Immigrazione: l’Inps costretto a riconoscere le prestazioni di invalidità agli immigrati regolari
“Gli immigrati con un permesso di soggiorno di almeno un anno hanno diritto a ottenere le prestazioni legate all’invalidità – sottolinea Morena Piccinini, presidente Inca Cgil -. Dopo molte sollecitazioni avanzate dai sindacati e dai patronati, in particolare dall’Inca, l’Inps ha finalmente riconosciuto il loro diritto. Una decisione che, seppur tardiva, conclude una vicenda di ingiustizia perpetrata da anni ai danni di persone straniere disabili, alle quali finora l’Istituto ha subordinato il riconoscimento delle prestazioni di invalidità al possesso della Carta di soggiorno. Evidentemente,- prosegue il presidente dell’Inca – erano fin troppo fondate le critiche avanzate prima dell’estate all’atteggiamento dell’Inps che mentre con solerzia ha provveduto a restituire i soldi ai pensionati d’oro, dopo la sentenza della Corte Costituzionale di illegittimità sul contributo di solidarietà introdotto nel 2011 sulle pensioni oltre i 90 mila euro, ha continuato con pervicacia a negare, nonostante anni e anni di ricorsi legali e di sentenze, i più elementari diritti alle persone straniere disabili.
L’Inca, sin da subito – ribadisce Piccinini – ha denunciato l’intollerabile atteggiamento dell’Inps che in meno di un mese dal pronunciamento di illegittimità della Consulta ha deciso la restituzione del “contributo di perequazione” , ai pensionati d’oro italiani, mentre continuava a negare il diritto agli stranieri disabili regolarmente presenti in Italia ad ottenere le prestazioni di invalidità, nonostante ci fosse stata già nel marzo scorso un’analoga sentenza di illegittimità della Corte Costituzionale sull’articolo di legge che poneva il limite del possesso della Carta di soggiorno. Una sentenza che aveva costretto il parlamento alla sua successiva abrogazione.
Ciononostante – sottolinea il dirigente del patronato della Cgil – l’Inps ha voluto usare finora due pesi e due misure ponendo in essere un atteggiamento discriminatorio nei confronti di coloro che sono maggiormente vulnerabili, come se il potere impositivo della Corte Costituzionale potesse assumere un valore variabile a seconda dei soggetti ai quali riconosce diritti prima negati. Si conclude quindi positivamente questa vicenda cominciata tanti anni fa con tanti ricorsi legali che si sono succeduti sin dal 2006, ancor prima che la questione fosse posta all’esame della Corte Costituzionale.
Di fronte alla Consulta – conclude Piccinini – non ci possono e non ci devono essere figli e figliastri e l’Inps dovrebbe imparare a rispettare, senza tentennamenti, le legittime istanze dei cittadini, indipendentemente dal colore della pelle. Un segno di civiltà che contribuirebbe a far cessare ogni impulso xenofobo facendo crescere una nuova cultura della solidarietà e tolleranza nel rispetto delle diversità”.