Archivi giornalieri: 23 maggio 2022

Corso di lingue all’estero 2022: pubblicate le graduatorie

Corso di lingue all’estero 2022: pubblicate le graduatorie

Sono state pubblicate le graduatorie del bando di concorso Corso di lingue all’estero 2022.

Il concorso è riservato ai figli:

  • dei dipendenti e dei pensionati della pubblica amministrazione iscritti alla Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali;
  • dei pensionati utenti della Gestione Dipendenti Pubblici;
  • degli iscritti alla Gestione Fondo IPOST.

Le borse di studio sono finalizzate a ottenere la certificazione del livello di conoscenza della lingua secondo il Quadro Comune Europeo di Riferimento (CEFR).

Prestazioni non pensionistiche: l’Assegno per congedo matrimoniale

Prestazioni non pensionistiche: l’Assegno per congedo matrimoniale

Il Punto di accesso alle prestazioni non pensionistiche è una piattaforma unificata per l’acquisizione delle domande online di prestazioni non pensionistiche, realizzata nell’ambito dei progetti finanziati dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

La piattaforma consente la gestione integrata delle domande da parte degli operatori di sede e, dal 23 maggio, presenta anche la prestazione previdenziale denominata “Assegno congedo matrimoniale a pagamento diretto dell’INPS”.

L’Assegno, il cui importo è pari a sette giorni di retribuzione (otto giorni per i marittimi), può essere chiesto all’Istituto tramite il servizio online accedibile da: “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “Assegno congedo matrimoniale” entro un anno dalla data del matrimonio/unione civile.

Il messaggio 22 maggio 2022, n. 2147 specifica i requisiti per accedere all’Assegno, le modalità di presentazione della domanda e le funzionalità presenti nella procedura

Capaci 30 anni dopo, a Palermo il passato non è mai finito

Capaci 30 anni dopo, a Palermo il passato non è mai finito

L’ANNIVERSARIO. A sostegno del candidato sindaco del centrodestra Lagalla rispuntano l’ex governatore Totò Cuffaro e Marcello dell’Utri
<img src="data:;base64,” alt=”” />Capaci 30 anni dopo, a Palermo il passato non è mai finito
Murales con Borsellino e Falcone a Caltanissetta – Getty Image
 

Memoria, Cosa Nostra e politica. Mai come quest’anno, l’anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio è segnato da una forte tensione, questa volta non solo emotiva. Commemorazione, processi e voto. Ricordo, aule di giustizia e scontro. Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro. Depistaggi e verità irrisolte. Vittime di Cosa Nostra e condannati per mafia tornati alla ribalta politica dopo avere scontato le pene detentive. Sul trentennale delle stragi del ’92, che segnarono uno spartiacque nella lotta ai corleonesi di Totò Riina, irrompono i toni infuocati della campagna elettorale in corso a Palermo, dove si voterà il 12 giugno, e la requisitoria al processo di Caltanissetta contro i poliziotti imputati di infedeltà allo Stato per il falso pentito Vincenzo Scarantino. Finito il ‘regno’ di Leoluca Orlando si sta giocando una partita delicatissima nella quinta città d’Italia.

PER LA PRIMA VOLTA, la cerimonia – in ricordo di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e degli agenti di scorta assassinati nell’autostrada all’altezza di Capaci – esce dal bunker dell’Ucciardone, dove per anni sono stati commemorati gli “eroi” dell’antimafia vera. Dal carcere dove si celebrò lo storico processo ai capimafia alla sbarra, la memoria domani riecheggerà nel grande prato del Foro Italico dove quattro anni fa Papa Francesco rilanciò con forza l’anatema che Giovanni Paolo II pronunciò nella Valle dei Templi di Agrigento contro la mafia l’anno dopo le autobombe che sconvolsero il Paese, con quell’urlo che ancora rimbomba nelle coscienze dell’Italia intera: “Convertitevi”.

