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CRIMEA

CRIMEA

CRIMEA (A. T., 71-72)

Repubblica sovietica autonoma, costituita il 18 ottobre 1921. Il suo territorio, che misura 25.300 kmq. di superficie, comprende la grande penisola omonima della Russia meridionale. Essa ha forma di un quadrilatero assai irregolare; a N. è saldata al continente da un istmo lungo 30 km., e della larghezza, nel punto più stretto, di appena 9 km.; a O. e a S. è circondata dal Mar Nero e a E., oltre lo stretto di Kerč, dal Mar d’Azov. È compresa fra il 44°25′ e il 46°10′ di lat. N., il 32°30′ e il 36°37′ di long. E.

La Crimea si divide in due regioni ben distinte, una pianeggiante e stepposa a N. e una montuosa a S. La prima, che si sviluppa su una base di calcari dell’era terziaria, è ovunque argillosa e cosparsa di depositi salini; ha un’inclinazione prevalente da SE. verso NE. e NO., e termina sul mare con una scarpata abbastanza elevata; vi manca del tutto la terra nera, e ha quindi scarsissima fertilità, e può essere sfruttata quasi esclusivamente per i prodotti minerarî e soprattutto per le sue enormi quantità di sale estratte dai laghi. La zona montuosa si sviluppa lungo la costa sud-orientale con una catena di alture lunga 170 km., prolungamento delle ultime propaggini del Caucaso occidentale, al quale è collegata, attraverso lo stretto di Kerč, da una serie di bassifondi e collinette. La sezione occidentale della catena, detta dai Tatari Yaila, in alcuni tratti scende al mare con balze quasi a picco e raggiunge i 1543 m.; la sezione orientale è notevolmente più bassa, e ha forme più dolci. Una delle cime più notevoli della catena, il Čatyrdag de Tatari (1525 m.), è il Mons Trapezus degli antichi; si trova fra le due catene ed è completamente isolato. Il versante marittimo di tutta la catena è piuttosto ripido, quello interno si prolunga con varie propaggini, le quali racchiudono alcune vallate abbastanza ampie. Fra la catena montuosa e il mare si sviluppa una striscia pianeggiante, larga in media 5 km., detta, per la sua fertilità, il giardino della Crimea. Il litorale si sviluppa per circa 1000 km.; esso è in genere sinuoso, ricco di sporgenze che formano a lor volta numerose rade, alcune delle quali assai comode. La costa di NO. dall’istmo di Perekop al capo Tarchan, chiude a S. la baia di Karkinit; è bassa e priva di porti importanti. La costa di SO., sino oltre il capo Chersoneso, è più elevata, talvolta rocciosa, e possiede due ottime baie, quella di Eupatoria (Guesleve) e la grande baia di Sebastopoli, lunga 6 km. circa, e larga, all’ingresso, 850 m. Nel tratto successivo sino allo stretto di Kerč, è rocciosa con molti capi, che delimitano varî golfi e baie, e fra le altre la baia di Balaklava. Lo stretto di Kerč è largo da 15 a 16 km., ma i banchi di sabbia che ne ingombrano l’entrata restringono questa ad appena 9 km. di larghezza. La penisola di Kerc si protende così con una lunga appendice fra il Mar d’Azov e il Mar Nero. Dopo una larga curva, si delinea spingendosi verso NO. il lunghissimo lido di Arabat, che divide dal Mar d’Azov il Mar Putrido, al di là del quale sorge l’istmo di Perekop.

Il clima della Crimea è assai salubre: il Mar Putrido stesso vivifica l’atmosfera con le forti esalazioni di vapori di iodio e di cloro i quali distruggono i miasmi delle paludi circostanti. L’inverno è però abbastanza rigido, poiché, a Sebastopoli, la media del gennaio è di −2°; l’estate non è molto calda e la media del luglio è di circa 9°; si nota una forte diversità fra il versante settentrionale della catena montuosa e la steppa a N. di essa, e il versante marittimo ove si formano delle vere oasi climatiche, con inverni mitissimi. Le coste del Mar d’Azov durante l’inverno sono sovente gelate. Non vi sono in Crimea corsi d’acqua importanti, per quanto essi siano numerosi; hanno corso breve, impetuoso all’epoca dello scioglimento delle nevi e durante la stagione piovosa, mentre nell’estate sono asciutti; il più importante è il Salgir; lungo il versante meridionale scendono al mare l’Alma e la Černaja (Cernaia). Numerosi i laghi, circa 400, tutti poco vasti e salmastri; da alcuni si ricava ottimo sale. La vegetazione spontanea è scarsa e poco variata nella regione di steppa, mentre sui monti è assai sviluppata; gli altipiani e le vallate sono coperti da foreste di querce, di pini, di faggi, soprattutto lungo il versante settentrionale, oltre a frassini, olmi e alberi da frutta selvatici; il versante marittimo ha flora mediterranea, composta di allori, fichi, melogranati, platani, gelsi, ecc.

La popolazione della Crimea è molto varia, essendo composta da rappresentanti di sette popoli diversi, e cioè Tatari, Russi, Ebrei, Zingari, Greci, Armeni e Tedeschi. I primi si dividono in due gruppi: i Nogai, i quali hanno conservato meglio di tutti il tipo fisico originario, assai vicino al tipo calmucco; e i Tatari, che, per le frequenti mescolanze con l’elemento greco, hanno assunto caratteristiche e sembianze quasi europee, con occhi grandi, non obliqui, naso diritto e ben modellato, zigomi poco sporgenti, barba folta, capelli castani. Tuttavia l’elemento russo tende a prevalere e a sostituirsi all’elemento tataro. Greci e Armeni costituivano alla seconda metà del sec. XVIII, una parte ragguardevole della popolazione della Crimea, ma, dopo l’annessione della regione alla Russia, essi emigrarono in Romania, Turchia e nel Caucaso. L’odierna popolazione della Repubblica della Crimea ammonta a 600.000 ab. circa; di essi il 25% è composto di Tatari, il 44% di Russi, il 14% di Ucraini. Avvenuto lo sfacelo dell’impero zarista, vi fu un tentativo di risveglio dei Tatari; il 5 maggio 1917 essi proclamarono la propria autonomia e procedettero all’organizzazione politica, sociale e militare del nuovo stato. La propaganda bolscevica disgregò ben presto la piccola repubblica e, dopo la partenza degli esercitì di Denikin e Wrangel, il governo di Mosca rimase padrone della situazione, vincolando la Crimea, eretta a repubblica autonoma, alla politica bolscevica.

Una metà circa della popolazione è dedita all’agricoltura, e si occupa in modo speciale di orticoltura (magnolie, tulipani, gelsi, albicocchi, peschi, peri, meli, oltre a varie specie di piante medicinali e industriali, come il papavero orientale, lo zafferano, il tabacco). Importante la coltivazione della vite, di cui si avevano circa 50 varietà indigene, oltre a 200 esotiche; ma i vini sono poco apprezzati e per la massima parte consumati sul luogo. Nella regione di steppa, i contadini tatari in numero di 140.000 circa, oltre che di orticoltura, si occupano anche di pastorizia, allevando bovini, bufali, cammelli e pecore. La pesca è esercitata lungo le coste del Mar d’Azov, e dà notevoli quantità di sogliole e aringhe. L’industria non ha mai avuto un grande sviluppo, benché i marocchini di Crimea siano stati sempre ricercati; vi sono fabbriche di coltelli, sciabole e pugnali; di stoffe ordinarie, di tele grossolane, di feltri, e di sapone; ma mancano i grandi stabilimenti industriali. Il movimento commerciale, favorito dalla posizione geografica della penisola e dalla frequenza di buoni porti, è ora decaduto; le principali esportazioni comprendono sale, frumento, vini, miele, cera, cuoi, marocchini, pelli d’agnello, di lepre, lana di capra e pelo di cammello; s’importavano cotone, stoffe di cotone e di seta, oggetti di chincaglieria, spezierie, ecc. I porti più attivi erano quelli di Eupatoria, Balaklava, Feodosia e Kerč. La principale comunicazione per via di terra è costituita dalla linea ferroviaria Sebastopoli-Simferopoli-Novo Aleksandrovsk sul continente, alla quale s’innestano le diramazioni per Kerč e Perekop. La Crimea ha sempre avuto, specialmente dal punto di vista militare, un’importanza capitale, perché permette di dominare agevolmente tutta la costa del Mar Nero dalla Bulgaria al Caucaso; e la baia di Sebastopoli costituisce una base navale di primissimo ordine. Capoluogo della Crimea è Simferopoli (Akmečet), la quale conta 86.000 ab. circa; è sede di un’università con 4000 studenti. A Sebastopoli (Akhiar) vi è un politecnico, e a Feodosia (Kefe) una scuola di coltura nazionale:

Storia. – Per la sua posizione geografica la Crimea, come il Caucaso, servì da rifugio alle stirpi che cercavano salvezza di fronte all’avanzata dei nomadi nelle steppe della Russia meridionale, e quasi tutti i popoli che vi si fermarono fecero sentire la loro influenza sulla Crimea, specialmente sulla parte settentrionale della penisola (gli Sciti, i Sarmati, i Goti, gli Unni). D’altra parte quasi tutti i popoli, le cui navi navigavano sul Mar Nero, fecero tentativi per fondare dei posti commerciali o militari sulle rive della Crimea, specialmente su quella meridionale, che già nell’antichità aveva offerto rifugio alle colonie greche e più tardi era entrata a far parte dell’Impero Romano.

Dal continente invece, attraverso l’istmo, penetrarono nel secolo III d. C. in Crimea i Goti. Dopo la distruzione del loro stato per opera degli Unni (sec. IV), una parte dei Goti sfuggì all’invasione unna in Crimea e vi si mantenne, come gruppo etnico compatto, durante tutto il Medioevo. Dai secoli VII e VIII la Crimea fu inclusa nello stato dei Chazari. La maggioranza della popolazione nel Medioevo professava il cristianesimo. Per quanto riguarda la giurisdizione patriarcale, le eparchie della Tauride furono sottomesse dal punto di vista amministrativo-ecclesiastico al seggio di Costantinopoli. Durante le lotte iconoclastiche, la Tauride servì di rifugio ai monaci adoratori delle immagini. Fu questo un periodo di straordinario fiore culturale per le comunità cristiane della Tauride.

