Archivi giornalieri: 26 maggio 2023

I profughi ucraini a 15 mesi dall’inizio della guerra Migranti

I profughi ucraini a 15 mesi dall’inizio della guerra Migranti

Per accogliere i profughi provenienti dall’Ucraina sono state prese misure senza precedenti: un sistema di protezione temporanea e un nuovo modello di accoglienza. Quest’ultimo non ha funzionato al meglio, ma può essere una strada futura da percorrere.

 

Degli 8,3 milioni di rifugiati ucraini presenti in Europa, circa 5 milioni hanno ricevuto la protezione temporanea. Una forma di asilo che negli ultimi 20 anni non era mai stata implementata per altre categorie di profughi.

L’Italia ha inoltre avviato un modello di accoglienza del tutto nuovo, basato sul ricorso alla pratica dell’accoglienza diffusa e al contributo di sostentamento. Il secondo ha funzionato meglio della prima e pertanto il sistema ha sicuramente dei margini di miglioramento.

Ciononostante, si tratta di due esempi di una chiara volontà di accogliere, che non si è manifestata per i rifugiati provenienti da altri paesi altrettanto vessati da guerre e conflitti. Ma che potrebbe in futuro rappresentare un nuovo modello di accoglienza.

I profughi ucraini in Europa e il sistema di asilo temporaneo

Secondo le stime dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), sono più di 8 milioni i profughi ucraini che si trovano in Europa. L’alto commissariato rileva inoltre quasi 22 milioni di attraversamenti in uscita dal paese dal 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione russa in Ucraina, al 16 maggio scorso. È doveroso evidenziare che si tratta di singoli movimenti e non di persone. Perché in questi 15 mesi sono molti ucraini usciti, rientrati e nuovamente fuggiti dal paese.

Oltre 5 milioni di ucraini in Europa hanno ottenuto la protezione temporanea prevista dalla direttiva europea 2001/55/Ce. Si tratta di un provvedimento entrato in vigore dopo le guerre nei Balcani, di fronte al forte flusso di profughi di quelle zone, e riattivato nel 2022 per la prima volta dopo 20 anni. Tale direttiva, che non è stata applicata nel caso di altri, ugualmente tragici conflitti che hanno generato milioni di profughi, come la guerra in Siria o quella in Afghanistan, crea un sistema di asilo temporaneo specificamente per i cittadini e le cittadine ucraine.

L’accoglienza in Italia ha forti criticità e anzi si tende a stringere le maglie sempre di più. Quando invece il caso ucraino dimostra, al di là di tutto, che funziona accogliere, rendere autonomi. Questo nonostante i profughi ucraini siano in numero decisamente superiore rispetto agli atri richiedenti asilo e rifugiati.

5.124.575 gli ucraini che hanno ricevuto la protezione temporanea (al 16 maggio 2023).

La Polonia è il primo paese Ue per numero di ucraini titolari di protezione temporanea (1,6 milioni di persone, per il 31,2% del totale). Seguono la Germania e la Repubblica Ceca con cifre superiori al mezzo milione.

L’Italia, con circa 175mila, è al sesto posto. Le regioni che hanno ricevuto più rifugiati di nazionalità ucraina sono state la Lombardia (circa 32mila, il 18% del totale), l’Emilia-Romagna (20.555 persone) e la Campania (18.278).

Come è stata gestita l’accoglienza degli ucraini in Italia

Il governo italiano ha dichiarato lo stato di emergenza per la guerra in Ucraina il 25 febbraio 2022, il giorno successivo all’invasione russa. Dalla fine del 2022 lo ha prorogato prima al 3 marzo 2023 e infine al 31 dicembre dello stesso anno.

Due nuove misure: accoglienza diffusa e contributo di sostentamento.

Lo stato di emergenza ha visto una attivazione di tutto il sistema di accoglienza italiano per gestire i flussi di rifugiati provenienti dall’Ucraina. Si sono predisposti nuovi posti nei centri, sia Cas che Sai, e si è ricorso allo strumento della cosiddetta “accoglienza diffusa” (introdotta dal dl 21/2022), che ha visto il coinvolgimento di comuni, terzo settore e privato sociale (enti religiosi, centri di volontariato e altri). A queste misure si è aggiunto infine il contributo di sostentamento. Ovvero un assegno di 300 euro mensili per ogni cittadino ucraino titolare di protezione temporanea che abbia trovato una sistemazione autonomamente, più 150 euro per ogni minorenne. Un contributo erogato per massimo 90 giorni. Due sostanziali novità dell’accoglienza dei profughi.