GIÀ. SEMBRA UN SECOLO FA. E invece no. Palermo sembra ripiombata di botto agli anni Novanta. In città sono apparsi manifesti choc provocatori: “Forza mafia” con la scritta tra i colori della bandiera italiana e simbolo usato dal partito di Berlusconi e ‘Dc democrazia collusa’ con tanto di scudo crociato e la scritta ‘make mafia great again’. La Digos sta indagando per risalire ai responsabili delle affissioni, che sono comparse nel pieno delle polemiche per l’irruzione nella campagna elettorale di Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro. I due sono big sponsor di Roberto Lagalla, l’ex rettore candidato sindaco per il centrodestra. Condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, Dell’Utri è stato tra i primi a fare il suo endorsement a Lagalla, facendo così da spalla agli ‘ortodossi’ di Forza Italia che da mesi stanno cercando di portare a segno, senza riuscirci, il golpe contro Gianfranco Miccichè, che dopo aver lanciato Francesco Cascio, s’è accodato al resto della coalizione nel sostegno a Lagalla per evitare di spaccare il fronte.

ANCORA PIÙ COINVOLTO l’ex governatore della Sicilia: condannato per favoreggiamento semplice a Cosa nostra, Cuffaro, che ha scontato a Rebibbia la pena, è a capo della Dc Nuova. Una sorta di Democrazia cristiana 4.0 schierata con una propria lista a sostegno dell’ex rettore, che di Cuffaro fu assessore alla Sanità. Connubi che hanno suscitato indignazione, a partire dall’ex giudice Alfredo Morvillo, fratello di Francesca e cognato di Falcone. Duro il suo commento: «A trent’anni dalle stragi la Sicilia è in mano a condannati per mafia. C’è chi attualmente strizza l’occhio a personaggi condannati. C’è una Palermo che gli va dietro, se li contende e li sostiene. Davanti a questi fatti mi viene in mente un cattivo pensiero: certe morti sono stati inutili. Qui sono accadute cose inaudite. Ma la libidine del potere spinge alcuni a stringere alleanze con chicchessia”.

NETTE LE SUE PAROLE: «Nessuno nega il diritto a Cuffaro di continuare a vivere e a fare tutto ciò che vuole, per carità, ha scontato la pena e nessuno dice che deve tornare in galera. Il problema non è lui, sono gli altri che lo corteggiano e lo inseguono». E Maria Falcone, sorella del magistrato, a ruota: «E’ inaccettabile che in una città che per anni è stata teatro della guerra che la mafia ha dichiarato allo Stato e che ha contato centinaia di morti sia ancora necessario ribadire che chi si candida a ricoprire una carica importante come quella di sindaco e qualsiasi altra carica elettiva debba esplicitamente prendere le distanze da personaggi condannati per collusioni mafiose». Per la professoressa Falcone «dovrebbe essere assolutamente scontato, ma evidentemente non lo è, che chi aspira a rappresentare la capitale dell’antimafia, la città di Falcone e Borsellino, senza alcuna titubanza prenda posizione rifiutando endorsement di personaggi impresentabili». «Eppure a nell’imminenza del trentesimo anniversario della strage di Capaci – afferma Maria Falcone – ci troviamo costretti a chiedere a chi intende amministrare Palermodf di dire parole chiare contro i mafiosi e chi li ha aiutati e di ripudiarne appoggi e sostegno. Condivido in pieno ogni parola pronunciata da Alfredo Morvillo. In tema di mafia i grigi non sono ammessi».

SOTTO IL TIRO ANCHE di Franco Miceli, ex segretario del Pci a Palermo e candidato sindaco per il centrosinistra, Lagalla sta provando a parare i colpi in ogni modo. Proprio oggi inaugura il suo tour elettorale in camper da una scuola simbolo: l’Ic ‘Giovanni Falcone’ nel quartiere Zen. «Con me i mafiosi e i loro complici rimarranno fuori dal governo della città – replica alle polemiche – Difenderò sempre il percorso etico e morale di redenzione e riscatto che la nostra città ha attraversato negli ultimi trent’anni. La lotta alla mafia ha bisogno di un salto di qualità. Grazie alle intuizioni del giudice Giovanni Falcone, magistratura e forze di polizia hanno sviluppato un’attività repressiva intensa e stabile che ha decimato l’ala militare di Cosa nostra. Ma se la mafia non spara, non significa che è sconfitta». E Cuffaro? «Non trovo nessun articolo di legge o della Costituzione che mi dica che io debba respingere la lista di Cuffaro, che è a capo di una forza politica che, col resto della coalizione, ha trovato in me una sintesi».