Nel sec. IX appare sul Mar Nero un nuovo elemento etnico e politico: i Varjaghi-Russi. Nella seconda metà del sec. X il principe di Kiev Svjatoslav ottenne il riconoscimento del suo potere da parte dei Goti di Crimea. Alla fine del sec. X, il figlio di Svjatoslav, Vladimir, s’impadronì di Chersonis (988), ma restituì subito dopo questa piazza forte a Bisanzio. Al principio del sec. XI Basilio II intraprese una spedizione nella Tauride contro i Chazari, spedizione che finì con pieno successo (1016). Alla metà del sec. XI le steppe russo-meridionali furono invase dai nomadi Polovcy (Kumani) che sottomisero anche la Tauride ad eccezione delle città greche della costa. Nel sec. XII Bisanzio tentò di nuovo di stabilire il proprio potere anche nella Tauride interiore, ma l’occupazione di Costantinopoli da parte dei Crociati (1204) mutò tutta la situazione internazionale sul Mar Nero. I Turchi Selgiuchidi dell’Asia Minore cercarono di prendere il posto di Bisanzio in Crimea.

Dal sec. XIII comincia il periodo mongolo nella storia della Tauride, che appunto adesso riceve il nome di Crimea (in russo Krym; Krym significa in tataro “fossa”). Il principale centro dell’Orda d’oro fu nel territorio del Volga (Saraj), ma un secondo centro anche importante fu in Crimea (Solchat). In questo periodo la Crimea diventa centro di animati rapporti commerciali tra l’Oriente e l’Occidente. Rappresentanti del commercio europeo in Crimea erano soprattutto i Genovesi, che avevano fondato in Crimea, ancora prima dell’arrivo dei Mongoli, alcune colonie. Minore importanza ebbero in Crimea i Veneziani. Il movimento più brillante di questo periodo di rigoglio commerciale della Crimea, fu il regno di Uzbek (1313-41) e di suo figlio Giānibeg (1342-1367). Dalla metà del secolo XIV cominciarono all’Orda d’oro dei torbidi interni. Alla fine del sec. XIV i principi lituani che avevano respinto in questo tempo i Tatari fino alla riva del Mar Nero, fecero varie volte delle incursioni in Crimea. Subito dopo però la potenza dello Stato mongolo-tataro occidentale fu per breve tempo ristabilita da Timur e la Lituania fu ricacciata dal Mar Nero.

Alla metà del sec. XV l’Orda d’Oro si divise in alcuni separati regni tatari. Uno di essi fu appunto il Khānato crimeano, la cui capitale fu Bachčisaraj. Il principale creatore della potenza del nuovo khānato fu il khān Mengli-Ghirāy. I Tatari crimeani si trovavano in quell’epoca in uno stato di transizione dal nomade al sedentario. Accanto all’allevamento del bestiame cominciò a svilupparsi anche l’agricoltura. Nell’ultimo quarto del sec. XV i khān crimeani dovettero riconoscersi vassalli del sultano turco (ottomano) di Costantinopoli. La costa meridionale della Crimea fu trasformata addirittura in provincia turca. Tutta l’attenzione dei khān tatari crimeani fu adesso rivolta a N.; i khān compivano continui attacchi contro le terre ora dello stato polacco-lituano, ora dello stato moscovita, devastandole. Le incursioni dei Tatari crimeani co1itinuarono nel corso dei secoli XVI, XVII e nella prima metà del sec. XVIII. Nel sec. XVII i khān crimeani rappresentavano una notevole parte politica, approfittando delle rivolte dei Cosacchi ucraini, prima contro la Polonia, poi contro Mosca. Solo nel sec. XVIII lo stato russo cominciò a farsi strada verso il Mar Nero. In seguito al trattato di Kučuk Kajnardži tra la Russia e la Turchia (1774), il Khānato crimeano divenne indipendente dalla Turchia; e nel 1783 la Crimea fu annessa alla Russia.

Il governo russo rivolse grande attenzione al nuovo paese e i rappresentanti dell’amministrazione russa esplicarono grande energia nella sua organizzazione. Le condizioni economiche della Crimea, rovinate dalle guerre del sec. XVIII, ben presto cominciarono a migliorare. La popolazione a poco a poco aumentò con l’affluenza di coloni dal nord, sia Russi, sia Tedeschi. Verso la metà del sec. XIX la popolazione del governatorato della Tauride (cioè propriamente della penisola crimeana e dei distretti a N. dell’istmo di Perekop) era di 608.832 anime.

Bibl.: A. I. Markevic, Taurica Opyt ukazatelja sočinenij o Kryme (Saggio di guida bibliografica della Crimea), in Izvestija tavričeskoj učenoj archivnoj komissii, 1894, 1898, 1902; Izvestija tavriceskoj učenoj archivnoj komissij (Notizie della Commissione scientifico archiviale della Tauride), I-LVII, 1887-1920; Izvestija tavričeskogo obščestva istorii, archeologii i etnografii (Notizie della Società della Tauride di storia, archeologia ed etnografia), I, 1927; Rossija sotto la direzione di V. P. Semenov, XIV, 1910; M. G. Canale, Commentarî storici della Crimea, del suo commercio e dei suoi dominatori, voll. 3, Genova 1855-56; J. A. Kulakovskij, Prošloe Tavridy (Il passato della Tauride), 1915; A. A. Vasil′ev, Goty v Krymu (I Goti in Crimea), in Izvestija Akademii istorii materialnoj kultury, I (1921); V (1927); N. Murzakevic, Istorija genuezskich poselenij v Krymu (Storia delle colonie genovesi in Crimea), 1837; V. V. Veljaminov-Zernov, Materialy dlja istorii krymskago chanstva (Materiali per la storia del Khānato crimeano), 1864; V. D. Smirnov, Krymskoe chanstvo pod verchovenstvom ottomanskoj Porty (Il Khānato crimeano sotto la sovranità della Porta ottomana), 1888; N. Dubrovin, Prisoedinenie Kryma k Rossii (L’annessione della Crimea alla Russia), 1885.

La guerra di Crimea.

Storia diplomatica della guerra. – Il primo pretesto a questa guerra venne dalla Palestina, dove cattolici e ortodossi, spalleggiati gli uni dalla Francia, gli altri dalla Russia, si contendevano accanitamente il possesso esclusivo dei Luoghi santi. Nel febbraio 1852 il sultano confermò alla chiesa greca, malgrado le proteste francesi, quasi tutti i suoi privilegi, ma lo zar Nicolò I, non ancora soddisfatto, volle approfittare dell’occasione per riprendere gli antichi disegni russi di smembramento dell’Impero ottomano e cercò anzi, nel gennaio 1853, di associarsi, oltre l’Austria, anche l’Inghilterra. Fallitogli il tentativo, decise di agire da solo. Egli era convinto che la Francia non potesse far nulla contro la Russia; che Federico Guglielmo IV di Prussia, suo congiunto, sarebbe rimasto neutrale; che Francesco Giuseppe, da lui soccorso nel 1849 nell’Ungheria, lo avrebbe direttamente o indirettamente aiutato; che i popoli balcanici sarebbero tutti insorti al suo appello. Mandò pertanto a Costantinopoli, nel febbraio 1853, il principe Menšikov (Mentchikoff) ad offrire alleanza al sultano e a chiedergli nel medesimo tempo il riconoscimento esplicito del protettorato della Russia su tutti gli ortodossi del suo impero. Non era ormai più questione dei Luoghi santi, ma della sovranità dello zar su dodici milioni di sudditi turchi.

La Porta respinse le richieste del Menšikov e Francia e Inghilterra, allarmatissime, inviarono le loro flotte verso i Dardanelli (giugno 1853). Allora, il 3 luglio, le truppe russe entrarono nei principati di Moldavia e di Valacchia dichiarando che non se ne sarebbero andate, finché il governo turco non fosse venuto a migliori consigli. Si riapriva così, e in forma più che mai minacciosa, la questione d’Oriente. Per evitare lo scoppio delle ostilità i rappresentanti delle potenze a Vienna, riuniti sotto la presidenza del ministro degli Esteri conte Buol (Conferenza di Vienna), si misero subito in cerca di qualche mezzo termine che desse soddisfazione alla Russia e, insieme, salvasse i diritti sovrani della Turchia; ma a nulla servirono gli espedienti diplomatici e, nell’ottobre, il sultano stesso, spinto dall’opinione pubblica, prese l’iniziativa di dichiarare la guerra allo zar. Si poteva prevedere che i Turchi non sarebbero rimasti soli di fronte ai Russi. Il 30 novembre 1853 un’intera flotta ottomana venne assalita e distrutta nella rada di Sinope, e di lì a poco le armate francesi e inglesi, che già si trovavano a Costantinopoli, entrarono nel Mar Nero per impedire alle navi russe di uscire dal porto di Sebastopoli. Era un’effettiva dichiarazione di guerra. Il 18 marzo 1854, il conte di Nesselrode annunziò che lo zar non aveva da dare alcuna risposta all’ultimatum inviatogli poco prima da Parigi e da Londra per lo sgombro dei Principati, e allora, il 10 aprile, Francia e Inghilterra, dopo essersi intese con la Turchia, strinsero fra loro un trattato di alleanza al quale invitarono ad aderire anche le altre potenze. Diciotto giorni più tardi furono dichiarate ufficialmente le ostilità.

Gli alleati comprendevano che, senza l’Austria, non avrebbero potuto colpire seriamente la Russia, ma Francesco Giuseppe non aveva alcuna intenzione di associare le proprie armi a quelle dei nemici dello zar e di distruggere in tal modo, a profitto delle potenze liberali, un’alleanza che, dopo il 1815, era stata e poteva essere ancora la più sicura garanzia dell’ordine e della pace in Europa. Preferì quindi per sé la parte di mediatore, con lo scopo di allontanare e localizzare l’incendio, onde si oppose anche alle rivolte dei popoli balcanici, e impedì alla Russia, pur mostrandosele amico, la conquista delle bocche del Danubio. Su questo ultimo punto erano d’accordo anche Federico Guglielmo IV e la Confederazione germanica. Perciò, nel giugno 1854, avendo i Russi posto l’assedio a Silistria, Austria e Prussia protestarono in siffatti termini che lo zar ordinò senz’altro alle sue truppe di abbandonare i Principati e di ridursi, come fecero, sulla sinistra del Prut. Era apparentemente una grande vittoria delle potenze alleate, tanto più che gli Austriaci, d’intesa con la Turchia, presero subito possesso delle piazze sgombrate dai Russi, quasi volessero opporsi a una nuova invasione, ma in realtà quest’improvviso mutamento di cose giovava, più che non sembrasse, alla Russia. Infatti Federico Guglielmo IV, di cui erano note le simpatie per lo zar, si separò immediatamente dall’Austria, dichiarando che, ottenuto lo sgombro dei Principati, non rimaneva altro da fare, e le truppe franco-inglesi, che erano a Varna, videro sfuggirsi il nemico prima di aver scambiato un solo colpo di fucile! Quest’ultimo fatto obbligava gli alleati a cercare un nuovo piano di guerra e, poiché non era possibile spingersi fino alle lontane rive del Prut, prevalse l’idea, già prima avanzata dagl’Inglesi, di trasportarsi nella Crimea (settembre 1854) per impadronirsi di Sebastopoli, donde la flotta russa dominava il Mar Nero. Secondo i calcoli dei competenti, l’impresa avrebbe dovuto compiersi in poche settimane; invece occorsero ben undici mesi per vincere.

