Archivi giornalieri: 12 marzo 2022

Reddito di cittadinanza, ecco come viene speso il sussidio: indagine INPS

Reddito di cittadinanza, ecco come viene speso il sussidio: indagine INPS

Come viene speso il Reddito di Cittadinanza? Una recente indagine Inps aiuta a capire qual è l’uso del sussidio da parte dei beneficiari.

Reddito di Cittadinanza 2022

E’ noto che il reddito di cittadinanza rappresenta una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale. Il RdC ha ricevuto nuovi stanziamenti negli ultimi anni, a seguito dei nefasti effetti prodotti dall’accoppiata pandemia-lockdown sul mercato del lavoro e sull’occupazione in generale.

Proprio in riferimento al sussidio, è stata recentemente pubblicata un’indagine Inps su un campione dei beneficiari di questa misura di sostegno. Dalle analisi effettuate, è emerso che – grazie al RdC – nelle isole vi è stato maggiore ricorso a beni di consumo, rispetto alle regioni settentrionali e le altre meridionali.

Non solo: più di 2 percettori su 3 dichiarano di essere in posizione debitoria e quindi fortemente ‘dipendenti’ dall’erogazione di questo sussidio. Vediamo allora alcuni ulteriori dettagli sull’interessante indagine Inps in materia.

Reddito di cittadinanza, come viene speso? Ecco alcuni interessanti dati dell’indagine INPS

Ci riferiamo in particolare allo studio svolto dalla direzione centrale studi e ricerche dell’Inps, in collaborazione con le direzioni inclusione sociale-invalidità civile e organizzazione comunicazione interna dello stesso Istituto di previdenza.

Leggi anche: lavoro nero, in arrivo il Piano nazionale di contrasto. Obiettivi, strategie e tempistiche

In molti – anche tra coloro che non hanno i requisiti per ottenerlo – potrebbero chiedersi come di fatto viene utilizzato il reddito di cittadinanza, da parte dei relativi percettori e da chi sono composti questi ultimi.

Ebbene, alla luce dell’indagine Inps emergono le seguenti percentuali:

  • il 41,5% dei beneficiari lo ha utilizzato principalmente per i consumi;
  • i percettori del sussidio indebitati sono circa il 72,6 % del totale degli aventi diritto a questa forma di sussidio;
  • il 39,4% dei beneficiari indebitati ha dichiarato di essere riuscito a saldare completamente il debito o almeno a ridurlo;
  • il 58,1 della platea dei destinatari del Rdc è favorevole al pagamento del contributo su carta prepagata elettronica.

Insomma, non pochi percettori hanno usato il sussidio non soltanto per l’acquisto di beni e servizi necessari alla propria vita quotidiana e a quella della famiglia, ma anche per risolvere situazioni debitorie in cui versavano. Pensiamo ad es. alle spese accumulate e relative ai canoni di affitto o al mutuo.

Indagine Inps sull’uso del reddito di cittadinanza: consumi, differenze geografiche e per età

In base a quanto emerso dall’indagine Inps, pare che il RdC abbia avuto un effetto consistente:

  1. sulla riduzione dei vincoli di consumo legati a condizioni di estrema povertà
  2. e sul miglioramento della qualità della vita,

anche se una percentuale pari al 58,5% dei percettori afferma di disporre di un reddito insufficiente alle proprie necessità.

In ragione di ciò, per essi – si rileva nel dossier – non emerge un sostanziale aumento dei consumi, a differenza di percettori con una situazione economica meno fragile. Anzi, i consumi migliorano e sono più frequenti specialmente nelle categorie dei percettori meno ‘svantaggiati’: in linea generale ci riferiamo a uomini, nuclei familiari con un reddito sufficienti alle spese fondamentali, persone over 35.

Come accennato in precedenza, nell’analisi effettuata si fa notare che i beneficiari del RdC delle Isole (ma non nel Centro e nel Sud) hanno una più marcata propensione a dichiarare un incremento dei consumi, rispetto a chi risiede nelle regioni settentrionali.

