Archivi giornalieri: 10 maggio 2023

The future of telework and hybrid work. Anticipating and managing the impact of change – EUROFOUND

The future of telework and hybrid work. Anticipating and managing the impact of change – EUROFOUND

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Segnalazione da Direzione Contrattazione 1

Il rapporto pubblicato da Eurofound esamina come il telelavoro e il lavoro ibrido nell’UE potrebbero svilupparsi entro il 2035 e le loro implicazioni per il mondo del lavoro. Quanto sono preparati dirigenti e dipendenti, organizzazioni dei datori di lavoro e sindacati e responsabili politici per una maggiore prevalenza di questi modi di organizzare il lavoro? Come possono garantire che i futuri accordi di telelavoro e lavoro ibrido vadano a vantaggio sia dei dipendenti che delle organizzazioni? Utilizzando una metodologia di previsione, il rapporto identifica i punti ciechi, delinea i problemi emergenti e assiste i responsabili politici nell’affrontare le questioni chiave relative a questa forma di lavoro. Sebbene il telelavoro e il lavoro ibrido siano ancora in evoluzione, una nuova ricerca suggerisce che lo sviluppo del telelavoro e del lavoro ibrido in modo equo porta risultati migliori in termini di qualità del lavoro e pratiche organizzative. Sarà, quindi, fondamentale che le parti sociali e i responsabili politici prendano in considerazione questioni come garantire l’equità sul posto di lavoro, rivedere le pratiche organizzative e consentire l’autonomia, sviluppare le competenze dei dirigenti, razionalizzare le disposizioni normative e garantire la qualità del lavoro in situazioni di telelavoro o lavoro ibrido. Senza un’attenta pianificazione, il cambiamento delle modalità di lavoro può potenzialmente interrompere le dinamiche sul posto di lavoro e accentuare gli squilibri di genere. Ciò evidenzia l’importanza di sostenere le organizzazioni nell’attuazione del telelavoro e degli accordi di lavoro ibrido in una serie di settori, come il riesame delle pratiche di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro e la creazione di una cultura basata sulla fiducia. Per garantire che i manager siano ben attrezzati per gestire il lavoro ibrido, le organizzazioni dovranno investire nella formazione. Strategie di formazione efficaci richiederanno linee guida su argomenti come la comunicazione, l’equità e l’inclusione, nonché raccomandazioni, ad esempio, sull’efficienza operativa e sul maggior coinvolgimento dei dipendenti in ambienti ibridi. Sarà una priorità per i responsabili politici a livello nazionale prendere in considerazione i modi più appropriati per stabilire standard minimi per il telelavoro e il lavoro ibrido e le parti sociali hanno un ruolo fondamentale da svolgere nella definizione di questi standard.

Taxing Wages 2023. Indexation of Labour Taxation and Benefits in OECD Countries

Taxing Wages 2023. Indexation of Labour Taxation and Benefits in OECD Countries

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Segnalazione da Direzione Contrattazione 1

Il prelievo fiscale effettivo sui salari è aumentato nel 2022, mentre nel contempo le retribuzioni reali sono diminuite a causa dell’inflazione. Il rapporto annuale ‘Taxing Wages’ dell’OCSE fotografa l’incidenza di tasse e contributi sociali sul costo del lavoro nei 38 Paesi industrializzati, sottolineando l’importanza di politiche che mitighino il drenaggio fiscale. Lo scorso anno il cuneo fiscale medio dell’area OCSE per il lavoratore single risulta sostanzialmente invariato al 34,6%. Il Belgio ha le imposte e i contributi sul lavoro più alti con il 53%, seguito dalla Germania (47,8%), dalla Francia (47%) e dall’Austria (46,8%). L’Italia si conferma al quinto posto con il 45,9%, ma con mezzo punto in più rispetto al 2021. La Spagna è al 39,5%, Norvegia, Olanda, Danimarca e Irlanda attorno al 35%, il Regno Unito al 31,5%, gli Usa al 30,5%. I Paesi con il fisco più leggero sui salari sono la Svizzera (23,4%), il Messico (20,4%), la Nuova Zelanda (20,1%) e il Cile (7%), fino ad arrivare alla Colombia, che per la particolare struttura del suo sistema si conferma a zero. In quasi tutti i Paesi in cui il cuneo è aumentato, l’incremento deriva dalla maggiore imposta sui redditi personali, che in alcuni casi è il risultato dell’interazione tra salari nominali più alti con il sistema di imposizione progressivo e in altri, come negli Usa, anche del venire meno di agevolazioni introdotte durante la pandemia del Covid. Nel caso dell’Italia, è presente un aumento di 1,07 punti della tassazione sul reddito, in parte compensato dal calo di 0,61 punti dei contributi a carico del lavoratore. In tema di salari lordi, per l’Italia è stato rilevato un aumento del 5,7%, ma con un’inflazione all’8,1% il salario lordo reale è calato del 2,2% e in più c’è stato l’aumento dell’imposta sul reddito. Sono per altro 35 su 38 i Paesi industrializzati che hanno visto un calo dei salari reali a causa dell’inflazione. Passando alla famiglia monoreddito con due figli, il cuneo fiscale si assottiglia nell’Ocse al 25,6% (contro il 34,6% del single). L’Italia si conferma ben sopra la media con il 34,9%, la quarta incidenza più alta tra i Paesi industrializzati, ma comunque in miglioramento rispetto al 2021 dove il cuneo fiscale era pari al 35,8% (e soprattutto dal 39% del 2019).