Intanto a Vienna il conte Buol, d’accordo coi rappresentanti della Francia e dell’Inghilterra, aveva fissato su quali basi (Quattro punti) si sarebbe potuto trattare la pace; protettorato delle potenze, non della sola Russia, sui Principati; libera navigazione sul Danubio; garanzia per l’indipendenza dell’Impero ottomano; rinunzia dello zar al protettorato esclusivo dei sudditi cristiani della Porta. La Russia respinse però queste proposte (agosto 1854) e allora, il 2 dicembre 1854, l’Austria sottoscrisse con la Francia e con l’Inghilterra una convenzione, per la quale s’impegnava a intervenire militarmente contro la Russia, ove questa persistesse a non voler negoziare sulla base dei Quattro punti. Venti giorni più tardi Napoleone III garantì a Francesco Giuseppe, durante la guerra, il tranquillo possesso delle sue provincie italiane. Pareva quindi che l’Austria fosse sul punto di marciare contro la Russia, tanto più che il Piemonte, di cui a Vienna si era affettato di preoccuparsi moltissimo, aderì di lì a poco incondizionatamente all’alleanza franco-inglese (v. cavour); ma il conte Buol non aveva in realtà alcuna fretta di rompere i ponti e, sospettoso anche della Prussia, sperava che gli eventi non lo costringessero ad abbandonare la sua pacifica opera di mediazione. Le sue intenzioni furono favorite dalla morte di Nicolò I, avvenuta il 2 marzo 1855. Sin dal 7 gennaio il principe Gorčakov (Gortchakoff), rappresentante dello zar presso Francesco Giuseppe, aveva annunziato ufficialmente che la Russia accettava i Quattro Punti, onde, il 14 marzo, la Conferenza di Vienna poté riprendere le sue sedute per definire i patti della pace. Facile fu l’accordo sui prìmi due punti, che stavano molto a cuore all’Austria (protettorato delle potenze sui Principati e libera navigazione sul Danubio), ma quando si trattò di determinare in qual modo dovesse essere garantita l’indipendenza del sultano, il conte Buol non volle associarsi alla richiesta inglese di neutralizzazione del Mar Nero e anzi, nella lunga controversia circa il numero delle navi che la Russia avrebbe potuto tenere in quel mare, appoggiò in sostanza piuttosto il Gorčakov che gli ambasciatori della Francia e dell’Inghilterra. Invano, in quell’occasione, il ministro Drouyn de Lhuys fece persino un viaggio a Vienna; il Buol rispose che l’Austria non poteva muover guerra alla Russia per qualche nave di più o di meno che essa avesse voluto aver nel Mar Nero! Così la Conferenza si protrasse senza nulla conchiudere. L’8 settembre cadde Sebastopoli, ma il 24 novembre, nella regione del Caucaso, gl’Inglesi perdettero Kars. Ormai a Pietroburgo e a Parigi si faceva strada il desiderio di un accomodamento; soltanto a Londra si sarebbe voluto continuare la guerra sino alla completa distruzione della potenza marittima russa. Allora l’Austria, accostandosi alla Francia, propose un decisivo ultimatum che, firmato a malincuore dall’Inghilterra, fu accolto, il 16 gennaio 1856, dallo zar Alessandro II per consiglio anche del re di Prussia. La pace venne firmata, il 30 marzo, nel celebre Congresso di Parigi, il quale garantì l’indipendenza e l’integrità dell’Impero ottomano, chiuse gli stretti alle navi da guerra, limitò gli armamenti russo-turchi nel Mar Nero, proclamò la libera navigazione sul Danubio e l’autonomia dei Principati sotto l’alta sovranità della Porta e il protettorato collettivo delle potenze. Così l’Austria era riuscita a localizzare la guerra nella Crimea e a frustrare, insieme, le ambizioni russe sulla Balcania, ma aveva anche rotto definitivamente, a vantaggio di Napoleone III, la Santa Alleanza. Il suo isolamento apparve subito a Parigi, tre anni prima che avesse la sua consacrazione sui campi di Magenta e di Solferino.

Le operazioni militari. – D0po la dichiarazione di guerra della Francia e dell’Inghilterra alla Russia, le truppe francesi e quelle inglesi sbarcarono a Gallipoli e Scutari; ma, avendo i Russi passato il Danubio a Silistria (19 maggio 1854), il corpo di spedizione alleato si portò a Varna per impedire con una minaccia sul fianco la marcia su Costantinopoli. Seguì lo sgombero dei Principati da parte delle truppe dello zar, sgombero che iniziato alla fine di giugno, terminò il 2 agosto 1854. Frattanto truppe austriache e turche occuparono la regione, fermandosi al Prut.

Il corpo di spedizione alleato, decimato da una terribile epidemia di colera, non era però in grado d’inseguire i Russi nella malsana Dobrugia, dove alla deficienza dei mezzi di rifornimento si aggiungeva il pessimo stato delle strade rotabili. Fu deciso allora di trasportare la guerra in Crimea e di cingere d’assedio Sebastopoli, in quel tempo piazzaforte marittima, arsenale, deposito e stazione ordinaria della flotta russa nel Mar Nero. Ben difesa dal lato del mare da forti e batterie costiere con oltre 600 bocche da fuoco, lo era meno bene da quello terrestre, ritenendosi improbabile un attacco da quella parte: sita nel lato meridionale della rada omonima, constava della città propriamente detta e del sobborgo di Karabelnaja, dal quale era separata dalla baia del sud. Sette bastioni, uniti da cortine, la contornavano, di cui il 1°, 2°, 3° a difesa del sobborgo, gli altri quattro a difesa della città. Il lato settentrionale della rada era protetto verso terra da un vecchio forte detto del Nord.

ll corpo di spedizione alleato, forte di 50.000 uomini (di cui 30 mila Francesi su tre divisioni al comando del generale Saint-Arnaud, 21 mila e cinquecento Inglesi pure su tre divisioni al comando del generale Raglan, più un corpo di 7 mila Turchi), sbarcò presso Eupatoria, a nord di Sebastopoli, dal 14 al 18 settembre, senza incontrare resistenza. Il giorno 19 settembre iniziò la marcia verso sud e il 20 dello stesso mese vinse una prima resistenza sul fiume Alma (v.), oppostagli da un corpo nemico di circa 50 mila uomini, che gli sbarrava il passo.

La deficienza di truppe fresche, e più ancora l’indecisione dovuta alla mancanza di un comando unico alleato, impedirono tuttavia di sfruttare questo successo. Solo il 23 settembre 1854 gli alleati ripresero la marcia verso sud; ma giunti presso Sebastopoli, seppero che il principe Menšikov, comandante della piazza aveva fatto ostruire l’ingresso della rada mediante l’affondamento di parte della flotta, rendendo così impossibile il concorso della marina nel progettato assalto di viva forza del forte Nord. Decisero allora, gli alleati, di girare attorno alla città e portarsi a sud di essa, sull’altipiano di Chersoneso; e ciò allo scopo di assicurarsi una vicina base di operazione nel porto di Balaklava, al quale poi in seguito si aggiunsero le baie di Kamyš e di Kasatch. Menšikov frattanto, ostruito l’ingresso della rada e resi disponibili per la difesa terrestre gli uomini, le artiglierie e tutti il materiale della marina, aveva inviato le truppe esuberanti a Bachisaraj per proteggere le comunicazioni della piazza con Simferopoli e la Russia meridionale.

ll 29 settembre 1854 il generale Saint-Arnaud moriva di colera e gli succedeva nel comando del corpo francese il generale Canrobert (v.). Così soltanto il 7 ottobre si poterono iniziare le prime operazioni per l’investimento della piazza; gl’Inglesi si schierarono di fronte ai primi 3 bastioni (sobborgo di Karabelnaja) e i Francesi agli altri 4 (città). Un corpo misto di osservazione (francese, inglese e turco) fu posto a guardia del rovescio delle truppe assedianti, e lungo i monti Sapune per congiungersi alle difese di Balaklava. Il 17 ottobre successivo si procedette al tentativo di demolire col tiro delle artiglierie le difese della piazza, ma la reazione dell’artiglieria nemica fu tale da sconsigliare l’attacco, per cui venne iniziato l’assedio regolare con lavori di zappa e di mina, in direzione dei bastioni 3° (Inglesi) e 4° (Francesi). Dalla parte opposta i Russi, oltre a moltiplicare le opere di difesa, si spinsero innanzi con lavori di contrapproccio.

Il 25 ottobre essi tentarono un colpo di mano su Balaklava, ma vennero respinti. Il 5 novembre, avendo ricevuti rinforzi dall’armata del Danubio, attaccarono l’accampamento degl’Inglesi con due colonne, una proveniente dal sobborgo, e l’altra dalle alture di Inkerman, attraverso la Cernaia (Černaja). La tenace resistenza degl’Inglesi e il pronto accorrere di rinforzi francesi riuscirono ad aver ragione della sorpresa e della superiorità numerica del nemico, in un’epica e sanguinosa lotta che passò alla storia col nome di battaglia d’Inkerman (10.700 perdite russe contro 4500 degli alleati).

La cattiva stagione fece rincrudire le epidemie che infierivano nel corpo di spedizione; ma mentre gl’Inglesi non riuscivano a mantenere a numero il loro effettivo che nel gennaio 1855 si era ridotto a 10.000 uomini, nella stessa epoca i Francesi avevano portato il loro a 70.000, suddiviso in tre corpi d’armata. Nel febbraio successivo, per consiglio del generale del genio Niel, i lavori d’approccio vennero intensificati in direzione della torre di Malakov, interposta fra il 2° e il 3° bastione. Per la deficienza delle loro forze, gl’Inglesi si ridussero all’attacco del 3° bastione, cedendo la zona a destra – compresa la torre – al 2° corpo francese. Il 17 dello stesso mese i Russi attaccarono Eupatoria difesa da 25.000 Turchi venuti con Omer pascià dai Principati danubiani. L’attacco non essendo riuscito, Menšikov, umiliato per il nuovo scacco, si dimise e venne sostituito nel comando dal principe Michele Gorčakov.

Continuavano nel frattempo i lavori d’approccio, alternati da periodi d’intenso bombardamento, cui però non succedeva l’attacco per l’indecisione dei comandanti. Il generale Canrobert, stanco di subire lc pressioni di Napoleone III che desiderava la lotta in campo aperto contro le truppe di Bachčisaraj, mentre lord Raglan non voleva abbandonare l’altipiano di Chersoneso, cedette il comando in capo al generale Pélissier, ritornando a comandare la sua divisione (19 maggio). Il generale Pélissier, energico ed autoritario, seppe resistere alle pressioni dell’imperatore, e guadagnare la simpatia inglese partecipando con una divisione alla spedizione contro Kerč. Frutto della spedizione fu la cattura d’immensi magazzini russi, e il dominio del Mare d’Azov (24 maggio 1855).

