Archivi giornalieri: 24 settembre 2013

Istruzione

Napolitano: più istruzione e ricerca contro disoccupazione …

 

Più istruzione e ricerca contro la disoccupazione. Nel suo intervento al Quirinale alla cerimonia di inaugurazione dell”anno scolastico, Giorgio Napolitano, ha messo ancora una volta l’accento sull’importanza, fondamentale, di un rafforzamento complessivo del mondo della scuola e dell’università per fare ai giovani maggiori prospettive di lavoro.

“Rafforzare l”istruzione a tutti i livelli, sviluppare la ricerca scientifica, rendere più elevata e moderna la formazione dei giovani attraverso tutti i canali è decisivo per superare la crisi, per combattere la disoccupazione, per competere nel mondo d”oggi, per costruire il futuro che l’Italia può riuscire a darsi”.

Ocse

Fmi: divario salari fra uomini e donne, in Ocse è del 16%

 

La differenza di salario fra uomini e donne – calcolata come la differenza fra lo stipendio medio degli uomini e quello delle donne diviso il salario medio degli uomini – nei Paesi dell’area Ocse e’ del 16%. Lo afferma il Fmi.

”Nei Paesi dell’Ocse le donne trascorrono ogni giorno 2,5 ore in piu’ degli uomini in lavori non retribuiti”, mette in evidenza lo studio, precisando che nei Paesi Ocse le differenze fra uomini e donne nelle ore di lavoro retribuite e nella partecipazione al mercato del lavoro part time e’ significativa.

Un aumento della partecipazione femminile, fino al livello degli uomini, al mercato del lavoro si tradurrebbe in importanti ”guadagni”: il pil americano crescerebbe del 5%, quello Giapponese del 9% e quello degli Emirati Arabi Uniti del 12%. Lo studio del Fmi, sottolinea che sugli 865 milioni di donne che hanno il potenziale di contribuire pienamente alle loro economie nazionali, 812 milioni vivono nei Paesi emergenti.

”Nelle economie con un rapido invecchiamento della popolazione, una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro aiuterebbe a mitigare l’impatto di una riduzione della forza lavoro”, afferma il Fmi nel rapporto, sottolineando che ”le differenze fra i tassi di partecipazione maschile e femminile sono diminuiti ma restano elevati in molte aree”. Le donne ”contribuiscono in modo sostanziale al welfare economico tramite lavoro non retribuito come l’allevamento di bambini e i compiti casalinghi, che spesso non sono visti e non sono considerati nel Pil. La capacità delle donne di partecipare al mercato del lavoro è limitata dall’elevato tempo speso in lavori non retribuiti: in media le donne spendono il doppio del tempo degli uomini in lavori domestici e quattro volte il tempo degli uomini nella cura dei bambini”.

Fondazioni

Fondazioni liriche: Cgil, in dl fare norma anticostituzionale

 

”Fanno benissimo a protestare domani i lavoratori dei teatri lirici, aderendo alla manifestazione che abbiamo organizzato con gli altri sindacati del settore”. Lo dice il segretario generale della Slc Cgil Massimo Cestaro che punta il dito su una norma introdotta nel decreto del fare definita dal sindacato ”incostituzionale”. E sottolinea: ”Non si capiscono i motivi di una sorta di accanimento legislativo che dura da anni nei confronti di istituzioni che sono un vanto dell’Italia per tutto il mondo”.

In queste ore, spiega il sindacalista, ”si è aggiunta, nel decreto del fare, una norma che così recita: alle fondazioni lirico sinfoniche ”non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinati a termine, di proroga o di rinnovo dei medesimi contratti”.

