Archivi giornalieri: 5 maggio 2023

L’inquinamento acustico nelle città italiane Ambiente

L’inquinamento acustico nelle città italiane Ambiente

L’inquinamento acustico è dannoso per gli ecosistemi e per la salute. Analizziamo i dati raccolti da Istat in riferimento all’anno 2021 sui controlli effettuati, sui relativi superamenti dei limiti e sugli esposti presentati dai cittadini.

 

Con inquinamento acustico si intende, secondo la definizione fornita dalla legge 447/1995, rumore di entità significativa prodotto dalle attività umane e tale da creare fastidio e disturbo. Si tratta di un fenomeno significativo e troppo spesso sottovalutato. Esso danneggia gli ecosistemi e la salute di chi li abita, oltre a costituire un fattore di deterioramento dei beni, dei monumenti, e a ostacolare la fruizione degli spazi pubblici. Ricostruiamo grazie alle nuove rilevazioni Istat relative al 2021 l’entità di questo problema nelle città italiane.

Cos’è l’inquinamento acustico e quali sono le sue conseguenze

Come riporta la European environmental agency (Eea), l’esposizione prolungata a rumore forte può causare problemi quali insonnia, stress, difficoltà nello sviluppo cognitivo e patologie metaboliche e cardiovascolari.

12mila morti premature causate ogni anno dall’inquinamento acustico in Ue, secondo l’Eea.

Si tratta di una condizione che colpisce almeno un quinto di tutta la popolazione europea, soprattutto le classi socio-economiche più svantaggiate. A subirne le conseguenze non sono soltanto le persone, ma anche gli animali. In particolar modo quelli che comunicano tra loro attraverso i suoni, come le rane e vari tipi di uccelli. L’inquinamento acustico inoltre non si ferma a livello aereo ma riesce anche a raggiungere gli ambienti acquatici.

A produrre inquinamento acustico sono principalmente i trasporti, come le ferrovie o gli aeroporti, ma anche i cantieri, le industrie e alcune attività commerciali. A risultare maggiormente esposti sono i centri urbani.

Con il piano d’azione Zero pollution, la commissione europea ha introdotto degli obiettivi anche per quanto riguarda l’inquinamento acustico. Specificamente, intende ridurre del 30% il numero di persone che vi risultano cronicamente esposte entro il 2030, rispetto ai livelli del 2017. Un obiettivo che però secondo l’Eea è ancora molto lontano.

I superamenti dei limiti in Italia

In Italia l’inquinamento acustico viene misurato ogni anno da Istat, che rileva sia il numero di misurazioni che vengono effettuate nei vari capoluoghi di provincia o città metropolitana, autonomamente dalle amministrazioni o a seguito di specifica richiesta da parte dei cittadini, che i superamenti dei limiti che vengono riscontrati.

Nel 2021 il maggior numero di controlli è stato effettuato a Milano (per un totale di 127). Segue a distanza Roma con 62. In 14 comuni capoluogo tutte le misurazioni hanno rilevato superamenti dei limiti stabiliti dalla normativa. Tra le altre è il caso di Firenze, prima da questo punto di vista tra i capoluoghi di città metropolitana.

Nel capoluogo toscano i superamenti ammontano al totale delle misurazioni. Segue Napoli con il 97%. Le quote più contenute si registrano invece a Catania e Palermo, con meno del 30%.

Generalmente la quota di misurazioni che hanno rilevato superamenti è leggermente diminuita tra 2020 e 2021, in modo più marcato al centro del paese, con un calo pari a 5,4 punti percentuali. Fa eccezione in questo senso il mezzogiorno, dove la percentuale è aumentata di 4,9 punti percentuali.

Gli esposti per inquinamento acustico

Oltre al numero di controlli e ai relativi superamenti dei limiti, un altro dato interessante quando si parla di inquinamento acustico è il numero di esposti presentati dai cittadini.

All’esposto seguono la verifica e l’eventuale sanzione.

L’esposto è infatti il principale strumento con cui le persone possono difendersi in queste situazioni ed esigere provvedimenti da parte delle amministrazioni locali. Esso viene presentato al comune territorialmente competente, di modo che l’Arpa (agenzia regionale per la protezione ambientale) possa procedere a una verifica e, in caso di constatata violazione, all’imposizione di una sanzione.

Nel 2021 in Italia Istat ha conteggiato più di 2mila esposti per inquinamento acustico: 12,8 ogni 100mila abitanti. L’incidenza nel 2020 era stata leggermente superiore: 14,4. In generale il ricorso agli esposti risulta maggiore al nord del paese, e soprattutto nell’area del nord-est (18,2 esposti ogni 100mila abitanti) e minore nel mezzogiorno, in particolar modo al sud (4,6).