Interessante notare anche che i maggiori consumi sono riconducibili in particolare a coloro i quali hanno un diploma o una laurea.

Grazie all’indagine Inps sul reddito di cittadinanza, si può altresì scoprire che una oggettiva crescita dei consumi è rintracciabile nelle fasce anagrafiche:

  • tra i 35 e 59 anni
  • e tra chi ha più di 59 anni

rispetto alle persone under 35.

Emerge inoltre che le donne sono meno spinte a collegare il sussidio a un aumento dei consumi, rispetto ai soggetti di sesso maschile.

Beni di prima necessità e miglioramento della qualità della vita

Il dossier Inps ci indica che reddito di cittadinanza ha prodotto degli effetti di allentamento dei vincoli al consumo di beni di prima necessità; tuttavia non è riuscito ad allentare i vincoli al consumo di beni non strettamente necessari.

In altre parole, emergerebbe che il RdC ha avuto un effetto significativo sulla riduzione dei vincoli di consumo legati a condizioni di estrema povertà.

Ma è pur vero che emerge che i percettori hanno un miglioramento nelle relazioni familiari e sociali e nel benessere psicologico e della propria salute.

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Contributo figli disabili da 150 a 500 euro mensili: come fare domanda

Contributo figli disabili da 150 a 500 euro mensili: come fare domanda

Contributo figli disabili 2022: dal 1° febbraio al 31 marzo al via le domande sul sito INPS. A chi spetta e come chiederlo? Guida completa

Bonus figli disabili

Bonus figli disabili 2022, dal 1° febbraio e fino al 31 marzo 2022 è possibile inoltrare all’INPS le domande per il contributo da 150 a 500 euro mensili per gli arretrati 2021 e per tutto il 2022 introdotto dalla Legge di Bilancio 2021. A renderlo noto è lo stesso Istituto con il Messaggio numero 471 e con la successiva circolare 39 del 2022. Il sussidio, non tassabile ai fini IRPEF, spetta, come detto sopra, per un importo da 150 euro e non superiore a 500 euro mensili a beneficio dei genitori disoccupati o monoreddito con figli a carico affetti da disabilità non inferiore al 60%.

Accedendo al sito dell’INPS tramite i consueti canali telematici (SPID, CiE 3.0 o patronato) gli interessati potranno inoltrare istanza per ricevere l’assegno figli disabili relativo al 2022 oltre alle quote arretrate 2021.

Analizziamo la misura a sostegno del reddito in dettaglio.

Contributo figli disabili da 150 a 500 euro mensili: cos’è e come funziona

L’articolo 1 comma 365 della Legge 30 dicembre 2020 numero 178 ha previsto un contributo mensile non superiore a 500 euro netti per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 a beneficio dei genitori disoccupati o monoreddito, appartenenti a nuclei familiari monoparentali con figli a carico colpiti da disabilità non inferiore al 60%. A copertura del sussidio si autorizza una spesa di 5 milioni di euro per ogni annualità del triennio 2021 – 2023.

Il successivo comma 366 rimanda ad un Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali la definizione dei criteri per l’individuazione dei destinatari e le modalità di presentazione delle domande di contributo e di erogazione dello stesso.

Il Decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, del 12 ottobre 2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il successivo 30 novembre, definisce in sei articoli:

  • Soggetti beneficiari;
  • Ammontare e caratteristiche del contributo mensile;
  • Modalità di pagamento e di richiesta del sussidio;
  • Casi di decadenza e sospensione della misura.

A chi spetta

Per accedere al contributo è necessario possedere, al momento della presentazione della domanda, i seguenti requisiti (articolo 4 del Decreto):

  • Essere residente in Italia;
  • Disporre di un ISEE in corso di validità non superiore a 3 mila euro;
  • Essere disoccupato o monoreddito, appartenente ad un nucleo familiare monoparentale;
  • Appartenere ad un nucleo familiare, come individuato ai fini ISEE, in cui siano presenti figli a carico con disabilità riconosciuta non inferiore al 60%.

