Archivi giornalieri: 6 maggio 2023

L’inquinamento acustico nelle città italiane Ambiente

L’inquinamento acustico nelle città italiane Ambiente

L’inquinamento acustico è dannoso per gli ecosistemi e per la salute. Analizziamo i dati raccolti da Istat in riferimento all’anno 2021 sui controlli effettuati, sui relativi superamenti dei limiti e sugli esposti presentati dai cittadini.

 

Con inquinamento acustico si intende, secondo la definizione fornita dalla legge 447/1995, rumore di entità significativa prodotto dalle attività umane e tale da creare fastidio e disturbo. Si tratta di un fenomeno significativo e troppo spesso sottovalutato. Esso danneggia gli ecosistemi e la salute di chi li abita, oltre a costituire un fattore di deterioramento dei beni, dei monumenti, e a ostacolare la fruizione degli spazi pubblici. Ricostruiamo grazie alle nuove rilevazioni Istat relative al 2021 l’entità di questo problema nelle città italiane.

Cos’è l’inquinamento acustico e quali sono le sue conseguenze

Come riporta la European environmental agency (Eea), l’esposizione prolungata a rumore forte può causare problemi quali insonnia, stress, difficoltà nello sviluppo cognitivo e patologie metaboliche e cardiovascolari.

12mila morti premature causate ogni anno dall’inquinamento acustico in Ue, secondo l’Eea.

Si tratta di una condizione che colpisce almeno un quinto di tutta la popolazione europea, soprattutto le classi socio-economiche più svantaggiate. A subirne le conseguenze non sono soltanto le persone, ma anche gli animali. In particolar modo quelli che comunicano tra loro attraverso i suoni, come le rane e vari tipi di uccelli. L’inquinamento acustico inoltre non si ferma a livello aereo ma riesce anche a raggiungere gli ambienti acquatici.

A produrre inquinamento acustico sono principalmente i trasporti, come le ferrovie o gli aeroporti, ma anche i cantieri, le industrie e alcune attività commerciali. A risultare maggiormente esposti sono i centri urbani.

Con il piano d’azione Zero pollution, la commissione europea ha introdotto degli obiettivi anche per quanto riguarda l’inquinamento acustico. Specificamente, intende ridurre del 30% il numero di persone che vi risultano cronicamente esposte entro il 2030, rispetto ai livelli del 2017. Un obiettivo che però secondo l’Eea è ancora molto lontano.

I superamenti dei limiti in Italia

In Italia l’inquinamento acustico viene misurato ogni anno da Istat, che rileva sia il numero di misurazioni che vengono effettuate nei vari capoluoghi di provincia o città metropolitana, autonomamente dalle amministrazioni o a seguito di specifica richiesta da parte dei cittadini, che i superamenti dei limiti che vengono riscontrati.

Nel 2021 il maggior numero di controlli è stato effettuato a Milano (per un totale di 127). Segue a distanza Roma con 62. In 14 comuni capoluogo tutte le misurazioni hanno rilevato superamenti dei limiti stabiliti dalla normativa. Tra le altre è il caso di Firenze, prima da questo punto di vista tra i capoluoghi di città metropolitana.

Nel capoluogo toscano i superamenti ammontano al totale delle misurazioni. Segue Napoli con il 97%. Le quote più contenute si registrano invece a Catania e Palermo, con meno del 30%.

Generalmente la quota di misurazioni che hanno rilevato superamenti è leggermente diminuita tra 2020 e 2021, in modo più marcato al centro del paese, con un calo pari a 5,4 punti percentuali. Fa eccezione in questo senso il mezzogiorno, dove la percentuale è aumentata di 4,9 punti percentuali.

Gli esposti per inquinamento acustico

Oltre al numero di controlli e ai relativi superamenti dei limiti, un altro dato interessante quando si parla di inquinamento acustico è il numero di esposti presentati dai cittadini.

All’esposto seguono la verifica e l’eventuale sanzione.

L’esposto è infatti il principale strumento con cui le persone possono difendersi in queste situazioni ed esigere provvedimenti da parte delle amministrazioni locali. Esso viene presentato al comune territorialmente competente, di modo che l’Arpa (agenzia regionale per la protezione ambientale) possa procedere a una verifica e, in caso di constatata violazione, all’imposizione di una sanzione.

Nel 2021 in Italia Istat ha conteggiato più di 2mila esposti per inquinamento acustico: 12,8 ogni 100mila abitanti. L’incidenza nel 2020 era stata leggermente superiore: 14,4. In generale il ricorso agli esposti risulta maggiore al nord del paese, e soprattutto nell’area del nord-est (18,2 esposti ogni 100mila abitanti) e minore nel mezzogiorno, in particolar modo al sud (4,6).

2.247 gli esposti per inquinamento acustico presentati nei capoluoghi italiani nel 2021.

Sono quattro i comuni capoluogo in cui gli esposti sono stati più di 30 ogni 100mila abitanti nel 2021 e si trovano tutte le centro-nord. Si tratta di Firenze (49), Modena (47,9), Verbania (43,5), Asti (36,5), Mantova (32,9), Pistoia (32,4) e Reggio nell’Emilia (32,5).

Foto: Ant Rozetsky – licenza

 

Come funziona la legge elettorale nei comuni

Come funziona la legge elettorale nei comuni

La legge elettorale utilizzata per eleggere i sindaci e i consiglieri comunali è la stessa in quasi tutta Italia. Anche nelle regioni a statuto speciale i sistemi elettorali sono di solito molto simili.

Tutti i cittadini di paesi appartenenti all’Unione europea residenti in un comune hanno diritto di voto per eleggere il sindaco e il consiglio comunale (D.Lgs. 197/1996). Le norme che stabiliscono il meccanismo elettorale sono disciplinate dal testo unico sugli enti locali (Tuel).

Leggendo il testo unico emergono innanzitutto due distinzioni da tenere presenti. Intanto le sue norme non si applicano alle regioni e alle province autonome (art. 1 comma 2). Inoltre la disciplina elettorale è diversa per i comuni con popolazione superiore o inferiore ai 15mila abitanti.