Si tratta, dice Cestaro, di ”una sanatoria bella e buona per tutti i responsabili delle fondazioni che abbiano messo in atto comportamenti illegittimi nella instaurazione di rapporti di lavoro; è l’ennesima norma ”retroattiva” contro i soli lavoratori delle fondazioni lirico sinfoniche, ma soprattutto verso i più deboli; perché la norma si rivolge alla sfera dei contratti a termine. E, ancora, è l’ennesima norma palesemente incostituzionale. Ci chiediamo davvero – conclude – quando la smetteremo di far lavorare gli avvocati e inizieremo a far lavorare serenamente le aziende e chi ci opera”. 

Sanità

Sanità: Cgil, basta tagli e ticket, no a sistema ”selettivo”

 

“Bisogna fermare tagli e ticket e considerare la sanità e il sociale preziosi investimenti per garantire diritti, creare buona occupazione e sostenere la ripresa economica”. Ad affermarlo è il segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica, in merito alla nota di aggiornamento del Def che prevede per i prossimi anni, ricorda, “una progressiva ma inesorabile riduzione della spesa sanitaria in rapporto al Pil, che passerebbe dall’attuale 7,1% al 6,7% nel 2017”.

Secondo la dirigente sindacale, “il governo propone di rendere sostenibile il Sistema sanitario nazionale riorganizzando l’assistenza sanitaria in modo appropriato: più prevenzione e più assistenza territoriale. Questa è una scelta giusta, per la quale siamo pronti ad un confronto per il nuovo ”Patto per la Salute”, che punti decisamente a riqualificare e a potenziare i servizi per i cittadini”.

Purtroppo, precisa Lamonica, “il governo subito dopo si smentisce quando parla di sistema sanitario selettivo, cioè di ridisegnare il perimetro dei Lea, ovvero le prestazioni cui hanno diritto i cittadini. Perché questo vuol dire, viste le previsioni di spesa scritte nella nota di aggiornamento del Def, ancora tagli ai servizi e al personale. Si confermano così le politiche di austerità di questi anni che stanno paralizzando l’Italia”. Inoltre, continua, “dopo anni di tagli lineari, milioni di persone rinunciano a curarsi per motivi economici, anche per il continuo aumento dei ticket. La tutela della salute non è garantita a tutti i cittadini, soprattutto in alcune regioni. Insistiamo – conclude Lamonica – bisogna fermare tagli e ticket e considerare la sanità e il sociale preziosi investimenti, per garantire diritti, creare buona occupazione e sostenere la ripresa economica”.

Italiani poveri

Raddoppiano gli italiani poveri: sono 4,8 milioni

 

Dall’inizio della crisi sono praticamente raddoppiati (+99%) gli italiani che si trovano in una condizione di povertà assoluta ed oggi sono 4,81 milioni quelli che non hanno una  disponibilità economica sufficiente neanche ad acquistare beni e servizi essenziali per vivere. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti che fotografa la realtà del Paese, in base dei dati Istat relativi agli ultimi 5 anni segnati dalla crisi.

La situazione si è aggravata di più nel nord Italia dove l’aumento dal 2007, sottolinea la Coldiretti, è stato addirittura del 105% rispetto al mezzogiorno (+90%) anche se il peggioramento più marcato è stato registrato nel centro Italia (+112%). In valori assoluti tuttavia si contano 2,35 milioni di cittadini in grave difficoltà nel mezzogiorno, 1,78 mln nel nord e 684mila ne centro Italia.

Ad essere entrati in una condizione di povertà assoluta negli ultimi 5 anni di crisi sono stati ulteriori 3,4 milioni di persone ed oggi sul territorio nazionale più di un italiano su dieci (11,3%) si trova in questa situazione. L’effetto principale è stato un crollo storico dei consumi di beni essenziali come il cibo poiché ben il 16,6% degli italiani non può neanche permettersi una pasto con un contenuto proteico adeguato almeno una volta ogni due giorni. La spesa alimentare delle famiglie è tornata indietro di 20 anni.

