrisponde a un importo complessivo di 1.886,82 euro).

L’assegno decorre dal 1° gennaio dell’anno in cui si verificano le suddette condizioni familiari e reddituali. Solo per il requisito familiare si verifica successivamente, quindi con la nascita del terzo figlio durante l’anno l’assegno per famiglie numerose dei comuni decorre dal primo giorno del mese in cui è nato il figlio, ovvero il requisito è stato soddisfatto.

Anche se la domanda si presenta al comune, è l’INPS che provvede direttamente al pagamento. Il pagamento dell’ANF dei comuni avviene 2 volte all’anno, con cadenza semestrale entro il 15 luglio e il 15 gennaio dell’anno successivo.

I controlli sulla veridicità dei dati inseriti e gli eventuali provvedimenti di revoca dell’assegno sono a cura dei Comuni.

Come fare domanda di Assegno nucleo familiare numeroso al Comune

Le modalità di richiesta dell’Assegno familiare dei Comuni variano in base al comune di residenza. E’ quindi necessario verificarle sul sito dell’amministrazione comunale o presso gli sportelli dei servizi per la famiglia.

Normalmente le domande possono essere presentate su appositi moduli predisposti dagli uffici competenti e disponibili online o presso gli uffici comunali.

Per l’anno 2021 si può presentare la domanda a partire dal 15/01/2021 se in possesso dell’ISEE per le prestazioni rivolte ai minorenni in corso di validità.

Assegno di maternità dei comuni 2020: cos’è e quanto spetta

L’assegno di maternità dei comuni è una prestazione concessa dai Comuni e pagata direttamente dall’INPS. Per ottenere l’assegno è necessario presentare domanda negli uffici del Comune di residenza entro sei mesi dal parto o dall’effettivo ingresso in famiglia del minore adottato o avuto in affidamento.

Per il 2021 l’assegno ammonta a 348,12 euro mensili, vale a dire 1.740,60 euro annuali, poiché è concesso per cinque mensilità. Il valore ISEE massimo da non oltrepassare, che è di 17.416,66 euro.

Requisiti assegno di maternità dei comuni

L’assegno può essere richiesto (per ogni figlio nato) dalle donne che non beneficiano di alcun trattamento economico per la maternità; oppure che beneficiano di un trattamento economico di maternità, ma di importo inferiore rispetto all’importo dell’assegno (in tal caso l’assegno spetta per la quota differenziale).

Il beneficio viene concesso anche per ogni minore in adozione o affidamento preadottivo purché il minore non abbia superato i 6 anni di età al momento dell’adozione o dell’affidamento (ovvero la maggiore età in caso di adozioni o affidamenti internazionali).

Maternità dei comuni: come e quando fare domanda

Anche in questo caso la domanda può essere presentata in forma cartacea o online direttamente al proprio comune. Questa deve essere corredata di tutta la documentazione richiesta dall’amministrazione comunale. La domanda si presenta necessariamente entro 6 mesi dalla nascita del figlio o dall’ingresso in famiglia del minore adottivo o affidatario.

Esonero contributivo alternativo alla CIG Covid-19: indicazioni dall’INPS

Esonero contributivo alternativo alla CIG Covid-19: indicazioni dall’INPS

Esaminiamo la circolare INPS 24/2021 che recepisce e fornisce indicazioni in merito all’esonero contributivo alternativo alla CIG Covid-19.

L’INPS ha rilasciato la circolare numero 24 del 11 febbraio 2021 con la quale fornisce indicazioni in merito alla possibilità per le aziende che non usufruiscono di ulteriori periodi di Cassa Integrazione Covid-19 di poter beneficiare di un apposito esonero contributivo per gli stessi dipendenti.

La norma recepita dall’INPS, prevista all’articolo 12 del Dl 137/2020 (Decreto Ristori), convertito, con modificazioni, dalla Legge 176/2020, prevede che il datore di lavoro che ha fruito degli ammortizzatori in costanza di rapporto di lavoro nel mese di giugno 2020 può fruire di un esonero sui contributi, indipendentemente dal fatto che i lavoratori in forza nei mesi di effettiva fruizione dell’esonero siano gli stessi che hanno fruito degli ammortizzatori sociali nel mese di giugno 2020.