Le elezioni nei comuni maggiori

Nei comuni con popolazione superiore a 15mila abitanti le elezioni del sindaco avvengono congiuntamente all’elezione del consiglio e prevedono la possibilità di un turno di ballottaggio (art. 72 Tuel).

A ciascun candidato sindaco possono essere associate una o più liste elettorali, contenenti i candidati alla carica di consigliere. In ciascuna lista nessun genere può essere rappresentato per oltre i 2/3.

Le modalità di espressione del voto possono essere di diverso tipo e rappresentano scelte ben diverse che l’elettore dovrebbe valutare attentamente.

  • Si può esprimere il voto sia a un sindaco che a una lista a lui collegata. In questo modo l’elettore sceglie il sindaco nonché la formazione politica a lui collegata che preferisce vedere avvantaggiata in consiglio. Con gli stessi identici effetti, si può votare anche solo la lista e il voto va automaticamente al sindaco collegato.
  • Si può esprimere il voto disgiunto. Ovvero votare un candidato sindaco e una lista non collegata a questo. Il voto dell’elettore sarà dunque diviso tra la scelta del sindaco e quella dei consiglieri comunali.
  • Si può votare solo il sindaco. In questo caso l’elettore rinuncia a esprimere un voto per il consiglio comunale (Dpr. 132/1993, art. 6).

In aggiunta l’elettore può anche esprimere fino a due voti di preferenza, scrivendo il cognome del candidato negli appositi spazi. Nel caso in cui si decida di esprimere due preferenze queste dovranno riguardare candidati di sesso diverso. Questo meccanismo è noto come doppia preferenza di genere.

Se un candidato sindaco ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti validi è subito proclamato eletto.

50%+1 la quota di voti necessari a un candidato sindaco per risultare eletto al primo turno nei comuni con più di 15mila abitanti.

In caso contrario i due candidati che hanno ottenuto più voti passano al turno di ballottaggio che si terrà la seconda domenica successiva. Entro 7 giorni dal primo turno inoltre liste appartenenti a candidati che non sono andati al secondo turno possono accordarsi con uno dei candidati ancora in corsa, sostenendolo ufficialmente per il secondo turno.

Arrivati al secondo turno gli elettori sono tenuti a scegliere solo per il candidato sindaco che preferiscono, e non per le liste che lo sostengono, che saranno comunque riportate sulla scheda per conoscenza. Il candidato che ha ricevuto più voti è eletto sindaco, determinando in aggiunta un premio di maggioranza per le liste a lui collegate.

La ripartizione dei seggi in consiglio nei comuni maggiori

Se un candidato sindaco viene eletto al primo turno, le liste che lo sostengono ricevono il 60% dei seggi in consiglio (art. 73 Tuel). Questo a patto che non ne abbiano ottenuti di più attraverso la ripartizione proporzionale oppure se hanno ottenuto meno del 40% dei voti. Questa ipotesi può verificarsi nel caso in cui la maggioranza assoluta degli elettori abbia votato per un candidato sindaco, e che allo stesso tempo molti di questi abbiano espresso un voto disgiunto oppure non abbiano votato affatto per il consiglio.

60% la quota di seggi assegnata come premio di maggioranza al gruppo di liste a sostegno del candidato sindaco risultato eletto.

Anche nel caso in cui un candidato è eletto al secondo turno, le liste che lo sostengono ricevono il 60% dei seggi. Sempre che non ne abbiano ottenuti comunque di più. Inoltre in questo caso alla ripartizione parteciperanno anche le liste che si sono apparentate al candidato solo al secondo turno. La ripartizione interna alle liste vincitrici comunque avviene sulla base dei voti ottenuti al primo turno.

Dopo aver definito il numero di seggi spettanti alle liste collegate al sindaco eletto si procede ad attribuire proporzionalmente i rimanenti seggi alle altre liste. A patto che al primo turno queste abbiano raggiunto almeno il 3% oppure facciano parte di un gruppo di liste che ha raggiunto tale soglia.

Le elezioni nei comuni minori

Nei comuni con popolazione inferiore a 15mila abitanti il sistema adottato (art. 71 Tuel) per eleggere il consiglio è di tipo maggioritario e, come nel resto dei comuni, avviene contestualmente all’elezione del sindaco.

Devono infatti essere presentati il nome del candidato sindaco, una sola lista collegata, con i nomi dei candidati consiglieri, e il programma amministrativo.

In tutte le liste devono essere espressi candidati di entrambi i sessi e nel caso dei comuni con più di 5mila abitanti il genere più rappresentato non può superare i due terzi.

Per votare l’elettore deve indicare il contrassegno relativo al sindaco e alla lista che intende sostenere. Inoltre può esprimere un voto di preferenza scrivendo il cognome del candidato alla carica di consigliere che preferisce. Nei comuni con più di 5mila abitanti i voti di preferenza possono essere 2 ma in questo caso vale la doppia preferenza di genere.

Nei comuni minori basta la maggioranza semplice per essere eletti sindaco.

Viene dichiarato eletto il sindaco che ha ricevuto più voti e si procede a ballottaggio solo nell’eventualità di un pareggio. Alla lista del candidato sindaco che è risultato eletto sono attribuiti 2/3 dei seggi in consiglio. Alle altre liste i rimanenti seggi proporzionalmente ai voti ottenuti. I candidati sindaco sconfitti vengono eletti in consiglio, a patto che la lista collegata abbia ottenuto un numero di voti sufficiente ad assicurare almeno un seggio.

Nel caso alle elezioni si presenti un solo candidato sindaco (e quindi una sola lista a sostegno), vengono eletti sia il candidato sindaco che i candidati consiglieri. A patto che questa sia stata votata da almeno il 50% dei votanti e che questi rappresentino almeno il 50% degli aventi diritto al voto. Una soglia quest’ultima abbassata al 40% per il 2023 (Dl 41/2022).