Pochi ucraini hanno scelto il sistema di accoglienza. La principale ragione è che, pur essendo un paese di recente immigrazione verso l’Italia, quella ucraina era nel 2021 la quarta nazionalità extra-Ue più rappresentata nel nostro paese.

Disponendo quindi di una rete di conoscenze più forte, spesso si sono affidati a questa piuttosto che alla normale accoglienza. Come riporta il centro studi Idos, dei profughi ucraini arrivati nei primi sei mesi dall’invasione russa, appena il 20% è stato accolto tramite il sistema istituzionale. Un fatto imputabile anche al fallimento del sistema di accoglienza diffusa, che ha visto una serie di ostacoli burocratici.

La maggior parte dei profughi ucraini presenti nel nostro paese ha quindi trovato autonomamente una sistemazione e ha percepito il contributo di sostentamento. Si tratta della principale modalità con cui l’Italia ha, alla fine, gestito l’accoglienza degli ucraini.

Nella provincia di Napoli si sono registrate quasi 8mila richieste. Seguono altre due città molto popolose: Roma e Milano, entrambe con oltre 6mila richieste. A livello regionale invece, al primo posto si trova la Lombardia (quasi 24mila richieste), seguita dalla Campania e dall’Emilia-Romagna (entrambe con poco meno di16mila).

Se invece analizziamo i dati in rapporto alla popolazione residente, al primo posto c’è Rimini (718 richiedenti ogni 100mila abitanti), seguita da Novara (515).

Nonostante le difficoltà che ha incontrato l’accoglienza diffusa, il sistema con cui l’Italia ha gestito l’accoglienza degli ucraini può essere un esempio per il futuro. Si tratta infatti di un sistema che ha aiutato migliaia di persone in poco tempo valorizzando inoltre l’autonomia dei profughi stessi, permettendo loro di trovarsi un alloggio da soli. Come evidenzia Idos, tale modello potrebbe essere esteso anche ai profughi di altre nazionalità, che come denunciamo ormai da anni vengono accolti in un sistema che mostra quotidianamente tutte le sue forti criticità.

Foto: Andrea Mancini

 