Vediamo i dettagli.

Cassa integrazione Covid-19

In base al Decreto Ristori i datori di lavoro che hanno già fruito dell’ulteriore periodo di 9 settimane di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga avrebbero potuto fruire di un ulteriore periodo di ammortizzatori sociali pari ad altre 9 settimane.

Contestualmente lo stesso Dl Ristori ha previsto per i suddetti datori di lavoro, la possibilità di ottenere un esonero contributivo per i lavoratori in forza, al posto dell’ulteriore periodo di cassa integrazione covid. Come prevede la norma, l’esonero poteva riguardare anche altri lavoratori, diversi cioè da coloro per i quali erano stati previsti i periodi CIG 9+9 settimane pregressi.

Come precisa l’INPS l’esonero contributivo è alternativo alla CIG, quantomeno in riferimento alla medesima unità produttiva. Pertanto il datore di lavoro, in riferimento alla stessa unità produttiva può fruire o della CIG o dell’esonero dei contributi.

Esonero contributivo alternativo alla CIG covid-19: quanto spetta

L’esonero è pari alla contribuzione a carico del datore di lavoro non versata per il numero delle ore di integrazione salariale fruite nel mese di giugno 2020, con esclusione dei premi e
contributi dovuti all’INAIL.

L’importo dell’esonero dei contributi calcolato in questo modo, deve poi essere riparametrato e applicato su base mensile per un periodo massimo di 4 settimane. Inoltre questo importo non può superare, per ogni singolo mese di fruizione dell’agevolazione, l’ammontare dei contributi dovuti.

L’ammontare dell’esonero così determinato costituisce l’importo massimo riconoscibile ai fini dell’agevolazione e può essere fruito, fino al 31 gennaio 2021, per un periodo massimo di quattro
settimane, riparametrato e applicato su base mensile.

Chi può fruire dell’esonero contributivo alternativo alla CIG Covid-19

Possono usufruire dello sgravio i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, ad eccezione del settore agricolo, che hanno già fruito interamente delle settimane di Cassa Integrazione pregresse previste dal Decreto Cura Italia e Decreto Rilancio. L’esonero contributivo in oggetto non si applica infine nei confronti della pubblica Amministrazione.

Più nel dettaglio, l’esonero può essere fruito per le stesse matricole INPS per le quali, nella mensilità di giugno 2020, siano state fruite le specifiche tutele di integrazione salariale.

L’INPS specifica che in caso di fusione (sia per unione, che per incorporazione), di due matricole diverse l’esonero, potrà essere fruito dalla società risultante dal processo di unione/incorporazione se l’azienda che procede al suddetto processo ha fruito dei trattamenti di integrazione salariale nel mese di giugno 2020.

Riassumendo quindi, l’esonero contributivo può essere riconosciuto ai datori di lavoro privati che abbiano fruito dei trattamenti di integrazione salariale nel mese di giugno 2020:

  1. a cui siano già state autorizzate interamente le ulteriori 9 settimane di CIG di cui al Decreto Rilancio;
  2. appartenenti ai settori interessati dal DPCM del 24 ottobre 2020.

Condizioni di spettanza dell’esonero

Come per gli altri esoneri contributivi, anche in questo caso il datore di lavoro che intende fruire del beneficio deve:

  • essere in regola con il DURC;
  • non aver violato le norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge;
  • rispettare gli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori
    comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Inoltre l’azienda deve attenersi al blocco dei licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo previsto dall’articolo 12 del decreto-legge n. 137/2020.

Cumulo e compatibilità con altri bonus e incentivi

L’esonero in oggetto è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente:

  1. nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta
  2. e a condizione che per gli altri esoneri di cui si intenda fruire non sia espressamente previsto un divieto di cumulo con altri regimi.

Come espressamente specificato dall’INPS non è ad esempio cumulabile con l’incentivo strutturale all’occupazione giovanile di cui alla Legge 205/2017.