il manifesto

L’addio sofferto di Stoccolma alla neutralità

ADESIONE ALLA NATO. Voci critiche tra i socialdemocratici, nel Partito di Sinistra e nei Verdi. L’esito di un eventuale referendum non sarebbe scontato
<img src="data:;base64,” alt=”” />L’addio sofferto di Stoccolma alla neutralità
Stoccolma, manifestazione contro l’adesione alla Nato davanti al parlamento svedese – Ap
 

«Un giorno storico», titolava ieri il quotidiano liberale Dagens Nyheter per annunciare l’ufficializzazione della domanda svedese di adesione alla Nato. Dopo il dibattito parlamentare di lunedì pomeriggio, al termine del quale la premier Magdalena Andersson aveva preso atto del sostegno all’ingresso nella Nato di una consistente maggioranza trasversale (solo i Verdi e il Partito di Sinistra restano contrari), ieri la ministra degli esteri Ann Linde ha firmato la richiesta di adesione. Le procedure formali previste nei prossimi mesi, tra colloqui con i vertici Nato, piani d’azione per le eventuali riforme necessarie, inviti formali e protocolli di adesione, potrebbero portare alla ratifica dell’ingresso nell’organizzazione già entro l’autunno.

Fino a poco tempo fa, il dibattito sulla Nato era ancora acceso all’interno del partito socialdemocratico – attualmente al governo, in un esecutivo monocolore di minoranza – e creava non poco smarrimento tra la base e gli intellettuali progressisti. Nelle ultime settimane, il prolungarsi della guerra in Ucraina e il cambiamento di orientamento della vicina Finlandia hanno spinto il governo a cambiare rapidamente posizione, interrompendo il sostegno alla bicentenaria politica di neutralità militare, e ad accelerare le mosse verso la richiesta di adesione.

In questo modo, il governo spera di evitare che le prossime elezioni legislative, previste a settembre, si trasformino in un referendum sulla Nato: in effetti, i partiti di centrodestra caldeggiano da anni l’adesione al patto atlantico – con cui comunque esiste già una collaborazione consolidata – e potrebbero trarre vantaggio dal clima di guerra e dalla preoccupazione crescente dell’elettorato per l’espansionismo russo.

Nonostante il partito socialdemocratico sia avvezzo a repentini cambi di indirizzo, come in occasione del recente inasprimento delle politiche migratorie, e nonostante gli spazi di dissenso al suo interno siano relativamente ristretti, la decisione continua a sollevare critiche. La Ssu, federazione giovanile del partito, ha espresso disappunto per la nuova decisione e dichiara di preferire una collaborazione militare all’interno dell’Unione europea (opzione in realtà osteggiata fino a tempi recenti).

La ministra dell’ambiente Annika Strandhäll, presidente dell’unione delle donne socialdemocratiche, ribadisce l’impegno per la pace e per il disarmo. Le voci critiche all’interno del partito insistono particolarmente perché il paese resti, anche in caso di adesione, una zona libera da armi nucleari, in continuità con l’impegno pluridecennale della Svezia per la non proliferazione degli armamenti. Recependo queste inquietudini, il comunicato ufficiale pubblicato dal partito domenica scorsa ribadiva l’intenzione di esprimere una riserva unilaterale contro il dispiegamento di armi nucleari e di basi militari permanenti sul territorio svedese – condizioni poste in passato già da Norvegia e Danimarca.

