Archivi giornalieri: 11 maggio 2022

Dimissioni e disoccupazione NASpI: guida completa e aggiornata

Dimissioni e disoccupazione NASpI: guida completa e aggiornata

Se “mi licenzio” ho diritto alla disoccupazione? Ecco quando Naspi e dimissioni sono compatibili: la nostra guida completa e aggiornata.

L’indennità di disoccupazione Naspi è un sussidio mensile che spetta al lavoratore che, a determinate condizioni contributive, perde involontariamente il proprio lavoro. Tuttavia come conferma anche l’INPS nel messaggio 369/2018 esistono numerosi casi in cui è possibile accedere alla NASpI anche a seguito di dimissioni.

Ma quindi la domanda è: se mi licenzio ho diritto alla disoccupazione? Ma prima di vedere se è possibile prendere la disoccupazione in caso di dimissioni andiamo con ordine e vediamo in breve cos’è la NASpI e quali sono i requisiti per eccedervi.

Cos’è la NASpI

Partiamo col dire che la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego è una prestazione a sostegno del reddito, istituita a partire dal 1° maggio 2015 con Decreto Legislativo 22/2015 in attuazione del Jobs Act che ha preso il posto della ASpI e mini ASpI che a loro volta avevano preso il posto della indennità di disoccupazione ordinaria e con requisiti ridotti.

Ricapitoliamo ora in breve quali sono i requisiti per accedere alla Naspi: stato di disoccupazione involontario e requisito contributivo. Ricordiamo che ad oggi il requisito lavorativo, ossia le 30 giornate di lavoro effettivo negli ultimi 12 mesi è stato abrogato.

Requisito contributivo e lavorativo NASpI

Per quanto riguarda gli ultimi due in breve, per poter accedere alla nuova disoccupazione Naspi il lavoratore deve poter far valere almeno 13 settimane di contribuzione contro la disoccupazione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione (requisito contributivo). Come detto in premessa il requisito lavorativo ovvero almeno trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione non è più necessario per accedere alla disoccupazione.

Inoltre a differenza delle vecchie disoccupazioni ordinaria e Aspi, non è più previsto il cosiddetto requisito di anzianità d’iscrizione il quale prevedeva che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, fossero trascorsi almeno due anni dal versamento del primo contributo contro la disoccupazione per poter accedere alla prestazione.

Requisito dello Stato di disoccupazione involontario

L’oggetto di questa guida è la possibilità di avere la Naspi a seguito di dimissioni o risoluzione consensuale. Per poter accedere alla indennità di disoccupazione infatti uno dei requisiti fondamentali, come elencato sopra è lo Stato di disoccupazione involontario.

E’ chiaro quindi che:

  1. se si lavora non si può prendere contemporaneamente la NASpI (anche se pure per questa affermazione esistono delle eccezioni);
  2. il lavoratore deve perdere il lavoro contro la sua volontà: quindi a seguito di licenziamento o fine contratto a tempo determinato. Ma anche per dimissioni per giusta causa, dimissioni nel periodo tutelato e altri casi come specificato in seguito.

Si considera inoltre disoccupato il lavoratore privo di impiego, che abbia dichiarato al Centro per l’Impiego la propria immediata disponibilità (D.i.d.) allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro.

Come anticipato sopra esistono però delle eccezioni alla “involontarietà” della perdita del lavoro. Ecco cosa sapere.

Naspi e dimissioni

Partiamo dal presupposto che l’indennità Naspi non spetta al lavoratore nel caso in cui il rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o risoluzione consensuale, tranne che nei casi di seguito specificati.

1. Dimissioni per maternità e NASpI

Il lavoratore può prendere la NASpI anche a seguito di dimissioni rese durante il periodo tutelato di maternità, ex D. Lgs 151/2001 art. 55. Per poter accedere alla Naspi le dimissioni devono essere date nel periodo che va dai 300 giorni prima della data presunta del parto fino al compimento del primo anno di vita del figlio.

Nota bene: la NASpI può essere richiesta solo se le dimissioni sono date presso la Direzione Territoriale del Lavoro (INL); non si potrà accedere alla disoccupazione con le normali dimissioni telematiche.

Per quanto riguarda il padre questo diritto si acquisisce solo se lo stesso ha usufruito del congedo obbligatorio in sostituzione della madre. Non è ben chiaro invece se il padre acquisisce questo diritto dopo aver usufruito del congedo papà obbligatorio.

2. NASpI a seguito di dimissioni durante il periodo di sospensione della disoccupazione

Il lavoratore ha altresì diritto a riprendere la NASpI nel caso in cui questa è sospesa, ma il rapporto di lavoro dura meno di 6 mesi, a prescindere se questo termina con le dimissioni anche volontarie del lavoratore.

La NASpI prevede infatti che se il lavoratore in disoccupazione trova un altro lavoro subordinato:

  • se da questo deriva un reddito annuale superiore agli 8145 euro lordi si produce la decadenza dalla prestazione;
  • se la durata del rapporto di lavoro non è superiore ai sei mesi si avrà la sospensione della NASpI.

La NASpI nel caso di nuova assunzione di durata inferiore ai 6 mesi viene sospesa e riprende d’ufficio in base alle comunicazioni obbligatorie Unilav, a prescindere se il rapporto di lavoro termina volontariamente o meno. Quindi anche a seguito di dimissioni volontarie in caso di NASPi sospesa si potrà ricominciare a percepire la disoccupazione. Tranne se con la nuova occupazione si perda lo status di disoccupato.