Testo della Circolare INPS numero 24 del 11-02-2021

Alleghiamo infine il testo completo in formato PDF della circolare INPS in oggetto.

download   Circolare INPS numero 24 del 11-02-2021
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Contributi artigiani e commercianti 2021: aliquote, massimali e minimali

Rimangono invariati per l’anno 2021, rispetto all’anno precedente, i contributi previdenziali a carico di artigiani e commercianti. L’INPS, dopo aver comunicato i contributi gestione separata 2021 , con la circolare n. 17 del 9 febbraio 2021 comunica anche aliquote, massimali e minimali per il calcolo dei contributi dovuti dai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Ago (artigiani, commercianti).

La variazione percentuale verificatasi nell’indice dei prezzi al consumo, per le famiglie di operai e impiegati (FOI), calcolata dall’ISTA per il biennio 2019-2020, è risultato pari al – 0,3%. Quindi, non potendo il reddito minimale imponibile rivalutarsi al ribasso, si applicano gli stessi costi contributivi rispetto al 2020.

Ma andiamo con ordine e vediamo nel dettaglio a quanto ammontano i contributi, in base alle aliquote, minimali e massimali forniti dall’INPS e le relative scadenze.

Contributi artigiani e commercianti 2021: aliquote

Le aliquote contributive, utili al calcolo dei contributi INPS da versare alla gestione AGO, sono rimaste invariate per il 2021 rispetto all’anno precedente, in quanto hanno raggiunto il limite massimo prefissato dalla legge.

Per i titolari e collaboratori di età inferiore ai 21 anni l’aliquota contributiva continuerà ad incrementarsi annualmente di una misura pari allo 0,45 punti percentuali, sino al raggiungimento della soglia del 24%. Per gli artigiani coadiuvanti/coadiutori di età non superiore ai 21 anni, l’aliquota è pari a 21,90%, mentre per i commercianti coadiuvanti/coadiutori di età non superiore ai 21 anni, l’aliquota è pari a 21,99%.

Continuano ad applicarsi, anche per l’anno 2021, le disposizioni riguardanti la riduzione del 50% dei contributi dovuti dagli artigiani e dagli esercenti attività commerciali con più di 65 anni di età, già pensionati presso le gestioni dell’Istituto.

Contributi fissi

Alla luce delle predette aliquote contributive, per l’anno 2021, si applicano i seguenti costi contributivi fissi:

  • artigiani: 3.836,16 euro (titolari di qualunque età e coadiuvanti/coadiutori di età superiore ai 21 anni) ovvero 3.572,94 euro (coadiuvanti/coadiutori di età non superiore ai 21 anni);
  • commercianti: 3.850,52 euro (titolari di qualunque età e coadiuvanti/coadiutori di età superiore ai 21 anni) ovvero 3.587,29 euro (coadiuvanti/coadiutori di età non superiore ai 21 anni).

Contributi eccedenti il minimale

I costi contributivi appena elencati riguardano la parte fissa. Quindi, indipendentemente dal reddito conseguito, occorre versare le predette somme.

Tuttavia, se il lavoratore autonomo consegue un reddito superiore a 47.379 euro, occorre versare l’1% in più di contributi. Dunque, nel caso dell’artigiano l’aliquota aumenta al 25% e nel caso del commerciante l’aliquota si incrementa al 25,09%.

Massimale imponibile

Per quanto riguarda il massimale, ossia la soglia di reddito oltre la quale non bisogna versare la relativa contribuzione all’INPS, si differenzia in base alla data di iscrizione del lavoratore alla gestione artigiani e commercianti.

Più in particolare:

  • per i soggetti iscritti alla gestione con decorrenza anteriore al 1° gennaio 1996 o che possono far valere anzianità contributiva a tale data, il massimale di reddito annuo entro il quale sono dovuti i contributi IVS è pari ad 78.965 euro;
  • per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, iscritti con decorrenza 1° gennaio 1996 o successiva, il massimale annuo è pari a 103.055.

Scadenze contributi artigiani e commercianti

I contributi artigiani e commercianti sono da pagare per trimestri tramite modello F24 alle seguenti scadenze:

  • 17 maggio 2021;
  • 20 agosto 2021;
  • 16 novembre 2021;
  • 16 febbraio 2022.

