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Istat – Quasi 7 milioni gli italiani in difficoltà

Quasi sette milioni di italiani in difficoltà economica, 2,5 mln in più dell’anno scorso. Colpa della crisi e di una recessione che non si arresta. Con il pil calato del 2,4% nel 2012 e una flessione già acquisita per il 2013 dell’1%. I dati sulla congiuntura dell’Istat si intrecciano con quelli del primo rapporto sul Benessere equo e sostenibile, firmato sempre dall’Istat e dal Cnel, a fotografare un Paese sempre più in affanno: il potere d’acquisto delle famiglie è calato del 5% fra il 2007 e il 2011; quasi un giovane su quattro non studia e non lavora.

E se il ministro dell’Economia Vittorio Grilli confida che “la seconda metà del 2013 sarà in positivo”, il presidente dell’Istat, guarda all’instabilità politica: “il superamento dell’incertezza è un elemento chiave per la ripresa sia nel breve che nel medio termine”.

“L’incertezza sta già rinviando la ripresa. Lo abbiamo già visto nel 2011 quando di fronte alla crisi dello spread e il crollo della fiducia degli imprenditori e degli 
investitori, l’incertezza ha fatto crollare le spese di investimento e di consumo”, ricorda il presidente dell’Istat, convinto che “la fiducia e il superamento dell’incertezza sono elementi chiave per la ripresa sia nel breve che nel medio termine”. Tanto che quello che rivolge alle forze politiche è quasi un appello. “Se il voto servisse in qualche modo a ridurre l’incertezza ben venga, ma se si dovessero trovare altre soluzioni ben vengano ugualmente. Quello che importa è superare la fase di instabilità e incertezza”.

Del resto, la mancata crescita si sta trasferendo con effetti evidenti sulla condizione delle famiglie. A pesare sull’economia familiare è soprattutto la
contrazione del reddito disponibile. In Italia il potere d’acquisto durante la crisi è crollato, scendendo del 5% tra il 2007 e il 2011. 
La conseguenza più immediata è che molte famiglie sono state costrette a intaccare i risparmi per far fronte alle esigenze, risparmiando meno o addirittura indebitandosi: la quota di persone in famiglie che hanno ricevuto aiuti in denaro o in natura da parenti non coabitanti, amici, istituzioni o altri è passata dal 15,3% del 2010 al 18,8% del 2011 e, nei primi nove mesi del 2012, la quota delle famiglie indebitate è passata dal 2,3% al 6,5%.

Quello dei giovani è un capitolo particolarmente denso di dati preoccupanti. La quota dei Neet, ovvero dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, tra il 2009 e il 2011, è balzata dal 19,5% al 22,7%. Quasi un giovane su 4 dunque non è impegnato in percorsi formativi e non ha un posto. Nel rapporto di Istat e Cnel viene anche evidenziato come ben l’8% dei Neet sia già laureato e quindi difficilmente puo’ continuare a formarsi. 

Più in generale, è chiaro come il Paese sia afflitto da un cattivo impiego delle risorse umane, soprattutto nel campo del lavoro femminile e, appunto, fra i giovani. Il tasso di occupazione e quello di mancata partecipazione al lavoro, già tra i più critici dell’Unione europea a 27, sono ulteriormente peggiorati negli ultimi anni a causa della crisi economica. Il primo, nella classe 20-64 anni è sceso dal 63% del 2008 al 61,2% del 2011 mentre il tasso di mancata partecipazione è aumentato dal 15,6% al 17,9%.

Quasi tutti gli indicatori di qualità dell’occupazione 
peggiorano e non solo per l’andamento congiunturale negativo. Se la costante incidenza dei lavoratori a termine di lungo periodo indica la persistenza in una condizione d’instabilità occupazionale, la crisi ha molto ridotto le possibilità di stabilizzazione dei contratti temporanei, soprattutto per i giovani (dal 25,7% del 2008 al 20,9% del 2011).

Istatultima modifica: 2013-03-13T09:33:48+01:00da vitegabry
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