3. Naspi a seguito di dimissioni per giusta causa

Vediamo ora cosa c’è da sapere in merito alle “dimissioni per giusta causa e disoccupazione”, ovvero come avere la disoccupazione Naspi a seguito di dimissioni volontarie per giusta causa. L’INPS con la Circolare 94/2015 fa un breve elenco a titolo esemplificativo dei casi in cui il lavoratore può licenziarsi dal lavoro per giusta causa senza perdere il diritto alla disoccupazione.

Vediamo quali sono i requisiti per dare le dimissioni “per giusta causa” quindi se le dimissioni non sono riconducibili alla libera scelta del lavoratore; ma siano indotte da comportamenti altrui, idonei ad integrare la condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro.

La NASpI deve essere riconosciuta nei casi di dimissioni intervenute per giusta causa, ovvero quando si sia verificata una causa che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro, che “costringe” il lavoratore a dimettersi.

La giurisprudenza nel corso degli anni ha riconosciuto le dimissioni per giusta causa per i seguenti casi:

  • mancato pagamento della retribuzione;
  • aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
  • modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
  • mobbing, intendendosi per tale la lesione dell’equilibrio psico-fisico del lavoratore, a causa di comportamenti vessatori da parte dei superiori gerarchici o dei colleghi (per tutte, Corte di Cassazione, sentenza n. 143/2000);
  • notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione dell’azienda (Corte di Giustizia Europea, sentenza del 24 gennaio 2002);
  • spostamento del lavoratore da una sede aziendale ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” (Corte di Cassazione, sentenza n. 1074/1999).
  • comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente (Corte di Cassazione, sentenza n. 5977/1985).

Autodichiarazione della volontà di difendersi in giudizio

Contestualmente alla domanda di Naspi il lavoratore deve allegare una autocertificazione a norma di legge in cui dichiara la sua volontà di “difendersi in giudizio” nei confronti di un comportamento illecito del datore di lavoro, nonché altri documenti come ad esempio:

  • le diffide a pagare inviate al datore di lavoro;
  • gli esposti;
  • le denunce;
  • le citazioni;
  • i ricorsi d’urgenza ex art. 700 c.p.c.;
  • le sentenze;
  • ogni altro documento idoneo.

Deve inoltre impegnarsi a comunicare l’esito della controversia giudiziale o extragiudiziale. Qualora le dimissioni siano determinate da mancato pagamento della retribuzione, il lavoratore non dovrà più allegare alcuna dichiarazione da cui risulti la volontà di “difendersi in giudizio”.

Attenzione, se l’esito della controversia non riconosce la giusta causa di dimissioni, l’Inps recupererà la Naspi eventualmente corrisposta; così come già avviene nel caso in cui il lavoratore, a seguito di licenziamento giudicato illegittimo, viene reintegrato nel posto di lavoro.

Disoccupazione a seguito di dimissioni per matrimonio

In questo caso, anche se ci troviamo in un periodo tutelato, dare le dimissioni non permette di accedere alla indennità di disoccupazione.

Come ha confermato la Cassazione in diverse occasioni non spetta nessuna indennità di disoccupazione al lavoratore che presenti le proprie dimissioni in occasione del matrimonio.

Naspi e risoluzione consensuale

Così come per le dimissioni anche a seguito di risoluzione consensuale il lavoratore non ha diritto alla Naspi, tranne che in alcuni casi previsti dalla legge.

La risoluzione consensuale infatti non impedisce il riconoscimento della prestazione di disoccupazione, ossia si potrà accedere alla NASpI dopo:

  • la risoluzione consensuale nell’ambito della procedura conciliativa presso la Direzione Territoriale del Lavoro art. 7 L. n. 604 del 1966, come sostituito dalla Legge 28 giugno 2012 n.92;
  • il licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui D. Lgs n. 23 del 2015, proposta dal datore di lavoro entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (ex art. 6 della legge n.604 del 1966);
  • la risoluzione consensuale intervenuta a seguito del rifiuto del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici.

la NASpI non spetta infine a seguito a risoluzione consensuale con datore di lavoro avente meno di quindici dipendenti intervenuta nell’ambito del tentativo di conciliazione di cui all’articolo 410 cpc.

Disoccupazione e dimissioni nel periodo di prova

Molte volte ci viene chiesto se la NASpI spetta anche in caso di dimissioni nel periodo di prova. Purtroppo questo caso non rientra fra le possibili perdite involontarie del lavoro. Per cui non è possibile fare domanda di NASpI a seguito di dimissioni durante la prova lavoro.

Tuttavia è possibile fare richiesta se durante la prova si danno le dimissioni per giusta causa. Infine se le dimissioni durante il periodo di prova intervengono durante una sospensione della disoccupazione NASpI, così come specificato sopra, si potrà ricominciare a percepire l’indennità disoccupazione.

Disoccupazione e dimissioni per giusta causa: rifiuto trasferimento lavoratore 50 km

L’INPS ha rilasciato il messaggio n. 369 del 26 gennaio 2018 su Naspi e dimissioni confermando e ampliando quanto detto nella presente guida. Il messaggio, diretto alle sedi periferiche, non è stato pubblicato sul sito dell’Istituto, ma è stato reso noto da quotidiani importanti quali il Sole24Ore.