Più a sinistra, nonostante l’invio di armi in Ucraina e l’aumento delle spese militari non abbiano incontrato opposizione in parlamento, la chiusura nei confronti della Nato rimane netta. Il Partito di Sinistra lamenta le decisioni sbrigative del governo e rivendica un dibattito politico più partecipato e trasparente, proponendo una consultazione referendaria sul tema dell’adesione: una linea in singolare contrasto, hanno osservato alcuni critici, con quella tenuta durante il Covid, quando il partito era favorevole alla gestione “tecnicista” e refrattario a un allargamento del dibattito sulle politiche di contenimento della pandemia.

L’ex-segretario Jonas Sjöstedt ha reagito alle dichiarazioni del presidente turco Erdogan, che ha promesso di ostacolare l’adesione della Svezia, accusandola di essere un incubatore di organizzazioni terroristiche (in riferimento all’influenza dei gruppi di esuli e dissidenti curdi nel paese). Con un editoriale su Arbetet, periodico di proprietà della principale centrale sindacale del paese, Sjöstedt ha ribadito la preoccupazione per cui un’adesione alla Nato pregiudicherebbe l’indipendenza della politica estera svedese, costringendola ad esempio ad adeguarsi alle richieste turche per ottenere il via libera nell’organizzazione.

Nei sondaggi, dopo un’impennata tra febbraio e marzo, la percentuale di favorevoli all’ingresso nella Nato resta stabile e leggermente al di sotto della maggioranza assoluta (47% nelle ultime rilevazioni a inizio maggio), anche se in netto vantaggio rispetto ai contrari (21%) e agli indecisi (32%).

L’esito di un eventuale referendum non sarebbe scontato e lascerebbe forse margine a cambiamenti di opinione (specialmente tra gli elettori socialdemocratici, i più indecisi secondo le rilevazioni). Ma in questo momento ben poche forze politiche sembrano voler rallentare il processo in corso e aprire un dibattito più ampio, rischiando di impelagarsi in una campagna referendaria dall’esito incerto.

Trentennale stragi, Ciotti: “Non servono parole leggere”

Trentennale stragi, Ciotti: “Non servono parole leggere”

Lo sfregio al murale dedicato a Falcone e Borsellino realizzato in corso di Porta Ticinese, a Milano (A. Salerno/Ansa)

Per questo trentennale servono scelte e gesti pesanti: meno celebrazioni sterili e più attenzione all’oggi, col suo carico di ingiustizie e sofferenze

17 maggio 2022

Trent’anni dalle stragi di mafia, ed ecco che si torna a parlarne. Sarebbe un crimine trasformare questa ricorrenza in un’occasione per spendere parole vuote, al solo scopo di timbrare un anniversario che invece pesa ancora, e non poco, sulla coscienza dell’Italia intera. Per celebrare questo trentennale non servono allora parole leggere, ma scelte e gesti pesanti. Come se ne videro nel periodo subito successivo agli omicidi di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Senza dimenticare la morte indiretta della giovanissima testimone di giustizia Rita Atria, che si suicidò sconvolta per l’accaduto. Fu una reazione di peso quella di tanti siciliani, e dei cittadini di Palermo in particolare, che fisicamente si strinsero intorno a quelle bare, nella piazza della cattedrale, con affetto e con rabbia. E poi dalle finestre, dai balconi gridarono in maniera inequivocabile il loro no alle logiche di mafia, e sì alla giustizia dello Stato.

Mettersi in gioco

Quelle morti devono alimentare le nostre scelte di vita, che in questi trent’anni hanno dato frutto, ma non abbastanza

Fu pesante la scelta di chi si mise in gioco personalmente. Penso soprattutto a Gian Carlo Caselli, che si caricò dell’eredità di quegli straordinari colleghi ben sapendo i rischi ai quali andava incontro. Ma penso anche a tanti amministratori onesti, in Sicilia e non solo, ferrei nella difesa della legalità, dei diritti, della democrazia. Penso agli imprenditori che iniziarono a denunciare il pizzo, e ai giornalisti che si misero alla caccia di verità e connessioni. Fu pesante la presa di posizione della Chiesa, che attraverso le sue voci più autorevoli rinnegò qualsiasi forma di prudenza, compiacenza e ambiguità rispetto ai poteri criminali. Lo fece il vescovo di Palermo, Salvatore Pappalardo, sfinito dai troppi funerali di donne e uomini delle istituzioni celebrati in quegli anni.