Se il reddito conseguito è superiore a 15.953 Euro, i termini di pagamento coincidono con quelli dell’IRPEF.

Come pagare i contributi AGO (codeline)

L’INPS ricorda infine che le codeline, ovvero le comunicazioni contenenti i dati e gli importi da pagare non vengono più inviate al domicilio del contribuente. Questi infatti sono reperibili

  1. nel “Cassetto previdenziale per artigiani e commercianti”;
  2. da questa pagina accessibile sia dai lavoratori autonomi che dai propri intermediari si dovrà proseguire cliccando sul menù alla voce “Dati del mod. F24”;
  3. in questa pagina è possibile visualizzare e stampare in formato PDF il modello da utilizzare per effettuare il pagamento.
Bonus Iscro Inps: cos’è e come funziona la cassa integrazione autonomi

Cos’è e come funziona l’ISCRO, la nuova indennità a favore dei lavoratori autonomi con partita IVA iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS. La Legge di bilancio 2021 (Legge numero 178 del 30 dicembre 2020) ha previsto all’articolo 1, commi dal 386 al 400, una Indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (in sigla ISCRO) erogata dall’INPS a beneficio dei lavoratori autonomi, iscritti via esclusiva alla Gestione separata ed in possesso di determinati requisiti reddituali e contributivi.

La misura, nelle more di una riforma degli ammortizzatori sociali, ha lo scopo di introdurre, in via sperimentale per il triennio 2021-2023, una sorta di “Cassa integrazione” per gli autonomi colpiti da una contrazione del giro d’affari.

Con circolare numero 12 del 5 febbraio 2021 l’INPS ha già recepito tale norma introducendo apposita addizionale sulla contribuzione dovuta dai professionisti senza cassa iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS pari allo 0,26% per 2021 e 0,51% per per il 2022 e il 2023.

Analizziamo nel dettaglio la misura.

A chi spetta l’ISCRO

ISCRO è pensata per essere una sorta di “Cassa integrazione”, istituita in via sperimentale per il triennio 2021 – 2023. E’ quindi un nuovo ammortizzatore sociale in costanza di lavoro, per i periodi di sospensione dell’attività lavorativa autonoma.

Spetta ai soggetti iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo (cosiddetti professionisti senza cassa).

L’indennità spetta in presenza dei seguenti requisiti:

  • Essere iscritti in via esclusiva alla Gestione separata (esclusi pertanto i pensionati nonché loro che sono iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie perché ad esempio lavoratori dipendenti);
  • Non ricevere il Reddito di cittadinanza;
  • Aver generato, nell’anno precedente la presentazione della domanda, un reddito da lavoro autonomo inferiore al 50% della media dei redditi della stessa specie conseguiti nei tre anni precedenti;
  • Nell’anno precedente la presentazione della domanda aver totalizzato un reddito inferiore a 8.145,00 euro;
  • Essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali obbligatori;
  • Titolari di partita IVA (attiva) da almeno quattro anni alla data di presentazione della domanda.

Con riferimento all’ultimo punto, la partita IVA dev’essere stata aperta per lo svolgimento dell’attività, in virtù della quale il soggetto è iscritto alla Gestione separata.

Al fine di continuare a percepire il sussidio, i requisiti contributivi e reddituali devono essere mantenuti nel periodo di fruizione. In caso di cessazione della partita IVA l’indennità viene revocata.

Quanto è l’importo mensile

L’ammontare dell’indennità straordinaria è pari al 25% (su base semestrale) dell’ultimo reddito denunciato all’Agenzia delle entrate. Ad ogni modo, la somma mensile non potrà essere superiore a 800 euro né inferiore a 250.

Le somme percepite non hanno alcuna valenza ai fini contributivi né fiscali. Queste infatti non concorrono alla formazione del reddito complessivo del percipiente.

Esclusa infine la contribuzione figurativa.

Altri benefici: formazione professionale gratuita

In parallelo rispetto alla fruizione delle somme è prevista anche la partecipazione a corsi di aggiornamento professionale. Scopo della previsione è quello di accompagnare al sussidio economico lo svolgimento di attività mirate ad incrementare i compensi del beneficiario.