Il messaggio ha ad oggetto le ipotesi di richiesta di NASpI a seguito di:

  • rifiuto trasferimento lavoratore 50 km: rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblico;
  • accesso alla indennità di disoccupazione NASpi nelle ipotesi di risoluzione consensuale;
  • accesso alla NASpi nelle ipotesi di dimissioni per giusta causa a seguito del trasferimento del lavoratore.

L’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale spiega i casi in cui le dimissioni o la risoluzione consensuale permettono di accedere comunque alla disoccupazione, in quanto vi è comunque la perdita involontaria del lavoro. Quindi anche se la cessazione del rapporto di lavoro non è conseguenza di un atto unilaterale del datore di lavoro, come nel licenziamento, è consentito comunque l’accesso al trattamento di disoccupazione.

Messaggio INPS numero 369-2018 pdf

Rilasciamo il messaggio INPS in formato pdf, così come riportato dal Sole24Ore.

Farsi licenziare per prendere la disoccupazione: occhio ai rischi

Nel tentativo di poter accedere alla disoccupazione, quindi per lasciare il lavoro senza dare le dimissioni e poi prendere la NASpI, qualche lavoratore potrebbe pensare di farsi licenziare con dei trucchetti, magari seguendo consigli di colleghi e amici poco informati.

Ad esempio il lavoratore potrebbe abbandonare il posto di lavoro e non ripresentarsi, nell’attesa che il datore di lavoro lo licenzi. Occhio però, perchè potrebbero esserci delle conseguenze per tale comportamento. Ad esempio a seconda del tipo di lavoro e contratto individuale e CCNL, il datore di lavoro potrebbe pretendere un risarcimento dal lavoratore, oltre che trattenergli l’indennità di preavviso.

Inoltre, come ha recentemente sentenziato la Cassazione, se il comportamento del lavoratore è evidentemente messo in atto per farsi licenziare, il datore di lavoro potrebbe richiedere e ottenere il risarcimento del Ticket licenziamento dovuto all’INPS, che in alcuni casi può arrivare a oltre 1500 euro.

 

Assegno unico, come modificare la domanda già inviata

Assegno unico, come modificare la domanda già inviata

Con messaggio 1962 del 9 maggio, l’INPS chiarisce come modificare la domanda di assegno unico già inviata e come visualizzare i pagamenti.

Con il messaggio n. 1962 di lunedì 9 maggio, l’Inps ha dato ulteriori chiarimenti in merito ai meccanismi e alle regole relative all’assegno unico e universale per i figli a carico. In particolare l’istituto ha spiegato che sono ora disponibili nuove ed ulteriori funzioni nell’iter telematico di invio delle domande. Ci riferiamo alle istruzioni relative alla modifica della domanda già inviata, alla visualizzazione dei pagamenti e all’evidenza delle posizioni con anomalie e dati incompleti o errati.

Facendo seguito alla circolare n. 23 del 9 febbraio 2022 e ai precedenti messaggi e alle comunicazioni Inps in materia di assegno unico e universale, il citato messaggio di queste ultime ore fa così luce sulle ultime novità in tema di assegno unico e universale. In apertura ricordiamo altresì che detta prestazione rappresenta un sostegno economico alle famiglie, previsto per ciascun figlio a carico fino al compimento dei 21 anni (secondo determinate condizioni) e senza limiti di età per i figli disabili. La somma spettante cambia sulla scorta della condizione economica del nucleo familiare e dunque in relazione all’ISEE valido al momento della domanda.

Assegno unico, come modificare la domanda già inviata

Come spiega l’INPS per modificare una domanda di assegno unico già inviata bisogna andare all’interno della sezione “Consulta e gestisci le domande che hai presentato” cui si può accedere dalla home page del servizio web sull’assegno unico; da qui è possibile visionare i dati della domanda già presentata e accettata, e modificare con il tasto “modifica” i valori dei campi che seguono:

  • condizione di disabilità del figlio;
  • dichiarazione relativa alla frequenza scolastica / corso di formazione per il figlio maggiorenne (18-21 anni);
  • eventuale separazione / coniugio dei genitori;
  • il codice fiscale dell’altro genitore (a patto che questi non abbia già fornito la propria modalità di pagamento e non abbia già ottenuto un pagamento);
  • i criteri di ripartizione dell’assegno tra i due genitori sulla scorta di apposito provvedimento del giudice o dello stesso accordo tra i genitori;
  • spettanza delle maggiorazioni previste;
  • variazioni riguardanti le modalità di pagamento prescelte dal richiedente e dall’eventuale altro genitore.

Assegno unico, diritto a conguagli e condizione di disabilità: le ulteriori precisazioni dell’Inps

Nel messaggio n. 1962 in tema di novità assegno unico, Inps precisa che le modifiche in questione hanno effetto dalla data nella quale sono inserite in procedura. Dunque esse non comportano l’insorgenza del diritto a conguagli per importi arretrati, con l’eccezione della dichiarazione correlata alla condizione di disabilità del figlio/a – laddove preesistente alla modifica in domanda. In dette circostanze il richiedente deve inserire la data di decorrenza della disabilità.

L’istituto di previdenza tiene altresì a precisare che, per quanto riguarda la condizione di disabilità, essa deve risultare anche dall’ISEE familiare. Nel caso in cui tale informazione non sia presente nel quadro ad hoc della DSU, nel messaggio n. 1962 del 9 maggio è ricordato che è possibile chiederne la rettifica all’intermediario abilitato (CAF), che ha effettuato l’invio della stessa DSU. E ciò senza bisogno di ripresentare una nuova DSU.