Nanni Moretti, palma in alto

Nanni Moretti, palma in alto

 
 ROBERTO SILVESTRI – CANNES 

Nanni Moretti, palma in alto
ROBERTO SILVESTRI – CANNES

Ha fatto bene Nanni Moretti ad alzare le braccia e a stringere i pugni in segno di vittoria, come fosse Sotomajor. Il cinema non è sport, ma questa volta è stato davvero il migliore. Cronometricamente, nella misura raggiunta, nel gioco di squadra, per canestri realizzati, come evoluzione tecnica. Se Cannes fosse “salto in alto” lui è il primo che abbandona la sforbiciata della rumena Balasz per passare allo scavalcamento ventrale di John Thomas e Valerij Brumel…Non deve ringraziare, però, un solo uomo invece della giuria, Moretti. E’ tutto merito suo e del suo gruppo creativo, non del “cinema italiano” e non di Berlusconi, il trionfo. Come Haneke non deve ringraziare Haider, da lui molto combattuto, per i tre premi ricevuti, per la sua sonata acida un po’ troppo lacché dei francesi, e a mostrare una giuria conflittuale nella quale non bastava all’ex autarchico un amico e discepolo (Mimmo Calopresti) per vincere in tutta tranquillità.
La palma d’oro a Cannes, riconquistata da La stanza del figlio, tanti anni dopo L’albero degli zoccoli di Olmi, vendicando Tornatore e Benigni che solo Hollywood avrebbe poi risarciti, è andata al film che ha ricevuto il consenso quasi plebiscitario del pubblico e della critica e l’approvazione a maggioranza della giuria. Certo, si può essere asincronici, e trovare la forma narrativa decronologica sperimentata da Lynch, Straub-Hillet e Godard più fertile, e polemizzare come fa “Liberation” perché mancava in gara il francese Trouble every day di Claire Denis, ancora più duro e dolce della cosa di Moretti.Però. Mai premio è stato accolto con tanto entusiasmo tra gli addetti ai lavori, e sono 22 anni che ne siamo testimoni, e – a differenza del successo di un altro primo della classe, Lars von Trier – mai erano stati chiamati al finale di coppa della Croisette film produttivamente, stilisticamente e filosoficamente così simili. E anche piacevoli, rispetto a passerelle d’essai più estenuanti e ombelicali. Lo diceva Spielberg: i premi ai film, che controsenso! Però mi piacerebbe confrontarmi con i miei colleghi solo sulla base di uno stessa ossessione tematica, per esempio l’esodo, o la mutazione biologica o…l’elaborazione del lutto. E, quasi scontato, il primo festival del nuovo millennio ha trattato proprio questo argomento. A millennio morto. Il dolore che provoca la fine del grande sogno, quando non solo gli strumenti per il cambiamento del mondo, ma la voglia stessa della transizione comunista deperiscono. Pensiamo alle opere di Moretti, De Oliveira, Sokurov, Recha, Kore-eda, Tsai Ming Liang, Sean Penn, Omirbaev, Hou Hsiao Hsien. E il dolore dell’immagine che muore risucchiata dal visivo virus televisivo (i media francesi, a Cannes, cercavano un antidoto alla diabolica ipnosi di massa provocata da “Loft Story”, cioé dallo shockante “Il grande fratello” transalpino); e a questo lutto che separa i sopravvissuti, sottolineato dal baratro generazionale nel rapporto genitori/figli, genitori/figlie, adulti/teenager (The pledgeLa pianistaDesert Moon).
“Non solo i film di Cannes parlano della stessa cosa nello stesso tempo – scrive giustamente Liberation – ma oltretutto tendono sempre più a somigliarsi”. Già. Il festival di Cannes è il festival di Studio Canal e del nuovo mostro mediatico franco-americano Vivendi (che proprio ieri s’è comprato il gigante musicale on line Mp3). Ed è anche su questo terreno che Moretti ha regolato i suoi simili, film tutti cofinanziati dalla Francia, dai Lynch ai Godard, dagli Haneke ai Makhmalbaf, dai Kore-eda ai Coen, dagli inuit ai bosniaci…Certo che ha vinto la Francia. Giocava solo lei (i trucchi e la combine, l’alterazione della performances nell’epoca dell’economia-mondo, sono altre cose che il cinema ha in comune con lo sport..).
Ma cosa aveva di speciale il film di Nanni? Ha costruito un’esperienza cinematografica inusuale. Con poco. E secondo la ricetta dimenticata dei film di Rossellini e di De Sica che ha raccontato Scorsese nel magnifico Il mio viaggio in Italia. La leggerezza e precisione cronometrica del tocco. Ha fabbricato un denso grumo emozionale che va al di là della commozione e anche al di là della “stanza del figlio” e della “stanza buia del cinema”. Ha toccato il pubblico, nonostante quel clima irritante da “bobos” di provincia, da famigliola diesse. Lo ha fatto indicando brechtianamente, cioè criticamente, forma e sostanza dell’espressione. Ha costruito uno spettacolo di devastante potenza, annichilendo gli stessi modi di produzione del cinema ipnotico e coinvolgente, distanziandoci con la semplicità della passione autentica dalla “trappola di luce vellutata”. Non di politica, ma di cinema del piacere Moretti parlava quando ha attaccato furiosamente Bertinotti, come Robert Downey jr. avrebbe fatto con Nader. Non fa che parlare di Bertinotti da quando girò in super 8 La sconfitta, appunto. Satira della nuova sinistra che si mette a pensare e a agire peggio della vecchia, inebriandosi di parole autocelebrative che si ancorano a realtà defunte, scomparse. Mentre il nostro psicoanalista si assume la colpa del suo delitto. Aver voluto uccidere anti-edipicamente il figlio. E muore come psicoanalista. Rinascendo altro. Non rifondando mai più la psicoanalisi. Né rubando più fossili.

La tutela della biodiversità per la crescita del “polmone verde d’Europa” Osservatorio Abruzzo

La tutela della biodiversità per la crescita del “polmone verde d’Europa” Osservatorio Abruzzo

Proteggere la biodiversità è fondamentale per la vita di tutti gli esseri viventi, compreso l’uomo. In Abruzzo, regione dei parchi, i cittadini sono preoccupati per il futuro dell’ambiente. Un aspetto cruciale su cui si baseranno anche gli investimenti del Pnrr.

 

Proteggere l’ambiente e la biodiversità è ormai una priorità, alla luce dei violenti cambiamenti climatici in corso. Anche in Abruzzo la preoccupazione dei cittadini è molta, considerando che la regione “polmone verde d’Europa” fa della ricchezza naturale uno dei suoi punti di forza, anche in vista degli investimenti previsti dal piano di ripresa e resilienza (Pnrr).