Sul punto, il comma 440 della Legge di bilancio prevede l’adozione, entro 60 giorni dalla sua entrata in vigore, di un Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Dicastero dell’economia e delle finanze, che definisca i criteri e le modalità operative dei percorsi di aggiornamento professionale, oltre a disciplinarne il finanziamento.

La partecipazione ai corsi sarà monitorata dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL).

Come fare domanda di ISCRO

Al momento si è in attesa di apposita circolare INPS che comunicherà le modalità di invio della domanda di ISCRO. La domanda di ISCRO dovrà essere presentata una sola volta per l’intero triennio, entro il 31 ottobre di ogni anno (2021, 2022 o 2023).

L’istanza sarà inoltrata all’INPS, presumibilmente, secondo le modalità che saranno oggetto di futura comunicazione da parte dell’Istituto.

L’INPS, una volta acquisita la domanda, comunicherà all’Agenzia delle entrate i riferimenti anagrafici dell’interessato, al fine di consentire a quest’ultima i controlli sul possesso dei requisiti.

Accolta la richiesta di sussidio, questo avrà decorrenza a partire dal giorno successivo la data di presentazione della domanda.

Aliquote Gestione separata ISCRO

La misura di sostegno economico in parola sarà finanziata aumentando i contributi dovuti alla Gestione separata INPS da parte dei lavoratori autonomi, potenzialmente destinatari di ISCRO.

Come accennato in premessa, con la circolare numero 12 del 5 febbraio 2021, l’INPS ha reso note le aliquote addizionali per l’anno in corso dovute dagli iscritti in via esclusiva alla Gestione separata.

Queste saranno pari a:

  • Aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in misura pari al 25%;
  • addizionale 0,72% destinata a finanziare le prestazioni di maternità, assegni nucleo familiare, degenza ospedaliera, malattia e congedo parentale;
  • addizionale 0,26% prevista ex novo a finanziamento di ISCRO.

Nel complesso l’aliquota INPS sarà pari per il 2021 al 25,98%. Per gli anni 2022 e 2023, interessati dalla misura sperimentale, il contributo dello 0,26% passerà a 0,51% per ciascuna annualità.

Leggi anche: Gestione separata INPS contributi 2021: aliquote, minimali e massimali

Versamento contributi con F24

A differenza di quanto avviene per i collaboratori, in cui il versamento dei contributi viene effettuato dall’azienda committente, per i professionisti è diverso: sono questi ultimi a dover farsi carico del pagamento con modello F24, nel rispetto delle scadenze fiscali relative alle imposte sui redditi (saldo 2020, primo e secondo acconto 2021).

Ticket licenziamento 2021: nuovi importi aggiornati e quando va pagato

Il ticket licenziamento è quel contributo che il datore deve versare all’INPS in caso di cessazione di rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato che danno diritto alla NASpI. Il suo importo annuo per il 2021 è fissato in 503,30 euro (41% del massimale disoccupazione) e varia a seconda del periodo di permanenza in azienda da 1/12 fino a raggiungere un massimo di 3 annualità. Per il 2021 l’importo massimo di contributo licenziamento è di 1509,90 euro per i lavoratori con un’anzianità di servizio pari o superiore a 36 mesi.

Il contributo NASpI (ex ASpI) dev’essere versato anche quando il datore ricorre a licenziamenti collettivi, con un importo peraltro triplicato se la dichiarazione di eccedenza del personale non è stata oggetto di accordo sindacale. Il ticket è dovuto anche in caso di licenziamento a seguito di accordo collettivo aziendale escluso dal blocco dei licenziamenti covid.

Il contributo è destinato a finanziare l’indennità di disoccupazione (e a scoraggiare i licenziamenti) e il datore deve provvedere al pagamento, con modello F24 insieme agli altri contributi previdenziali e assistenziali entro il 16 del mese successivo, a prescindere se il il dipendente cessato chieda o meno la NASPI.

Analizziamo nel dettaglio quando è dovuto, come si calcola l’importo e casi particolari (licenziamenti collettivi, part-time e imprese edili).