Evidenza delle posizioni con anomalie o dati incompleti per l’assegno unico figli

Ulteriori chiarimenti dell’Inps, contenuti nel messaggio n. 1962 suddetto, attengono a quanto appare nella sezione “Consulta e gestisci le domande che hai presentato“. Ebbene, nella visualizzazione di riepilogo che appare al momento dell’accesso vi è anche un campo denominato “Evidenze”. Si tratta di una funzionalità che serve a mostrare all’utente che ha inserito la domanda di assegno unico, quelle che sono le eventuali problematiche emerse nell’ambito della fase istruttoria. Con la conseguenza di impedire il completamento della stessa.

Ebbene, l’Inps rimarca che in dette circostanze la domanda in oggetto può essere sbloccata, esclusivamente grazie all’iniziativa dell’interessato alla prestazione in oggetto. A quest’ultimo è infatti richiesto, ad esempio, di immettere ulteriore documentazione di supporto, oppure di precisare la sussistenza di un requisito. L’istituto dunque precisa che le anomalie o i dati incompleti si possono riferire – ad esempio  –  alla modalità di pagamento prescelta o alla necessità di altra documentazione da allegare a comprova dei requisiti per il diritto o la misura dell’assegno unico.

Leggi anche: libretti postali dormienti, quali sono e cosa fare per non perdere i soldi

Assegno unico, come visualizzare i pagamenti

Infine, nell’utile comunicazione citata e in relazione alla visualizzazione dei pagamenti, l’Inps altresì precisa che nella sezione “Consulta e gestisci le domande che hai presentato” – dopo avere compiuto l’accesso al dettaglio della domanda – è stato immesso un ulteriore tab con il nome “Pagamenti”.

Grazie ad esso l’interessato può visualizzare facilmente la lista dei pagamenti disposti dall’istituto di previdenza sociale – organizzati per competenza mensile con la specifica modalità di pagamento usata.

Ricordiamo infine che l’Inps ha cominciato a versare l’assegno unico e universale da marzo 2022, per coloro che hanno presentato domanda a gennaio e febbraio. Invece per gli interessati che fanno domanda entro il 30 giugno 2022, la prestazione è versata dal mese successivo; saranno inoltre pagati anche gli arretrati a cominciare dal mese di marzo. Infine coloro che fanno domanda dopo il 30 giugno non avranno diritto ad alcun arretrato.

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Esonero contributo ex CUAF e assegno unico: chiarimenti dall’INPS

Esonero contributo ex CUAF e assegno unico: chiarimenti dall’INPS

Chiarimenti INPS per i datori di lavoro esonerati dall’obbligo di versamento del contributo ex Cuaf alla luce dell’assegno unico.

L’INPS con messaggio numero 1921 del 5 maggio 2022 ha fornito importanti chiarimenti i merito all’applicabilità dell’esonero dal versamento del contributo ex CUAF per i datori di lavoro alla luce dell’entrata in vigore dell’assegno unico universale, in sostituzione degli assegni per il nucleo familiare e assegni familiari.

L’assegno unico non ha abrogato le prestazioni di Assegno per il Nucleo Familiare e di Assegni familiari per i nuclei familiari senza figli composti unicamente dai coniugi, dai fratelli, dai nipoti, nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi a un proficuo lavoro. La Legge no è intervenuta inoltre sulle norme in riferimento al contributo ex CUAF (Cassa Unica Assegni Familiari.

Pertanto l’INPS, su parere del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ritiene che l’esonero dal versamento del contributo ex CUAF rimane in vigore per i datori di lavoro che svolgono attività senza scopo di lucro o che garantiscono un trattamento di famiglia conforme alla legge verso tutti i nuclei familiari che non rientrano tra i beneficiari dell’assegno unico.

Assegno unico in sostituzione degli ANF

Come noto, a partire dal 1° marzo 2022, il Governo ha istituito il cd. “assegno unico e universale per i figli a carico”. Esso costituisce un beneficio economico attribuito, su base mensile, per il periodo compreso tra marzo di ciascun anno e febbraio dell’anno successivo, ai nuclei familiari sulla base della condizione economica del nucleo.

Tuttavia, con l’introduzione del predetto assegno unico, limitatamente ai nuclei familiari con figli e orfanili, a decorrere dal 1° marzo 2022, cessano di essere riconosciuti gli assegni per il nucleo familiare (ANF). Di conseguenza, con l’introduzione dell’assegno unico universale, sono cessate, limitatamente ai nuclei familiari con figli e orfanili, le prestazioni degli assegni per il nucleo familiare.

In ogni caso, restano in vigore le prestazioni di assegno per il nucleo familiare (ANF) e di assegni familiari (AF) riferite a nuclei familiari senza figli composti unicamente dai coniugi. Ad esclusione dei coniugi legalmente ed effettivamente separati, dai fratelli, dalle sorelle e dai nipoti, di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero senza limiti di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi a un proficuo lavoro.

A quanto ammonta il contributo CUAF?

Il contributo, come noto, per la generalità dei lavoratori dipendenti è pari allo 0,68% della retribuzione imponibile (cioè pari al 2,48% meno l’1,8% di sgravio riconosciuto dall’art. 120 della L. n. 388/2000 e dall’articolo 1, commi 361 e 362, della legge n. 266/2005). Per gli iscritti alla gestione Ipost il contributo è pari al 4,4%.