Una volta definito il numero di seggi spettante a ogni lista si procede a stabilire quali dei consiglieri che ciascuna di queste ha candidato saranno effettivamente eletti in consiglio. La scelta dipenderà dunque dal numero di preferenze ottenute da ciascun candidato, mentre a parità di preferenze il seggio sarà attribuito seguendo l’ordine in lista.

Le regioni a statuto speciale

Come accennato nelle regioni a statuto speciale non si applicano le norme previste dal Tuel. Questo però a patto che siano state votate specifiche leggi alternative.

Cosa che non è avvenuta in Sardegna dove si applicano le stesse identiche regole del resto dei comuni italiani.

Le altre regioni invece hanno stabilito il proprio sistema elettorale per le elezioni amministrative, anche se nella gran parte dei casi questo risulta molto simile al sistema in vigore nel resto dei comuni italiani.

In Friuli-Venezia Giulia (L.r. 19/2013) e Sicilia (L.r. 35/1997) in effetti le rispettive leggi elettorali stabiliscono un sistema del tutto identico a quello previsto dal Tuel, almeno nelle sue componenti principali.

Anche qui nei comuni piccoli viene eletto sindaco il candidato che ha ottenuto più voti, anche se in Sicilia i comuni piccoli sono considerati quelli fino a 10mila abitanti, anziché 15mila.

Allo stesso modo nei comuni maggiori il sindaco è eletto al primo turno solo se raggiunge la maggioranza assoluta. Altrimenti si procede a un secondo turno a cui accedono i due candidati che hanno ottenuto più voti che possono stringere accordi di apparentamento con liste che al primo turno avevano sostenuto un altro candidato. Anche in queste regioni è previsto il meccanismo della doppia preferenza di genere e alle liste vincitrici è attribuito un premio di maggioranza pari al 60% dei seggi, proprio come nel sistema nazionale.

Anche la Valle d’Aosta ha adottato un sistema simile (L.r. 4/1995), seppure con qualche differenza in più rispetto ai casi di Friuli-Venezia Giulia e Sardegna. Innanzitutto in questa regione a essere eletto direttamente non è solo il sindaco ma anche il vicesindaco. Inoltre non è previsto né il voto disgiunto né la possibilità di apparentamenti al secondo turno. Il sistema delle preferenze prevede un meccanismo di riequilibrio di genere ma differente. L’elettore infatti può esprimere fino a 3 preferenze e in quel caso almeno una deve essere attribuita a un genere diverso. Infine anche il premio di maggioranza attribuito alle liste collegate al candidato sindaco vincente è diverso rispetto alla disciplina nazionale e cambia a seconda che il sindaco vinca al primo o al secondo turno.

La legge regionale 2/2018 infine disciplina nello stesso testo, le diverse norme previste per le elezioni amministrative nelle province autonome di Trento e di Bolzano.

Nel caso della provincia di Trento le regole per i piccoli comuni si applicano solo a quelli con meno di 3mila abitanti. Per il resto il sistema è molto simile a quello nazionale pur non prevedendo la possibilità di voto disgiunto e applicando delle regole particolari agli apparentamenti al secondo turno. Le preferenze sono sempre 2 ma non è prevista la doppia preferenza di genere.

Le regole sull’apparentamento e il voto disgiunto sono le medesime anche nella provincia di Bolzano dove però l’elettore può esprimere fino a 4 preferenze, sempre senza necessità di distinguere per genere. Ma, mentre il meccanismo di elezione del sindaco è analogo a quello in vigore nel resto d’Italia, nel caso dei consiglieri si procede con metodo proporzionale senza che siano assegnati premi di maggioranza alle liste collegate al candidato sindaco risultato eletto.

 

Quasi 800 comuni al voto per le elezioni amministrative Bilanci dei comuni

Quasi 800 comuni al voto per le elezioni amministrative Bilanci dei comuni

Il voto di maggio vede protagonisti 793 amministrazioni comunali, di cui 17 capoluoghi di provincia e uno di regione. Si tratta di un appuntamento importante per la vita democratica, anche nei comuni più piccoli e periferici.

 

L’appuntamento per le elezioni amministrative è un momento importante per la vita delle comunità: gli elettori sono infatti chiamati a decidere i rappresentanti che definiranno le politiche pubbliche dei territori in cui vivono.

I sindaci e le loro giunte infatti rispondono alle esigenze più dirette della popolazione come ad esempio la gestione dei rifiuti e le politiche sociali di aiuto agli anziani o ai disabili.

Il rinnovo degli organi governativi comunali è fondamentale anche per i centri meno abitati e più isolati: le amministrazioni rappresentano per quei territori un punto di riferimento istituzionale forte per le comunità. Spesso l’unico, considerate anche le distanze dagli altri organismi di potere dello stato.

Le elezioni si svolgeranno per le regioni a statuto ordinario domenica 14 e lunedì 15 maggio, con un eventuale turno di ballottaggio fissato per domenica 28 e lunedì 29. Per le regioni a statuto speciale sono invece previste delle date specifiche.

Come funziona la legge elettorale per i comuni

Il processo prevede contestualmente sia l’elezione del sindaco che quella del consiglio. La disciplina che regola le elezioni comunali è però differente a seconda del numero di abitanti del comune. Sopra i 15mila abitanti è previsto un meccanismo di ballottaggio che si attua nel momento in cui non si raggiunge la maggioranza assoluta di voti (ovvero il 50% + 1). Al secondo turno, viene eletto sindaco chi ottiene il maggior numero di voti.

Ci sono leggi elettorali differenti a seconda del numero di abitanti del comune.

Per i comuni sotto i 15mila abitanti si prevede invece si dichiara eletto il sindaco che prende il maggior numero di voti e si procede al ballottaggio solo nell’eventualità di un pareggio. Nel caso in cui si presenti soltanto un candidato, vengono eletti sia il sindaco che i candidati consiglieri. I voti pervenuti devono però corrispondere almeno al 50% dei votanti che devono rappresentare almeno il 50% degli aventi diritto al voto.

Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome, invece, le norme che regolamentano le elezioni possono essere diverse.

Il voto di maggio interessa circa il 10% delle amministrazioni italiane. Queste elezioni coinvolgeranno territori in cui abitano all’incirca 7,2 milioni di residenti che compongono il 12% della popolazione italiana.

793 i comuni al voto per le elezioni amministrative 2023.

Non ci saranno capoluoghi di regione al voto.

Sono previste delle elezioni per un comune capoluogo di regione (Ancona) e si andrà alle urne in 17 capoluoghi di provincia: Brescia, Sondrio, Treviso, Vicenza, Udine, Imperia, Massa, Pisa, Siena, Terni, Latina, Teramo, Brindisi, Catania, Ragusa, Siracusa e Trapani.

Circa il 16% dei comuni che andranno al voto si trova in Sicilia. Sull’isola, infatti, si voterà in quasi la metà dei capoluoghi di provincia, per un totale di 128 comuni con le urne aperte. Seguono la Lombardia (106), la Campania (84) e il Piemonte (72). Le zone in cui ci saranno invece meno comuni sono la Basilicata (14), il Molise (14). l’Umbria (7) e i territori autonomi del Trentino-Alto Adige (3) e della Valle d’Aosta (1).

356 delle 793 amministrazioni conta una popolazione residente inferiore ai 3mila abitanti, quasi un comune su due. Seguono quelli compresi tra i 3mila e i 10mila abitanti (259) e tra 10mila e 50mila (150). Sono invece inferiori i numeri delle amministrazioni con una popolazione compresa tra 50mila e 100mila residenti (21) e oltre i 100mila (7). Il comune più popoloso è Catania con 293.902 abitanti mentre quello meno abitato è Bergolo, nella provincia di Cuneo.

Tutti i capoluoghi chiamati alle urne hanno una popolazione superiore ai 50mila abitanti ad eccezione di Imperia (42.322) e Sondrio (21.642). Sono invece 110 le amministrazioni con più di 15mila abitanti e che quindi andranno al ballottaggio.

Oltre alla dimensione demografica, è interessante vedere anche se i comuni presentano già dei servizi essenziali oppure la loro distanza da tali infrastrutture.

Per “servizi essenziali” si comprendono re parametri: un’offerta scolastica secondaria superiore completa (cioè almeno un liceo, un istituto tecnico e un istituto professionale), la presenza sul territorio comunale di almeno un ospedale sede di d.e.a. di primo livello e di una stazione ferroviaria almeno di tipo “silver”, termine che nella classificazione elaborata da Reti ferroviarie italiane individua quelle stazioni anche medio-piccole, ma con sufficiente passaggi di treni e frequentazione di passeggeri.

In base a questa categorizzazione, le prime tre classi sono comuni detti polo, polo intercomunale e cintura. All’interno del proprio territorio comunale, o di quello confinante, hanno la disponibilità dei servizi essenziali citati. Le altre tre classi, invece, rappresentano tutte insieme quelle che vengono definite “aree interne”. Si tratta dei comuni intermedi (20 minuti di distanza dal polo più vicino con il mezzo più veloce), periferici (40 minuti) e ultraperiferici (75 minuti).

Le aree interne sono i comuni italiani più periferici, in termini di accesso ai servizi essenziali (salute, istruzione, mobilità). Vai a “Che cosa sono le aree interne”

I comuni polo in cui ci saranno le elezioni sono 31 ma la maggior parte degli enti si trovano nelle aree di cintura (320). Nelle zone periferiche e ultraperiferiche si trovano rispettivamente 162 e 36 amministrazioni, circa 1 comune su 4.

Per poter fare delle scelte ponderate, è importante valutare le azioni delle amministrazioni uscenti sulla base di dati concreti rispetto a determinati ambiti della vita pubblica. Molte di queste azioni vengono definite nei bilanci dei comuni, i documenti contabili più importanti per questi enti locali. Questo è possibile grazie alla nostra piattaforma Openbilanci, che mette a disposizione la Banca dati amministrazioni pubbliche (Bdap). I dati sono direttamente scaricabili e consultabili

Foto: wikimedia

 

Dopo la pandemia non migliorano le condizioni degli stranieri Migranti

Dopo la pandemia non migliorano le condizioni degli stranieri Migranti

Nel 2021 le condizioni occupazionali ed economiche degli italiani sono lievemente migliorate rispetto al 2020. Lo stesso tuttavia non si può dire per gli stranieri, la cui situazione mediamente è peggiorata.

I cittadini stranieri costituiscono una componente fondamentale della forza lavoro del nostro paese. Per una serie di ragioni hanno subito più duramente le conseguenze della pandemia da un punto di vista lavorativo rispetto agli italiani – partendo già da condizioni più svantaggiate.

Dai nuovi dati relativi al 2021 Inps, Inail, Ocse, Istat, ministero del lavoro e Unioncamere, raccolti all’interno del nuovo rapporto annuale “Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia“, emerge che il lieve miglioramento delle condizioni economiche dopo la pandemia non ha riguardato le persone di nazionalità non italiana. Il tasso di occupazione è diminuito e l’incidenza della povertà assoluta è aumentata di quasi 4 punti percentuali.

La popolazione straniera in Italia nel 2021

Nel 2021 i cittadini di nazionalità estera costituiscono l’8,7% della popolazione italiana, con un aumento pari a 0,3 punti percentuali rispetto al 2020, quando ammontavano all’8,4%.

Tuttavia i non comunitari sono, nel complesso, leggermente diminuiti. Un calo che sembrerebbe imputabile alla riduzione del numero di permessi di soggiorno accordati, che tra 2017 e 2020 sono più che dimezzati.

3,4 milioni i cittadini extra-comunitari residenti in Italia nel 2021.

Il 28% di questi provengono comunque da paesi del continente europeo.