Contributo NASpI: quando deve essere pagato

Il ticket licenziamento (introdotto con l’articolo 2, commi 31-35, della legge n. 92/2012) va pagato in tutti i casi di interruzione di un rapporto a tempo indeterminato che darebbero potenzialmente diritto all’indennità di disoccupazione in favore del cessato.

Oltre che per i licenziamenti (giustificato motivo oggettivo, soggettivo, giusta causa) il contributo è dovuto in caso di:

  • Dimissioni per giusta causa;
  • Dimissioni nel periodo tutelato per maternità;
  • Risoluzione consensuale a seguito della conciliazione obbligatoria presso la Direzione Territoriale del Lavoro nei casi in cui il datore voglia licenziare per giustificato motivo oggettivo;
  • Risoluzione consensuale del rapporto a seguito del rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra unità produttiva distante oltre 50 km dalla sua residenza o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico;
  • Mancata trasformazione dell’apprendistato in contratto a tempo indeterminato.

Il contributo è dovuto a prescindere dalla richiesta del cessato dell’indennità di disoccupazione. Inoltre il contributo è dovuto anche a seguito di abbandono del posto di lavoro da parte del lavoratore ed anche per licenziamento per cessazione dell’attività.

Ticket licenziamento 2021: importi

L’importo del ticket licenziamento è fissato in misura pari al 41% del massimale mensile di disoccupazione (il cui importo è comunicato con apposita circolare INPS ogni anno) per ogni 12 mesi di anzianità aziendale del cessato negli ultimi tre anni. Per quest’anno si considera la circolare INPS numero 7 del 21/01/2021.

  • Considerato che per il 2021 il massimale è pari ad euro 1.227,55, per ogni 12 mesi di anzianità aziendale è dovuto un contributo di:
    • 1.227,55 * 41% = 503,30
  • Per chi ha un’anzianità pari o superiore a 36 mesi il contributo è pari a:
    • 503,30 * 3 = 1.509,90
  • Se il rapporto ha avuto una durata inferiore all’anno il contributo è riproporzionato in mesi:
    • 503,30 / 12 = 41,94 euro mensili

Per poi essere moltiplicato per i mesi in cui il dipendente è stato in forza (si considera come mese intero quello in cui la prestazione si sia protratta per almeno 15 giorni di calendario).

Calcolo ticket licenziamento

Facciamo l’esempio di un dipendente assunto a tempo indeterminato il 1° gennaio 2021 e licenziato per giusta causa il 16 marzo 2021. In questo caso i mesi da considerare per stabilire l’importo del ticket sono 3, cioè gennaio, febbraio e marzo; (quest’ultimo mese si calcola perché protrattosi per almeno 15 giorni di calendario).

Di conseguenza il contributo sarà pari a:

  • 41,94 * 3 = 125,82 euro

Nel calcolo dei mesi di anzianità aziendale devono essere ricompresi anche quelli prestati come lavoratore a termine per chi è stato poi trasformato a tempo indeterminato. Per gli intermittenti, invece, i periodi di non lavoro tra una chiamata e l’altra non vengono conteggiati.

Ticket di licenziamento nei licenziamenti collettivi

Il ticket è dovuto anche nei licenziamenti collettivi; questi, si ricorda, ricorrono ogniqualvolta il datore con più di 15 dipendenti intende effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni. I licenziamenti avvengono a causa della riduzione, trasformazione o cessazione dell’attività produttiva.

La misura del contributo è quella prevista per i licenziamenti individuali. Eccezion fatta per i casi in cui la dichiarazione di eccedenza del personale avviene senza accordo sindacale: qui l’importo è moltiplicato per 3.

La legge di bilancio 2018 ha peraltro modificato la norma. Per i licenziamenti collettivi intimati da un’azienda rientrante nel campo di applicazione della CIGS il contributo è elevato all’82% del massimale mensile:

  • 1.227,55 * 82% = 1006,59 euro per ogni 12 mesi di anzianità aziendale

L’aumento si applica alle procedure di licenziamento collettivo avviate dopo il 20 ottobre 2017.

Ticket di licenziamento lavoratori part time

E’ importante sapere che il contributo licenziamento è dovuto in misura piena anche per i lavoratori part-time.