Intanto era stato deciso l’intervento del Piemonte, che si era impegnato a partecipare alla guerra con un corpo di 15 mila uomini, ordinato su due divisioni di 2 brigate ciascuna. In tutto 20 battaglioni di fanteria, 5 di bersaglieri, un reggimento di cavalleria e 36 cannoni. Queste truppe salpavano da Genova in tre scaglioni successivi, fra il 28 aprile e il 15 maggio, agli ordini del generale Alfonso La Marmora. Comandavano Ie due divisioni i generali Durando e Alessandro La Marmora. In più vi era una brigata di riserva. Il primo scaglione giunse il 9 maggio a Balaklava, quando vi infieriva il colera, che cominciò subito a mietere le sue vittime fra le truppe. Ciò nonostante, il comandante chiese ed ottenne di portarsi, insieme con due divisioni francesi, sulla nuova linea di osservazione stabilita sulla Cernaia per aderire anche ai desiderî già espressi da Napoleone III. I Francesi si fortificarono sui monti Fediukhine e i Piemontesi sul monte Hasford, spingendo innanzi un sistema di avamposti ed eseguendo frequenti ricognizioni. Nel contempo proseguivano da parte del corpo d’assedio i lavori d’approccio e di mina, ai quali Russi opponevano lavori di contrapproccio e di contromina e sanguinose sortite.

Il giorno 16 agosto 1855 il principe Gorčakov, cedendo alle pressioni del proprio governo, mosse con sei divisioni (circa 70.000 uomini) all’attacco del corpo di osservazione alleato, forte di poco più di 40.000 uomini. L’attacco venne iniziato prima dell’alba contro gli avamposti sardi situati sull’altura di Ciorgune, al di là della Cernaia. I.Sardi resistettero eroicamente, e ripiegarono di trincea in trincea, sino al ridotto “Rocca dei Piemontesi” (sempre al di là della Cernaia), soltanto quando si videro accerchiati. La resistenza sarda diede ai Francesi il tempo di mantenere le loro posizioni. Contro il ponte Traktir ed i monti Fediukhine si rovesciarono allora le falangi russe, sempre respinte dai vigorosi contrattacchi francesi; mentre i Sardi con tiri di fucileria e di artiglieria micidialissimi battevano il fianco dell’assalitore. Alle ore 10 i Russi iniziavano il ripiegamento, non molestato dagli alleati per ordine di Pélissier, mentre il La Marmora già aveva preparato le truppe per il contrattacco (v. cernaia).

L’8 settembre 1855, dopo tre giorni di un terribile bombardamento, gli alleati mossero all’assalto di Sebastopoli, raggiungendo quasi ovunque le sconvolte difese nemiche: ma solo nella ridotta Malakov riuscirono ad affermarsi (divisione Mac Mahon) resistendo ai sanguinosi contrattacchi russi. Nella notte Gorčakov, riconosciuta inutile ogni resistenza, ripiegava con le sue truppe nel forte Nord, dopo aver fatto saltare batterie e depositi di munizioni, dato fuoco alla città, e affondata la flotta. All’azione del giorno 8 concorse la brigata Cialdini, ma non poté essere impiegata essendo la sua azione subordinata alla riuscita degli attacchi laterali.

Caduta Sebastopoli, venne rinforzato il corpo di osservazione sulla Cernaia, eseguite ricognizioni, compiuta una spedizione a Kinburn per impadronirsi delle foci dell’Oder (17 ottobre 1855). Intanto era sopraggiunto l’inverno, e convenne prepararsi a svernare sulle nuove posizioni, costruendo ricoveri e strade. Durante questo tempo il trattato di Parigi chiudeva le ostilità.

Il bilancio delle perdite subite dai varî eserciti che la guerra aveva riuniti attorno al Mar Nero fu il seguente: non precisato il numero dei morti e feriti russi, in cifra approssimata calcolati a 110.000 morti. La Francia ebbe 80.000 morti, di cui 10.240 solamente uccisi dal nemico; l’Inghilterra 22.000, di cui 2800 sul campo di battaglia. La Turchia ebbe complessivamente 35.000 morti. Il piccolo Piemonte diede in olocausto, in pochi mesi di campagna, 2200 delle sue giovani esistenze di cui 200 alla Cernaia e 30 nell’attacco di Sebastopoli. Le rimanenti furono vittime del colera e fra le più dolorose perdite dovute al morbo fu quella del generale Alessandro La Marmora (v.), fratello del comandante la spedizione (morto il 7 giugno 1855 e sostituito nel comando dal generale Trotti) e del generale Ansaldi, morto l’11 luglio. Il 12 ottobre 1855 morì anche il generale Montevecchi, in seguito a ferite riportate nel combattirnento della Cernaia.

La regina d’Inghilterra istituì due medaglie commemorative, l’una per i militari inglesi, l’altra per i militari degli eserciti alleati che avevano partecipato alla campagna prima del 9 settembre 1855. Vittorio Emanuele II istituì un’altra medaglia per i militari dell’esercito sardo che non avessero potuto conseguire quella inglese.

Bibl.: P. De La Gorce, Histoire du second Empire, Parigi 1894-1904, I; H. Friedjung, Der Krimkrieg und die österreichische Politik, 2ª ed., Stoccarda 1911; M. Degli Alberti, Per la storia dell’alleanza e della campagna di Crimea, Torino 1910; E. Bapst, Les origines de la guerre de Crimée. La France et la Russie de 1848 à 1854, Parigi 1912; E. Ollivier, in Revue des deux mondes, 1 e 15 marzo 1898.

 
 

Storia della Crimea

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Storia della Crimea

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1leftarrow blue.svgVoce principale: Crimea.

La storia della Crimea ebbe inizio nell’antichità quando fu abitata da CimmeriSciti e Greci.

Antichità[modifica | modifica wikitesto]

 

La colonia greca di ChersonesusSebastopoli

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Regno del Bosforo Cimmerio.

I primi abitanti della Crimea dei quali si sono trovate tracce certe erano i Cimmeri che furono espulsi dagli Sciti nel VII secolo a.C., fra i loro antichi re si tramanda il nome di Tauri: si trattava di due popoli che vivevano nelle steppe della pianura sarmatica.

Gli Sciti lasciarono a testimonianza della propria presenza alcuni kurgan[1]. Nel 110 a.C., sotto il re Scylurus, essi posero addirittura la propria capitale in Crimea, a Neapolis.

Tuttavia agli inizi del nuovo millennio, a causa della crescente pressione dei Sarmati, la loro presenza si sfaldò.

 

Le colonie greche in Crimea nel V secolo a.C.

Nello stesso periodo in cui gli Sciti dominavano l’area settentrionale della Crimea, a partire dal VI secolo a.C., i Greci fondarono diverse colonie sulle coste della penisola che chiamavano “Chersoneso Taurico” o Tauride. I Dori provenienti da Eraclea Pontica fondarono Chersonesus, presso l’odierna Sebastopoli, mentre gli Ioni di Mileto fondarono sull’estremità orientale della penisola TeodosiaPanticapeo, la futura capitale del Regno del Bosforo Cimmerio, nonché NinfeoCimmericoTiritache e Mirmecio[2].

 

Espansione del regno del Bosforo

Due secoli dopo (438 a.C.) l’arconte, o governatore delle città ioniche intorno al Bosforo Cimmerio (stretto di Kerč) assunse il titolo di Re del Bosforo, uno stato che mantenne stretti legami con Atene, rifornendo la città di farina e altri beni. L’ultimo di questi re, Perisade V, pressato dagli Sciti, si pose sotto la protezione di Mitridate VI, Re del Ponto, nel 114 a.C.. In quest’epoca anche Chersoneso entrò a far parte del Regno del Bosforo. Dopo la morte di Mitridate VI, suo figlio Farnace II, come ricompensa per l’assistenza resa ai Romani nella guerra contro il padre, venne investito da Pompeo nel 63 a.C. del Regno del Bosforo. Nel 15 a.C. venne di nuovo restituito al Re del Ponto, ma da qui in poi figurò come regno cliente dell’Impero romano.

Durante il periodo delle invasioni barbariche la Crimea subì prima l’invasione dei Goti nel 250, che si insediarono nella regione a nord delle montagne, lasciando sussistere a sud il regno del Bosforo. La comunità dei Goti di Crimea sopravvisse fino al XVIII secolo. Nel 376 la penisola subì l’invasione degli Unni che invece misero fine al regno del Bosforo.

Medioevo[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra di Crimea (988).

Intorno all’anno 400 i Bizantini, continuatori dell’Impero romano, recuperarono il controllo della parte meridionale della penisola e lo mantennero fino al 717. Nello stesso periodo nella parte centrale della Crimea continuavano a vivere i Goti, mentre l’area settentrionale subiva le vicende della pianura sarmatica: dopo la disgregazione dell’Impero Unno, a metà del VI secolo, vi fu l’ondata dei Proto-bulgari, durante il VII secolo, e poi, alla fine dello stesso secolo, i Cazari. Nel 717 questo popolo invase l’intera Crimea e la governò per più di un secolo.

L’imperatore bizantino Teofilo riconquistò ancora una volta la costa meridionale della Crimea attorno all’840 e la inquadrò nell’Impero come “Thema Cherson” dal nome della capitale[3]. A nord delle montagne rimanevano i Cazari, sostituiti nell’882 dai Peceneghi.

A metà del X secolo Svjatoslav I di Kiev sottomise i Goti[4] e conquistò la parte orientale della Crimea; quest’ultima all’inizio del secolo successivo divenne parte del principato russo di Tmutarakan’. Nel 989 Vladimiro I di Kiev s’impadronì per breve tempo anche della costa bizantina ed a Cherson si convertì al cristianesimo. In seguito, tuttavia, restituì la costa meridionale ai Bizantini, che ne mantennero il controllo fino al 1091.

In tale anno i Cumani invasero la Crimea e vi si stabilirono. Durante il secolo successivo, in ogni modo, Cherson e il suo thema furono ripristinati sulla costa meridionale e durarono fino al 1204, quando Costantinopoli cadde in mani veneziane.

Il dominio genovese[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Gazaria (colonia genovese) e Principato di Teodoro.

Nel XIII secolo due avvenimenti mutarono l’ordine internazionale del Mar Nero e delle steppe eurasiatiche.

Innanzitutto nel 1204 la quarta crociata, guidata dai Veneziani, portò alla temporanea scomparsa dell’Impero bizantino. La costa crimaica rimase nell’area controllata da uno degli stati nati in seguito alla disgregazione dell’Impero d’Oriente, l’Impero di Trebisonda, che chiamò l’area in questione Perateia.

