Archivi giornalieri: 31 maggio 2022
CONNOSCHERE SA LIMBA – TINA COSSEDDU –
INTERVISTA A TIBERIO MURGIA
Il Muto di Gallura
Il Muto di Gallura: tra storia, romanzo e leggenda
Il “Muto di Gallura” è ancora oggi uno tra i personaggi più carismatici e misteriosi della Sardegna e la sua storia, portata alla luce dalla penna dello scrittore sassarese Enrico Costa, ha alimentato continue leggende dal momento in cui, forse nel 1856, il bandito scomparve nel nulla.
C’era un tempo non molto lontano in cui la Sardegna era funestata da lotte fratricide che insanguinavano le famiglie, mettendole le une contro le altre. A comandare era una legge non scritta, ma efficace al punto tale da sostituirsi alla legge stessa e regolare i conti tra gli uomini. I banditi erano detentori di un potere che trascendeva la giustizia e scriveva da sè il codice di comportamento, basato sull’onore e sul rispetto a qualsiasi costo, soprattutto quello della vendetta.
Il contesto storico
I germi di queste faide sono da rintracciare in una Sardegna che usciva a fatica dal feudalesimo e versava in una situazione di abbandono, degrado e anarchia. Il malgoverno dei regnanti era una questione ormai consolidata, ma i pochi tentativi di rivolta furono sempre soffocati nel sangue, tanto dagli spagnoli quanto dai piemontesi in tutte le parti dell’isola. Ma l’apice fu raggiunto nel 1823, con la pubblicazione del famoso Editto delle Chiudende ad opera del re Vittorio Emanuele. Il provvedimento ridisegnava i confini delle proprietà terriere e avvantaggiava i potenti, ripristinando, di fatto, l’usura e mettendo fine alla libera proprietà e alla regolare e secolare turnazione tra pastori e contadini nell’utilizzo delle terre.
Sebbene l’editto mirasse a favorire la modernizzazione e lo sviluppo dell’agricoltura locale, che versava in gravi condizioni di arretratezza, conteneva, di fatto, l’autorizzazione a privatizzare la proprietà pubblica.
“Qualunque proprietario potrà liberamente chiudere di siepe, o di muro, o vallar di fossa, qualunque suo terreno non soggetto a servitù di pascolo, di passaggio, di fontana, o d’abbeveratoio.
L’effetto negativo fu risentito in modo particolare nelle zone della Barbagia e della Gallura in quanto la privatizzazione dei terreni, che da sempre erano la risorsa primaria del territorio, mise in enorme difficoltà l’attività della pastorizia, la principale dell’area, dato che i pastori si trovarono improvvisamente privati di un diritto che avevano sempre esercitato. Si svilupparono, pertanto, numerose inimicizie che avevano come scontro privilegiato le campagne e, considerato che il Governo era assolutamente assente per assicurare la giustizia, queste sfociavano spesso nella vendetta personale. Lo storico Pietro Martini racconta che, secondo la legge, veniva concessa la nobiltà gratuita a tutti coloro che avessero piantato quattromila ulivi, con lo scopo di incentivare la coltivazione delle terre ed impedirne l’abuso, introducendo la pena di morte per chiunque avesse trasgredito, abbattendo o valicando siepi e muretti a secco.
In questa situazione di crisi, parallelamente alla lotta fratricida tra pastori, si svilupparono parallelamente attività di contrabbando con la vicina Corsica, soprattutto nel caso dei cereali. Intorno agli anni Venti e Trenta dell’Ottocento le calette in prossimità delle Bocche di Bonifacio, oggi splendide località di turismo balneare, diventarono punti strategici per i traffici illeciti tra l’una e l’altra isola.
A questo si aggiungeva l’indole ribelle dei pastori, refrattari all’accettazione passiva dell’autorità laddove questa prometteva pochi diritti e imponeva troppi doveri.
In un contesto così teso e disperato gli episodi di violenza erano all’ordine del giorno, affollando le pagine della cronaca nera dalla fine del Settecento fino ad esplodere nella seconda metà dell’Ottocento.