Sempre il DM (articolo 1) definisce come:

  • Disoccupato, colui che è privo di un impiego ovvero con un reddito da lavoro dipendente non eccedente gli 8.145 euro all’anno o i 4.800 euro annui da lavoro autonomo;
  • Monoreddito, chi ricava l’intero suo reddito dallo svolgimento di un’attività lavorativa, anche se prestata a favore di più datori di lavoro ovvero sia pensionato (non si tiene conto di eventuali altri trattamenti assistenziali e nemmeno dell’essere proprietari della casa di abitazione);
  • Nucleo familiare monoparentale quello caratterizzato dalla presenza di uno solo dei genitori con uno o più figli con disabilità a carico;
  • Figli a carico, coloro che hanno un reddito ai fini fiscali non eccedente i 4 mila euro annui (fino a 24 anni), ridotti a 2.840,51 euro per i soggetti maggiori di 24 anni.

Quanto spetta

Al genitore beneficiario (articolo 3 comma 1 del DM) è corrisposto mensilmente dall’INPS un importo pari a 150 euro, a partire dal mese di gennaio e per l’intera annualità.

Il successivo comma 2 prevede che in presenza di “due o più figli a carico con una disabilità riconosciuta in misura non inferiore al 60 per cento” l’importo è pari, rispettivamente, a:

  • 300 euro mensili complessivi nel caso di due figli;
  • 500 euro mensili complessivi se i figli sono più di due.

Chi paga e quando arrivano i soldi

Il sussidio è corrisposto direttamente dall’INPS al beneficiario (articolo 3 comma 1 del Decreto Ministeriale), con cadenza mensile, utilizzando la modalità di pagamento scelta in sede di presentazione della domanda:

  • Accredito su conto corrente bancario, carta ricaricabile o libretto postale dotato di IBAN nazionale o estero con circuito SEPA;
  • Bonifico domiciliato presso gli uffici postali.

Bonus figli disabili, come fare domanda

La richiesta per ottenere il contributo (articolo 4 comma 1 del DM) dev’essere presentata ogni anno dal genitore in via telematica all’INPS, secondo le modalità e le scadenze definite dall’Istituto con apposita circolare.

La domanda, continua il Decreto Ministeriale, dev’essere corredata da una dichiarazione di responsabilità del genitore in cui questi afferma di possedere i requisiti necessari per fruire della misura.

Qualora le risorse pubbliche non fossero sufficienti ad esaurire le domande, si darà priorità ai richiedenti con ISEE più basso. A parità di ISEE saranno privilegiati coloro che hanno nel nucleo figli minori non autosufficienti. A seguire avranno priorità i richiedenti con figli con disabilità di grado grave ed infine chi ha figli con disabilità di grado medio.

Le indicazioni INPS

Sul punto è intervenuto il Messaggio INPS del 31 gennaio 2022 numero 471 con cui l’Istituto ha comunicato il rilascio, a partire dal 1° febbraio scorso, della procedura informatica dedicata alla trasmissione delle domande di accesso al contributo per genitori di figli con disabilità.

A tal proposito è necessario collegarsi al portale “inps.it – Prestazioni e servizi – Servizi – Contributo per genitori con figli con disabilità” in possesso delle credenziali SPID (almeno di secondo livello), CIE o CNS.

All’interno della domanda si dovrà riportare il codice fiscale del figlio / figli con disabilità e, si legge nel messaggio, esclusivamente “per l’anno di riferimento con competenza 2022, il genitore richiedente, attestando il possesso di tutti i requisiti previsti dalla norma” potrà presentare domanda anche per l’anno 2021, selezionando il flag “Dichiaro di voler presentare domanda anche per l’anno 2021”.

L’esito della richiesta sarà direttamente consultabile dal cittadino / patronato accedendo alla piattaforma informatica, sezione “Ricevute e provvedimenti”.