Sono esonerati dal versamento della contribuzione CUAF:

  • i datori di lavoro che non perseguono fini di lucro e che provvedono direttamente alla erogazione, ai propri dipendenti, dei trattamenti di famiglia in misura non inferiore ai minimi stabiliti per legge (associazioni sindacali, associazioni di categoria, partiti politici);
  • le aziende operanti all’estero in paesi con i quali non vigono accordi di sicurezza sociale oltre che le Amministrazioni dello Stato e gli Enti Pubblici.

È dovuto il contributo CUAF per l’assegno unico?

Tanto premesso, si rileva che il legislatore non è intervenuto sulle disposizioni afferenti agli obblighi contributivi per i datori di lavoro tenuti al versamento del contributo ex CUAF (Cassa unica assegni familiari), tantomeno con riferimento alle disposizioni che ne disciplinano l’esonero per determinati soggetti datoriali.

Al riguardo, su conforme parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, si evidenzia che possono continuare a beneficiare del regime di esenzione dell’obbligo di versamento del contributo ex CUAF, i datori di lavoro che non perseguono fini di lucro. Ciò si applica qualora garantiscano un trattamento di famiglia non inferiore a quello previsto dalla legge in relazione a tutte le tipologie di nuclei familiari che non rientrano nella platea dei beneficiari dell’assegno unico e universale.

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Pensione giornalisti 2022, come fare domanda da luglio: pronte le istruzioni Inps

Pensione giornalisti 2022, come fare domanda da luglio: pronte le istruzioni Inps

Con un messaggio dello scorso 4 maggio, l’Inps dà istruzioni per quanto riguarda la domanda di pensione giornalisti da luglio.

Dal primo luglio del 2022 le funzioni esercitate fino a questo momento dall’Inpgi, l’ente previdenziale dei giornalisti, saranno trasferite all’Inps. La duplice finalità dell’operazione è piuttosto evidente: da un lato reagire alla situazione di grave squilibrio finanziario della gestione – dovuto alla crisi dell’editoria tradizionale; dall’altro assicurare comunque la maturazione del diritto e la misura della pensione giornalisti.

A disporre l’assai significativa novità è stata l’ultima legge di Bilancio (commi 103 118 dell’art. 1), che dunque ha inteso altresì dare una concreta risposta sul piano della tutela previdenziale dei giornalisti dipendenti. Da notare peraltro che – dopo anni di discussioni a riguardo – la soluzione in oggetto è parsa alla fine la logica conseguenza, in uno scenario che vede il continuo calo di assunzioni regolari e il sempre maggiore utilizzo di lavoro precario. Mentre arrivano a pensionamento o prepensionamento molti iscritti.

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Ma dunque che cosa cambia di fatto per i giornalisti dipendenti Inpgi assorbiti nell’Inps da inizio luglio? Il recente messaggio n. 1886 dell’Inps fornisce utili chiarimenti a riguardo. I dettagli.

Pensione giornalisti 2022: il contesto di riferimento dal prossimo luglio

L’appena menzionato messaggio dello scorso 4 maggio 2022 consente di avere le prime indicazioni e istruzioni, in materia di domande di pensione decorrenti dal primo luglio prossimo.

In particolare la comunicazione Inps rimarca che l’ultima manovra ha disposto che la funzione previdenziale da parte dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola» (Inpgi) in regime sostitutivo delle corrispondenti forme di previdenza obbligatoria, sia trasferita limitatamente alla gestione sostitutiva, all’Inps – appunto con effetto dal primo luglio.

In concreto dunque cambia che da questa data sono iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD) i seguenti soggetti:

  • i giornalisti professionisti, i giornalisti pubblicisti e i praticanti iscritti all’albo negli appositi elenchi e registri, titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica;
  • con evidenza contabile separata, i titolari di posizioni assicurative e i titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti già iscritti alla data del 30 giugno 2022 alla gestione sostitutiva Inpgi.

Il messaggio n. 1886 del 4 maggio indica in particolare che il servizio “Prestazioni pensionistiche – Domande” è stato implementato, allo scopo di permettere ai soggetti interessati e ai patronati l’invio delle domande di prestazione pensionistica che – avendo decorrenza corrispondente o posteriore al primo luglio 2022 – saranno liquidate dall’istituto di previdenza.

Leggi anche: bonus 200 euro lavoratori e pensionati, ecco cos’è, come funziona e quando arriva

Pensione giornalisti, come fare domanda

L’Inps ha altresì indicato specifiche modalità di presentazione della domanda della prestazione pensionistica. In particolare, le richieste potranno essere effettuate con i seguenti canali:

  • in via diretta dal sito web www.inps.it, accedendo con SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di livello 2, CNS (Carta Nazionale dei Servizi) o CIE (Carta di identità elettronica 3.0). Il percorso che l’interessato deve seguire è il seguente: “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “Prestazioni pensionistiche – Domande“;
  • telefonando al Contact Center Integrato (numero verde 803164);
  • avvalendosi dei servizi web offerti dai patronati riconosciuti dalla legge.

Inoltre, successivamente alla scelta della domanda di interesse (pensione; ricostituzione; certificazione, ecc.), l’utente dovrà selezionare la gestione “Lavoratori Dipendenti“, grazie all’apposito menu a tendina, e poi il fondo “Inpgi”.