Il romanzo di Enrico Costa
A cogliere l’essenza più viva e romantica di questo periodo sono stati intellettuali come Sebastiano Satta, Grazia Deledda, Antonio Ballero, Francesco Ciusa, Pietro Martini ed Enrico Costa, per citarne solo alcuni.
Allo scrittore sassarese Enrico Costa, tuttavia, spetta il merito di aver scritto “Il muto di Gallura”, pubblicato nel 1884. Il romanzo racconta le vicende relative alla faida tra le due famiglie galluresi dei Vasa e dei Mamia che si svolsero tra il 1849 e il 1856.
Ma chi era il Muto di Gallura?
Si tratta di Sebastiano Rassu Addis Tansu, tra i più temuti e feroci banditi del suo tempo. Nato e vissuto ad Aggius, paese epicentro del banditismo sardo fin dal XVI secolo, Sebastiano, o semplicemente Bastiano, com’era conosciuto, era sordomuto dalla nascita, ma di bell’aspetto, acuto ed intelligente. Nonostante il suo linguaggio sgraziato dai toni gutturali e spasmodici, riusciva a farsi capire molto bene, accompagnando i suoni con la gestualità delle mani. A causa del suo difetto, molte persone lo consideravano figlio del diavolo, soprattutto perché la sua incapacità di esprimersi compiutamente lo aveva portato ad imporsi su un piano fisico. Gli stessi parenti che avevano accolto in casa lui e suo fratello Michele dopo la morte dei genitori, erano soliti schernirlo e picchiarlo, impedendogli di accudire il bestiame.
Ma Bastiano non era sempre stato un bandito, lo diventò col tempo, a causa degli eventi e della sua emarginazione sociale. Ma fu soprattutto l’omicidio dell’amato fratello Michele, l’unico a dimostrargli affetto e complicità, a sconvolgerlo al punto tale da spingerlo alla vendetta. Tutto cominciò con il fidanzamento nelle campagne di Aggius tra Pietro Vasa, suo cugino, e Mariangiola Mamia. Ma quella promessa non fu l’inizio di un momento felice per le famiglie dei futuri sposi, rappresentando invece l’inizio di una sanguinosa faida destinata a durare quasi dieci anni. Anton Pietro Mamia, padre della futura sposa, aveva chiesto al futuro genero di interrompere l’ostilità con la famiglia Pilleri (parente dei Mamia) in vista del matrimonio imminente. I Vasa e i Pilleri erano entrati in conflitto tempo addietro per una vicenda legata allo sconfinamento di alcune capre nella proprietà di una delle due famiglie. Pietro, però, per non far torto ai propri parenti, rifiutò di andare incontro alle richieste del futuro suocero e, in tutta risposta, sciolse il fidanzamento gettando disonore su Mariangela, destinata a portare l’onta del rifiuto. Fu allora che le due famiglie Pilleri-Mamia, accomunate dal vincolo di parentela e dal disonore per le mancate nozze, decisero di vendicarsi con l’uccisione di colui che aveva generato l’onta di tradimento: Pietro Vasa. Ma quest’ultimo riuscì a scamparla. A quel punto, però, anche il tentato omicidio richiedeva giustizia. Fu così che entrò in gioco Michele Tansu, fratello di Bastiano il “muto”, che però rimase ucciso a sua volta. A questo punto fu guerra aperta. Seguì infatti la morte del fratello di Mariangela, anch’egli di nome Michele, ucciso che era ancora un ragazzino. Fu descritto come un bellissimo angelo biondo, colpito sotto il caldo sole di Ferragosto.
A sparargli, si diceva, fu proprio Bastiano, deciso più che mai a vendicare la morte del fratello. Ma la morte di un bambino, anche in uno scenario così crudo, era considerata un fatto tanto grave da dover essere lavato solo con un altro omicidio dello stesso tenore: l’uccisione di un altro bambino oppure quella di una donna. Arrivò così il turno della madre di Pietro Vasa. Seguì ancora la morte di Anton Pietro Mamia in un agguato a cui parteciparono venti sicari, trasformando Aggius e le zone limitrofe in un teatro di crudeltà senza precedenti. In pochi anni si contarono oltre settanta omicidi, in ragione dei quali la giustizia ebbe ragione di intervenire.