World employment and social outlook 2023: The value of essential work

World employment and social outlook 2023: The value of essential work

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Segnalazione da Direzione Contrattazione 1

Il “World employment and social outlook 2023: The value of essential work” pubblicato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro sottolinea quanto le economie e le società dipendano dai lavoratori essenziali e quanto questi siano sottovalutati. Le cattive condizioni di lavoro dei lavoratori essenziali aggravano il turnover del personale e la carenza di manodopera, mettendo a rischio l’erogazione dei servizi di base. I lavoratori essenziali si possono suddividere in otto gruppi occupazionali principali che comprendono: la sanità, il settore alimentare, il commercio al dettaglio, la sicurezza, le pulizie e la sanificazione, i trasporti, le occupazioni manuali e quelle tecniche e amministrative. In tutto il mondo, il 29% dei lavoratori essenziali non è adeguatamente retribuito. In media, i lavoratori essenziali guadagnano il 26% in meno rispetto agli altri lavoratori, e solo i due terzi di questo divario è attribuibile all’istruzione e all’esperienza. Oltre il 46% dei lavoratori essenziali nei paesi a basso reddito ha orari di lavoro lunghi. Gli orari di lavoro prolungati sono più comuni nel settore dei trasporti, dove quasi il 42% dei lavoratori essenziali a livello mondiale lavora più di 48 ore a settimana. In aggiunta, il 60% dei lavoratori essenziali nei paesi a basso e medio reddito non beneficia di alcuna forma di protezione sociale.  Per garantire la continuità dei servizi essenziali in caso di future pandemie il rapporto raccomanda maggiori investimenti nei settori essenziali con particolare riguardo alle infrastrutture fisiche, alla capacità produttiva e alle risorse umane. Tra le altre raccomandazioni, il rapporto richiede di:

· Garantire che i sistemi di salute e sicurezza sul lavoro coprano tutti i settori dell’attività economica e tutti i lavoratori, specificando chiaramente diritti e doveri, attraverso la collaborazione tra governo, rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro;

· Migliorare le retribuzioni per compensare la sottovalutazione dei lavoratori essenziali e ridurre il divario salariale tra questi ultimi e quelli non essenziali, anche attraverso salari minimi negoziati o stabiliti per legge;

· Garantire orari di lavoro sicuri e definiti, regolamentandoli anche attraverso la contrattazione collettiva;

· Adattare i quadri giuridici in modo che tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro status occupazionale e dagli accordi contrattuali, possano beneficare di protezione sociale, in particolare del congedo per malattia retribuito;

· Aumentare l’accesso alla formazione, in modo che i lavoratori essenziali possano svolgere il proprio lavoro in modo efficace e sicuro.