Per le domande istruite positivamente, rende noto l’INPS, si procederà all’emissione dei pagamenti a livello centralizzato e con cadenza mensile. L’Istituto si riserva comunque di rendere noto, con successivo messaggio, le modalità di pagamento delle quote arretrate per l’anno 2021.

In alternativa è possibile chiedere il contributo:

  • Chiamando il Contact center INPS al numero 803.164 (gratuito da rete fissa) o lo 06.164.164 (da rete mobile);
  • Rivolgendosi agli enti di patronato.

Al di là delle indicazioni fornite con il messaggio numero 471, l’INPS ha rilasciato anche la Circolare n. 39 del 2022, con la quale ha fornito le istruzioni per la presentazione della domanda per l’accesso al bonus figli disabili.

Tassazione del contributo figli disabili e compatibilità con il Reddito di Cittadinanza

Il contributo erogato dall’INPS, per espressa previsione del DM (articolo 2 comma 2):

  • Non concorre alla formazione del reddito imponibile ai fini fiscali del beneficiario;
  • E’ cumulabile con il Reddito di Cittadinanza.

Decadenza e sospensione

La decadenza del beneficio (articolo 5 comma 1 del DM) è prevista in caso di:

  • Decesso del figlio;
  • Decadenza dall’esercizio della responsabilità genitoriale;
  • Affidamento del figlio a terzi.

Al verificarsi di una delle cause di decadenza, l’Istituto interrompe il pagamento a partire dal mese successivo.

Il temporaneo ricovero del figlio presso istituti di cura di lungo degenza o strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra amministrazione pubblica, comporta in capo al genitore l’obbligo di informare tempestivamente l’INPS affinché provveda a sospendere l’erogazione del contributo per l’intero periodo di ricovero.

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Visite fiscali fuori orario: cosa sapere e come comportarsi

Visite fiscali fuori orario: cosa sapere e come comportarsi

Visita fiscale fuori orario, quali obblighi ha il lavoratore? E come deve comportarsi nei confronti dell’INPS e dell’azienda?

La visita fiscale può avvenire fuori orario, ovvero oltre gli orari di reperibilità della malattia? Il lavoratore dipendente assente per malattia è tenuto a rimanere presso il proprio domicilio (o quello indicato nel certificato telematico) durante apposite fasce orarie di reperibilità (cd. orari visita fiscale) in quanto è potenzialmente soggetto alle visite di controllo dell’INPS.

Il datore di lavoro non può verificare lo stato di salute del dipendente in malattia, ma può mandare la visita fiscale INPS, ovvero chiedere in via telematica un’apposita visita di controllo all’Istituto, per controllare che il dipendente si trovi a riposo durante questo periodo. Anche l’INPS, può decidere a campione, di verificare la malattia dichiarata dal certificato telematico.

A garanzia del lavoratore ed in considerazione delle esigenze del datore di lavoro e dell’INPS, sono previste determinate fasce orarie in cui il dipendente in malattia deve rendersi reperibile al fine di sottoporsi alle visite (d’ufficio o su richiesta dell’azienda), svolte dai medici incaricati dall’Istituto.

E’ tuttavia logico chiedersi se l’obbligo di stare a casa opera anche al di fuori degli orari mutua e come deve comportarsi in questi casi il lavoratore. Analizziamo la fattispecie in dettaglio.

Visite fiscali fuori orario: c’è l’obbligo di reperibilità fuori dalle fasce orarie?

La risposta è no. Le visite fiscali effettuate fuori dalle fasce orarie di reperibilità non comportano infatti alcuna conseguenza economica o disciplinare per il lavoratore assente.

Per consentire le visite di controllo dello stato di malattia, il dipendente ha infatti l’obbligo di rendersi reperibile, presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale indicato nel certificato medico trasmesso all’INPS, nelle seguenti fasce orarie (valevoli anche per domeniche e festivi):

  • per i dipendenti del settore privato dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19;
  • dipendenti del settore pubblico dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.