Si arrivò ad un “armistizio” il 26 Maggio 1856, quando nelle campagne di San Sebastiano, alle porte di Tempio Pausania, ogni componente delle famiglie coinvolte si radunò su un palco, all’ombra di un maestoso crocifisso e alla presenza di autorità civili e religiose. Da una parte i Vasa, dall’altra i Pileri-Mamia. Per l’occasione arrivò da Sassari il padre scolopio Carboni e la cerimonia fu presieduta dal giudice aggese Celestino Concas. Terminato il lungo sermone che invitava le famiglie alla resa nel nome di Cristo, le due fazioni si andarono incontro ed ognuno dei componenti abbracciò e baciò chi aveva davanti.
Bastiano Tansu non partecipò a quella festa, ostile più che mai ad ogni manifestazione di resa, soprattutto se falsa e per niente sentita. Ma in Gallura si parlò di quell’evento per molti anni a venire nei paesi limitrofi, da Luras a Calangianus. Ma era una situazione destinata a durare poco.
Bastiano viveva da latitante, essendo il principale sicario di Pietro Vasa, e ogni tanto si stabiliva in uno stazzo di proprietà della sua famiglia, poco distante da quello di Anton Stefano Pes. La famiglia Pes si mostrò ospitale nei suoi confronti, sia perché Bastiano offriva protezione sia perché si dilettava a fare piccoli lavoretti artigianali, tra cui impagliare le sedie e lavorare il cuoio. Il sodalizio con la famiglia Pes sembrava destinato a durare felicemente e Sebastiano sentiva che la sua vita poteva avere finalmente un senso. Tra quelle montagne affacciate sul mare e tra le mura dello stazzo, trovò l’amore della giovane Francesca, figlia di Anton Stefano, che all’epoca aveva quindici anni. Francesca si mostrò sempre gentile con il bandito e ne ricambiava i sentimenti, al punto che si scambiarono un pegno d’amore: un cordoncino di seta con appesa una medaglietta raffigurante la Madonna col bambino. La madre della ragazza era solita scherzare sul fatto che quando Francesca fosse cresciuta, sarebbe potuta andargli in sposa, alimentando false speranze in entrambi, che ogni volta in cui si separavano, erano soliti promettersi fedeltà eterna.
Ma quando Bastiano si trattenne fuori più a lungo e fece ritorno allo stazzo dei Pes, apprese che la famiglia aveva già destinato in sposa Francesca a Giovanni Antonio Mannu. Ancora una volta il “muto” era stato messo da parte per la propria disabilità che lo aveva portato a perdere la donna che aveva scelto di amare. Sconvolto, questi lasciò il pegno d’amore sul davanzale della camera da letto di Francesca e si allontanò. Alcuni giorni dopo Anton Stefano morì, colpito al petto da una pallottola. L’omicidio inaugurò la ripresa delle ostilità tra le famiglie Mamia-Pilleri e Vasa e alla morte di Anton Stefano Pes seguì immediatamente quella di Pietro Vasa.
Ma quale fu la fine del “muto di Gallura”?
Come per tutti i personaggi che si rispettino, anche nel caso di Bastiano Tansu non esiste una verità certa. Sulla sua fine sono fiorite tante leggende in relazione al fatto che il suo corpo non fu mai ritrovato.
Secondo alcuni Giovanni Antonio Mannu, temendo rappresaglie per questioni di gelosia, lo fece uccidere da alcuni sicari, chiedendo come prova dell’avvenuto omicidio il naso del bandito, il quale aveva una cicatrice inconfondibile. Altri ancora parlano di una morte suicida per l’amore impossibile verso Francesca. Altri ancora dichiarano che fu ucciso per mano di un altro latitante, un certo Macciaredda, nell’altopiano di Santa Barbara, nell’attuale comune di Trinità d’Agultu.
Quale che fu la vera fine di Sebastiano Tansu, rimane una sola certezza: quella di una Sardegna costretta a credere nella figura di anti-eroi, persone emarginate perché vittime di una società che escludeva i più deboli e li trasformava in “diversi”. Diversi che spesso imboccavano una cattiva strada.