Leggi anche: Fondo impresa femminile, al via finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto nel nuovo bando Invitalia

Qual è l’importo della pensione giornalisti con il nuovo regime INPS

Abbiamo in precedenza ricordato che il regime pensionistico dei giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti titolari di rapporto di lavoro dipendente  – e iscritti alla gestione sostitutiva Inpgi – sarà dunque uniformato a quello degli iscritti al FPLD da inizio luglio. In buona sostanza la novità è altresì che l’importo della pensione sarà individuato dalla somma:

  • delle quote di pensione corrispondenti alle anzianità contributive conseguite fino al 30 giugno 2022, quantificate in applicazione delle disposizioni vigenti presso l’Inpgi;
  • delle quote di pensione corrispondenti alle anzianità contributive conseguite a partire dal primo luglio 2022, in applicazione delle disposizioni vigenti nel FLPD.

Nel rispetto del principio della continuità delle prestazioni previdenziali nei confronti degli iscritti Inpgi, ricordiamo inoltre che i soggetti già assicurati alla gestione sostitutiva Inpgi e che abbiano maturato entro il 30 giugno 2022 i requisiti previsti dalla normativa vigente Inpgi, conseguiranno il diritto alla prestazione pensionistica sulla scorta della stessa normativa.

Infine – in una logica di gradualità dell’introduzione delle innovazioni in oggetto – da inizio luglio 2022 al 31 dicembre 2023 l’assicurazione infortuni Inail sarà regolata ancora con l’assetto normativo Inpgi, mentre a partire dal primo gennaio 2024 varrà la disciplina prevista per il fondo FPLD. Analoghe considerazioni per i trattamenti di CIG e disoccupazione, i quali continuano ad essere regolati dalle norme Inpgi fino a fine 2023. Dal primo gennaio 2024  saranno invece applicate le regole Inps.

 

Il 1° maggio in busta paga: quanto spetta e cosa c’è da sapere

Il 1° maggio in busta paga: quanto spetta e cosa c’è da sapere

Il 1° maggio è stata la festa dei lavoratori: quanto spetta in busta paga? Ecco cosa prevede la legge su questa festività detta anche “bonus”.

Come è indicata la festività di domenica 1° maggio 2022 in busta paga? Il primo maggio è la festa dei lavoratori ed è una festività nazionale di tipo civile. Per questa ragione, così come accade per le altre festività civili, i lavoratori dipendenti troveranno questa giornata indicata nel cedolino paga con una retribuzione particolare rispetto alle altre, a seconda del giorno della settimana in cui si trova. Per quest’anno il giorno festivo era domenica, pertanto si tratterà di festività non goduta e la maggior parte dei lavoratori troveranno una sorta di bonus 1° maggio in busta paga come vedremo in seguito.

Vediamo quindi come viene computato il primo maggio 2022 nello stipendio, ma prima riepiloghiamo quali sono le festività civili e religiose valide su tutto il territorio nazionale e cosa prevede in generale la normativa sulle festività cadenti di domenica.

Quali sono le Festività civili e religiose in Italia

La legge, oltre che la contrattazione collettiva di primo e di secondo livello, prevede il diritto del lavoratore ad assentarsi dal lavoro nei giorni festivi previsti dalla normativa vigente, ovvero nei giorni di festività civili e religiose.

Le festività comuni a tutti i lavoratori sono:

  • 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno che sono festività civili nazionali;
  • 1 gennaio, 6 gennaio, lunedì di Pasqua, 15 agosto, 1 Novembre, 8 dicembre, 25 dicembre, 26 dicembre che sono festività religiose nazionali;
  • vi è infine una data variabile per il Santo Patrono del comune in cui è ubicata l’unità produttiva dell’azienda e che normalmente è indicata nella contrattazione collettiva o di secondo livello.

Cosa accade con le festività cadenti di domenica

Nei casi in cui l’8 dicembre cade di domenica, non si ha la possibilità di godere di una giornata di riposo aggiuntiva. Questo è quindi il classico caso di festività non goduta. Lo stesso vale se cade di sabato per i lavoratori con calendario settimanale di 5 giorni su 7, ovvero che non lavorano il sabato.

L’articolo 5, comma 3 della Legge 260/1949 prevede testualmente:

Qualora la festività ricorra nel giorno di domenica, spetterà ai lavoratori stessi, oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, anche una ulteriore retribuzione corrispondente all’aliquota giornaliera.

Tradotto in parole più semplici ogni lavoratore in questa situazione percepisce una giornata aggiuntiva di retribuzione.

Domenica 1° maggio 2022 in busta paga: vale la festività non goduta?

Il discorso della festività non goduta non vale per il 1° maggio. Infatti le festività civili nazionali del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno, sono sempre pagate.

Indipendentemente dalle previsioni del CCNL (contratto collettivo) applicato e dal giorno della settimana in cui cade (quindi anche di sabato e negli altri feriali). Ecco perchè si può anche chiamare bonus 1° maggio in busta paga. Quindi che sia una festività goduta o meno per il primo maggio troveremo sempre una giornata retribuita in più in busta paga.

Ciò appena enunciato non vale invece per le festività nazionali religiose per le quali bisognerà fare la distinzione per i giorni feriali, il sabato e la domenica.

Lavoro festivo il 1° maggio

Il lavoratore può essere chiamato a lavorare anche nel giorno di festività e quindi anche il primo maggio. Esempi classici sono i lavoratori del commercio e del turismo, della pubblica sicurezza o della Sanità.

In questi casi la legge prevede che nel caso di lavoro festivo il lavoratore ha diritto, oltre alla normale retribuzione della giornata lavorativa, anche ad una retribuzione maggiorata prevista dal contratto collettivo e in più ci verrà pagata la giornata di “Festività retribuita”.