2.247 gli esposti per inquinamento acustico presentati nei capoluoghi italiani nel 2021.

Sono quattro i comuni capoluogo in cui gli esposti sono stati più di 30 ogni 100mila abitanti nel 2021 e si trovano tutte le centro-nord. Si tratta di Firenze (49), Modena (47,9), Verbania (43,5), Asti (36,5), Mantova (32,9), Pistoia (32,4) e Reggio nell’Emilia (32,5).

Foto: Ant Rozetsky – licenza

 

Dopo la pandemia non migliorano le condizioni degli stranieri Migranti

Dopo la pandemia non migliorano le condizioni degli stranieri Migranti

Nel 2021 le condizioni occupazionali ed economiche degli italiani sono lievemente migliorate rispetto al 2020. Lo stesso tuttavia non si può dire per gli stranieri, la cui situazione mediamente è peggiorata.

 

I cittadini stranieri costituiscono una componente fondamentale della forza lavoro del nostro paese. Per una serie di ragioni hanno subito più duramente le conseguenze della pandemia da un punto di vista lavorativo rispetto agli italiani – partendo già da condizioni più svantaggiate.

Dai nuovi dati relativi al 2021 Inps, Inail, Ocse, Istat, ministero del lavoro e Unioncamere, raccolti all’interno del nuovo rapporto annuale “Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia“, emerge che il lieve miglioramento delle condizioni economiche dopo la pandemia non ha riguardato le persone di nazionalità non italiana. Il tasso di occupazione è diminuito e l’incidenza della povertà assoluta è aumentata di quasi 4 punti percentuali.

La popolazione straniera in Italia nel 2021

Nel 2021 i cittadini di nazionalità estera costituiscono l’8,7% della popolazione italiana, con un aumento pari a 0,3 punti percentuali rispetto al 2020, quando ammontavano all’8,4%.

Tuttavia i non comunitari sono, nel complesso, leggermente diminuiti. Un calo che sembrerebbe imputabile alla riduzione del numero di permessi di soggiorno accordati, che tra 2017 e 2020 sono più che dimezzati.

3,4 milioni i cittadini extra-comunitari residenti in Italia nel 2021.

Il 28% di questi provengono comunque da paesi del continente europeo.

Per via della loro numerosità e anche della loro età, mediamente più bassa rispetto a quella dei cittadini italiani, gli stranieri costituiscono un elemento molto importante della forza lavoro del nostro paese. Specialmente in alcuni settori, come l’agricoltura (18%), le costruzioni (15,5%), la ristorazione (15,3%) o i lavori personali (34,3%).

I lavoratori stranieri durante e dopo la pandemia

Come evidenzia il reportgli immigrati subiscono maggiormente l’impatto delle crisi economiche, vivendo solitamente in condizioni lavorative meno stabili ed essendo mediamente più giovani. Nelle situazioni di crisi le discriminazioni diventano inoltre più frequenti, mentre cresce l’importanza delle reti di conoscenze, di cui gli immigrati dispongono in misura inferiore.

Per quanto riguarda la pandemia nello specifico, a queste variabili si aggiunge il fatto che gli stranieri incidono di più in alcuni settori che sono stati duramente colpiti, come quello alberghiero e della ristorazione.

La pandemia ha colpito sproporzionatamente i lavoratori stranieri.

Come abbiamo raccontato in un recente approfondimento, durante la pandemia il 35% delle persone che hanno perso il proprio impiego era di nazionalità estera. Pur costituendo essi il 10% della forza lavoro. Bisogna poi considerare che gli stranieri partivano già da condizioni lavorative più svantaggiate, in primis dal punto di vista retributivo, guadagnando mediamente il 13,8% in meno rispetto agli italiani.

Nonostante il forte impatto, nel 2021 l’occupazione ha visto una ripresa piuttosto significativa: +2,4% tra gli stranieri e +0,6% tra gli italiani. Parallelamente sono aumentate anche le persone in cerca di un impiego (+11,9% tra gli stranieri, +1,3% tra gli italiani) e sono diminuiti gli inattivi, che invece nel 2020 erano aumentati significativamente: rispettivamente -5,7% e -3,1%.

Tuttavia se guardiamo al tasso di occupazione, vediamo che il dato del 2021 è più basso rispetto a quello del 2020.

Fino allo scoppio della pandemia tra gli stranieri si registrava un tasso di occupazione più elevato rispetto agli italiani – nonostante il divario si fosse gradualmente ridotto tra 2018 e 2020. Nel 2021 invece questo rapporto si è invertito. Il tasso di occupazione degli italiani è salito al 58,3% (tuttavia senza ritornare ai livelli pre-pandemici), mentre quello degli stranieri è sceso al 57,8%, il livello più basso degli ultimi anni.