Nel bene e nel male le vicende del Muto di Gallura sono ancora oggi il simbolo di un contesto sociale gretto ed ostile in cui vige la legge del più forte, dove nessuno vince e tutti perdono.
Il Museo del Banditismo di Aggius
L’omicidio, la faida e la vendetta sono oggi il filo conduttore del Museo del Banditismo di Aggius, che fa parte del sistema museale che comprende anche il Museo Etnografico più grande della Sardegna, il MEOC. Il Museo del banditismo si propone di compiere ricerche sulle testimonianze materiali legate al banditismo, analizzate da un punto di vista storico, antropologico e sociale. Allestito nel palazzo della vecchia Pretura, è situato nella zona più antica del paese. E proprio nei vicoli attigui a questo edificio, più di un secolo fa, furono commessi numerosi omicidi. Il percorso espositivo si articola in 4 sale che accolgono una bella documentazione e oggetti che vale la pena di vedere. Una teca è dedicata proprio al bandito Sebastiano Tansu, il Muto di Gallura, l’antieroe moderno di una Sardegna arcaica.
Un sentito ringraziamento va a Piero Suelzu, che mi ha aiutato a comprendere i fatti realmente accaduti alla luce del romanzo. Per conoscere la vera storia del Muto di Gallura, ogni riferimento è al suo sito: http://mutodigallura.blogspot.com/
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Riferimenti Bibliografici
- E. Costa, Il muto di Gallura
- G. M. Lisai, I delitti della Sardegna
- G. M. Lisai, Sardegna giallo e nera
- F. Fresi, Banditi di Sardegna
- R. Carta Raspi, Storia della Sardegna
- E. Braga, Storia dei sardi e della Sardegna
Ulteriori riferimenti
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Testo coordinato: G.U. n. 56 dell’8 marzo 2022
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“Misure urgenti per il contrasto alle frodi e per la sicurezza nei luoghi di lavoro in materia edilizia, nonché sull’elettricità prodotta da impianti da fonti rinnovabili”
Pubblicazione: G.U. n. 47 del 25 febbraio 2022
Errata corrige: G.U. n. 49 del 28 febbraio 2022Iter e lavori preparatori S.2545 26 aprile 2022:
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-
“Misure urgenti in materia di certificazioni verdi COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività nell’ambito del sistema educativo, scolastico e formativo”
Pubblicazione: G.U. n. 29 del 4 febbraio 2022
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“Disposizioni urgenti per consentire l’esercizio del diritto di voto in occasione della prossima elezione del Presidente della Repubblica”
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“Misure urgenti per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19 e disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria”
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Iter e lavori preparatori S.2489 28 febbraio 2022:
decreto legge decaduto
Pensione sociale – Assegno Sociale
Pensione sociale – Assegno Sociale
SCHEDE
QUESITI
NORMATIVA
- Circolare – INPS – Direzione Centrale Prestazioni 02/12/2008 n. 105
“Assegno sociale – nuovi requisiti introdotti dall’art.20 co.10 del DL 112/2008 convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (pubblicata su GU n.195 del 21.9.2008 – Supplemento Ordinario n.196)” - Legge – 06/08/2008 n. 133
“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
Si veda in particolare: [ art. 20, comma 10 ] - Circolare – INPS 06/07/2004 n. 101
“Criteri di accertamento del reddito per l’erogazione delle provvidenze a favore degli invalidi civili, dal compimento del 65° anno di età.” - Circolare – INPS 01/03/2002 n. 44
“Legge 28 dicembre 2001, n. 448. Incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati” - Decreto Ministeriale – Ministero dell’Interno 04/02/2002
“Determinazione per l’anno 2002 degli importi delle pensioni, degli assegni e delle indennità a favore dei mutilati ed invalidi civili, ciechi civili e sordomuti nonchè dei limiti di reddito prescritti per la concessione delle provvidenze stesse.” - Legge – 28/12/2001 n. 448
“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002).”