Stima preliminare del PIL – I trimestre 2023

Stima preliminare del PIL – I trimestre 2023

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Segnalazione da UO Studi e analisi compatibilità

Nel primo trimestre del 2023 si stima che il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, sia aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e sia cresciuto dell’1,8% in termini tendenziali. Il primo trimestre del 2023 ha avuto due giornate lavorative in più rispetto al trimestre precedente e una giornata lavorativa in più rispetto al primo trimestre del 2022. La variazione congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto sia nel comparto dell’industria, sia in quello dei servizi e di una stazionarietà dell’agricoltura, silvicoltura e pesca. Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo sia della componente nazionale (al lordo delle scorte), sia della componente estera netta. La variazione acquisita per il 2023 è pari a +0,8%.

Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali – I trimestre 2023

Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali – I trimestre 2023

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Segnalazione da UO Studi e analisi compatibilità

Alla fine di marzo 2023, i 41 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 44,4% dei dipendenti – circa 5,5 milioni – e corrispondono al 43,8% del monte retributivo complessivo. Nel corso del primo trimestre 2023 sono stati recepiti 6 contratti: autorimesse e autonoleggio, servizi socio assistenziali, gomma e materie plastiche, vetro, Fiat, lavanderie industriali. I contratti che a fine marzo 2023 sono in attesa di rinnovo sono 32 e coinvolgono circa 6,9 milioni di dipendenti, il 55,6% del totale. Il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto, tra marzo 2022 e marzo 2023, è diminuito da 30,8 a 23,4 mesi, mentre per il totale dei dipendenti passa da 17,0 a 13,0 mesi. La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-marzo 2023 è cresciuta del 2,2% rispetto allo stesso periodo del 2022. L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2023 segna un aumento dello 0,1% rispetto al mese precedente e del 2,2% rispetto a marzo 2022; l’aumento tendenziale è stato dell’1,4% per i dipendenti dell’industria, dello 0,9% per quelli dei servizi privati e del 4,9% per i lavoratori della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono: attività dei vigili del fuoco (+11,7%), ministeri (+9,3%) e servizio sanitario nazionale (+6,4%). L’incremento è invece nullo per edilizia, commercio, farmacie private e pubblici esercizi e alberghi.

Le previsioni del DEF 2023 – Indicatori economici e finanziari

Le previsioni del DEF 2023 – Indicatori economici e finanziari

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Segnalazione da UO Studi e analisi compatibilità

Il dossier degli indicatori economici e finanziari del DEF 2023 contiene gli aggiornamenti degli andamenti macroeconomici, finanziari e di finanza pubblica. Per quanto di nostro interesse, si segnala la sezione dedicata al conto economico consolidato delle PPAA dove, fra le spese correnti, si censiscono le spese per redditi da lavoro dipendente, cioè il costo sostenuto dalle amministrazioni pubbliche a titolo di remunerazione dell’attività prestata alle proprie dipendenze dai lavoratori in termini % del PIL (consuntivo 2010/2022 e previsioni 2023, pagg. 30-33).

Sezione delle Autonomie delibera n.4/2023 Pubblico impiego – interpretazione dell’art. 20, co. 4, del D. L.vo, n. 75/2017- verifica del rispetto dei vincoli di finanza pubblica ai fini dell’esercizio delle facoltà assunzionali

Sezione delle Autonomie delibera n.4/2023 Pubblico impiego – interpretazione dell’art. 20, co. 4, del D. L.vo, n. 75/2017- verifica del rispetto dei vincoli di finanza pubblica ai fini dell’esercizio delle facoltà assunzionali