Per via della loro numerosità e anche della loro età, mediamente più bassa rispetto a quella dei cittadini italiani, gli stranieri costituiscono un elemento molto importante della forza lavoro del nostro paese. Specialmente in alcuni settori, come l’agricoltura (18%), le costruzioni (15,5%), la ristorazione (15,3%) o i lavori personali (34,3%).

I lavoratori stranieri durante e dopo la pandemia

Come evidenzia il reportgli immigrati subiscono maggiormente l’impatto delle crisi economiche, vivendo solitamente in condizioni lavorative meno stabili ed essendo mediamente più giovani. Nelle situazioni di crisi le discriminazioni diventano inoltre più frequenti, mentre cresce l’importanza delle reti di conoscenze, di cui gli immigrati dispongono in misura inferiore.

Per quanto riguarda la pandemia nello specifico, a queste variabili si aggiunge il fatto che gli stranieri incidono di più in alcuni settori che sono stati duramente colpiti, come quello alberghiero e della ristorazione.

La pandemia ha colpito sproporzionatamente i lavoratori stranieri.

Come abbiamo raccontato in un recente approfondimento, durante la pandemia il 35% delle persone che hanno perso il proprio impiego era di nazionalità estera. Pur costituendo essi il 10% della forza lavoro. Bisogna poi considerare che gli stranieri partivano già da condizioni lavorative più svantaggiate, in primis dal punto di vista retributivo, guadagnando mediamente il 13,8% in meno rispetto agli italiani.

Nonostante il forte impatto, nel 2021 l’occupazione ha visto una ripresa piuttosto significativa: +2,4% tra gli stranieri e +0,6% tra gli italiani. Parallelamente sono aumentate anche le persone in cerca di un impiego (+11,9% tra gli stranieri, +1,3% tra gli italiani) e sono diminuiti gli inattivi, che invece nel 2020 erano aumentati significativamente: rispettivamente -5,7% e -3,1%.

Tuttavia se guardiamo al tasso di occupazione, vediamo che il dato del 2021 è più basso rispetto a quello del 2020.

Fino allo scoppio della pandemia tra gli stranieri si registrava un tasso di occupazione più elevato rispetto agli italiani – nonostante il divario si fosse gradualmente ridotto tra 2018 e 2020. Nel 2021 invece questo rapporto si è invertito. Il tasso di occupazione degli italiani è salito al 58,3% (tuttavia senza ritornare ai livelli pre-pandemici), mentre quello degli stranieri è sceso al 57,8%, il livello più basso degli ultimi anni.

Anche le condizioni economiche peggiorano

Una dinamica simile si può riscontrare anche per quanto riguarda le condizioni economiche a livello familiare. Nel 2020 l’incidenza della povertà è aumentata in modo generalizzato, a causa della pandemia. Ma se nel caso dei cittadini italiani nel 2021 si registra un miglioramento, seppur lieve, nel caso degli stranieri invece la situazione è ulteriormente peggiorata.

+6,2 punti percentuali l’incidenza della povertà assoluta familiare tra gli stranieri, tra 2019 e 2021.

Tra il 2019 e il 2021 è aumentata l’incidenza della povertà assoluta, sia tra le famiglie italiane che non. Tuttavia se le prime hanno visto una parziale ripresa dopo la pandemia (dal 6% del 2020 al 5,7% del 2021), la situazione degli stranieri è invece peggiorata ulteriormente (dal 26,7% al 30,6%). Nel 2021 l’incidenza tra le famiglie di provenienza estera è oltre 5 volte maggiore a quella che si registra tra le famiglie italiane.

Foto: Ifrah Akhter – licenza

Cosa si intende per scostamento di bilancio

Cosa si intende per scostamento di bilancio

È una procedura attraverso cui il governo richiede di ricorrere all’indebitamento per finanziare alcune misure. Deve essere giustificata da eventi di eccezionale gravità ed autorizzata dal parlamento a maggioranza assoluta.

Definizione

La costituzione italiana, a seguito di una modifica introdotta nel 2012, impone allo stato il principio dell’equilibrio di bilancio. Sostanzialmente cioè, ogni spesa aggiuntiva deve essere compensata da un’entrata “propria” che la finanzi. Tuttavia in casi eccezionali, come l’emergenza da Covid-19 o l’esplosione della guerra in Ucraina con i suoi effetti negativi anche in termini economici, è possibile sospendere momentaneamente l’applicazione di questa regola. In questi casi infatti è possibile ricorrere all’indebitamento al fine di compensare gli effetti dei cicli economici negativi. Si parla a questo proposito di scostamento di bilancio.

Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.

In base a quanto disposto dall’articolo 6 della legge 243/2012, gli eventi in cui è possibile ricorrere allo strumento dello scostamento di bilancio sono sostanzialmente di due tipologie: 

  • periodi di grave recessione economica relativi anche all’area dell’euro o all’intera Unione europea; 
  • eventi straordinari, al di fuori del controllo dello stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del paese.

La richiesta di autorizzazione allo scostamento di bilancio deve essere presentata dal governo al parlamento successivamente a un confronto con la commissione europea. Le camere si esprimono quindi su una relazione predisposta dall’esecutivo in cui viene indicato l’ammontare e la durata dello scostamento oltre alle finalità alle quali si intendono destinare le risorse. La relazione inoltre deve contenere gli aggiornamenti degli obiettivi programmatici di finanza pubblica e il piano di rientro verso l’obiettivo programmatico. La cui durata sarà commisurata alla gravità dell’evento che ha portato alla richiesta di autorizzazione allo scostamento.

Lo scostamento di bilancio è autorizzato se ottiene l’approvazione a maggioranza assoluta (cioè il 50%+1 dei componenti l’organo) di entrambe le camere.

Dati

In base a quanto riportato dal centro servizi della camera, nel corso della XVIII legislatura (2018-2022) le richieste di scostamento di bilancio sono state 12 in totale. Due di queste (una nel 2018 e una nel 2019) risalgono al periodo precedente la pandemia. Altre 8 invece sono state presentate espressamente per contrastare gli effetti del Covid. Negli ultimi 2 casi invece viene fatto riferimento alla delicata situazione internazionale innescata dalla guerra tra Russia e Ucraina. In molte occasioni la richiesta di scostamento di bilancio ha accompagnato la presentazione di Def e Nadef al parlamento.

