Archivi giornalieri: 15 marzo 2022

Santa Luisa de Marillac

 

Santa Luisa de Marillac


Nome: Santa Luisa de Marillac
Titolo: Vedova e religiosa
Nascita: 12 agosto 1591, Le Meux, Francia
Morte: 15 marzo 1660, Parigi, Francia
Ricorrenza: 15 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

Sebbene nata il 12 agosto 1591, si può dire che Luisa di Marillac è una Santa d’oggi e per oggi.

Proveniente da famiglia agiata, fin dalla fanciullezza frequenta gli studi propri della sua età e diviene abile nello svolgere i lavori domestici. Nella giovinezza prova una prima esperienza religiosa: vuole entrare nelle Suore Cappuccine, ma l’idea non ebbe seguito soprattutto per motivi di salute. A ventidue anni, morto il padre ed essendo già orfana di madre, sposa Antonio Le Gras, uomo onesto e credente. Alla fine di questo stesso anno diviene madre. Sempre fedele alla sua vita di pietà e all’amore verso i bisognosi, ha la fortuna di trovare nel suo cammino uomini che furono luminari nella sua epoca, come S. Francesco di Sales, i cui consigli dovevano esserle di così grande conforto in alcune difficoltà.

Vedova nel 1625 si vede libera di darsi interamente alla sua ardente vocazione: la carità verso i poveri. L’incontro con S. Vincenzo de’ Paoli darà il definitivo orientamento nella via del bene al quale vuole consacrarsi. Parigi conosce lo zelo, l’ardente carità di questa donna. Per opera di lei e per iniziativa di S. Vincenzo de’ Paoli sorge la Congregazione delle Figlie della Carità. Alle prime giovani contadine, giacché furono bonnes filles de champ le sue prime Suore, così diceva: «Onorate anche i malati e considerateli come i vostri padroni». Il loro campo d’azione è vasto e si estende dalla strada, da cui raccolgono gli infelici abbandonati, alle visite a domicilio, all’assistenza ai poveri.

Nelle umili e faticose opere della carità le Figlie della Marillac erano animate dai santi ideali che S. Vincenzo de’ Paoli fissava nella prima conferenza alla novella comunità: « Perfezionarsi senza sosta, per fare sempre più e meglio, per divenire migliori e più sante, per sempre far più bene attorno a sè »; e più tardi, parlando della regola che allora s’iniziava: « Le Figlie della Carità avranno per monastero una casa di malati, per cella una camera in affitto, per chiostro le strade della città o le sale degli ospedali, per clausura l’obbedienza, per cancello il timor di Dio, per velo la santa modestia ». Idee queste del tutto rivoluzionarie in quell’epoca.

Passando gli anni le opere si moltiplicano: l’assistenza ai vecchi, piccole scuole, ricoveri ai ragazzi senza tetto e il difficile apostolato fra i galeotti.

La caratteristica dell’opera della Santa è stata l’unione di due generi di vita: una solida e profonda pietà fondata sulla preghiera costante e viva, e una carità ardente, che spinge all’azione, all’apostolato, a darsi a tutti per l’amore di Dio. E questo nel lontano ‘600, quando tale genere di vita religiosa era sconosciuto alle donne che si consacravano a Dio. Le prime fatiche della Santa e delle sue compagne ebbero la fortuna, cosa insolita nelle opere del Signore, di essere ricompensate abbondantemente. Durante il primo anno di lavoro ben 760 persone traviate furono ricondotte a Dio.

Nel febbraio del 1660 Luisa s’ammalò per non rialzarsi più. Sono giorni di atroce sofferenza fisica: « Figlie mie, bisogna soffrire prima di morire ». « Vivete da buone cristiane ». Queste le ultime due raccomandazioni. Il giorno 15 marzo 1660 Luisa di Marillac s’addormenta nel Signore.

Venne beatificata il 9 maggio 1920 e canonizzata l’11 marzo 1934 dal Papa Pio XI.

PRATICA. La carità ardente e lo zelo apostolico sono segni sicuri della divina predilezione.

PREGHIERA. O Dio, Nostro Signore, degnati d accendere nelle anime nostre il fuoco della carità, per chè col suo bagliore possiamo illuminare le vie di que sto mondo, come un giorni:, fece S. Luisa di Marillac

MARTIROLOGIO ROMANO. A Parigi santa Luisa de Marillac, vedova Le Gras, Fondatrice, insieme con san Vincénzo de’ Paoli, delle Figlie della Carità, zelantissima nel soccorrere i poveri, dal Papa Pio undecimo ascritta nei fasti delle Sante

il manifesto

INTERNAZIONALE

Coscritti, immigrati, mercenari. Chi combatte davvero per la Russia?