Lo fece Papa Giovanni Paolo II con il suo grido dalla Valle dei Templi di Agrigento, nel maggio del ‘93, quando intimò ai mafiosi: “Convertitevi!”. E lo fecero con rinnovato vigore tanti religiosi e religiose, ma anche laici cattolici, che da sempre predicavano l’assoluta incompatibilità fra mafia e Vangelo. Non fu un caso se nei mesi successivi le mafie uccisero due di loro: don Pino Puglisi e don Peppino Diana. Fu pesante, perché pensata e non estemporanea, la resistenza di una parte della società civile italiana. Società civile e responsabile perché consapevole che era arrivato il momento non solo di commuoversi, ma di muoversi e smuovere le troppe coscienze ancora assopite e complici. Da quella consapevolezza nacquero tante iniziative in difesa della legalità e della giustizia, tanti progetti per restituire dignità e libertà alle persone sottoposte ai ricatti delle mafie, attraverso la cultura, l’informazione, il lavoro, i diritti sociali.

Beni confiscati, Papa Francesco “benedice” progetto in Argentina

Una scelta Libera

Libera fu uno di quei progetti, uno di quei percorsi. E mosse a sua volta i primi passi nella concretezza. Il primo fu la fondazione della rivista Narcomafie, nata per portare l’informazione sul crimine organizzato fuori dai recinti della cronaca nera, e che oggi trova continuità proprio ne lavialibera. Il secondo fu il sostegno alla legge sul riutilizzo sociale dei beni confiscati, dalla quale sarebbero poi scaturite tante altre occasioni di impegno. Il terzo fu l’intuizione di mettere in relazione fra loro i famigliari delle vittime innocenti di ogni mafia, affinché potessero sostenersi a vicenda, nel dolore del lutto ma più ancora nel desiderio di trasformare quel dolore in motore di cambiamento.

Questi trent’anni hanno visto altri passaggi di peso, nel contrasto alle mafie: nuove inchieste e nuove leggi, nuovi filoni di studio e nuove proposte didattiche, nuovi progetti di antimafia civile e nuove alleanze. Tuttavia sarebbe ingenuo ignorare che ci sono state altrettante leggerezze, inadeguatezze, inadempienze. E nuove vittime: tante altre vittime innocenti.

L’antimafia nel nome di Pio La Torre

Una nuova primavera

A trent’anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio dobbiamo dare peso, forma ed efficacia politica alla necessità di potenziare il contrasto al crimine nelle sue varie forme: dalla violenza alla corruzione, dai mercati di morte delle armi e della droga all’estorsione e all’usura, dalla tratta agli ecoreati, dal caporalato, all’abusivismo, ai reati finanziari. Meno parole e più fatti! Meno celebrazioni sterili del passato e più attenzione all’oggi, col suo carico di ingiustizie e sofferenze. Senza cedere alla normalizzazione di una presenza mafiosa sempre meglio mimetizzata. E senza paura di definire mafioso tutto ciò che dalle mafie prende esempio: il capitalismo predatorio e senza regole, una politica opportunista, serva del consenso più che al servizio del bene comune, e una cultura della competizione, della sopraffazione e dell’egoismo che contagia ormai qualsiasi settore della vita privata e pubblica.

Falcone e Borsellino, ma anche Carlo Alberto dalla Chiesa e Pio La Torre – uccisi dieci anni prima insieme a Emanuela Setti Carraro, Domenico Russo e Rosario Di Salvo –, come tanti altri uomini e donne delle istituzioni, sono morti per difendere una giustizia intesa non come ideale astratto, ma bisogno concreto, garanzia di vita piena e serena per i cittadini tutti. Quelle morti alimentino le nostre scelte di vita, che in questi trent’anni hanno dato frutto, ma non abbastanza. Non abbastanza! Facciamo fiorire una nuova primavera di coraggio, che dia nuovi frutti di speranza! Coltiviamola con tutte le nostre forze, consapevoli dei limiti e della contraddizioni che affronta chi abbandona la strada agevole della retorica per imboccare quella tortuosa dell’impegno.