A queste si aggiungono le 2 presentate dal governo Meloni attualmente in carica. La prima risale al novembre del 2022 e prevedeva in particolare interventi per il contrasto al caro-energia. La seconda invece, presentata nell’aprile del 2023, era stata giustificata con la necessità di finanziare il taglio al cosiddetto cuneo fiscale sul lavoro dipendente.

14 gli scostamenti di bilancio autorizzati dal 2018 a oggi.

Non è semplicissimo riuscire a valutare l’impatto che ogni singola richiesta di scostamento ha sul debito pubblico italiano. Ciò perché la richiesta si può “spalmare” anche su più annualità. Inoltre anche il piano di rientro prevede un percorso molto lungo. 

In base alle elaborazioni del servizio bilancio dello stato è possibile avere una stima dell’impatto che le richieste di scostamento presentate tra il marzo 2020 e il settembre 2022 hanno avuto in termini di indebitamento netto dello stato. Dato che la richiesta di scostamento può “spalmarsi” anche su più anni e che gli orizzonti temporali sono diversi, il grafico sottostante riporta l’andamento stimato dell’indebitamento netto complessivo con il relativo piano di rientro fino al 2034.

Nel 2020, anno dell’esplosione della pandemia, l’indebitamento netto dovuto alle richieste di scostamento di bilancio ammontava 108,3 miliardi di euro. Tale numero va in progressiva diminuzione fino a toccare i 40,4 miliardi di euro nel 2034.

Ovviamente bisogna sempre tenere presente che tale andamento è frutto di una stima e che eventuali altre nuove richieste di scostamento potrebbero intervenire a modificare il quadro nel frattempo.

Analisi

Il ricorso all’indebitamento per finanziare le politiche pubbliche rappresenta una dinamica che è tenuta particolarmente sotto osservazione dalle istituzioni europee. A maggior ragione per quegli stati con un debito pubblico consistente, come l’Italia. Dopo il caso della crisi greca esploso nel 2009, i controlli da questo punto di vista sono diventati ancora più stringenti.

Le richieste di scostamento devono essere giustificate da eventi di eccezionale gravità.

Per questo la richiesta di maggiore indebitamento deve essere sempre accompagnata anche dall’aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo di medio termine (Omt) individuato per ciascuno stato membro ai sensi del patto di stabilità e crescita (Psc). L’Omt è il valore del saldo strutturale di bilancio individuato sulla base dei criteri stabiliti dalla commissione europea. Ai sensi del Psc, ciascuno stato membro deve raggiungere o mantenere il proprio Omt, oppure seguire un percorso di avvicinamento a esso. Questo obiettivo è diverso per ciascun paese Ue ed è determinato sulla base del potenziale di crescita, del livello del debito e delle passività implicite della sua economia.

Con l’esplosione della pandemia da Covid-19 il patto di stabilità è stato sospeso. Questo aveva permesso a tutti i paesi di ricorrere all’indebitamento in maniera più flessibile per sostenere la propria economia in un periodo di grave crisi. A partire dal 2024 però le restrizioni torneranno in vigore. Anche se attualmente è in corso a livello comunitario un processo di revisione del Psc.

Un ultimo elemento da sottolineare riguarda il fatto che le richieste di nuovo indebitamento devono essere prima concordate con la commissione europea. E successivamente approvate dal parlamento con una maggioranza qualificata. 

Nel caso della richiesta di scostamento presentata dal governo Meloni nell’aprile scorso, tale maggioranza non è stata raggiunta in prima battuta a causa dell’assenza contemporanea di molti esponenti della coalizione di centrodestra. Motivo per cui il governo si è visto costretto a riapprovare rapidamente il documento e a ripresentarlo alle camere per una nuova deliberazione.

 

Quanto tempo serve per raggiungere la scuola dai comuni più isolati #conibambini

Quanto tempo serve per raggiungere la scuola dai comuni più isolati #conibambini

Oltre 140mila giovani tra 6 e 18 anni vivono in un comune che dista almeno 60 minuti dalla città polo più vicina. Per quasi 20mila di loro la distanza supera l’ora e mezzo. Approfondiamo la raggiungibilità delle scuole da questi territori più remoti.

 
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L’Italia ha un territorio morfologicamente molto articolato, che in molte aree del paese significa tempi di percorrenza anche molto lunghi per raggiungere il centro più vicino.

Ciò incide sulla vita quotidiana di famiglie e studenti, ed è anche una delle cause del progressivo spopolamento di intere aree del paese. Raggiungere i servizi, in particolar modo quelli educativi e scolastici, può essere più difficile in questi territori. Rendendo più concreto anche il rischio di dispersione e di abbandono precoce della scuola.

Sono 182 i comuni polo nel nostro paese, le città con maggiore disponibilità di servizi. Si tratta di centri dove è presente, contemporaneamente, un’ampia offerta scolastica superiore (almeno un liceo e almeno un istituto tecnico o professionale), nonché servizi sanitari e di trasporto ferroviario.

A essi si aggiungono 59 poli intercomunali, gruppi di comuni che presi complessivamente offrono questi servizi, per un totale di 241 poli. Il tempo per raggiungerli è molto variabile sul territorio nazionale.

Oltre 600 comuni, pari all’8,3% del totale, si trovano ad almeno un’ora di distanza dal polo più vicino.

In questi comuni vivono poco meno di 1,28 milioni di abitanti, il 2,2% dei residenti in Italia. Di questi, 185mila sono minorenni, mentre 144mila hanno tra 6 e 18 anni, in età di obbligo formativo.

Decine di migliaia di ragazze e ragazzi per cui il tema dei trasporti e della possibilità di spostarsi è centrale. Tanto per andare a scuola, quanto per la vita di tutti giorni. A maggior ragione nei 62 comuni dove per raggiungere il polo più vicino si impiega almeno un’ora e mezzo. Territori in cui vivono oltre 25mila minori e poco meno di 20mila bambini e ragazzi tra 6 e 18 anni.