Per approfondimenti vi rimandiamo alla lettura della nostra guida sul Lavoro festivo.

E’ obbligatorio lavorare nei festivi?

Ma è obbligatorio lavorare nei giorni di festività, ovvero nei giorni di calendario segnati di rosso. A differenza di altri diritti dei lavoratori, pensiamo ad esempio alle ferie (art. 36 della Costituzione) il diritto al riposo nei giorni festivi non è un diritto assoluto. Questo diritto non è cioè sancito dalla Costituzione, né regolato da una legge; per tale ragione vale ciò che prevedono i CCNL, gli accordi aziendali o di secondo livello, i contratti individuali, la giurisprudenza e la prassi in materia.

L’orientamento comune della Cassazione è concorde sul fatto che questo obbligo non può essere previsto nei CCNL, ma può essere previsto nel contratto individuale di lavoro.

In linea di massima quindi il lavoratore può rifiutarsi di lavorare nei giorni festivi, senza perdere il diritto alla normale retribuzione; tranne che l’obbligo non sia previsto da apposita clausola inserita nel contratto individuale di lavoro.

 

Registratore di cassa bloccato, cosa fare: ecco le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate

Registratore di cassa bloccato, cosa fare: ecco le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate

Cosa fare se il registratore di cassa è bloccato? Come fare l’invio telematico degli scontrini in caso di malfunzionamento della cassa.

Cosa fare se il registratore telematico non funziona correttamente ossia non permette di inviare i dati degli “scontrini” (ora documento commerciale) al Fisco? Come può essere assolto in tale situazione l’obbligo di memorizzazione elettronica e invio telematico dei corrispettivi giornalieri? A queste domande ha risposto l’Agenzia delle entrate con l’interpello n° 247/2022.

In realtà una risposta precisa su cosa fare con il registratore telematico fuori servizio poteva essere già colta dalla specifiche tecniche per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi.

Ecco i dettagli.

Cosa fare in caso di mancato funzionamento del registratore di cassa telematico?

La risposta n° 247/2022 prende spunto da apposita istanza di interpello e spiega cosa fare in caso di malfunzionamento della cassa, ovvero del registratore di cassa telematico.

Nello specifico, una società tenuta a rispettare l’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi, ha chiesto lumi all’Agenzia delle entrate sul corretto comportamento da adottare nei suoi punti vendita laddove il registratore di cassa sia rotto non funzioni correttamente.

Eventi che possono impedire  la memorizzazione e la trasmissione telematica dei corrispettivi (articolo 2, Dlgs n. 127/2015).

L’obiettivo della società è quello di sapere come evitare le sanzioni previste dagli articoli 6, comma 2-bis; 11, comma 2-quinquies e 12, comma 2, del Dlgs n. 471/1997.

Il parere dell’Agenzia delle entrate: risposta a interpello n°247/2022

In caso di malfunzionamento dell’RT, il primo passo da fare è quello di chiamare un tecnico abilitato. Inoltre, l’Agenzia delle entrate deve essere informata che il registratore è “fuori servizio“. In tal modo, il Fisco ha contezza del fatto che eventuali dati incompleti sono dovuti alla situazione di emergenza. Attenzione, in caso di malfunzionamento non comunicato automaticamente dal Registratore Telematico, l’esercente, o un suo delegato, può comunicare tramite il portale Fatture e Corrispettivi lo stato anomalo del registratore di cassa.

Detto ciò,  la predisposizione di apposito registro di emergenza per l’annotazione delle singole operazioni giornaliere rende non obbligatoria:

  • la trasmissione (o ritrasmissione) dei dati dei corrispettivi relativi alle operazioni effettuate nel periodo di malfunzionamento tramite la procedura di emergenza messa a disposizione dall’Amministrazione finanziaria ovvero
  • la certificazione dei corrispettivi con strumenti alternativi come le fatture.

Dunque, il registro di emergenza permette di sanare il malfunzionamento del registratore di cassa.

In aggiunta a quanto finora analizzato, l’Agenzia delle entrate precisa che:

  • la memoria dei singoli punti cassa può essere utilizzata in luogo del registro di emergenza;
  • qualora siano state rispettate le prescrizioni sopra analizzate, , liquidata in maniera corretta l’imposta – fatte salve specifiche ulteriori violazioni, non trovano applicazione sanzioni alcune.

Registratore di cassa bloccato, cosa fare? Le conclusioni

Laddove nonostante sia stato predisposto il registro di emergenza e l’imposta risulta correttamente liquidata ma il registratore di cassa non sia messo nello stato “fuori servizio”” ed abbia proceduto alla memorizzazione/invio di dati incompleti o non veritieri,  la sanzione applicabile è sempre quella dell’articolo 11, comma 2- quinquies, del d.lgs. n. 471 del 1997, ossia «euro 100 per ciascuna trasmissione».

Salvo che i dati si discostano da quelli reali per semplice arrotondamento legislativamente consentito o in caso di successivo corretto invio/re-invio entro i dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione. In tali ultimi due casi non si applica alcuna sanzione.

Infatti, così come previsto per le fatture elettroniche e analogiche, anche la trasmissione telematica dei dati può avvenire entro i 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione.

 

Assegno unico

Assegno unico e universale: nuove funzionalità nella procedura

Con il messaggio 9 maggio 2022, n. 1962 l’INPS informa che la procedura online per richiedere l’Assegno unico e universale per i figli a carico è stata arricchita con nuove funzionalità.