Cosa succede se la vista fiscale arriva alle 15 per un dipendente privato o alle 14 per un dipendente pubblico? Il lavoratore assente presso il proprio domicilio fuori dagli orari di visita fiscale non avrà alcuna conseguenza; ovvero non sarà interessato dalle conseguenze di seguito descritte:

  • assenza alla prima visita fiscale: perdita del trattamento economico di malattia per i primi dieci giorni dell’evento;
  • alla seconda visita (ambulatoriale o domiciliare): oltre alla sanzione precedente, riduzione del 50% del trattamento economico di malattia per il residuo periodo di assenza;
  • terza visita: indennità INPS interrotta dalla terza assenza sino al termine della malattia.

Oltre ai riflessi economici, l’assenza del dipendente nel corso della reperibilità lo espone a possibili sanzioni disciplinari da parte dell’azienda (che non si applicano però alla vista fiscale fuori orario). L’assenza alla visita fiscale infatti, nel rispetto del codice / regolamento interno ed in considerazione della gravità della condotta, può portare sino al licenziamento per giusta causa.

Leggi anche: Assenza alla visita fiscale INPS: sanzioni economiche e disciplinari

Chi sono i soggetti competenti a fare le visite fiscali

Eccezion fatta per gli eventi di infortunio sul lavoro e malattia professionale (per i quali le funzioni di controllo sono di competenza INAIL), dal 1° settembre 2017 a seguito dell’istituzione del “Polo unico per le visite fiscali” (articoli 18 e 22 del Decreto Legislativo 27 maggio 2017 numero 75) l’attività di verifica degli eventi di malattia (tanto per i dipendenti pubblici quanto per quelli privati) è prerogativa esclusiva dell’INPS, attraverso medici incaricati dalle singole sedi territoriali.

I datori di lavoro non possono verificare direttamente (o tramite medici di fiducia) lo stato di malattia dei lavoratori. L’unica possibilità in tal senso è quella di chiedere una visita fiscale da parte dell’INPS, attraverso il portale dedicato presente su “inps.it – Prestazioni e Servizi – Prestazioni – Richiesta Visite Mediche di Controllo (Polo unico VMC)”.

Oltre alle visite di controllo richieste dalle aziende, l’Istituto stesso può, d’ufficio, svolgere tale attività.

Come comportarsi per la vista fiscale fuori orario

A fronte di un’eventuale visita fiscale fuori dalle fasce orarie di reperibilità, al lavoratore non sono richiesti particolari adempimenti, se non quello di verificare l’arrivo di comunicazioni da parte dell’INPS.

Ad esempio la convocazione alla visita di controllo ambulatoriale (rilasciata nelle ipotesi di assenza nelle fasce orarie di reperibilità).

In questi frangenti l’interessato dovrà immediatamente attivarsi contattando la sede INPS competente, evidenziando che la visita si è svolta al di fuori della reperibilità.

Leggi anche: come si volge la visita fiscale e chi la manda

Cosa fare con il datore di lavoro?

Il verificarsi di visite fiscali fuori dall’orario di reperibilità dev’essere segnalato anche all’azienda, in modo tale da evitare che, a fronte di un’eventuale comunicazione INPS, il datore di lavoro valuti di attivare la procedura di contestazione disciplinare nei confronti del lavoratore assente.

Sarà poi l’azienda stessa, se del caso, a verificare con la sede INPS territorialmente competente, la veridicità di quanto sostenuto dal lavoratore.

Visite fiscali all’estero

L’attività di controllo sullo stato di malattia è prevista anche nelle ipotesi di eventi morbosi verificatisi mentre il lavoratore si trova all’estero, nel rispetto delle medesime fasce di reperibilità sopra descritte:

  • dipendenti del settore privato dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19;
  • dipendenti del settore pubblico dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.