Si veda in particolare: [ art. 38 ] - Legge – 23/12/1999 n. 488
“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria”
Si veda in particolare: [ art. 52 ] - Legge – 23/12/1998 n. 448
“Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo”
Si veda in particolare: [ art. 67 ] - Legge – 06/03/1998 n. 40
“Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”
Si veda in particolare: [ art. 39 ] - Legge – 08/08/1995 n. 335
“Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare.”
Si veda in particolare: [ art. 3 commi 6 – 7 ] - Legge – 26/02/1982 n. 54
“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 1981, n.791, recante disposizioni in materia previdenziali”
Si veda in particolare: [ art. 9 ] - Legge – 30/03/1971 n. 118
“Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n.5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili.”
Si veda in particolare: [ art. 19 ]
CORRIERE DELLA SERA
Pensionati: il cedolino di pensione di giugno 2022
Il cedolino della pensione, accessibile tramite servizio online, è il documento che consente ai pensionati di verificare l’importo erogato ogni mese dall’INPS e di conoscere le ragioni per cui tale importo può variare.
Si riportano di seguito le informazioni sul cedolino della pensione di giugno 2022.
La data di pagamento
Il pagamento avverrà con valuta 1° giugno.
Trattenute fiscali: addizionali regionali e comunali, conguaglio 2020 e tassazione 2021
Per quanto riguarda le prestazioni fiscalmente imponibili, sul rateo di pensione di giugno, oltre all’ IRPEF mensile, vengono trattenute le addizionali regionali e comunali relative al 2021. Queste trattenute sono effettuate, infatti, in 11 rate nell’anno successivo a quello cui si riferiscono.
Continua a essere applicata anche la trattenuta per addizionale comunale in acconto per il 2022, avviata a marzo, che proseguirà fino a novembre 2022.
Prosegue, inoltre, sul rateo di pensione del mese di giugno il recupero delle ritenute IRPEF relative al 2021 laddove le stesse siano state effettuate in misura inferiore rispetto a quanto dovuto su base annua.
Infatti, nel caso di pensionati con importo annuo complessivo dei trattamenti pensionistici fino a 18.000 euro, per il quali il ricalcolo dell’ IRPEF ha determinato un conguaglio a debito di importo superiore a 100 euro, la rateazione viene estesa fino alla mensilità di novembre (articolo 38, comma 7, legge 122/2010).
Per i redditi di pensione annui di importo superiore a 18.000 euro e per quelli di importo inferiore a 18.000 euro con debito inferiore a 100 euro il debito d’imposta è stato applicato sulle prestazioni in pagamento alla data del 1° marzo, con azzeramento delle cedole laddove le imposte corrispondenti siano risultate pari o superiori alle relative capienze.
Le somme conguagliate sono state certificate nella Certificazione Unica 2022.
il manifesto
Visitazione della Beata Vergine Maria
Visitazione della Beata Vergine Maria
Quando la Vergine seppe dall’Arcangelo Gabriele che era prossima a divenire madre del Precursore, fu stimolata interiormente dallo Spirito Santo a recarsi alla casa di sua cugina S. Elisabetta, in dolce attesa del Giovanni Battista, per apportarvi i primi frutti della redenzione. Il viaggio da Nazareth, dove abitava la SS. Vergine, fino alla città di Ebron dove stava Elisabetta era di 69 miglia circa. Le montagne e la cattiva stagione rendevano più incomodo tale percorso. Tuttavia la B. Vergine si pose in cammino con sollecitudine, come nota il Vangelo, spinta da quella grande carità che ardeva nel suo cuore. Ella incominciava allora la sua missione di dispensiera di tutte le grazie.
Giunta alla casa di Elisabetta, Maria fu la prima a porgere il saluto alla cugina, ed apportò in quella casa grazie straordinarie: S. Giovanni Battista fu liberato dal peccato originale, Zaccaria riebbe la parola, S. Elisabetta ricevette l’abbondanza dei doni dello Spirito Santo ed alla vista della Vergine esclamò: « Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto ».
Maria, in risposta, pronunciò lo stupendo cantico del Magnificat, la più degna lode che Dio ricevesse dalla bocca della sua santa Madre, e che la Chiesa fa recitare ogni giorno ai sacerdoti nell’Ufficio divino.