Crisi ucraina. Le soluzioni poco ortodosse dell’élite militare di Mosca

L’esercito nei pressi di Irpin, a ovest di Kiev
 L’esercito nei pressi di Irpin, a ovest di Kiev

Chi sta combattendo davvero in Ucraina? Com’è noto in Russia i rapporti su quelle che Putin ha definito «operazioni speciali» sono filtrati nonostante la legge che prevede quindici anni di carcere per le notizie diverse da quelli ufficiali.
Ma le relazioni quotidiane del ministero della Difesa e i discorsi dello stesso Putin permettono alcune riflessioni su uno dei problemi più grandi per le truppe russe impegnate in Ucraina, che riguarda la qualità dello sforzo militare.

IL 4 MARZO al Consiglio federale la senatrice Lyudmila Narusova ha parlato per la prima volta di militari di leva mandati al fronte probabilmente con l’inganno e di sicuro senza la minima esperienza di combattimento. «Ieri è rientrato un gruppo di coscritti, il cui impiego avviene sulla base di un accordo volontario. Erano un centinaio. Solamente quattro sono sopravvissuti. Ho chiesto conferma al dipartimento militare. Il dipartimento ha rifiutato. Mi hanno accusata di fornire informazioni false. Perché rifiutano di discutere la veridicità di quelle notizie?».
Narusova è la vedova di Anatolij Sobchak, scomparso nel 2000. Putin è stato assistente di Sobchak a San Pietroburgo negli anni Novanta. Nel suo intervento Narusova ha anche detto che i soldati di leva «sono stati costretti a firmare il contratto, oppure qualcuno l’ha firmato per loro». L’8 marzo, in un discorso pubblico in occasione della Giornata della donna, Putin ha dichiarato che «coscritti e riservisti non parteciperanno mai ai combattimenti».
Il 10 marzo dal quartier generale della Difesa sulla Moscova il generale Igor Konashenkov ha ammesso per la prima volta la presenza di militari di leva sul territorio ucraino. «La maggior parte di loro è tornata in Russia», ha detto Konashenkov. Numeri non ne ha forniti, ma ha fatto sapere che alcuni dei coscritti facevano parte di una unità «catturata da un battaglione ucraino». Poche ore più tardi il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha parlato di «indagini» e di «punizioni» per gli ufficiali che hanno disatteso le consegne sulla composizione del contingente.

SU QUESTO specifico punto le perplessità crescono giorno dopo giorno, e lo scandalo dei militari di leva non pare un evento isolato. Secondo le stime dei servizi di intelligence occidentali alla fine di febbraio la Russia aveva schierato circa 130.000 soldati su tre confini terrestri con l’Ucraina: a nord, in Bielorussia, a est, a ridosso delle repubbliche ribelli di Donetsk e di Lugansk, e a sud, in Crimea. È difficile stabilire quanti di quegli uomini siano effettivamente sul territorio ucraino. Ma venerdì, dopo un colloquio in videoconferenza con il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, Putin ha aperto ai sedicimila rinforzi che sempre secondo Shoigu sarebbero in arrivo dal medio oriente. Il canale televisivo delle forze armate, Zvezda, ha trasmesso per tutto il pomeriggio le immagini di militari siriani pronti a combattere al fianco dell’esercito russo. Per loro Putin ha usato il termine «volontari». La settimana prima il ministero della Difesa aveva convocato l’attaché militare dell’ambasciata croata per avere spiegazioni su «duecento mercenari» che dal paese avevano raggiunto i «battaglioni neonazisti» in Ucraina. Alla Siria il Cremlino ha offerto appoggio contro l’Isis a partire dal 2015, e proprio a Damasco il ministro Shoigu ha incontrato il presidente Bashar al Assad alla vigilia delle operazioni in Ucraina.

La ricerca di manodopera per le operazioni speciali sarebbe in corso anche fra i lavoratori stranieri, in particolare fra quelli dell’Asia centrale che si trovano in Russia. Secondo il portale Eurasianet, i centri per l’immigrazione offrono da alcuni giorni una strada più rapida per ottenere la cittadinanza che passa per il servizio militare nelle zone di combattimento. Questo, insieme con il progressivo calo dell’occupazione nelle grandi città russe starebbe spingendo molti al ritorno in Uzbekistan, Kyrgyzystan e Tajikistan.

LA SCELTA IMPROVVISA di usare l’esercito per risolvere i colloqui sulla sicurezza con l’Europa e l’imprevedibile durata del conflitto stanno evidentemente costringendo l’élité militare putiniana a decisioni non ortodosse per mantenere il controllo sull’Ucraina.