Qualche decennio dopo le steppe eurasiatiche furono sconvolte dall’invasione dei Mongoli, che non risparmiò la Crimea. La penisola fu invasa nel 1237 da Batu Khan, che pose fine al domino cumano, e la parte settentrionale fece parte del canato dell’Orda d’Oro per due secoli. La popolazione cumana rimase, peraltro, a vivere nella penisola e costituì la base etnica dei Tatari di Crimea.

Nel 1261, in seguito al trattato di Ninfeo, i Genovesi sostituirono i Veneziani nel controllo degli stretti del Mar Nero e nel 1266 riuscirono a conquistare alcuni porti sulla costa meridionale della Crimea per utilizzarli come basi d’appoggio per i commerci con i popoli dell’interno. Si stabilirono a SebastopoliCembaloSoldaiaTana e soprattutto Caffa, ove stabilirono un’imponente colonia, dal carattere multietnico. L’insieme dei domini genovesi in Crimea si chiamava “Gazaria” (dal nome dei Cazari) ed ebbe fine nel 1475, ovvero ventidue anni dopo la caduta di Costantinopoli[5][6].

I Genovesi, tuttavia, non avevano conquistato tutti i territori del Thema Cherson: una parte di essi erano rimasti sotto il controllo del governatore bizantino, il quale peraltrò si dichiarò indipendente dando vita al Principato di Teodoro, che durò anch’esso fino al 1475. Bisogna infine menzionare la presenza in quest’epoca di Armeni “cerchessogai[7] di cui sono testimonianza numerose chiese e monasteri.

Khanato di Crimea[modifica | modifica wikitesto]

 

La Crimea nel XVII secolo

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Khanato di Crimea.

Nel frattempo le popolazioni turche che diverranno note come Tatari di Crimea, discendenti di vari popoli pervenuti in questa penisola in epoche diverse, fra cui particolare importanza avevano i Cumani, nella fase di disgregamento dell’Orda d’Oro, fondarono a partire dal 1427 un Khanato di Crimea separatista e ne offrirono la corona a Haci Giray, un mongolo discendente diretto di Gengis Khan e pretendente al trono dell’Orda d’Oro. Il canato occupava il nord della penisola e i khan risiedevano prima a Solkhat (Eski-Qirim), e a partire dall’inizio del XV secolo a Bachčysaraj.

Tra i Tatari di Crimea viveva una comunità di ebrei Caraiti, principalmente a Chufut Kale. Comunità ebraiche meno numerose e molto più antiche si trovavano anche a Derbent e Madjalis.[8]

Le città commerciali in mano ai genovesi ed il principato di Teodoro vennero conquistate dal generale turco ottomano Gedik Ahmet Pascià nel 1475 e divennero una provincia dell’Impero ottomano. Mentre i Khan di Crimea, a partire dalla stessa data, governarono come principi tributari dell’Impero Ottomano per circa tre secoli.

La provincia ottomana di Crimea, che comprendeva anche la penisola di Taman, inizialmente era un sangiaccato con capoluogo Caffa (in turco Kefe)[9]. Nel 1568 essa fu elevata ad eyalet (l’Eyālet-i Kefê)[10] e tale rimase fino al 1774, quando fu ceduta al Khanato di Crimea.[11]

Nella nuova provincia turca Armeni e Greci del Ponto erano ormai una minoranza di dhimmi e non ci sarebbero stati altri cristiani in Crimea fino all’arrivo dei Russi nel 1783.

Per due secoli, fino all’inizio del Settecento, il canato organizzò una significativa tratta degli schiavi con l’Impero Ottomano ed il Medio Oriente, esportando circa due milioni di schiavi razziati nelle steppe della Polonia-Lituania e della Russia[12].

Nel 1736, nel corso della guerra russo-turca del 1735-1739, la Crimea fu occupata e devastata dalle truppe russe al comando del feldmaresciallo Burkhard Christoph von Münnich che tuttavia dovette poi ritirarsi in Ucraina. L’anno successivo vi irruppero nuovamente le truppe russe del generale Peter Lacy, che tuttavia dovette nuovamente lasciare il campo. Vi ritornò lo stesso Lacy nell’estate del 1738 ma le devastazioni precedenti avevano reso la penisola incapace di fornire assistenza e vettovaglie alle truppe di occupazione e i russi si ritirarono per la terza volta. Il trattato di Nissa che pose fine alla guerra ebbe come conseguenza la cessione ai russi del porto di Azov, mentre il Khanato di Crimea rimase uno stato vassallo della Sublime Porta.

Alla fine della successiva guerra russo-turca del 1768-1774, i russi vincitori imposero all’Impero ottomano la pace di Küçük Kaynarca del 1774, in base alla quale il Khanato di Crimea perse il suo stato di signoria vassalla della Sublime Porta e divenne formalmente uno stato indipendente, ma di fatto entrò nella sfera di influenza della Russia. L’imperatrice Caterina II decise di concentrare gli insediamenti degli ebrei russi in Crimea per crearvi una zona-cuscinetto utile al respingimento dei turchi oltreconfine. Adottò quindi una politica bivalente nei confronti delle comunità ebraiche, di tipo repressivo per gli altri insediamenti esistenti nella sua giurisdizione territoriale, e di importante incentivo economico per le migliaia di giovani che nel XIX secolo si trasferirono in questa regione.[13][14]

La corona riconobbe i titoli nobiliari dei tatari autoctoni, assorbendoli nella nobiltà russa; inoltre, ebbe cura del clero islamico al quale non espropriò le terre e i relativi di superficie (waqf), riconoscendo anzi ad essi un ruolo amministrativo mediante l’Amministrazione Spirituale Maomettana della Tauride.[15] Ciononostante, in un secolo più di 900.000 musulmani emigrarono dalla Crimea.[16]

Infine, nel 1784, approfittando dei conflitti di potere sorti all’interno della famiglia del Khan di Crimea, le truppe russe entrarono nel Khanato a sostegno del Khan, il quale offrì loro l’intero territorio: l’annessione fu ufficialmente proclamata l’8 gennaio 1784. L’Impero ottomano reagì con molto ritardo a questa invasione dichiarando guerra alla Russia (guerra russo-turca del 1787-1792) solo il 13 agosto 1787, ma ne uscì sconfitto e con il Trattato di Iassy del 1792 la Crimea entrò definitivamente a far parte dell’impero russo.

Impero russo[modifica | modifica wikitesto]

 

Il Nido di rondine, uno dei romantici castelli costruiti dall’élite russa in Crimea.

Fra il 1802 ed il 1921 la Crimea costituì il Governatorato della Tauride dell’Impero Russo. Particolare importanza acquistò Sebastopoli quale porto della Flotta del Mar Nero.

Nel 18541855 la Crimea fu il principale teatro della Guerra d’Oriente, che perciò è oggi nota come “Guerra di Crimea”: gli eserciti congiunti di Gran BretagnaFrancia e Regno di Sardegna riuscirono ad espugnare la cittadella militare russa di Sebastopoli, così ponendo termine alle mire espansionistiche dell’Impero Russo verso Costantinopoli. Le truppe piemontesi si distinsero soprattutto alla battaglia della Cernaia e ciò servì ad ottenere l’appoggio anglo-francese al progetto di Unità d’Italia[17]. La guerra devastò il tessuto economico e sociale di Crimea e i Tatari che la abitavano furono costretti ad abbandonare la loro madrepatria non solo per le conseguenze della guerra ma anche per le persecuzioni e le confische di cui furono vittime. I sopravvissuti al viaggio, alla fame e alle malattie si stabilirono nella Dobrugia, in Anatolia e in altri luoghi dell’Impero ottomano.

I Tatari di Crimea divennero una minoranza nella penisola, mentre la maggioranza di essi viveva nella diasporaAlla fine il governo russo decise di fermare il processo, e l’agricoltura iniziò a soffrire a causa dell’abbandono delle terre fertili.[Incomprensibile]

All’inizio del Novecento Jalta divenne la più elegante località balneare russa, con ville, palazzi e alberghi.

Prima guerra mondiale e guerra civile russa[modifica | modifica wikitesto]

Nel periodo fra la rivoluzione d’Ottobre e la fine della guerra civile russa si susseguirono molti governi di breve durata, effetto prima dell’occupazione tedesca durante la prima guerra mondiale, poi della guerra civile. Questi governi furono:

Unione Sovietica[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Crimea e Assedio di Sebastopoli (1941-1942).

In seno alla RSSF Russa nel 1921 fu istituita la Repubblica autonoma Socialista Sovietica di Crimea.

La Crimea fu teatro di alcune delle più sanguinose battaglie della Seconda guerra mondiale. I tedeschi soffrirono pesanti perdite cercando di invaderla attraversando l’Perekop, nell’estate del 1941. Quando i tedeschi riuscirono a irrompere, occuparono gran parte della Crimea, con l’eccezione della città di Sebastopoli (che ottenne poi il titolo di Città eroica). Sebastopoli resistette dall’ottobre 1941 fino al 4 luglio 1942, quando i tedeschi riuscirono infine a prenderla.

Nel 1942, a causa dell’avanzamento della Wehrmacht in Ucraina e in Crimea, le minoranze nazionali presenti sul territorio finirono deportate con l’accusa di collaborazionismo seguendo l’infelice destino della minoranza tedesca, già deportata nell’agosto 1941 durante l’Operazione Barbarossa.

Durante la seconda guerra mondiale l’intera comunità degli Italiani di Crimea (formatasi a partire dal 1830 a seguito di un flusso migratorio proveniente soprattutto dalla Puglia) è stata accusata di collaborazionismo con i tedeschi e deportata a partire dal 29 gennaio 1942. Chi sfuggì al primo rastrellamento fu catturato e deportato l’8 e il 10 febbraio 1942: l’intera comunità, compresi i rifugiati antifascisti che si erano stabiliti a Kerč, venne radunata e costretta a mettersi in viaggio verso i Gulag. Meta della deportazione fu il Kazakistan, che gli italiani raggiunsero in vagoni piombati. Dove Attualmente circa trecento discendenti degli italiani di Crimea vivono ancora a Kerč, dove fecero ritorno nel periodo poststaliniano.[18]

Nel 1944 Sebastopoli venne liberata dalle truppe sovietiche. Dopo la liberazione il 18 maggio 1944 l’intera popolazione dei Tatari di Crimea venne deportata dal regime sovietico di Stalin per punizione, in quanto i tatari, dopo aver creato la Wolgatatarische Legion, avevano combattuto a fianco delle truppe del Terzo Reich. Si stima che il 46% dei deportati morì per la fame e le malattie.[19]

Nel 1967 i Tatari di Crimea vennero riabilitati, ma venne loro impedito di tornare legalmente in Crimea fino agli ultimi giorni dell’Unione Sovietica[19].