Il concetto di biodiversità non si riferisce esclusivamente alla diversità delle creature che abitano il pianeta, ma indica anche quanto questa diversità sia fondamentale per la vita di tutti gli esseri viventi, compresi gli umani. Senza i sistemi che scaturiscono da essa, infatti, molte risorse naturali su cui contiamo non esisterebbero. Per questo la minaccia alla biodiversità rappresenta una minaccia all’uomo.

La biodiversità può essere definita come la ricchezza di vita presente sulla terra: i milioni di piante, animali e microrganismi, i geni che essi contengono, i complessi ecosistemi che essi costituiscono nella biosfera.

La tutela efficace di questi sistemi porta a numerosi risvolti positivi per l’ambiente e per l’uomo. Come sostenuto da Ispraciascuna specie ha un ruolo specifico all’interno dell’ecosistema in cui vive e contribuisce a mantenerne gli equilibri vitali.

Non è un caso, infatti, che l’8 febbraio scorso sia stata approvata una modifica costituzionale che ha permesso di inserire la tutela ambientale all’interno della costituzione.

La preoccupazione dei cittadini abruzzesi

Si tratta di un fenomeno che va strettamente monitorato. Basti pensare che secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), più di 40mila specie in tutto il mondo rischiano l’estinzione, il 28% di tutte quelle registrate dall’organizzazione (circa 142mila).

Misurare le perdite di specie viventi è essenziale per prevenirne altre.

Negli anni la sensibilità delle comunità sul tema è aumentato. Nel 2019, infatti, il 22,9% degli italiani dichiarava che la perdita della biodiversità fosse una delle cinque preoccupazioni prioritarie in ambito ambientale. Questo dato è aumentato fino al 24,3% nel 2020, arrivando al 25,7% nel 2021.

 

Il 28,4% degli abruzzesi si dichiara preoccupato per l’estinzione di specie animali e vegetali, più di tre punti percentuali rispetto alla media nazionale. L’Abruzzo risulta la quinta regione in Italia in cui questo problema è più sentito, ed è la prima tra quelle del sud.

L’Abruzzo è il polmone verde d’Europa.

D’altro canto parliamo di un territorio ricco di diversità naturali. È la regione con la maggior presenza di parchi e di aree protette in Italia. Questo primato la rende anche la maggiore area naturalistica d’Europa. La biodiversità vegetale abruzzese costituisce un patrimonio da tutelare, per il quale è nato recentemente un centro di conservazione. Sono presenti all’interno della regione numerose specie endemiche e non. Alcune non sono in pericolo di estinzione altre invece sono a rischio. Ad esempio, lo stato dell’aquila reale è stabile ma non si può dire lo stesso del lupo o del camoscio appenninico, entrambe considerate specie vulnerabili. In pericolo critico è invece l’orso bruno marsicano, la cui popolazione è di circa 40 individui ed è concentrata principalmente all’interno del parco nazionale Abruzzo, Lazio e Molise. Per quanto questa specie sia protetta dal 1939, le uccisioni illegali sono ancora una minaccia concreta. Sono cruciali le azioni volte alla tutela degli ecosistemi, che devono essere supportate da continui monitoraggi.

Il tema è talmente attuale che risulta complesso individuare un singolo ambito di intervento del Pnrr che parli nello specifico di biodiversità.

Gli investimenti nel Pnrr

Nel documento principale del Pnrr il governo ha scelto di dare un’interpretazione estensiva del concetto di biodiversità. Sono moltissime le misure del Pnrr che, in via diretta o indiretta, si stima potrebbero almeno potenzialmente avere ricadute positive su questo fronte. Da quelle volte ad adottare una mobilità più sostenibile, a quelle per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, dalla promozione del turismo lento fino alla ricerca.

Nel Pnrr il concetto di biodiversità si ritrova trasversalmente in diverse missioni.

Per circoscrivere il campo di analisi abbiamo quindi selezionato, senza pretesa di completezza, quegli interventi in cui il Pnrr fa esplicito riferimento alla biodiversità. Ovviamente molti interventi rientrano nella missione 2, dedicata alla transizione ecologica. Ma alcune misure in cui viene fatto esplicito riferimento alla biodiversità rientrano anche nella missione 1 (Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo) e nella 3 (infrastrutture per una mobilità sostenibile).

