LIBERA

LE MAFIE RESTITUISCONO IL MALTOLTO

Conferenza nazionale sui beni confiscati alle mafie

“Occorre rafforzare l’agenzia nazionale dei beni confiscati. E’ inutile mantenere tante sedi sparse in Italia, meglio una sola, centrale, a Roma, presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Piena attuazione dell’albo degli amministratori. Ne abbiamo tanti bravi ma bisogna distinguere per non confondere e valorizzare gli onesti, perché purtroppo ce ne sono stati anche tanti che hanno accumulato poteri su poteri. Inoltre bisogna garantire l’accesso al credito per le cooperative di giovani. E soprattutto ribadiamo il No alla vendita dei beni confiscati se non come ipotesi residuale, perché se non è residuale c’é altro dietro”. Sono alcune delle proposte presentata da Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera nel suo intervento di apertura al Conferenza Nazionale sui beni confiscati promossa da Libera che si è svolta oggi a Roma alla presenza tra gli altri di Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; Maurizio Martina, Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali; Andrea Orlando, Ministro della Giustizia; Virginio RognoniRosy Bindi, Presidente Commissione parlamentare antimafia; Franco Roberti, Procuratore Nazionale antimafia; Ignazio Marino, sindaco di Roma e con la partecipazione dei rappresentanti di circa 400 realtà sociali e che sono assegnatari di beni confiscati nel nostro Paese.

Durante la Conferenza Nazionale Libera ha presentato il primo censimento sulle buone prassi di utilizzo dei beni confiscati: sono 395 le realtà sociali censite e che sono assegnatari di beni confiscati nel nostro Paese. Il 65,8% delle 395 realta’ censite da Libera si trova nel Sud Italia, il 25% nel Nord e il 9% nel centro Italia. La regione con il maggior numero di esperienze positive e’ la Sicilia, con 99 buone prassi, seguita dalla Lombardia, con 75 realta’ sociali, mentre terza e’ la Campania, con 64. Nel dettaglio, il 58,5% del totale sono rappresentate dalle associazioni. Il 23,4% sono cooperative, mentre il 2,3% riguardano Fondazioni e Comunita’. Per quanto riguarda gli ambiti di settore, nel 22% dei casi le realta’ sociali operano in attivita’ per minori, il 13,4% operano con diversamente abili, il 13% nel reinserimento lavorativo, il 5,8% con soggetti farmacodipendenti, il 4% con anziani e migranti e il 2,7% con donne soggette a violenza; il restante 29,6% operano in altri settori.

Don Luigi Ciotti nel suo intervento di apertura ha ricordato il Prefetto Fulvio Sodano scomparso il 27 febbraio scorso e il Prefetto Renato Profili. “E’ dimostrato – ha ribadito don Ciotti citando le parole del prefetto Sodano – che la confisca e’ lo strumento piu’ valido per aggredire i patrimoni mafiosi. Abbiamo bisogno di una normativa senza inutili orpelli che la appesantiscano, lo diceva Sodano e’ adesso, ancora una volta, lo ribadiamo anche noi. Se non c’e’ uno scatto deciso anche contro la corruzione non andremo avanti, a volte si muore di troppa prudenza, la situazione del nostro Paese non puo’ piu’ attendere, e’ un problema di giustizia sociale”.

Secondo gli ultimi dati dell’Agenzia Nazionale Beni Sequestrati riferiti 7 gennaio 2013 sono 12.946 i beni confiscati in Italia, di cui 11.238 immobili e 1.708 aziende. Le prime sei regioni per presenza di beni confiscati sono: Sicilia con 5.515 beni; Campania, con 1.918; Calabria con 1.811; Lombardia con 1.186; Puglia con 1.126 e Lazio con 645.

Durante la giornata Libera ha presentato due nuove campagne sui beni confiscati:  “Libera il Welfare, i beni confiscati per l’inclusione sociale” e “Impresa bene comune, il made in Italy dell’antimafia”.

Impresa bene comune

Trasformare ogni azienda sottratta alle mafie in una risorsa in grado di sostenere il Paese in un momento di grande difficoltà economica e sociale. E’ questo l’obiettivo della nuova campagna “Impresa Bene comune”, promossa da Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, in collaborazione con Unioncamere, InfoCamere, le organizzazioni del mondo economico, imprenditoriale, sindacale e professionale, della cooperazione e della finanza etica, i Giovani imprenditori, i Giovani dottori commercialisti e i Giovani soci del credito cooperativo in una logica di responsabilità sociale d’impresa. Un’assunzione di responsabilità sociale che dovrebbe rappresentare una dimensione naturale dell’agire di ogni soggetto imprenditoriale, in quanto ne enfatizza la dimensione di istituto economico-sociale che, nel realizzare la sua tipica missione produttiva, inevitabilmente è in grado di fornire un contributo fondamentale allo sviluppo dell’economia ed alla crescita socio-culturale del Paese.La campagna “Impresa bene comune” si propone di coinvolgere il sistema imprenditoriale sano (il Made in Italy) del nostro Paese in un grande progetto di responsabilità sociale: condividere le esperienze imprenditoriali di successo e metterle al servizio del recupero, della salvaguardia e della valorizzazione delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, a beneficio dello sviluppo economico, della legalità e della tutela del lavoro. Obiettivi che hanno animato anche la recente proposta di legge di iniziativa popolare “Io riattivo il lavoro”, promossa dalla CGIL e sostenuta anche da Libera, il cui iter di approvazione è iniziato in Commissione Giustizia alla Camera.

Libera il welfare

Vogliamo che lo Stato sequestri e confischi tutti i beni di provenienza illecita, da quelli dei mafiosi a quelli dei corrotti. Vogliamo che i beni confiscati siano rapidamente conferiti, attraverso lo Stato e i Comuni, alla collettività per creare lavoro, scuole, servizi, sicurezza e lotta al disagio” Con queste parole cominciava la petizione popolare promossa da Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Difficile fino a diciotto anni fa, immaginare che le ricchezze delle mafie potessero trasformarsi in opportunità di lavoro, in luoghi di stimolo alla partecipazione civile, di accoglienza, di servizi alla persona, di costruzione di comunità solidali. Oggi occorre articolare una proposta all’altezza del cambiamento di cui abbiamo bisogno. E’ necessario partire dalle esperienze straordinarie ed originali dei territori; da una identità ideale e da valori comuni che mettano in rete le buone pratiche di riutilizzo a fini sociali. Si è assistito al moltiplicarsi di esperienze di rete sui beni confiscati, in tutto il paese.Sarà fondamentale costruire una banca dati in cui riportare e favorire lo scambio delle esperienze e delle “buone pratiche” legate alla gestione dei beni confiscati, pratiche come veri e propri modelli di interventi e servizi sociali integrati in grado di migliorare le condizioni di vita delle persone. L’uso sociale e produttivo dei beni confiscati, inoltre, pone al centro dell’attenzione il valore strategico della crescita dell’economia sociale, che produce beni e servizi d’utilità pubblica e beni relazionali, che tende alla ricchezza, intesa come beni comuni, della comunità intera, – oltre che occasioni d’occupazione – e nella quale il portato valoriale ed etico del mondo del volontariato e del no-profit ne diviene l’anima.

LIBERAultima modifica: 2014-03-02T11:24:24+01:00da vitegabry
Reposta per primo quest’articolo