Di conseguenza, non è escluso che nell’ambito delle malattie all’estero si verifichino casi di visite fiscali fuori orario.

Peraltro, in tema di controlli medici è necessario distinguere tra:

  • Paesi appartenenti all’Unione Europea o convenzionati con l’Italia, per i quali il certificato medico rilasciato dall’autorità competente si presume veritiero ed il dipendente non è tenuto a produrre documenti ulteriori;
  • Paesi extra-UE non convenzionati con l’Italia dove, su richiesta dell’INPS o del datore di lavoro, l’autorità consolare o diplomatica è competente a verificare, tramite un medico di fiducia, l’esattezza di diagnosi e prognosi.

Il datore di lavoro può modificare le fasce di reperibilità?

Dal momento che le fasce orarie di reperibilità sono fissate a livello ministeriale (Decreto Ministeriale del 15 luglio 1986) è fatto divieto alla contrattazione collettiva (ivi compresi gli accordi territoriali o aziendali) ed alle intese tra azienda e lavoratore di introdurre disposizioni difformi (estensive o restrittive).

Eventuali disposizioni in tal senso sono inapplicabili in quanto in contrasto con le previsioni ministeriali, peraltro in assenza di una deroga a livello normativo.

Esenzione dalla vista fiscale, quando è esclusa la reperibilità

Il lavoratore assente a causa di:

  • Patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da documentazione sanitaria idonea;
  • Stati patologici connessi o sottesi alla situazione di invalidità riconosciuta che ha determinato una riduzione della capacità lavorativa in misura pari o superiore al 67%;

è ritenuto esente dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità.

Assenza giustificata alla vista fiscale durante le fasce orarie di reperibilità

Al di fuori delle ipotesi appena citate, si ritiene giustificata l’assenza a visita fiscale in caso di:

  • Ricovero ospedaliero;
  • Periodi già accertati da precedente visita di controllo;
  • Assenza dovuta a giustificato motivo.

Rientrano in tale ultima ipotesi i casi di:

  • Forza maggiore;
  • Situazioni che abbiano reso imprescindibile ed indifferibile la presenza altrove del lavoratore;
  • Presenza di visite, prestazioni ed accertamenti specialistici che non potevano essere effettuati in orari diversi da quelle corrispondenti alle fasce orarie di reperibilità.

Ulteriori ipotesi in cui la giurisprudenza ha valutato l’assenza come giustificata sono:

  • Ritiro di radiografie collegate alla malattia in corso;
  • Iniezione, indifferibile ed indispensabile in ragione del trattamento terapeutico;
  • Ciclo di cure presso una struttura convenzionata;
  • Esigenza indifferibile di recarsi in farmacia;
  • Attività di volontariato non realizzabile in momenti diversi dalle fasce orarie di reperibilità;
  • Visita alla madre ricoverata in ospedale, quando l’orario di visita coincide con la reperibilità;
  • Assistenza alla madre in gravi condizioni, sino al decesso avvenuto dopo un periodo di ricovero documentato.
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Certificazione Unica NoiPA 2022: come ottenere il CUD per i dipendenti pubblici

Certificazione Unica NoiPA 2022: come ottenere il CUD per i dipendenti pubblici

Entro il 16 marzo i dipendenti statali delle amministrazioni centrali potranno trovare la loro Certificazione Unica 2022 sul portale NoiPA

Entro il 16 marzo 2022 sarà disponibile sul portale NoiPa, la nuova certificazione unica 2022 per i dipendenti pubblici. La CU 2022 NoiPA non è altro che il nuovo documento per la certificazione dei redditi percepiti nel corso dell’anno precedente e serve alla corretta redazione della dichiarazione dei redditi; la CU ha sostituito definitivamente l’ex CUD che veniva rilasciato ogni anno dalle aziende e dagli enti pubblici ai propri dipendenti.