L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.continua >>
Con questo cantico Maria loda Iddio di averla arricchita di tali privilegi; predice la sua gloria nell’avvenire: profetizza che il Salvatore del mondo umilierà i superbi ed esalterà gli umili e spanderà la sua misericordia in tutti i secoli fino alla fine del mondo.
Secondo il S. Vangelo, Maria si trattenne per tre mesi nella casa di S. Elisabetta. In questo tempo Ella prestò alla cugina tutti i più umili servizi, con una bontà che solo la madre di Dio poteva avere.
Come fu ripiena di grazia la famiglia di Elisabetta alla visita di Maria, così può chiamarsi beata l’anima devota di Maria. Maria non solo protegge i suoi devoti, ma, come dice un santo, li serve. Dove vi è l’amore a Maria vi è ogni bene, perché Ella porta con sé Gesù, vera pace dell’anima.
PRATICA. Sull’esempio di Maria proponiamo di essere umili e caritatevoli verso il prossimo.
PREGHIERA. Deh! Signore, accorda ai tuoi servi il dono della grazia celeste, affinché come il parto della B. Vergine fu loro principio di salvezza, così la solennità della sua Visitazione aumenti la loro pace.
MARTIROLOGIO ROMANO. Visitazione della beata Vergine Maria ad Elisabétta.
ICONOGRAFIA
Nell’iconografia della Visitazione viene sempre raffigurate il momento in cui la Vergine che, come descritto nei Vangeli, incontra Elisabetta. Le due donne tradizionalmente si vendono salutarsi con un inchino formale e una stretta di mano, a volte salutarsi da lontano, o ancora abbracciarsi, oppure santa Elisabetta può inginocchiarsi davanti a Maria. In gran parte delle opere le donne sono sole, accompagnate dai mariti o anche da altri personaggi tra cui le due donne che assisteranno la Vergine durante il parto. Elisabetta è di norma effigiata come una donna anziana, in contrasto con la giovane Maria. Malgrado le parole del Vangelo, la scena è raffigurata il più delle volte all’aperto.
autore Raffaello Sanzio anno 1517
Uno delle più celebri opere dedicate alla Visitazione è senza dubbio quella di Raffaello Sanzio. Il pittore marchigiano ritrae la figura monumentale di sant’Elisabetta che incede verso Maria incinta. La prima è anziana e nella sua concitazione si legge tutta la sorpresa per la miracolosa gravidanza che l’ha riguardata in età così avanzata. La scena è ambientata in un luminoso paesaggio, con il Battesimo di Cristo sullo sfondo, corredato da una sfolgorante apparizione del Creatore tra angeli.
autore Lagrenée il primogenito anno XVIII sec
Bellissima anche la tela di Lagrenée, Louis-Jean-François, pittore francese del XVIII sec, dove raffigura Elisabetta con la Vergine e probabilmente Zaccaria e San Giuseppe.
autore Federico Barocci anno 1583
Nella splendida tela di Federico Barocci, pittore nativo di Urbino attivo a Roma per gli Oratoriani della Chiesa di Santa Maria in Vallicella, viene raffigurata l’atmosfera domestica, questa volta sotto un portico, dove l’artista traduce, in un tono facile e comprensibile, quella felice occasione che è familiare per le due donne. Federico Barocci aveva studiato diligentemente la sua creazione: dalla prospettiva e dal brano architettonico che sotto ad un arco sfonda su un paesaggio suggestivo, alla modulazione morbida e cangiante dei colori e dei rapporti chiaroscurali, quindi alle fisionomie gaie e ai gesti naturali e spontanei.
autore Francisco Rizi anno circa 1663
Un altro elemento che viene spesso rappresentato nella scena è l’asino che san Giuseppe cercò in prestito per portare tutto il bagaglio e la sua santissima sposa, Regina dell’intero creato. L’animali è ben visibile nella meravigliosa tela di Francisco Rizi, artista spagnolo del XVII, dove sono presenti anche San Giuseppe e Zaccaria. Nell’opera Elisabetta abbraccia affettuosamente la vergine per ringraziare Maria della visita.