Il “cinghiale” è già un caso

POLITICA

Il “cinghiale” è già un caso

—Silvio Messinetti, 1.3.2014

Nomine. Il sottosegretario, Antonio Gentile, accusato di censura, è sotto attacco, anche dei renziani. Potrebbe essere ascoltato in procura a Cosenza. Suo figlio Andrea è coinvolto in uno scandalo della sanità

↳  Il neo sottosegretario alle infrastrutture, Tonino Gentile

La sto­ria di «Gen­tile il cen­sore» rischia di essere la prima buc­cia di banana su cui il governo Renzi può sci­vo­lare. Il neo sot­to­se­gre­ta­rio alle infra­strut­ture, Tonino Gen­tile, è sulla gra­ti­cola. Lo attac­cano da tutti i fronti. La bufera rischia di spaz­zarlo via. E «il cin­ghiale», come minac­cio­sa­mente Umberto De Rose, stam­pa­tore de L’Ora della Cala­bria, non­ché ex pre­si­dente di Con­fin­du­stria Cala­bria e attuale numero uno di Fin­ca­la­bra, lo aveva defi­nito al tele­fono con l’editore del gior­nale Alfredo Citri­gno, ricor­dan­do­gli che «quando viene ferito, ammazza tutti», rischia di stra­maz­zare al suolo.

Solo gli alfa­niani, suoi amici di par­tito, lo difen­dono. Ma sono imba­raz­zati pure loro. Per il resto è un fuoco di fila. Tra i primi a bac­chet­tare Renzi per la nomina di Gen­tile c’è l’ex can­di­dato alla segre­te­ria regio­nale del Pd Mas­simo Canale, che esprime «vici­nanza e soli­da­rietà» ai gior­na­li­sti dell’Ora, e che cri­tica «una cen­sura non com­ple­ta­mente riu­scita solo gra­zie all’ausilio di inter­net». A ruota arriva la rea­zione del neo­se­gre­ta­rio regio­nale del Pd, Erne­sto Magorno, ren­ziano doc, secondo cui «è stato un errore, grave, da parte del Nuovo cen­tro­de­stra dare l’indicazione del nome del sena­tore Gen­tile a sot­to­se­gre­ta­rio. Una scelta che il Pd cala­brese, uni­ta­ria­mente, non con­di­vide e che chiede sia rivi­sta». Al coro degli indi­gnati si uni­sce poi l’ex com­mis­sa­rio regio­nale del Pd, il ber­sa­niano D’Attorre, secondo cui la nomina del sena­tore cosen­tino non è «edi­fi­cante», ma anzi «inop­por­tuna». D’Attorre, si augura che Renzi e il par­tito di Alfano spin­gano Gen­tile a ras­se­gnare le dimis­sioni. Anche Giu­seppe Giu­lietti, di Arti­colo 21, pro­te­sta e parla di «nomina ver­go­gnosa». Il diret­tore de L’Ora della Cala­bria, Luciano Regolo, ha scritto nell’editoriale che «la nomina del sena­tore cosen­tino a sot­to­se­gre­ta­rio svela il vero volto di Renzi che, con la sua aria da ragaz­zotto per bene, non è che un bluff. Evi­den­te­mente tutti a Roma con­si­de­rano la nostra regione come un mero ser­ba­toio di voti e la cen­sura un pec­cato veniale».

Insomma, per essere il primo giorno da sot­to­se­gre­ta­rio, non è stato memo­ra­bile, anzi. La pro­cura di Cosenza vuol vederci chiaro nella sto­ria della cen­sura, ha già ascol­tato il diret­tore dell’Ora e non è escluso che decida di ascol­tare anche il sot­to­se­gre­ta­rio. Più in gene­rale l’iscrizione nel regi­stro degli inda­gati di Andrea Gen­tile, avvo­cato dell’Asp di Cosenza, e figlio del sot­to­se­gre­ta­rio, per abuso d’ufficio, falso ideo­lo­gico e asso­cia­zione a delin­quere è solo la punta dell’iceberg della sani­to­poli cosen­tina, un affre­sco esem­plare del potere gen­ti­liano in città. Un impa­sto di tran­sa­zioni sospette, inca­ri­chi esterni, affi­da­menti diretti, con­su­lenze milio­na­rie. Al quale non è estra­nea l’ombra della ’ndran­gheta. Tanto da far appro­dare in riva al Crati la Com­mis­sione d’accesso anti­ma­fia negli uffici della sanità cosen­tina a cac­cia di infil­tra­zioni criminali.

Allora l’Asp non fu sciolta, per­ché il Vimi­nale, gui­dato da Alfano, guarda caso, disse che non c’erano ele­menti per farlo. Ma gli inqui­renti insi­stono e setac­ciano l’Asp palmo a palmo. L’intenzione è quella di per­lu­strare a fondo tutta l’attività ammi­ni­stra­tiva, con un’attenzione par­ti­co­lare rivolta all’utilizzo delle risorse eco­no­mi­che: acqui­sti di beni e ser­vizi, con­su­lenze, pre­bende e altro ancora. Sarà pas­sato al setac­cio tutto ciò che ha com­por­tato un impe­gno di spesa da parte dell’Azienda, gui­data nell’ultimo trien­nio dal mana­ger Gian­franco Scar­pelli, padre padrone della sanità bru­zia e gen­ti­liano di ferro. A far da bus­sola per gli inve­sti­ga­tori, è la rela­zione della Com­mis­sione d’accesso, inse­dia­tasi a metà del 2013. In tre anni l’Asp di Cosenza ha speso più di 4 milioni e mezzo in con­su­lenze esterne. Nei fasci­colo inviato al pre­fetto di Cosenza i com­mis­sari segna­la­vano ano­ma­lie in alcuni appalti e soprat­tutto la pre­senza di per­so­naggi vicini, e in certi casi orga­nici, ai clan nei pre­sidi sani­tari di Paola e Cetraro. Nelle 400 pagine sot­to­scritte dal pool di pre­fetti, però, ampio spa­zio era dedi­cato anche alla situa­zione di «caos ammi­ni­stra­tivo» in cui ver­sava l’Asp.

Ed è pro­prio lì, in quel labi­rinto di deli­bere azien­dali, reso ancora più impe­ne­tra­bile dall’assenza di codici e rego­la­menti interni, che gli inve­sti­ga­tori cer­che­ranno ora di met­tere ordine per venire a capo dell’enigma.

Il “cinghiale” è già un casoultima modifica: 2014-03-02T17:08:06+01:00da vitegabry
Reposta per primo quest’articolo