Al termine della seconda guerra mondiale, di cui ospitò la Conferenza di Jalta, la Crimea fu trasformata in un oblast’ della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR).

Nel 1954, per volontà di Nikita Chruščëv e su decreto del Praesidium del Soviet Supremo dell’URSS, la sovranità sull’oblast′ di Crimea fu trasferita alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina (RSSU).[20] La decisione fu presa per commemorare il 300º anniversario del trattato di Perejaslav col quale la Riva sinistra ucraina, cioè il territorio ucraino a oriente del fiume Dnipro, scelse di unirsi alla Russia; il consenso obbligatorio al trasferimento stabilito dall’articolo 16 della Costituzione della RSFSR del 1937 e dall’articolo 18 della Costituzione dell’URSS del 1936 venne formalizzato da entrambe le repubbliche mediante una delibera dei loro rispettivi governi (i Praesidium dei Soviet Supremi), benché l’articolo 33 della Costituzione della RSFSR che non contemplasse la possibilità di cambiare i confini della stessa se non attraverso un referendum popolare.[21]

La decisione del leader sovietico Nikita Chruščёv del 1954 è stata osteggiata da gran parte della popolazione di origine russa ed è stata in passato causa di tensioni tra Russia e Ucraina[22].

La Crimea nell’Ucraina indipendente[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica autonoma di Crimea.

Dopo il collasso dell’Unione Sovietica del dicembre 1991, la Crimea proclamò l’autogoverno il 5 maggio 1992, ma in seguito accettò di rimanere all’interno dell’Ucraina indipendente come repubblica autonoma. Le lingue ufficiali nella Crimea durante il periodo ucraino erano il russo, l’ucraino e la lingua tatara di Crimea.

La Crimea ha costituito il maggior punto di attrito territoriale fra Ucraina e Russia, contenzioso che nel 1995 sembrò superato con la creazione della Repubblica autonoma di Crimea con la quale l’Ucraina concesse maggior autonomia alla penisola.[20][23][24]

L’importante città di Sebastopoli, base navale storica della flotta del Mar Nero, si trova all’interno della repubblica, ma ha goduto di uno statuto di municipalità speciale in Ucraina[25].

Nel 2001 la popolazione della Repubblica autonoma di Crimea era per il 58,5% di etnia russa e per il 24,4% di etnia ucraina[26]. La minoranza etnica dei tatari di Crimea, che nel 2001 formavano il 12,1% della popolazione[26], discende direttamente dal periodo della dominazione del Khanato di Crimea. Fino alla fine del XIX secolo, i tatari rappresentavano la maggioranza della popolazione, poi, in seguito alla massiccia immigrazione russa ed ucraina, sono diventati una minoranza fino quasi a scomparire a causa della deportazione di massa verso l’Asia centrale effettuata da Stalin nel 1944. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica i tatari poterono ritornare in Crimea.

Occupazione e annessione russa[modifica | modifica wikitesto]

 

Truppe russe sprovviste di insegna (“omini verdi“) all’esterno della sede del parlamento di Simferopoli, il 1 marzo 2014

 

Da sinistra a destra: Sergej V. Aksënov, primo ministro di Crimea, Vladimir A. Konstantinov, Presidente del Consiglio supremo di Crimea, il presidente russo Vladimir Putin e Aleksej Čalyj, sindaco di Sebastopoli, firmano il trattato di adesione della Repubblica di Crimea alla Federazione Russa

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi della Crimea del 2014Circondario federale della Crimea e Repubblica di Crimea (Federazione Russa).

Nel 2014 la Crimea è stata occupata militarmente e annessa alla Russia come Repubblica di Crimea a seguito di un referendum popolare avvenuto il 16 marzo, non seguito da osservatori accreditati presso paesi occidentali, in cui il 95,4% dei votanti ha votato per l’annessione alla Russia. Unione europea e NATO, così come la stragrande maggioranza degli stati membri ONU, non riconoscono l’annessione della Crimea e hanno adottato sanzioni politiche ed economiche nei confronti della Federazione Russa.

Come conseguenza della crisi ucraina del 2013/2014 (EuromaidanRivolta di Kiev), dopo la destituzione del presidente ucraino Viktor Janukovyč e l’insediamento a Kiev di un governo provvisorio di orientamento filo-occidentale a differenza del precedente, dal febbraio 2014 la Crimea fu nuovamente al centro di tensioni tra la Russia e l’Ucraina. Il 26 febbraio, le forze russe in uniforme senza insegne presero il controllo militare della penisola di Crimea. La Russia inizialmente sostenne che questi armati fossero forze locali di autodifesa, ma in seguito ammise che tra loro c’erano militari russi, che divennero noti col nomignolo di “omini verdi[27] confermando i rapporti dei media non russi.[28][29][30][31][32][33][34][35]

 

Omini verdi russi bloccano una base militare ucraina nel Distretto di Sinferopoli

Il 27 febbraio 2014 sulle sedi del governo e del parlamento locale, dopo un blitz armato, le bandiere ucraine sono state sostituite dalle bandiere russe.[36] Il nuovo governo di Kiev ha denunciato l’occupazione militare della penisola da parte dell’esercito russo.[37] Mentre l’esercito russo assumeva il controllo delle basi militari ucraine in Crimea, il 6 marzo 2014 il Consiglio supremo della Repubblica autonoma di Crimea, votò all’unanimità la dichiarazione di indipendenza dall’Ucraina, a cui fece seguito il giorno dopo un atto analogo da parte del Consiglio municipale di Sebastopoli,[38][39] e l’11 marzo entrambi gli enti rappresentativi approvarono una mozione con cui chiesero l’adesione alla Federazione Russa.[20]

Il referendum del 16 marzo 2014[40] confermò l’annessione alla Russia con il 96,77% di voti favorevoli e con una partecipazione dell’83,1% degli aventi diritto al voto, nonostante l’annunciato boicottaggio del Mejlis, la maggiore organizzazione rappresentativa dei tatari di Crimea.[41][42] Tale referendum è stato considerato illegittimo e illegale e non riconosciuto dalla comunità internazionale, in quanto in violazione di norme cogenti del diritto internazionale, e condotto sotto occupazione militare. Il 17 marzo il Presidente russo Vladimir Putin firmò il decreto di riconoscimento dell’indipendenza della Repubblica di Crimea e di Sebastopoli come città dotata di “status autonomo speciale”, a cui fece seguito la firma del trattato di annessione alla Federazione Russa, trattato che fu ratificato dalla Duma russa il 20 marzo 2014.[43][44][45]

Per effetto del trattato, la Russia istituì il circondario federale della Crimea comprendente la Repubblica di Crimea e la città federale di Sebastopoli. Il trattato prevedeva un periodo di transizione fino al 1º gennaio 2015, durante il quale sarebbero stati gradualmente risolti i problemi d’integrazione in campo economico, finanziario, creditizio e legale.[46] Il 24 marzo 2014 il rublo fu introdotto come moneta legale in Crimea, sebbene la grivnia ucraina avrebbe potuto circolare in parallelo fino al 1º gennaio 2016, mentre stipendi, pensioni e tributi sono da allora pagati solo in rubli.[47] Nel marzo 2015 le autorità russe hanno disposto il ritiro della licenza di trasmissione della stazione televisiva ATR al servizio dei Tatari, provocando la reazione del segretario generale del Consiglio d’EuropaThorbjørn Jagland.[48]

Il 20 novembre 2015 vengono abbattuti i piloni dell’alta tensione verso la Crimea, causando un black out che coinvolgeva 2,5 milioni di persone[49] con ripercussioni sull’intero sistema sociale della regione. Dopo delle parziali riattivazioni con risorse della regione[50], il 2 dicembre 2015 la Crimea viene collegata in maniera definitiva al sistema elettrico russo tramite un elettrodotto sottomarino sul Mar Nero[51]. Il 28 luglio 2016 viene soppresso il circondario federale della Crimea, per “aumentare l’efficienza del lavoro delle parti della federazione”, e inglobato nel circondario federale meridionale.[52] Il 18 settembre 2016 per la prima volta gli abitanti della Crimea partecipano al voto per le elezioni parlamentari della Federazione Russa.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Atlante di Archeologia, Garzanti, 1994
  2. ^ Atlante Storico, Touring Club Italiano, Milano
  3. ^ Atlante Storico, De Agostini, Novara, 1979
  4. ^ Crimea in Enciclopedia Italiana.
  5. ^ Giovanni Forcheri, Navi navigazione a Genova nel Trecento. Il Liber Gazarie, Bordighera, Istituto internazionale di studi liguri, 1974
  6. ^ J.M. Pardessus, Collection des lois maritimes antérieurs au XVIII siècle, Parigi, Imprimerie Royale, 1837, rist. Torino, Gaudenzi, 1968, vol. IV, pag. 423-434
  7. ^ (FR) Claude Mutafian e Éric Van Lauwe, Atlas historique de l’Arménie, Autrement, coll. «Atlas / Mémoires», 2005, pagine 84-85
  8. ^ Meira Polliack, Karaite Judaism: A Guide to Its History and Literary Sources, BRILL, 12 dicembre 2003, p. 849.
  9. ^ (EN) Alan W. Fisher, The Crimean Tatars, Hoover Press, 1978, p. 35, ISBN 978-0-8179-6662-1.
  10. ^ Nejat Göyünç, Osmanlı Devleti’nde Taşra Teşkilâtı (Tanzimat’a Kadar), Osmanlı, Cilt 6: Teşkilât, Yeni Türkiye Yayınları, Ankara, 1999, ISBN 975-6782-09-9, p. 77. (TR)
  11. ^ (EN) Gábor Ágoston e Bruce Alan Masters, Encyclopedia of the Ottoman Empire, Infobase Publishing, 2009, p. 125, ISBN 978-1-4381-1025-7.
  12. ^ Darjusz Kołodziejczyk, come riferito in Mikhail Kizilov, Slaves, Money Lenders, and Prisoner Guards:The Jews and the Trade in Slaves and Captivesin the Crimean Khanate, su The Journal of Jewish Studies, 2007, p. 2.
  13. ^ Jeffrey Veidlinger, Una Crimea ebraica?, su radiospada.org, 21 aprile 2014.
  14. ^ P. A. Palmieri, L’Ebraismo in Russia. statistica e condizioni sociali, in Rivista Internazionale di Scienze Sociali e Discipline Ausiliarie, vol. 43, Fasc. 169, gennaio 1907), pp. 3-33, JSTOR 41595309.
  15. ^ Aldo Ferrari e Elena Pupulin, Dalla Tauride alla TavridaIntroduzione al mito della Crimea nella cultura russa (PDF), in La Crimea tra Russia, Italia e Impero ottomano, p. 9.
  16. ^ Andreej Zubov, Breve storia della Crimea, in Mangiarotti, Don Gabriele (a cura di), La storia della Russia nel XX secolo. Citazione: Durante i 100 anni di dominio russo, da Caterina II ad Alessandro II complessivamente dalla Crimea emigrarono 900.000 musulmani.
  17. ^ “Eco della Storia” puntata del 13 aprile 2014
  18. ^ Giulia Giacchetti Boico, Giulio Vignoli, L’olocausto sconosciuto: lo sterminio degli italiani di Crimea (PDF), su monarchia.it. URL consultato il 4 marzo 2014 (archiviato dall’url originale il 18 aprile 2011).
  19. ^ Salta a:a b Unrepresented Nations and Peoples Organization: yearbook – Unrepresented Nations and Peoples Organization – Google Libri Unrepresented Nations and Peoples Organization: yearbook 1996 – Unrepresented Nations and Peoples Organization
  20. ^ Salta a:a b c Crimea nell’Enciclopedia Treccani, su treccani.it. URL consultato il 3 maggio 2014.
  21. ^ Aleksandr Korolkov, Quel dono di Krusciov, in Russia Beyond The Headlines, 16 marzo 2014. URL consultato il 3 maggio 2014.
  22. ^ (ENTelegraph, su The Telegraph. URL consultato il 28 febbraio 2022.
  23. ^ Cinque domande sulla Crimea, in Russia Beyond The Headlines, 4 marzo 2014. URL consultato il 3 maggio 2014.
  24. ^ Yuri Girenko, L’incognita della Crimea, in Russia Beyond The Headlines, 22 febbraio 2014. URL consultato il 3 maggio 2014.
  25. ^ Quotidiano Nazionale, LA SCHEDA Crimea, dal regalo di Krusciov alla tensione Mosca-Kiev, su Quotidiano Nazionale, 27 febbraio 2014. URL consultato il 28 febbraio 2022.
  26. ^ Salta a:a b (ENComposizione etnica della Repubblica Autonoma di Crimea secondo i dati del censimento ucraino del 2001, su 2001.ukrcensus.gov.ua. URL consultato il 4 marzo 2014.
  27. ^ Yuras Karmanau e Vladimir Isachenkov, Vladimir Putin admits for first time Russian troops took over Crimea, refuses to rule out intervention in Donetsk, in National Post, Associated Press, 17 aprile 2014. URL consultato il 10 maggio 2014.
  28. ^ (ENWarning shots end OSCE Crimea entry bid – Europe, in Al Jazeera English, 8 marzo 2014.
  29. ^ Ukraine crisis: Russia vows troops will stay, in BBC, 3 marzo 2014.
  30. ^ Sam Jones, US scorns Russia’s version of Crimean intervention, su Financial Times, 21 febbraio 2014.
  31. ^ OSCE team say Crimea roadblock gunmen threatened to shoot at them, su reuters.com, Reuters. URL consultato il 14 marzo 2014 (archiviato dall’url originale il 12 marzo 2014).
  32. ^ Gunmen Seize Government Buildings in Crimea, in The New York Times, 27 febbraio 2014. URL consultato il 1º marzo 2014.