Nel 2012 i consumi delle famiglie italiane per alimentari e bevande a valori concatenati sono stati pari a 117 mld, di mezzo mld inferiori a quelli del 1992. La crisi ha fatto retrocedere il valore della spesa alimentare, che era sempre stato tendenzialmente in crescita dal dopoguerra, fino a raggiungere l’importo massimo di 129,5 miliardi nel 2007, per poi crollare oggi al minimo di ben quattro lustri fa.

Invalidità

Invalidità – Le prestazioni a carico di chi ha causato l’incidente

 

Con due anni e otto mesi di ritardo è diventata operativa la novità prevista dal collegato lavoro (L. n. 183/2010), pubblicata ieri in Gazzetta Ufficiale, riguardante l’azione di rivalsa dell’Inps per le prestazioni erogate a invalidi civili in conseguenza di fatti illeciti di terzi.

La norma stabilisce che le pensioni, gli assegni e le indennità spettanti agli invalidi civili, corrisposti in conseguenza di responsabilità civili di terzi, sono recuperate fino alla concorrenza del loro ammontare dall’ente erogatore (Inps) nei riguardi  sia del responsabile civile che della compagnia di assicurazione (analoga azione di rivalsa è operante ai fini Inail, per le prestazioni erogate ai fini degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali).

Per esempio, per una donna di 49 anni riconosciuta invalida civile totale a seguito di incidente stradale con diritto a percepire l’indennità di accompagnamento la compagnia di assicurazione dovrà sborsare 105.564 euro.

ItaliaOggi

Cassazione

Cassazione – Antenne telefoniche nocive alla salute vanno rimosse

 

La Corte di Cassazione con la sentenza n.  20340/2013 ha stabilito che gli impianti di telefonia che causano immissioni potenzialmente pericolose per la salute umana vanno rimossi.

La Suprema Corte ha ricordato l’esistenza di una specifica normativa relativa ai valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento e all’esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell’intervallo di frequenza compresa tra 1000 kHz e 300 GHz, normativa, quindi che ha riguardo alla fondamentale finalità della prevenzione delle malattie, con lo scopo di impedire qualsiasi comportamento contrastante.

Inoltre gli Ermellini hanno, nella stessa sentenza, affermato che il traliccio su cui vengono installate le antenne non può essere considerato una pertinenza, perché equiparato ad una “nuova costruzione” peraltro abusiva.

Ilo

Ilo, 168 milioni di bambini al lavoro nel 2012

 

Nel 2012 c’erano quasi 168 milioni di minori al lavoro (il 10,6% della fascia di età tra i 5 e i 17 anni), 73 dei quali con meno di 11 anni: è quanto emerge dal Rapporto dell’Ilo sul lavoro minorile secondo il quale c’è stato comunque un calo del 32% rispetto ai 246 milioni di minori in fabbrica e nei campi segnato nel 2000 (il 16% del totale).

”Il contrasto al lavoro minorile è sulla strada giusta – segnala l’organizzazione internazionale del Lavoro – ma di questo passo l’obiettivo dell’eliminazione delle sue peggiori forme entro il 2016 non sarà raggiunto. La direzione è giusta ma ci stiamo muovendo troppo lentamente – ha dichiarato il direttore generale Guy Rider – se vogliamo porre fine a questo flagello nel prossimo futuro dobbiamo raddoppiare gli sforzi”. I progressi più consistenti si sono avuti tra il 2008 e il 2012 con il calo da 215 (il 13,6% delle persone tra i 5 e 17 anni)  a 168 milioni (il 10,6%). L’attività è particolarmente pericolosa per 85 milioni di bambini (il 5,4%) dato in calo rispetto ai 170,5 milioni del 2000 (l’11,1% della popolazione infantile).