All’interno del Pnrr sono molti gli investimenti per i quali si valuta un impatto positivo sulla biodiversità. Sono in particolare 17 le misure in cui viene fatto esplicito riferimento a questo tema. L’investimento più consistente riguarda gli interventi per la mitigazione del rischio di alluvioni e il dissesto idrogeologico, per cui saranno investiti circa 2,5 miliardi di euro.

Ovviamente non ci sono solo gli investimenti. Anche alcune riforme infatti potrebbero potenzialmente avere risvolti positivi per la tutela degli ecosistemi. Tra queste l’adozione della strategia nazionale per l’economia circolare e il programma nazionale per la gestione dei rifiuti, la cui entrata in vigore è prevista per entrambi entro la fine di giugno. Altra riforma degna di nota è l’adozione dei programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico, misura portata a termine nel 2021.

I “siti orfani” e i porti in Abruzzo

A oggi nessuno degli investimenti citati è in uno stato avanzato tale da poter già capire quanto potrebbe impattare sui territori abruzzesi, tranne due eccezioni: la bonifica dei siti orfani e degli interventi per la sostenibilità ambientale dei porti.

Il decreto individua in Abruzzo 8 siti orfani per un totale di circa 105mila metri quadrati da bonificare. Tre di questi sorgono in provincia di Chieti, 2 invece nelle province di Pescara e Teramo, uno nel territorio aquilano. Ad oggi non è ancora stato pubblicato nessun documento ufficiale che indichi l’ammontare delle risorse assegnate all’Abruzzo per questi interventi, anche se alcune fonti stampa parlano di 104mila euro in totale. Una cifra che se confermata sarebbe tutto sommato contenuta, considerato che la misura del Pnrr stanzia complessivamente mezzo miliardo di euro. Per avere l’ufficialità del dato però si dovrà attendere l’apposito decreto ministeriale, previsto per fine anno.

Per quanto riguarda invece l’investimento sui porti, oltre all’elenco degli interventi da realizzare, l’allegato a un decreto del ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili pubblicato nel 2021 esplicita anche le risorse assegnate. Sono due i porti abruzzesi coinvolti: quello di Ortona e quello di Pescara. Al primo andranno 2,5 milioni di euro mentre al secondo 500mila euro. In entrambi i casi i fondi serviranno per l’elettrificazione delle banchine. Anche in questo caso è attesa per la fine dell’anno l’aggiudicazione degli appalti da parte del soggetto attuatore, l’autorità di sistema portuale del mare adriatico centrale.

È necessario che queste risorse vengano assegnate presto e utilizzate in modo efficace, a servizio della crescita dei territori, in una regione colma di parchi naturali e biodiversità da preservare, e anzi da rilanciare.

I parchi naturali abruzzesi

Un parco è costituito da aree terrestri, fluviali, lacustri o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o con parziali alterazioni per mano dell’uomo. Oltre alle riserve naturali e alle aree protette, esistono principalmente due tipi di parchi. Il primo è il parco nazionale contiene formazioni naturali di importanza internazionale o nazionale tali da richiedere l’intervento statale per la tutela. Poi c’è il parco naturale regionale, invece, è un’area che contiene delle caratteristiche omogenee dal punto di vista naturale e paesaggistico tra una o più regioni.

In Abruzzo sono presenti tre parchi nazionali (d’Abruzzo, Lazio e Molise; Gran Sasso e Monti della Laga; Maiella) e uno regionale (Sirente-Velino). Si trovano sul territorio di oltre 100 comuni.

113 i comuni abruzzesi sul cui territorio si trovano parchi nazionali o regionali.

Tra i comuni il cui territorio ricade in parchi, 63 appartengono alla provincia dell’Aquila, 22 si trovano nella provincia di Pescara, 14 (per provincia) nei territori di Teramo e Chieti.

Sono presenti inoltre nel territorio 14 riserve statali, 25 riserve regionali, 6 parchi territoriali attrezzati e un’area marina protetta.

La salvaguardia della biodiversità con la rete Natura 2000

La rete Natura 2000 è un sistema di aree protette nato al fine di mantenere gli habitat di flora e fauna minacciati oppure rari. È stata istituita nel 1992 dall’Unione europea. Le aree incluse all’interno della rete non sono aree in cui l’intervento umano è completamente escluso ma la protezione della natura viene garantita ponderando anche le esigenze economiche, sociali e culturali oltre alle peculiarità del luogo in questione. Sia soggetti privati che soggetti pubblici possono essere proprietari di un sito purché la gestione sia sostenibile dal punto di vista sia ecologico che economico.