Da lavialibera n°14

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San Desiderio di Langres

 

San Desiderio di Langres


Nome: San Desiderio di Langres
Titolo: Vescovo e martire
Nascita: III secolo , Genova
Morte: IV secolo, Langres
Ricorrenza: 23 maggio
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
 
Non di uno solo, ma di due Desideri fanno memoria oggi i calendari, o meglio il Martirologio Romano, perché nessuno dei due Santi è segnato nel Calendario della Chiesa universale.

Questi due Santi di nome Desiderio potrebbero essere fratelli gernelli: ambedue francesi, ambedue Vescovi, ambedue Martiri. Li divide, però, una distanza di due secoli esatti, perché il primo fu ucciso nel 407, mentre l’altro cadde duecent’anni dopo, nel 607.

Il Desiderio più anziano fu Vescovo di Langres, quando i feroci Vandali, barbari e Ariani, invasero la Francia. Assediata la città, i Vandali poterono conquistarla con grave difficoltà, perché i cittadini si batterono con indomito valore. Gli aggressori se ne vendicarono nel saccheggio, che fu d’inaudita ferocia. li Vescovo Desiderio cercò di mitigare le violenze, supplicando il capo dei barbari in nome del suo popolo. Gli presentò un Vangelo, ma il Vandalo, che pur era cristiano, anche se eretico, ordinò che il Vescovo fosse colpito a morte. Il libro del Vangelo fu macchiato dal suo sangue.

Non diversa fu la vicenda del secondo Desiderio, Vescovo di Vienne, nel Delfinato. Sul conto di lui e della sua attività apostolica possediamo diversi documenti. Sappiamo, tra l’altro, che fu zelante riformatore dei costumi ec-clesiastici nella propria diocesi.

Ma soprattutto egli si batté per convertire a miglior vita i Sovrani del tempo, ai quali rimproverò la condotta scandalosa. Incorse così nell’ira dei potenti, che una prima volta lo mandarono in esilio su un’isola, e più tardi, reintegrato nella sua dignità, lo fecero arrestare nella cattedrale.

Per strada, i soldati che lo trascinavano, andando forse al di là degli ordini avuti dal sovrano, lo massacrarono con le pietre, per finirlo poi a colpi di bastone. Anch’egli perciò venne onorato come Martire, soprattutto nella cit-tadina dove era stato ucciso, che più tardi prese il nome del Santo.

Questi due Santi sono i più noti tra quelli una decina in tutto chiamati Desiderio. In francese, tale nome suona Didier, ed è assai diffuso, sia nella toponomastica sia come nome di Battesimo. Più raro è invece in Italia il nome di Desiderio, portato da un celebre scultore fiorentino del ‘400, Desiderio da Settignano.

Eppure non tutti i Santi di nome Desiderio sono francesi come i due di oggi. Altri sono ricordati a Pistoia, a Pozzuoli, a Piacenza e a Gignese, in provincia di Novara. Il loro culto, però, ha avuto minor diffusione, limitando perciò anche la diffusione di questo bel nome, che esprime sia il desiderio di un figlio terreno, sia quello della sua eterna salvezza.

MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Langres, in Frància, la passione di san Desidèrio Vescovo, il quale, vedendo che il suo popolo era straziato dall’esercito dei Vàndali, si presentò al loro Re per supplicarlo in favore di quello. Avendo poi il Re ordinato che subito lo scannassero, egli volentieri porse il collo per le pecorelle affidategli, e, percosso dalla spada, se ne volò a Cristo. Patirono insieme con lui anche molti altri appartenenti al suo gregge, i quali furono sepolti presso la medesima città