Sgravi alle famiglie

ECONOMIA

11/03/2014 – I TAGLI AL FISCO

Sgravi alle famiglie a basso reddito
In media 80 euro

Circa 11 milioni di italiani beneficeranno dello sconto. Si applica al reddito dei dipendenti fino a 25 mila euro
Il governo ha destinato 10 miliardi ai tagli fiscali

 
MARCO SODANO
TORINO
 

Bisogna detassare prima l’uovo o la gallina? È meglio concentrare i dieci miliardi disponibili per gli sconti fiscali sull’Irpef (cioé le tasse pagate dai lavoratori dipendenti) o invece dirottarli sull’Irap, che è pagata dalle aziende? Secondo i sostenitori della scuola-Irpef buttare i dieci miliardi nelle tasche dei lavoratori a basso reddito significa incoraggiare le famiglie a spendere e, di conseguenza, spingere le aziende a produrre (e magari anche a guadagnare) di più. Il meccanismo virtuoso dovrebbe poi completarsi nel momento in cui l’aumento di produzione richiederà nuovi posti di lavoro. Secondo la scuola-Irap, invece, il primo motore da riavviare è quello della tartassatissima impresa. Alla fine il governo ha preferito l’Irpef. 

 

La scuola pro-Irpef  

I numeri dicono che se il taglio da 10 miliardi dovesse essere impiegato esclusivamente per ridurre l’imposta sui redditi da lavoro inferiori a 25mila euro annui, ci sarebbero circa 10-11 milioni di potenziali beneficiari: ognuno dovrebbe ricevere in busta paga un aumento di circa 80 euro al mese (da un massimo di 200 euro a un minimo di 51).  

A questo risultato si arriva sottraendo dai 32 milioni di contribuenti che stanno sotto i 25mila euro annui 15 milioni di pensionati (per ora sono esclusi) e sei milioni di incapienti, ovvero gli italiani che hanno un reddito così basso che non pagano l’Irpef. Visto che l’aumento in busta paga sarebbe effetto di uno sconto fiscale, chi non paga tasse non può godere dei benefici dello sconto. 

Se invece il governo avesse diviso l’intervento, destinando due terzi dei 10 miliardi ai lavoratori e un terzo alle imprese, l’aumento in busta paga sarebbe stato sensibilmente più basso. In proporzione: nelle tasche del lavoratore sarebbero arrivati solo 55 euro in più al mese. Cifra giudicata troppo bassa per dare una spinta ai consumi, anche se è vero che le famiglie nelle fasce di reddito interessate sono quelle che hanno esigenze più immediato e meno capacità di risparmiare: facile immaginare che il denaro distribuito a loro torni subito in circolazione (generando, per esempio, gettito Iva). 

 

La scuola pro-Irap  

Sul fronte opposto, i sostenitori della scuola-Irap hanno ribattuto che il carico fiscale sulle aziende è ormai insopportabile – «siamo vicini al 70%» secondo Unimpesa – e che la prima area di intervento, se davvero il governo vuole vedere nuove assunzioni (saranno queste, poi, a incoraggiare le famiglie a spendere) bisogna cominciare ad alleggerire la pressione sulle imprese. 

Lo Stato incassa circa 35 miliardi l’anno dall’Irap. Se tutti i dieci miliardi disponibili fossero stati concentrati su questo versante, si sarebbe arrivati a uno sconto del 28% circa. C’è una complicazione tecnica: circa 12 miliardi, sui 35, sono pagati dalle amministrazioni pubbliche (da aziende dello Stato).  

La loro Irap è una partita di giro: il governo incassa l’imposta da imprese che funzionano con i trasferimenti statali. In buona sostanza, lo sconto alle imprese pubbliche non va finanziato, e il totale dell’Irap «aggredibile» sarebbe sceso a 23 miliardi, portando lo sconto possibile oltre il 40%. 

 

Nell’arcipelago-Irap è però molto difficile capire lo sconto medio che avrebbe potuto ottenere ogni impresa: l’imponibile si calcola sul numero di dipendenti, l’imposta si paga alle Regioni per finanziare la sanità e quindi, paese che vai aliquota che trovi. Prendendo come punto di riferimento la media regionale si deduce che per le imprese piemontese lo sconto medio sarebbe stato di circa 2.400 euro, in Lombardia sarebbe arrivato a 4.000, nel Lazio – dove il buco sanitario si fa sentire e la tassazione è da record – anche oltre. Se invece i dieci miliardi fossero stati divisi, due terzi ai lavoratori e un solo alle imprese le cifre sarebbero scese a 800 euro in Piemonte, 1300 in Lombardia e poco di più nel Lazio.  

 

Anche su questo versante, insomma, lo sconto sembra poca cosa. L’obiezione di chi non è d’accordo è che le aziende, se non vendono i loro prodotti, non assumeranno mai: che ci siano o meno gli sconti fiscali poco importa, si rischia che le risorse impiegate dal governo restino nel sistema senza produrre benefici a cascata nell’immediato. E c’è chi teme che, con la stretta del credito, le imprese dirottino il denaro a esigenze diverse dalle assunzioni. Così la scelta è caduta sui lavoratori: il governo assicura che è solo il primo passo.

Sgravi alle famiglieultima modifica: 2014-03-11T09:17:29+01:00da vitegabry
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