Le nuove funzionalità consentono di:

  • modificare la domanda;
  • visualizzare i pagamenti;
  • evidenziare le posizioni con anomalie o incompletezze.

Il messaggio descrive nel dettaglio le modifiche apportate alla procedura.

Sant’ Ignazio da Laconi

 
 

Sant’ Ignazio da Laconi


Nome: Sant’ Ignazio da Laconi
Titolo: Frate cappuccino
Nascita: 17 dicembre 1701, Laconi, Sardegna
Morte: 11 maggio 1781, Cagliari, Sardegna
Ricorrenza: 11 maggio
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Patrono di:Domusnovas

Ignazio nacque a Laconi, nel cuore della Sardegna, nel 1701. Nel piccolo paese vicino alle montagne del Gennargentu, crebbe timorato di Dio e ancora adolescente già praticava digiuni e mortificazioni; non frequento scuole e non imparò mai a scrivere, ma andava ogni giorno a messa e faceva ii chierichetto; di poche parole, parlava appena ii dialetto sardo. Ventenne, desideroso di mutar vita, scese a Cagliari, non per cercarvi posizioni economiche più agiate, ma per chiedere ai cappuccini di San Benedetto di essere accolto nel loro convento per consacrarsi a Dio.

I cappuccini, che conducevano una vita molto rigida, chiusero un occhio sulla sua malferma salute e nel 1721 gli permisero – con la mediazione del marchese di Laconi Gabriele Aymerich – di pronunziare la professione religiosa come fratello laico. Venne poi trasferito nel convento di Iglesias, destinato ai servizi pii umili nel convento e alla questua nella zona del Sulcis.

Come questuante Ignazio divenne una delle figure tipiche del capoluogo sardo. Lo si vedeva ogni giorno, bisaccia in spalla, per le vie della città, al porto, nelle bettole. Riceveva ii dono dal buon cuore della gente che lo amava e lo stimava, e dava in cambio ii calore della sua amicizia, di una buona parola, l’esempio evangelico di una vita umile, vissuta a fianco dei poveri, ai quali distribuiva parte di ciò che riceveva.

La sua morte nel 1781 fu pianta come la scomparsa di un amico, di una persona cara di cui si pensava impossibile un giorno la dipartita.

Le reliquie del santo riposano nella chiesa dei Cappuccini in viale Fra’ Ignazio, a Cagliari. Periodicamente le spoglie vengono portate in pellegrinaggio lungo tutta la Sardegna, un evento che richiama sempre numerosissimi fedeli.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Càgliari, in Sardégna, sant’Ignazio da Làconi, Confessore, dell’Ordine dei Minori Cappuccini, glorioso per umiltà, carità e miracoli, che il Papa Pio dodicesimo adornò degli onori dei Santi

ICONOGRAFIA

Nell’iconografia di Sant’Ignazio da Laconi viene quasi sempre rappresentato in venerazione davanti la Vergine Maria con il basto dei cappuccini e con un teschio sulla sua scrivania simbolo di molti santi che sottolinea la loro saggezza e la costante consapevolezza della propria mortalità.

Sant'Ignazio da Laconi

titolo Sant’Ignazio da Laconi

È sempre raffigurato con il saio da frate cappuccino anche all’aperto con una roccia al posto della scrivania e con un crocifisso. Non esisto grandi opere dedicate al santo, nonostante la sua grande popolarità le immagini dedicate a lui provengono quasi sempre dai santini a lui dedicati.

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Oggi 11 maggio si venera:

Sant' Ignazio da Laconi

– Sant’ Ignazio da Laconi
Frate cappuccinoIgnazio nacque a Laconi, nel cuore della Sardegna, nel 1701. Nel piccolo paese vicino alle montagne del Gennargentu, crebbe timorato di Dio e ancora adolescente già praticava digiuni e mortificazioni…
 

Domani 12 maggio si venera:

Santi Nereo e Achilleo

– Santi Nereo e Achilleo
MartiriSono due martiri gloriosi, molto venerati dal popolo cristiano. Da un frammento dell’epigrafe composta dal Papa S. Damaso e posta sulla tomba dei martiri si sa che i erano pretoriani di Nerone ed eseguivano…

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Oggi 11 maggio si recita la novena a:

– San Bernardino da Siena
I. Ammirabile s. Bernardino, che fatto orfano della madre in età di tre anni, e del padre in età di sei, e affidato alla direzione della virtuosissima vostra zia materna, approfittaste sì bene dei suoi…
– Sant’ Isidoro l’agricoltore
VI. Glorioso s. Isidoro, che vedeste più volte dai miracoli ricompensata la vostra carità verso poveri fino a trovare improvvisamente ridondante di provvigioni la vostra casa dopo averne esaurita ogni…
– San Mattia
I. Glorioso s. Mattia, che fin dalla vostra giovinezza conduceste una vita sì santa da essere universalmente riguardato come uno dei più degni d’essere elevato al grado d’Apostolo, ottenete a noi tutti…
– San Pasquale Baylon
I. Ammirabile s. Pasquale, che nella umiltà della vostra condizioni di guardiano di pecore, non per altro vi appigliaste allo studio delle umane lettere che per meglio conoscere Iddio o riverir con la…
– Beata Vergine Maria di Fatima
O Bambini tanto amati dalla Madonna, che avete sperimentato grandi sofferenze durante la vostra malattia e che serenamente le avete accettate fino all’offerta conclusiva della vostra vita, insegnate anche…