19.805 i 6-18enni che vivono in aree ad almeno 90 minuti dal polo più vicino.

I comuni più distanti sono spesso realtà isolane: Lampedusa e Linosa, a oltre 5 ore da Agrigento, Pantelleria (quasi 2 ore e mezzo da Mazara del Vallo), Marciana, sull’isola d’Elba, a oltre 2 ore Grosseto.

Seguono numerosi comuni del nuorese (come Triei, Baunei, Ussassai, Lotzorai, Girasole, Tortolì e diversi altri a più di 100 minuti), nonché altri nelle province di Sondrio (Livigno, 108,4 minuti dal capoluogo), Salerno, Bolzano, nelle isole di Ustica e d’Elba, nel potentino.

In provincia di Nuoro, quasi il 72% dei residenti tra 6 e 18 anni abita in un comune ad almeno 60 minuti di percorrenza verso il polo più vicino. Ciò è dovuto al fatto che il capoluogo, nell’ultima revisione della metodologia, non è più classificato come polo e si trova a 61,8 minuti dal centro più vicino, Oristano.

(…) ci sono 4 città capoluogo di provincia (Isernia, Matera, Enna e Nuoro) il cui livello di servizi offerti è insufficiente alla loro classificazione statistica come Polo e che, pertanto, risultano classificate in modo differenziato a seconda della loro distanza dal Polo più prossimo.

L’altra provincia con più studenti che vivono in comuni con tempi di percorrenza superiori all’ora è Caltanissetta: 44% dei giovani tra 6 e 18 anni.

Lo stato dei trasporti verso i poli con più minori distanti

In Italia poco meno del 90% delle scuole sono raggiungibili con mezzi pubblici (87,9% nell’anno scolastico 2020/21). Quasi il 44% degli edifici è raggiunto nello specifico dal trasporto pubblico interurbano.

43,9% edifici scolastici raggiungibili con il trasporto pubblico interurbano (a.s. 2020/21).

Per approfondire la raggiungibilità delle scuole situate nei poli dai comuni più remoti, la prima cosa da fare è individuare quali comuni polo sono baricentrici per il maggior numero di giovani tra 6 e 18 anni.

10 comuni polo che sono associati a territori dove più giovani vivono in comuni collocati a oltre un’ora di distanza sono nell’ordine Eboli, Ragusa, Bolzano, Oristano, Cagliari, Brescia, Olbia, Foggia, Catania e Sondrio.

Dal punto di vista dimensionale, si va da Eboli, nel cui “circondario” vivono circa 60mila bambini e ragazzi in età scolastica e formativa (di cui quasi 15mila in comuni a oltre 60 minuti da Eboli stessa: 1 su 4), a Sondrio, città baricentrica per un’area che non coincide con la provincia omonima, essendo estesa anche a parti del bresciano. Il capoluogo valtellinese è baricentrico per quasi 20mila 6-18enni della zona, di cui 4.500 circa in comuni ad almeno un’ora dal centro principale.

Il livello dei collegamenti scolastici è molto variabile tra i 10 poli delle aree con più studenti a oltre un’ora di distanza. Nel comune di Oristano, in Sardegna, tutti gli edifici scolastici risultano raggiunti da almeno un mezzo di trasporto pubblico e il 75,7% da quello interurbano.

Per quanto riguarda i collegamenti con il trasporto interurbano, seguono Olbia e Sondrio. Città dove quasi due terzi degli edifici scolastici ha una fermata entro 500 metri. Poco sotto Cagliari (57,1%).

Seguono Eboli (50%) e Brescia (42,9%), mentre non raggiungono la soglia del 40% tre città del sud: Catania (35,4%), Foggia (33,3%) e Ragusa (30,4%). Quote quindi piuttosto lontane dalla media nazionale del 43,9%.

Se si considerano tutti i mezzi di trasporto alternativi all’auto, ne sono raggiunti almeno il 90% degli edifici scolastici in tutti i comuni considerati. Un valore superiore alla media nazionale pari all’87,9%. Fanno eccezione solo Eboli (58,3%) e Ragusa (34,8%).

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati sugli edifici scolastici, pubblicati sul portale open data del ministero dell’istruzione, sono forniti dagli enti locali proprietari o gestori degli edifici adibiti ad uso scolastico. Sono stati messi in relazione con quelli sulla classificazione per aree interne tempi di percorrenza, di fonte Agenzia per la coesione territoriale. Dati sugli edifici non disponibili per il Trentino Alto Adige.

Foto: PORTOBESENO – Licenza

 

San Pietrelcina Nolasco

 

San Pietro Nolasco


San Pietro Nolasco

autore: Alonso Miguel de Tobar anno: 1872 titolo: San Pedro Nolasco inginocchiato davanti alla Vergine della Misericordia luogo: Museo del Prado
Nome: San Pietro Nolasco
Titolo: Fondatore dei Mercedari
Nascita: anno 1189, Carcassone (Francia)
Morte: 25 dicembre 1256, Barcellona
Ricorrenza: 6 maggio
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Canonizzazione:
1628, Roma, papa Urbano VIII
S. Pietro Nolasco nacque da nobile famiglia a Recaud presso Carcassone in Francia l’anno 1189 e, fin da fanciullo si distinse per la singolare carità che aveva verso il prossimo. Si ebbe un presagio di queste virtù allorchè, piangendo ancor bambino nella culla, uno sciame d’api volò sopra di lui e costruì un favo di miele nella sua destra. Fu allevato nella casa paterna con molte cure, avendo perduto il padre in età di quindici anni, continuò a vivere sotto la direzione di sua madre, che non potè mai risolversi a rimaritarsi, decisa come era di consacrarsi alla cura del figliuolo ed al servizio di Dio.