    «Masked men with guns seized government buildings in the capital of Ukraine’s Crimea region on Thursday, barricading themselves inside and raising the Russian flag after mysterious overnight raids that appeared to be the work of militant Russian nationalists who want this volatile Black Sea region ruled from Moscow.»
  33. ^ Armed men seize two airports in Ukraine’s Crimea, Yanukovich reappears, Reuters, 1º marzo 2014. URL consultato il 30 aprile 2019 (archiviato dall’url originale il 28 febbraio 2014).
  34. ^ Putin ready to invade Ukraine; Kiev warns of war, Reuters, 1º marzo 2014. URL consultato il 30 aprile 2019 (archiviato dall’url originale il 16 giugno 2014).
  35. ^ Telecom services sabotaged in Ukraine’s Crimea region, United Press International. URL consultato il 28 febbraio 2014.
  36. ^ Ucraina, in Crimea barricate filorusse – Iatseniuk eletto premier all’unanimità, su tgcom24.mediaset.it, 27 febbraio 2014. URL consultato il 4 marzo 2014.
  37. ^ La Russia pronta alla guerra in Ucraina, su lastampa.it, 1º marzo 2014. URL consultato il 4 marzo 2014.
  38. ^ (ENUkraine Crisis Deepens as Sevastopol Votes to Join Russia, in RIA Novosti, 7 marzo 2014. URL consultato il 3 maggio 2014.
  39. ^ (ENCrimea’s Parliament Decides to Secede to Russia, in RIA Novosti, 6 marzo 2014. URL consultato il 3 maggio 2014.
  40. ^ Ucraina: la Crimea chiede di unirsi alla Russia, referendum il 16 marzo[collegamento interrotto]
  41. ^ (ENCrimeans Celebrate Landslide Vote to Join Russia, in RIA Novosti, 17 marzo 2014. URL consultato il 3 maggio 2014.
  42. ^ (ENCrimean Tatar Minority to Boycott Secession Vote, in RIA Novosti, 7 marzo 2014. URL consultato il 3 maggio 2014.
  43. ^ (ENRussia Recognizes Crimea’s Independence, in RIA Novosti, 17 marzo 2014. URL consultato il 3 maggio 2014.
  44. ^ (ENRussia, Crimea Sign Historic Reunification Treaty, in RIA Novosti, 18 marzo 2014. URL consultato il 3 maggio 2014.
  45. ^ (ENState Duma Ratifies Crimea Reunification Treaty, in RIA Novosti, 20 marzo 2014. URL consultato il 3 maggio 2014.
  46. ^ (RUДоговор между Российской Федерацией и Республикой Крым о принятии в Российскую Федерацию Республики Крым и образовании в составе Российской Федерации новых субъектов, su kremlin.ru. URL consultato il 3 maggio 2014. (Trattato fra la Federazione Russa e la Repubblica di Crimea sull’adesione alla Federazione Russa della Repubblica di Crimea e sullo stabilimento di nuovi soggetti entro la Federazione Russa)
  47. ^ La Crimea passa al rublo, ma circola ancora valuta ucraina, in TM news, 24 marzo 2014. URL consultato il 3 maggio 2014 (archiviato dall’url originale il 4 maggio 2014).
  48. ^ Copia archiviata, su coe.int. URL consultato il 7 aprile 2015 (archiviato dall’url originale il 9 aprile 2015).
  49. ^ Ucraina. Dopo il blackout elettricità in Crimea, Kiev sospende traffico di merci con la penisola filorussa, su Il Fatto Quotidiano, 23 novembre 2015. URL consultato il 28 febbraio 2022.
  50. ^ ultimaora – flash news 24 Corriere della Sera – Ultime Notizie, su www.corriere.it. URL consultato il 28 febbraio 2022.
  51. ^ Sputnik Italia, La Crimea è collegata al sistema energetico unificato della Russia, su Sputnik Italia, 20151203T1108+0100. URL consultato il 28 febbraio 2022.
  52. ^ Putin integrates Crimea into Russia’s southern federal district, in TASS, 28 luglio 2016. URL consultato l’11 ottobre 2016.

Voci correlate

Innova Venture

Innova Venture

INNOVA Venture è il fondo della Regione Lazio dedicato al Venture Capital, gestito da Lazio Innova e finanziato attraverso le risorse comunitarie del POR FESR Lazio 2014 – 2020.

INNOVA Venture co-investe direttamente nel capitale di rischio delle imprese del Lazio esclusivamente insieme a investitori privati e indipendenti. È inoltre prevista la possibilità di:

  • operare attraverso Accordi Quadro di Coinvestimento con investitori di comprovata capacità interessati a investire strutturalmente nel Lazio, soprattutto in start-up nelle fasi più seed
  • coinvestire con capitali raccolti attraverso campagne di Equity Crowdfunding con le piattaforme autorizzate convenzionate attraverso veicoli societari ad hoc.

Il Fondo, lanciato a fine 2018 e pienamente operativo dal 2019, ha finora già effettuato 18 investimenti in 15 imprese per un totale di oltre 2,5 milioni di euro investiti.

OBIETTIVI

L’obiettivo di INNOVA Venture è incrementare l’offerta di capitale di rischio a favore di startup e PMI localizzate, o che intendono localizzarsi, nella regione Lazio con un effetto leva sui capitali di coinvestitori privati e un impatto sull’economia reale della regione.

CARATTERISTICHE

  • Dotazione del fondo € 21,8 milioni
  • Target: Imprese Ammissibili con sede operativa nel Lazio (esistente o prevista)
  • Settori ammissibili: Tutti (salvo specifiche e limitate esclusioni)
  • Fasi di investimento: seed, start-up, scale-up, expansion
  • limiti di investimento:
    • Investimento Iniziale minimo € 150.000 e massimo € 1,4 milioni
    • Investimento massimo (Iniziale + Follow on):  2,5 milioni
  • Durata dell’investimento prevista: fino a 8 anni

PRESENTAZIONE DELLE PROPOSTE

La versione aggiornata dell’Avviso Pubblico di INNOVA Venture è stata pubblicata sul BURL n. 117 del 16 dicembre 2021 e la presentazione delle relative Proposte è a partire dalle ore 12.00 del 16 dicembre 2021 fino alle ore 12.00 del 31 luglio 2023 (salvo esaurimento fondi).

La presentazione delle Proposte di investimento deve avvenire esclusivamente attraverso la piattaforma GeCoWEB Plus (gecoplus.lazioinnova.it) compilando l’apposito formulario di INNOVA Venture ivi presente e caricando tassativamente sulla medesimaprima della finalizzazione del formulario e della firma digitale, i seguenti documenti:

  1. il business plan completo a 5 anni (inteso come documento unitario e completo comprensivo della parte descrittiva e numerica del progetto imprenditoriale, come da Appendice 3 dell’Invito);
  2. le manifestazioni di interesse da parte di Co-investitori Privati indipendenti interessati a investire insieme a Innova Venture (redatte con il modello 1, se non vincolanti, o modello 2, se vincolanti, di cui all’avviso).

Si informa che l’ammontare aggiornato della dotazione finanziaria di Innova Venture al 30 novembre 2021 è pari a complessivi € 18.549.327,54.

Nota Bene: in caso di soggetti (Proponenti e/o Coinvestitori) non soggetti alla legislazione italiana è obbligatoria la nomina di un rappresentante (avvocato o revisore) italiano secondo quanto previsto all’art. 15 punto 3 dell’Invito.

ATTENZIONE: a partire dal 16/12/2021 non può più essere utilizzata ai fini della Proposta la modulistica di cui ai precedenti Inviti né la piattaforma GecoWEB.