Anche le condizioni economiche peggiorano

Una dinamica simile si può riscontrare anche per quanto riguarda le condizioni economiche a livello familiare. Nel 2020 l’incidenza della povertà è aumentata in modo generalizzato, a causa della pandemia. Ma se nel caso dei cittadini italiani nel 2021 si registra un miglioramento, seppur lieve, nel caso degli stranieri invece la situazione è ulteriormente peggiorata.

+6,2 punti percentuali l’incidenza della povertà assoluta familiare tra gli stranieri, tra 2019 e 2021.

Tra il 2019 e il 2021 è aumentata l’incidenza della povertà assoluta, sia tra le famiglie italiane che non. Tuttavia se le prime hanno visto una parziale ripresa dopo la pandemia (dal 6% del 2020 al 5,7% del 2021), la situazione degli stranieri è invece peggiorata ulteriormente (dal 26,7% al 30,6%). Nel 2021 l’incidenza tra le famiglie di provenienza estera è oltre 5 volte maggiore a quella che si registra tra le famiglie italiane.

Foto: Ifrah Akhter – licenza

 

Gestioni Artigiani e Commercianti: emissione degli Avvisi Bonari

Gestioni Artigiani e Commercianti: emissione degli Avvisi Bonari

Gli Avvisi riguardano la contribuzione fissa con scadenza a febbraio, maggio, agosto e novembre 2022 e febbraio 2023

Pubblicazione: 5 maggio 2023

L’INPS, con il messaggio 4 maggio 2023, n. 1619, informa che è in corso l’elaborazione degli Avvisi Bonari riguardanti la contribuzione fissa con scadenza febbraio, maggio, agosto e novembre 2022 nonché febbraio 2023 per i lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni degli Artigiani e Commercianti.

Gli Avvisi sono a disposizione dei contribuenti all’interno del “Cassetto previdenziale Artigiani e Commercianti”. Lo stesso Cassetto Previdenziale può essere utilizzato per comunicare pagamenti già effettuati.

Ai titolari della posizione contributiva e ai loro intermediari che abbiano fornito il proprio indirizzo di posta elettronica, verrà inviata una e-mail di avviso.

Ma Napoleone per la Sardegna “EI” fu o ancora è?

Ma Napoleone per la Sardegna “EI” fu o ancora è?
di Francesco Casula
Non mi interessa il Napoleone oleografico dei libri scolastici. Ad iniziare dalle elementari: “Era piccolo e magro, resistentissimo alla fatica”. Per proseguire con quello romantico delle scuole medie e superiori: “Generale vittorioso e invincibile”. Né denunciare il despota militaresco e guerresco: seminò la guerra, nell’intera Europa, per un buon ventennio, causando la morte di 1 milione di persone. Né esaltare il suo apprezzabile e intelligente “populismo”: aprì la strada della carriera militare, prima riservata ai ceti nobiliari, anche a soggetti popolari. O le innovazioni contenute nel suo “Codice civile”. E neppure ricordare un evento che lo riguardò – e ci riguardò come Sardi – e che nessun libro scolastico ha mai raccontato. Chissà poi perché. Il fatto è questo. Nel 1793 la giovane Repubblica francese decise di sferrare un duplice attacco militare contro la Sardegna: contemporaneamente al sud e al nord. In su cabu ‘e susu, con il bombardamento de La Maddalena. Alla guida, tra gli altri, vi era un giovanissimo ufficiale, Napoleone Bonaparte. Che fu sconfitto, il 23 febbraio 1793 dal maddalelino Domenico Millelire. Il corso assaggiò così per la prima volta in Sardegna il sapore della sconfitta. Ma non se ne può parlare: il suo mito ne sarebbe in qualche modo sfregiato. Mi interessa invece fare un cenno al suo “capolavoro”, che ancora oggi vive e sostanzialmente, permane in Francia: lo Stato “napoleonico”, appunto. Uno Stato unitario, accentrato, centralista, burocratico. “Governato” (e controllato) attraverso i Prefetti, diretta emanazione del “Centro” e di nomina statal-governativa. Bene: questo mostro di vero e proprio “Leviatano”, malauguratamente è stato copiato e imitato in Italia con l’Unità. Come Sardi, da questa forma di Stato cancellati e oppressi, siamo vittime, a livello culturale e politico oltre che economico e sociale. Nonostante alcune operazioni di cosmesi fra cui la concessione dello Statuto speciale. Che ci serve per amministrare la nostra dipendenza coloniale.
 
 
 
 
 
Visualizzato da Francesco Casula alle 09:53
 
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