Quindi la tassa licenziamento non può essere riproporzionata alla percentuale di part-time (come logica vorrebbe), ma è sempre dovuta in misura piena.

Contributo di licenziamento edilizia

Caso particolare è quello che riguarda il contributo ASpI per le imprese edili. Sono infatti esonerate dal versamento del ticket licenziamento le imprese del settore edilizia in taluni casi specifici; ovvero nei casi di interruzione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato per completamento delle attività e chiusura del cantiere.

Per approfondimenti vi rimandiamo alla lettura dei recenti chiarimenti INPS sul Ticket di licenziamento imprese edili.

Cumulabilità fra Bonus 600 euro

 

Cumulabilità fra Bonus 600 euro e contributo fondo perduto: chiarimenti AdE

Il Bonus 600 euro Decreto Cura Italia è cumulabile con il contributo a fondo perduto Decreto Ristori? Il parere dell’Agenzia delle Entrate.

Bonus 600 euro e contributo a fondo perduto sono cumulabili fra di loro? Con risposta ad interpello numero 104 dell’11 febbraio scorso l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito a questo dubbio.

In particolare l’istante, che svolge un’attività di lavoro autonomo, chiede di conoscere il parere dell’Amministrazione Finanziaria per sapere se il cosiddetto bonus 600 euro per le partite IVA previsto dal decreto Cura Italia Dl 18/2020 è cumulabile con il contributo a fondo perduto previsto dal Decreto Ristori Dl 137/2020.

Ecco i dettagli nell’interpello dell’Agenzia delle Entrate, il cui testo completo è disponibile in fondo a questa pagina.

Il Bonus 600 euro è cumulabile con il contributo fondo perduto?

Il caso sottoposto al Fisco riguarda un libero professionista il quale aveva beneficiato in prima istanza del bonus da 600 euro previsto dal Dl Cura Italia. Lo stesso bonus era considerato non cumulabile con il contributo a fondo perduto previsto dal Decreto Rilancio e infatti il contribuente vi aveva rinunciato.

Nello specifico, l’articolo 27 del Dl Cura Italia prevedeva una indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro

«ai liberi professionisti titolari di partita IVA attiva alla data del 23 febbraio 2020 e ai lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi alla medesima data, iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie […]».

Il Decreto Rilancio invece prevedeva che non avevano diritto al Contributo a Fondo Perduto

«i contribuenti che hanno diritto alla percezione delle indennità previste dagli articoli 27, e 38 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27».

Contributo a fondo perduto Dl Ristori

Ora si chiede se fosse possibile per lui richiedere il nuovo contributo a fondo perduto previsto dal primo Decreto Ristori, Dl 137/2020, sempre per far fonte alle gravi perdite avute da determinate categorie di operatori economici in conseguenza della pandemia da COVID-19.

Specificatamente il contribuente si riferisce alla norma del Dl Ristori che stabilisce che

«è riconosciuto un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti che, alla data del 25 ottobre 2020, hanno la partita IVA attiva e, ai sensi dell’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633, dichiarano di svolgere come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO riportati nell’Allegato 1 al presente decreto. Il contributo non spetta ai soggetti che hanno attivato la partita IVA a partire dal 25 ottobre 2020».

Qual è il parere dell’Agenzia

Per l’Agenzia delle Entrate la risposta è affermativa. Infatti tale il contributo a fondo perduto introdotto dal Dl Ristori è stato previsto in favore dei soggetti maggiormente colpiti dall’emergenza da COVID-19 a fronte di nuovi e diversi requisiti.

La disciplina infatti prevede espressamente rinvio all’applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni di cui ai commi da 7 a 14 dell’articolo 25 del Dl 34/2020, nei quali non è vi alcun riferimento al divieto di cumulo.

Conclusioni

Pertanto il richiedente può beneficiare del contributo a fondo perduto in oggetto; ma deve essere sempre in possesso degli altri requisiti previsti dalla norma, infatti la Risposta ad interpello non prevede alcuna specifica verifica.

Risposta Agenzia delle Entrate ad interpello numero 104 del 11/02/2021

Alleghiamo infine il testo completo dell’interpello ad oggetto del presente articolo.