Per semplificare le procedure della pubblica amministrazione, da qualche anno il modello CU per i dipendenti statali delle amministrazioni centrali non viene più consegnato in formato cartaceo, ma esclusivamente attraverso il portale NoiPA. Per gli altri dipendenti pubblici (es. dipendenti dei Comuni) troveranno la CU 2022 nell’area riservata predisposta dalla propria Amministrazione.

Vediamo nel dettaglio come accedere e scaricare la propria certificazione dal portale web NoiPA e da quando sarà possibile scaricarla.

Certificazione Unica NoiPA 2022: cos’è, come funziona e a cosa serve la CU dipendenti pubblici

Prima di spiegarvi nel dettaglio come scaricare la certificazione unica 2022 dal portale web NoiPa, vediamo brevemente cos’è la CU e a cosa serve.

Come accennato in premessa la CU (ex CUD) è un documento contenente tutti i dati relativi ai redditi percepiti come lavoratore dipendente, come lavoratore autonomo, provvigioni , corrispettivi derivanti da contratti di locazioni brevi, ecc. Il documento dovrà essere compilato e successivamente rilasciato dal sostituto d’imposta, ossia il datore di lavoro, enti pubblici, associazioni, ecc.

Leggi anche: Certificazione Unica 2022: modello, novità e scadenze della CU (ex cud)

La certificazione unica deve essere consegnata dal sostituto d’imposta in via telematica oppure tramite un intermediario abilitato entro e non oltre il 16 marzo 2022 all’Agenzia delle Entrate. Copia della CU andrà consegnata anche al dipendente sempre entro il 16 marzo; oppure entro 12 giorni dalla richiesta del dipendete in caso di licenziamento in corso d’anno, esempio per i contratti a termine nella PA.

La consegna può avvenire in via telematica sul portale NoiPa per i dipendenti pubblici oppure in modo cartaceo per altri lavoratori dipendenti che non sono in possesso delle credenziali del portale NoiPa. Il rilascio del CU cartaceo è sempre a facoltà del lavoratore.

Leggi anche: NoiPA login

Ricordiamo che per poter presentare oppure scaricare in via telematica la certificazione unica 2022, bisognerà essere in possesso del codice NOIPA, SPID, CNS o CIE.

La CU si suddivide in due modelli:

  • modello ordinario: da inviare telematicamente all’Agenzia delle Entrate entro il 16 marzo;
  • modello sintetico: da consegnare al contribuente entro il 16 marzo.

Certificazione Unica NoiPA, quali dati contiene

Precisiamo che la certificazione unica sarà disponibile nell’area riservata per 5 anni. Al suo interno sarà possibile consultare i dati relativi alle:

  • ritenute;
  • detrazioni applicate;
  • dati previdenziali ed assistenziali;
  • la destinazione del cinque e otto per mille dell’Irpef.

Nel calcolo della CU 2022 online vengono effettuate anche operazioni del conguaglio fiscale sui redditi percepiti durante l’anno e detratti oppure aggiunti sul cedolino del mese di febbraio.

Leggi anche: NoiPa Numero Verde: orari, servizi e contatti telefonici e on line

Infine, ricordiamo che per i dipendenti statali che non sono più in servizio, NoiPA non effettuerà più il calcolo automatico del:

  • conguaglio fiscale;
  • degli addizionali regionali e comunali;
  • dei conguagli contributivi.

CU NoiPA a cosa serve

Una volta prelevata la CU va consegnata al proprio CAF o intermediario abilitato per la redazione della dichiarazione dei redditi.

Ricordiamo comunque che la Certificazione Unica è essa stessa una dichiarazione dei redditi; ciò significa che se il lavoratore non ha ulteriori redditi o ulteriori detrazioni fiscali da recuperare, non è tenuto a fare il 730, in quanto i redditi sono già in possesso della Agenzia delle Entrate attraverso la CU.