 

 

Sviluppo economico: 15 Mln per incrementare la competitività di micro, piccole e medie imprese

Sviluppo economico: 15 Mln per incrementare la competitività di micro, piccole e medie imprese

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Sviluppo economico: 15 Mln per incrementare la competitività di micro, piccole e medie imprese

Presentato il bando per favorire la costituzione, l’avvio e il consolidamento delle Reti di imprese tra attività economiche su strada. Domande a partire da lunedì 28 marzo

28/03/2022

Incrementare la competitività di micro, piccole e medie imprese commerciali per valorizzare i territori del Lazio e migliorare la qualità della vita di cittadine e cittadini. Questo è lo scopo dell’avviso regionale da 15 milioni di euro, rivolto ai Comuni del Lazio e ai Municipi di Roma Capitale per favorire la costituzione, l’avvio e il consolidamento delle Reti di imprese tra attività economiche su strada. Le Reti consistono nell’aggregazione di attività economiche su strada, costituite con l’obiettivo di potenziarne la competitività e di renderle contestualmente volano per uno sviluppo territoriale sostenibile, nonché elemento di coesione e riconoscimento per la Comunità e per i visitatori e utenti esterni.

Il bando ‘Le Strade del Commercio’ è stato presentato oggi a Roma presso la Libreria Eli dal Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, dall’Assessora alle Attività Produttive e Pari Opportunità di Roma Capitale Monica Lucarelli e dall’Assessore regionale allo Sviluppo Economico, Commercio e Artigianato, Università, Ricerca, Startup e Innovazione Paolo Orneli.

“Con questa seconda edizione del bando ‘Le Strade del Commercio’ – commenta il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti – vogliamo dar un nuovo slancio allo sviluppo e alla competitività delle imprese del territorio. Micro, piccole e medie aziende rappresentano il fondamento dell’economia laziale, da queste realtà dipendono tante famiglie che mai come adesso hanno bisogno di sostegno. Giocano un ruolo molto importante i Comuni, i migliori conoscitori del territorio capaci di essere straordinari aggregatori. Apriamo un nuovo capitolo – conclude Zingaretti – in cui dai luoghi del Lazio nascono progetti condivisi per il bene di tutta la comunità”. “È una iniziativa che punta a sostenere le micro, piccole e medie imprese commerciali, a riqualificarle all’insegna dell’innovazione per sostenere il loro riposizionamento competitivo” dichiara l’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Commercio e Artigianato, Università, Ricerca, Startup e Innovazione Paolo Orneli. La Rete di imprese viene proposta da un promotore che individua i possibili partecipanti ed elabora un progetto di sviluppo. I partecipanti possono associarsi in forma giuridica societaria, consortile, come contratto di Rete o come associazione, da almeno 20 attività economiche facenti parte della Rete. Il programma di rete deve essere approvato dai Comuni del Lazio/Municipi di Roma Capitale, territorialmente interessati, che sono responsabili della sostenibilità nel tempo del progetto, della gestione e utilizzo del finanziamento regionale e della certificazione e rendicontazione della spesa. Il finanziamento massimo erogabile per ciascun programma di Rete è pari a 100mila euro, che verrà suddiviso in tre acconti rispettivamente del 30% il primo, del 60% il secondo che sarà concesso dietro rendicontazione intermedia delle spese sostenute e del 10% a saldo con rendicontazione delle spese complessive.

Le Reti possono essere:

  • territoriali: presenza in un territorio delimitato con offerta ampia ed eterogenea di attività economiche e di servizio;
  • di filiera: presenza di una molteplicità di attività economiche su strada appartenenti alla medesima specializzazione merceologica o comunque organizzate secondo un percorso integrato dell’offerta.

Un Comune può contenere più di una Rete di filiera e più di una Rete territoriale.

Saranno considerati fattori strategici delle Reti:

  • offerta di servizi e formule commerciali integrate, anche con soggetti non aderenti alla Rete;
  • connessione con punti di rilevanza del territorio;
  • buona accessibilità e sviluppo di mobilità sostenibile nel territorio di riferimento;
  • qualità urbana (es.: arredo urbano, aree verdi, segnaletica, pulizia, sicurezza, illuminazione);
  • per le Reti di filiera, la capacità di caratterizzarsi quale fattore identitario del territorio.
     

Gli interventi dovranno essere realizzati entro 18 mesi dalla data di ammissione a finanziamento

Le domande possono essere presentate dalle ore 9:00 di lunedì 28 marzo 2022 alle ore 24:00 del 30 giugno 2022.

Il bando è consultabile cliccando sul link: http://www.lazioeuropa.it/bandi/finanziamento_di_programmi_relativi_alle_reti_di_imprese_tra_attivita_economiche-865/

Le richieste di eventuali informazioni e chiarimenti potranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica : reticommercio2022@regione.lazio.it

 

Sociale: “Proroga pacchetti vacanza per persone con disabilità”

Sociale: “Proroga pacchetti vacanza per persone con disabilità”

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Ragazza disabile con amici in vacanza al tramonto - Foto di Andrii IURLOV da Adobe Stock

I soggiorni potranno essere organizzati anche nel mese di luglio, sono stati infatti prorogati i termini per la loro realizzazione.

11/05/2022

I pacchetti vacanza per persone con disabilità, finanziati dalla Regione Lazio e organizzati dagli Enti del Terzo Settore, potranno essere realizzati anche nel mese di luglio. Sono stati infatti prorogati i termini per la loro realizzazione. Tutti gli enti che sono stati ammessi al finanziamento potranno realizzare i soggiorni entro il 31 luglio 2022, nei tempi e con le caratteristiche previste dall’Avviso.

“Abbiamo deciso di attuare una proroga in virtù del numeroso interesse che ha suscitato questa misura – spiega l’assessore alle Politiche sociali, welfare, beni comuni e Asp Alessandra Troncarelli -. In questo modo ribadiamo la nostra vicinanza sia alle famiglie, dal momento che i ragazzi potranno partire anche nel mese di luglio che consentirà sicuramente di realizzare progetti abilitativi riabilitativi all’aperto, sia agli Enti del Terzo Settore, cui molti operatori saranno impegnati fino al mese di giugno anche nelle attività scolastiche che sono riprese completamente dopo le limitazioni legate alla diffusione del Covid. Allungando i tempi, garantiamo quindi la massima adesione ai pacchetti vacanza”.

“Con questa misura – conclude l’Assessore Troncarelli – vogliamo aiutare i ragazzi e giovani adulti a relazionarsi in momenti di socialità e aggregazione anche al di fuori del contesto familiare di riferimento. Inoltre, andiamo a sostenere anche i famigliari che ogni giorno si prendono cura dei propri cari cercando di coniugare questa necessità con le proprie esigenze lavorative e di vita”.

Per maggiori informazioni si rimanda all’Avviso Pubblico consultabile al seguente indirizzo eFamily  e al sito della Sovvenzione Globale efamily

Sono a disposizione dei richiedenti che ne abbiano bisogno i seguenti servizi di supporto: numero verde gratuito 800.279.948 (dal lunedì al venerdì: dalle 9:00 alle 12:30 e dalle 14:00 alle 17:30); l’indirizzo e-mail:
info@efamilysg.it

L’avviso della Regione Lazio rivolto agli Enti del Terzo settore si è chiuso il 31 marzo 2022 e ha messo a disposizione 5 milioni di euro per supportare le persone maggiorenni in condizione di disabilità nello svolgimento di soggiorni di socializzazione e di riabilitazione.

 

Regione Lazio: 2,9 milioni di euro per servizi educativi per l’infanzia

Regione Lazio: 2,9 milioni di euro per servizi educativi per l’infanzia

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Giovane maestra insegna ai piccoli a disegnare con carta e matite colorate - Foto di Krakenimages.com da Adobe Stock

Troncarelli: “Stanziati finora dalla Regione Lazio 27 milioni di euro. Vogliamo supportare tutti quegli strumenti che concorrono a un’adeguata crescita educativa dei più piccoli, garantendo una formazione di qualità”

Apertura di nuovi servizi educativi integrativi comunali; riqualificazione di edifici scolastici di proprietà pubblica; costruzione di nuove strutture pubbliche per realizzare “Poli per l’infanzia”; avvio di nuove Sezioni Primavera comunali. Queste alcune delle finalità da perseguire con gli oltre 2,9 milioni stanziati dalla Regione Lazio nell’ambito della programmazione delle risorse del Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino ai sei anni, per l’annualità 2021, che si vanno ad aggiungere alle precedenti risorse erogate, per un complessivo di 27 milioni.

“Già ad agosto 2021 siamo intervenuti con la prima quota di ripartizione delle disponibilità del Fondo nazionale – spiega l’assessore alle Politiche sociali, welfare, beni comuni e Asp Alessandra Troncarelli -. Con oltre 24 milioni abbiamo abbattuto i costi delle rette, aiutando le famiglie ad assicurare percorsi educativi di qualità ai loro figli; abbiamo investito sulla formazione continua del personale educativo e incentivato la riqualificazione degli edifici di proprietà pubblica destinati ai servizi di scuola dell’infanzia e asili nido. Oggi, con questi ulteriori 2,9 milioni, proseguiamo nella promozione, sul territorio regionale, di un sistema integrato di servizi educativi per la prima infanzia quantitativamente e qualitativamente omogeneo, in particolare, aumentando progressivamente il complessivo livello quantitativo”.

Con queste disponibilità la Regione Lazio vuole sostenere, nel primo biennio di attività, le spese di gestione dei Comuni, privi di servizi educativi comunali per la prima infanzia, che promuovano: la stipula di convenzioni con nidi privati e/o servizi integrativi; l’apertura di nuovi servizi integrativi comunali; l’avvio di nuove Sezioni Primavera comunali, ossia quei progetti educativi rivolti alle bambine e ai bambini di età compresa tra i 24 e i 36 mesi d’età per favorire un’effettiva continuità del percorso formativo; la stipula di convenzioni con nidi e/o servizi integrativi, con i Comuni limitrofi.

Allo stesso tempo, viene incentivata la riqualificazione degli edifici scolastici e la progettazione di “Poli per l’infanzia”, che accolgono in un unico plesso o edifici vicini più strutture di educazione e di istruzione per bambine e bambini fino a sei anni di età.

“Vogliamo supportare tutti quegli strumenti che concorrono a un’adeguata crescita educativa dei più piccoli, garantendo una formazione di qualità, pari opportunità di istruzione, una sana relazione tra bambine e bambini in modo da stimolare l’interazione e la condivisione – conclude l’assessore Troncarelli -. Inoltre, ribadiamo il nostro sostegno alle famiglie per stabilire un corretto equilibrio e bilanciamento tra la vita familiare e quella lavorativa, comportando una migliore organizzazione della routine quotidiana. Infine, attraverso l’incentivazione dei ‘Poli per l’infanzia’, puntiamo a consolidare il sistema integrato di educazione e istruzione dai primi mesi di vita fino al compimento dei sei anni di età e a favorire la continuità educativa dei più piccoli”.