2.637 i siti che rientrano nella rete Natura 2000 oggi, in Italia.

Complessivamente, compongono il 19,38% della superficie a terra e il 13,42% della superficie a mare nazionale. Risultano registrati all’interno di queste aree 132 habitat, 90 specie di flora e 114 specie di fauna rare o a rischio estinzione.

GRAFICO
DA SAPERE

Il dato mostra la percentuale di superficie presente nella rete Natura 2000 rispetto al totale dell’area regionale. La rete Natura2000 è lo strumento messo in atto dall’Unione europea per la tutela della biodiversità. Si estende sia su superfici terrestri che marine.

FONTE: elaborazione openpolis per Osservatorio Abruzzo su dati Mite
(ultimo aggiornamento: martedì 31 Maggio 2022)

 

Il 35,87% della superficie terrestre del territorio abruzzese è considerato area protetta. Corrisponde a un’area pari a 387.083 ettari. Questo è il valore più ampio dell’intero territorio nazionale. Per quel che riguarda le zone marine, l’1,36% rientra nella rete Natura 2000 con un totale di 3.410 ettari.

In tutto, i comuni abruzzesi che riportano la presenza di almeno un’area protetta sono 190, pari al 62,3% del totale. A Teramo i comuni che rientrano nella rete sono 31, pari al 69% dei territori locali della provincia. Seguono Pescara (63%, 29 territori), Chieti (63%, 66) e L’Aquila (59%, 64). Tra i 19 comuni litoranei, 12 fanno parte di siti della rete natura 2000 mentre i comuni dell’entroterra sono 178 su 286.

Sono 58 i siti protetti presenti nella rete natura 2000 in Abruzzo. Di questi 49 si definiscono zone speciali di conservazione (Zsc), 5 siti di importanza comunitaria (Sic) e 4 zone di protezione speciale (Zps). 30 di questi hanno una superficie superiore a mille ettari.

GRAFICO
DA SAPERE

Il dato rappresenta i siti più estesi contenuti all’interno della rete Natura2000. Sono incluse le seguenti categorie: siti di importanza comunitaria (Sic); zone speciali di conservazione (Zsc) e zone di protezione speciale (Zps).

FONTE: elaborazione openpolis per Osservatorio Abruzzo su dati Mite
(ultimo aggiornamento: venerdì 3 Giugno 2022)

 

Le tre aree maggiori sono di tipo Zps e sono comprese all’interno dei parchi. Nel dettaglio, si parla del parco nazionale Gran Sasso – monti della Laga (143mila ettari), del parco nazionale della Maiella (74mila) e dell’area del parco regionale Sirente Velino (59mila). Tra i dieci siti più ampi, 4 sono di tipo Zps, 4 Zsc e 2 Sic.

Le cause della perdita di biodiversità

I motivi per cui una specie si estingue possono essere specifici a seconda dell’ambiente in cui vive e della sua velocità riproduttiva, ovvero della durata dei cicli di riproduzione. Spesso però dietro alla scomparsa di una specie c’è anche la mano dell’uomo. Uno dei fenomeni antropici che maggiormente mina la protezione degli habitat è la frammentazione del territorio naturale e agricolo, ovvero la riduzione della superficie delle aree naturali e il loro progressivo isolamento.

Le cause principali sono l’urbanizzazione territoriale, che può essere attuata in modo più o meno sostenibile, e lo sviluppo delle infrastrutture adibite al collegamento delle aree urbanizzate.

Ispra ha elaborato un indicatore mediante il quale si può misurare il grado di frammentazione di un territorio e suddividerlo in cinque categorie, dalla frammentazione molto bassa a quella molto elevata.

34,13% è la superficie dell’Abruzzo con una frammentazione bassa del territorio (2020).

Questo dato è maggiore della media nazionale, che si attesta al 15,83%. Secondo Ispra, l’Abruzzo non riporta aree a frammentazione territoriale molto bassa mentre si registra una superficie pari al 24,51% in cui il fenomeno è mediamente presente, al 23,43% in cui è  elevato e al 17,93% in cui è molto elevato. I dati di queste ultime due categorie sono leggermente inferiori rispetto ai valori medi italiani (rispettivamente 25,10% e 19,30%).