Pietro rimase per qualche tempo al servizio di Simone Conte di Montefort della Crociata contro gli Albigesi. Dopo la celebre battaglia di Muret, nella quale Pietro Re d’Aragona perdette la vita, il Conte, impietosito della sventura e della debolezza del giovane Jacopo rimasto suo prigioniero in età di sette anni, credette di non potergli prestare servizio migliore che dargli Pietro Nolasco per suo precettore. Santo soddisfece all’impegno nella maniera più perfetta. Il giovane re gli diede tutta la sua stima e confidenza, e Pietro se ne servì per riformare la Corte con la santità dei suoi costumi. La devozione alla Vergine e la carità verso i Cristiani fatti prigionieri sotto i Mori furono le due virtù caratteristiche del nostro Santo.

Fondò l’Ordine di Santa Maria della Mercede per la redenzione degli schiavi (confermato poi ed approvato dalla Sede Apostolica), al quale, oltre i tre soliti voti di povertà, castità ed obbedienza, aggiunse il quarto d’impegnare cioè i beni ed anche le proprie persone, qualora fosse necessario, alla redenzione degli schiavi. Pietro stesso venne eletto Primo Generale di questo Ordine nuovo, che governò finchè visse con molta prudenza e rettitudine. Benedisse il Signore talmente questo novello istituto, che venivano ad abbracciarlo folle non solo di popolani, ma anche di nobili, che offrivano se stessi c i loro beni per la redenzione degli schiavi. Così fino dai primi anni ne fu riscattato un gran numero non solo nella Spagna, ma anche nell’Africa, dove San Pietro si recò più volte in persona con grandi stenti, fatiche e perfino pericoli della vita.

La fama della sua santità giunse sino in Francia alle orecchie del Re S. Luigi, il quale desiderò di vedere e di abboccarsi con Pietro Nolasco. Questi pure bramava da parte sua di conoscere un principe di tanta virtù e singolare pietà: onde, presa l’occasione di un viaggio, che il Re S. Luigi fece nella Linguadoca, il Santo vi si recò per visitarlo, e dimorò qualche tempo presso di lui con estremo giubilo e contentezza del Santo Re, il quale gli comunicò il suo disegno di andare con un’armata in Levante a liberare quei cristiani dal barbaro giogo degli infedeli e lo invitò a tenergli compagnia. Accettò Pietro con immensa gioia quell’invito: ma ne fu impedito da una fastidiosa infermità che lo colpì e lo fece soffrire fino alla morte.

S. Pietro rifulse meravigliosamente nella castità illibata, nell’umiltà, nell’astinenza e in ogni altra virtù. Celebre per il suo dono di profezia, predisse cose future, tra cui la più famosa fu, che il Re Giacomo avrebbe ripreso Valenza, occupata dai Mori. Era consolato da frequenti apparizioni dell’Angelo Custode e della Vergine Madre di Dio. Infine indebolito dalla vecchiaia, cadde malato e si ridusse in fin di vita. Dopo aver esortato i suoi confratelli alla carità verso gli schiavi, munito dei santi sacramenti, rese lo spirito a Dio a mezzanotte della vigilia della Natività del Signore l’anno 1250. Fu canonizzato da papa Urbano VIII nel 1628. Alessandro VII ordinò di celebrare la festa il 31 di gennaio e papa Pio XI la trasferì al 28 di gennaio e attualmente è commemorato nel martirologio romano il 6 maggio.

PRATICA. Mandiamo un’offerta per la redenzione dei peccati

PREGHIERA. Santa Maria della Mercede pregate per noi

MARTIROLOGIO ROMANO. San Piétro Nolàsco Confessore, Fondatore dell’Ordine della beata Vergine Maria della Mercéde per la redenzione degli schiavi: si addormentò nel Signore il venticinque Dicembre.

ICONOGRAFIA

Nell’iconografia San Pietro Nolasco viene spesso raffigurato inginocchiato davanti la Vergine Maria contornata da angeli e in abbigliamento da mercedario con un saio bianco, come nella tela di Francisco de Zurbarán.

Apparizione della Vergine a San Pietro Nolasco

titolo Apparizione della Vergine a San Pietro Nolasco
autore Zurbarán anno 1628-1630

Sempre il grande Francisco de Zurbarán eseguì altre due tele di notevole pregio commissionate dai Mercedari per l’Abbazia della Merced Calzada l’anno dopola canonizzazione di Pietro Nolasco da parte di papa Urbano VIII. La prima tela mostra la visione di Nolasco che sogna la Gerusalemme celeste dal Libro dell’Apocalisse, mostrata in alto a sinistra e indicata da un angelo alla sua destra.

La visione di san Pietro Nolasco

titolo La visione di san Pietro Nolasco
autore Francisco de Zurbarán anno 1629

La seconda tela Mostra Pietro Apostolo crocifisso capovolto che appare a Pietro Nolasco che riscattò gli schiavi cristiani dai proprietari musulmani durante il periodo della Riconquista nella storia spagnola. Quando gli fu impedito di fare un viaggio sperato a Roma per visitare la tomba di San Pietro, ricevette una visione consolatoria da San Pietro che lo istruiva a convertire la Spagna.

San Pietro apostolo appare a san Pietro Nolasco

titolo San Pietro apostolo appare a san Pietro Nolasco
autore Francisco de Zurbarán anno 1629

San Pietro viene spesso raffigurato durante i suoi momenti più importanti come quando impartisce la carità ai prigionieri cristiani sempre col saio da mercedario.

San Pietro Nolasco e i prigionieri cristiani

titolo San Pietro Nolasco e i prigionieri cristiani

Ma viene anche riprodotto nella sua figura classica di membro dell’ordine dei mercedari con il vessillo dei mercedari.

San Pietro Nolasco

titolo San Pietro Nolasco

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Domande Frequenti

  • Quando si festeggia San Pietro Nolasco?

  • Quando nacque San Pietro Nolasco?

  • Dove nacque San Pietro Nolasco?

  • Quando morì San Pietro Nolasco?

  • Dove morì San Pietro Nolasco?

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