La situazione più grave è nell’Africa sub sahariana con il 21,4% dei bambini al lavoro (oltre 59 milioni) mentre nell’area Asia Pacifico il numero dei bambini al lavoro e’ più alto (77,7 milioni) ma la percentuale sul totale dei minori è al 9,3%. In America latina e Caraibi lavorano l’8,8% dei bambini tra i 5 e i 17 anni (12,5 milioni) mentre in medio Oriente e Nord Africa lavora l’8,4% dei minori (9,2 milioni).

Tra i bambini più piccoli (tra i 5 e gli 11 anni) lavorano in 73 milioni, l’8,5% delle persone in questa fascia di età. Per 18,5 milioni di bambini con meno di 11 anni il lavoro consiste in una attività pericolosa. Tra i 12 e i 14 anni lavorano oltre 47,3 milioni di bambini (il 13,1%) mentre tra i 15 e i 17 anni lavorano il 13% dei minori (47,5 milioni di persone). Il 58% dei minori è utilizzato in agricoltura, il 7,2% nell’industria e il 32,3% nei servizi (in forte aumento rispetto al 25,6% del 2008).

La maggioranza dei bambini lavoratori è maschio (99,7 milioni a fronte di 68,2 milioni di femmine). Ma le differenze di genere si annullano tra i bambini più piccoli con 36,3 milioni di bambini maschi e 36,7 milioni di bambine al lavoro.

Tra i 15 e i 17 anni l’80% dei minori lavoratori e’ maschio (38,7 milioni) e appena il 19% femmina (8,8 milioni).    Secondo il rapporto Ilo tra i minori al lavoro ci sono 5,5 milioni di bambini in ”lavoro forzato”, un quarto delle vittime totali del lavoro forzato. Tra questi 960.000 sono coinvolti in situazione di sfruttamento sessuale.

Tar Lombardia

Tar Lombardia: controversie “salvaguardati” appartengono giurisdizione Tribunale del lavoro

 

Le controversie concernenti l’illegittimità dei provvedimenti di rigetto delle istanze di accesso ai benefici di cui all’art. 24 decreto legge 06.12.2011, n. 214 in favore dei cosiddetti salvaguardati appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario.

Il Tribunale amministrativo della Lombardia ha declinato la propria giurisdizione con tre sentenze coeve rese su ricorso di altrettanti lavoratori patrocinati dall’Inca di Milano. Esponendo di avere titolo all’inserimento nell’elenco dei lavoratori salvaguardati ai sensi del decreto interministeriale 1 giugno 2012 i ricorrenti lamentavano che la Commissione istituita presso la Direzione territoriale del lavoro di Milano avesse illegittimamente respinto le loro istanze per pretese irregolarità nella allegazione della documentazione probante la sussistenza dei requisiti.

L’argomento su cui si fondano le decisioni è costituito dal rilievo che la definizione della controversia comporta l’attuazione di parametri predeterminati di fonte legislativa, che configurano veri e propri diritti soggettivi sicché l’Amministrazione è vincolata al mero riscontro delle eventuali condizioni di accesso ai benefici fissate dalla legge, “senza che residui alcuno spazio di valutazione discrezionale suscettibile di affievolire o comprimere quel diritto”.

Le controversie, attenendo dunque alle condizioni previste dalle norme per l’insorgenza del diritto alla prestazione previdenziale rivendicata dai ricorrenti debbono essere decise dal giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro. La scelta di adire il giudice amministrativo è stata dettata dall’intento di evitare, in via di sperimentazione e di mera prudenza, in assenza di pronunce sul punto, di incorrere nella decadenza dei 60 giorni dall’adozione del provvedimento contestato prevista per l’introduzione dei ricorsi avanti al Tar ove avesse preso corpo l’opposto orientamento.

Le decisioni richiamate paiono dunque pienamente convincenti e permettono di tracciare con rafforzate certezze il percorso per la tutela in via giudiziaria dei diritti spettanti ai lavoratori cd “salvaguardati “. (Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sez. IV, Pres ed Est. Giordano del 27 giugno 27.6.2013).

nota a cura Consulenza legale Inca nazionale