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Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La questione sottoposta dalla Sezione regionale di controllo della Puglia è se, il comma 4 dell’art. 20 del D. L.vo, n. 75/2017 costituisca un limite al superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni anche nell’ipotesi di assunzioni effettuate nel regime temporale prorogato e se il rispetto dei vincoli di finanza pubblica debba essere valutato “ora per allora” ovvero con riferimento all’intero quinquennio 2012-2016, secondo l’interpretazione letterale della disposizione o, invece, al quinquennio antecedente alla data di maturazione dei requisiti previsti dai commi 1, lett. c) dell’art. 20 del d.lgs. 75 del 2017, interpretando la norma in senso dinamico. Il collegio con la delibera n. 4/2023 ritiene impossibile interpretare in modo «dinamico» o «creativo» la norma. L’anomalia non può essere sanata con una lettura «dinamica» intendendo cioè il dettato normativo come vincolo fissato al quinquennio precedente. Nella disposizione non c’è alcun appiglio ad una lettura diversa, visto che vengono espressamente citati tali anni e che all’allungamento operato in più occasioni da parte del legislatore del termine entro cui deve maturare l’anzianità triennale non è seguita alcuna revisione di quell’ulteriore arco temporale. La sezione autonomie della Corte dei Conti ha evidenziato che nel testo iniziale veniva consentita la stabilizzazione di coloro che al 31 dicembre 2017 avevano maturato tre anni di anzianità a condizione che nell’intero quinquennio precedente l’ente avesse rispettato i vincoli di finanza pubblica. Lo spostamento in avanti dei termini entro cui l’anzianità può maturare e non di quelli di salute finanziaria ha determinato una condizione di discontinuità temporale: si può stabilizzare fino a quest’anno e al prossimo, a seconda della tipologia di intervento, ma il rispetto dei vincoli di finanza pubblica è fissato al quinquennio 2012/2016. Non sussiste, peraltro, contrasto con i principi dettati dalla Costituzione, che consentono al legislatore statale di dettare vincoli finanziari alle assunzioni.

 

CIRS114

CIRS114

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A fronte di diversi certificati medici presentati dal dipendente, intervallati dai giorni di ferie già chiesti e autorizzati, si può considerare un unico periodo continuativo di assenza per malattia?

Le ferie e la malattia sono due istituti giuridici diversi e separati disciplinati dagli artt. 13 e 17 del CCNL Scuola del 29.11.2007.

In merito va precisato che la fruizione delle ferie non può coincidere con i giorni di malattia. Pertanto, di norma, prima di concedere un periodo di ferie ad un lavoratore precedentemente assente per malattia, è necessario accertarsi che lo stesso sia effettivamente guarito, ad esempio attraverso il rientro in servizio del lavoratore.

Tuttavia, nel caso di specie, considerato che le ferie erano state autorizzate prima dell’insorgenza dell’evento morboso, al fine di venire incontro alle esigenze del lavoratore guarito, si ritiene possibile fruire delle ferie senza ripresa del servizio. In tal caso, se i due certificati medici siano distinti e non recanti la dicitura prosecuzione della malattia, i giorni di ferie intercorrenti nel mezzo non vengono considerati malattia ma ferie.

CIRS112

 CIRS112

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Nell’ipotesi in cui il PTOF d’istituto preveda la settimana corta articolata su cinque giorni di attività, il personale ATA che è chiamato a svolgere l’attività lavorativa il sabato ha diritto oltre allo straordinario anche al recupero della giornata del sabato non goduta?

La differente articolazione dell’orario di lavoro (su 5 o 6 giorni) non trasforma il giorno non lavorato (ovvero il sabato) in un giorno di riposo settimanale (che di norma coincide con la domenica, ovvero con il settimo giorno). La giornata del sabato, infatti, è un giorno lavorativo a zero ore, ovvero un potenziale giorno lavorativo nel quale, a seguito della scelta di articolare l’orario di lavoro su 5 giorni anziché su 6, le ore di lavoro ordinariamente previste sono zero.

Ne consegue che un’eventuale prestazione resa nel sabato è considerata una normale prestazione aggiuntiva, remunerabile come straordinario.

Resta fermo che il dipendente, ai sensi dall’art. 54, comma 4, del CCNL Scuola del 29.11.2007, può optare, in luogo della remunerazione delle citate ore di straordinario, per il recupero di tali ore sotto forma di riposo compensativo.

CQRS179a

CQRS179a

 

La scuola è tenuta ad adeguarsi all’orario di attività sindacale, presentato dall’organizzazione sindacale di appartenenza, di un docente posto in aspettativa sindacale part – time al 50%?

Il CCNQ del 4 dicembre 2017 e s.m.i, all’art. 8, comma 4, dispone che nell’ipotesi di distacco part – time (applicabile anche in caso di aspettativa sindacale part – time) la prestazione lavorativa deve essere definita previo accordo tra l’amministrazione ed il dipendente.

Quanto all’articolazione della prestazione lavorativa nelle ipotesi di distacchi o aspettative fruite in modalità part-time, l’art.18 del medesimo CCNQ, al comma 2, prevede che, nei casi in cui per il personale docente sia possibile l’attivazione part-time di dette prerogative, la fruizione avviene con articolazione oraria ridotta in tutti i giorni lavorativi, con la proporzionale riduzione del numero delle classi assegnate o con eventuali differenti modalità definite per tale personale dall’ordinanza del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. 446 del 22 luglio 1997 e s.m.i.. La citata ordinanza costituisce il riferimento per l’applicazione del distacco part-time (nonché delle aspettative sindacali part-time) ed il rinvio alle disposizioni richiamate va inteso come una modalità di fruizione dei distacchi sindacali.

CQRS176

CQRS176

 

Con riferimento ai permessi per l’espletamento del mandato, l’art. 18 (norme speciali per le istituzioni scolastiche, educative e di alta formazione), comma 3 del CCNQ del 4 dicembre 2017 ove si prevede che “Resta fermo il limite massimo di dodici giorni nel corso dell’anno scolastico o accademico” si applica anche al personale ATA e ai dirigenti scolastici?

L’art. 18 del CCNQ 4/12/2017 prevede alcune deroghe alla disciplina generale in tema di prerogative sindacali per le istituzioni scolastiche, educative e di alta formazione; in particolare il comma 3 definisce alcune limitazioni in tema di permessi per l’espletamento del mandato confermando un tetto alla quantità massima dei permessi fruibili dal singolo dipendente che presti la propria attività lavorativa in un’istituzione scolastica, educativa o di alta formazione. Tale tetto è pari a 5 giorni lavorativi a bimestre e, comunque, non oltre 12 giorni ad anno scolastico o accademico.

Tuttavia, con riguardo al personale ATA ed ai dirigenti scolastici, poiché gli stessi non sono tenuti ad assicurare la continuità didattica, il limite in parola può essere derogato previa definizione, in sede di contrattazione integrativa, di modalità attuative che non comportino oneri aggiuntivi anche indiretti.

Su tale ultimo aspetto, si rinvia a quanto stabilito in materia dal Contratto integrativo nazionale concernente il cumulo di ore di permessi sindacali retribuiti dell’8/10/1999 stipulato in via definitiva il 24.11.1999, dove all’art. 2 si prevede che:

I permessi sindacali spettanti a ciascun dirigente sindacale appartenente all’area dei capi d’Istituto e a quella dei direttori delle Accademie e Conservatori possono essere cumulati per periodi comunque non superiori a 10 giorni. Tali periodi possono essere richiesti per non più di tre volte nel corso dell’anno scolastico in maniera non continuativa.

– I permessi sindacali spettanti a ciascun dirigente sindacale appartenente all’area del personale ATA avente il profilo professionale di direttore amministrativo nelle Accademie e nei Conservatori di musica, di direttore dei servizi generali e di responsabile amministrativo possono essere cumulati per periodi comunque non superiori a 12 giorni. Tali periodi possono essere richiesti per non più di tre volte nel corso dell’anno scolastico in maniera non continuativa.

– I permessi sindacali spettanti a ciascun dirigente sindacale appartenente all’area del restante personale ATA possono essere cumulati per periodi comunque non superiori a venti giorni. Tali periodi possono essere richiesti per non più di tre volte nel corso dell’anno scolastico in maniera non continuativa.”

CFC119a

 CFC119a

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In che mondo la fruizione dei permessi non retribuiti riconosciuti al dipendente a tempo determinato dall’art. 55, co. 1, lett. d) del CCNL Comparto Funzioni Centrali del 12/02/2018 influisce ai fini del computo delle ferie?

I permessi non retribuiti riconosciuti ai dipendenti a tempo determinato, ai sensi dell’art. 55, co. 1, lett. d) del CCNL Comparto Funzioni Centrali del 12/02/2018, consistono chiaramente in assenze giustificate dal lavoro.

Tali assenze non retribuite non permettono però la maturazione delle giornate di ferie. Tale conclusione è supportata dalla giurisprudenza formatasi sulla questione, la quale in considerazione della sinallagmaticità che caratterizza le prestazioni delle parti del rapporto di lavoro fa discendere questa esclusione dal venir meno dell’obbligo del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione al lavoratore nei casi di assenza non retribuita (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 16/12/1988, n. 6872 e Cass. civ. n. 1315 del 15/02/1985)