Come scaricare la Certificazione Unica 2022 NoiPA

Come accennato prima per tutti i dipendenti statali che fanno capo a NoiPA sarà possibile scaricare la certificazione unica 2022 direttamente dalla propria area personale del portale NoiPA a questo indirizzo:

I passaggi da eseguire per scaricare la propria CU 2022 sono davvero semplici. Infatti, bisognerà recarsi sul portale NoiPA, accedere nella propria area riservata inserendo le credenziali di accesso credenziali NOIPA, SPID, CNS o CIE e recarsi nella sezione Documenti Personali.

Il modello potrà essere stampato oppure consultato direttamente online.

Certificazione Unica altri dipendenti pubblici

Ricordiamo che il sistema NoiPA fa capo al MEF e serve per la gestione degli stipendi del personale centrale e periferico della Pubblica Amministrazione.

Gli altri dipendenti pubblici, che non accedono quindi a NoiPA, troveranno la Certificazione Unica nell’area riservata dove trovano mensilmente il cedolino paga. Ad esempio i dipendenti comunali lo troveranno nell’area riservata predisposta dalla propria amministrazione comunale.

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San Luigi Orione

 

 

San Luigi Orione


Nome: San Luigi Orione
Titolo: Sacerdote e fondatore
Nascita: 23 giugno 1872, Pontecurone
Morte: 12 marzo 1940, Sanremo
Ricorrenza: 12 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

«Che cosa può venire di buono da Pontecurone?». Con questa frase, tutt’altro che incoraggiante, un frate francescano del convento di Voghera accoglieva il piccolo Luigi Orione che aveva chiesto di entrarvi per farsi frate. Pontecurone, dove egli nacque il 23 giugno 1872, era un oscuro paese della provincia alessandrina. Il padre faceva lo stradino e politicamente stava dalla parte di chi, pur di cambiare le cose che andavano davvero male, era disposto anche ad andare per le spicce. Sua madre, invece, era tutta casa e chiesa.

D’estate, al tempo della mietitura, la mamma andava a spigolare trascinandosi dietro il piccolo Luigi. «Il pane per i poveri è sacro gli diceva — e neppure una briciola deve andare perduta». E si inchinava lei stessa a raccoglierla. Quel gesto, di raccogliere e portare alla bocca ogni pezzo di pane, divenne anche per Luigi un’abitudine. Che un giorno gli costò cara. I compagni di collegio, avendo notato il suo innocente vezzo, buttavano pezzi di pane che poi con sottile perfidia si affrettavano a calpestare. E quando Luigi, obbedendo al suo istinto, si chinava a raccogliere le briciole, era un coro di risate. Per tutta la vita, in verità, non farà che curvarsi per sollevare gli emarginati, i disgraziati abbandonati a se stessi da una società gretta e meschina.

A Voghera Luigi non stette per molto: una broncopolmonite lo costrinse a lasciare il convento. Il papà lo prese allora con sé a lavorare lungo le strade: un buon noviziato, che gli fece conoscere il mondo operaio, un mondo difficile, di gente sfruttata e arrabbiata, un po’ anticlericale ma non lontano da Cristo. Poi Luigi conobbe don Bosco che lo prese con sé a ‘Torino e lo coinvolse nelle sue iniziative a favore dei ragazzini che la durezza della vita aveva ridotto a vivere nei marciapiedi delle città. Ma alla vigilia del noviziato, quando don Bosco pensava ormai di avere un confratello in più, inspiegabilmente Luigi Orione lasciava Torino c chiedeva di essere accolto nel seminario diocesano di Tortona.

In seminario Orione non fu mai un chierico come gli altri. L: ansia per i ragazzi male in arnese, che don Bosco gli aveva comunicato, gli fece fare cose che di solito i chierici non fanno. Un’estate, quando i chierici tornavano in famiglie, Luigi chiese di restare. E poiché il seminario chiudeva, il rettore gli mise a disposizione una stanzetta, un bugigattolo nel soffitto della cattedrale, che al caldo estivo era tutt’altro che un luogo di delizie.

Un giorno la porta della sua stanzetta si aprì per accogliere un ragazzino cacciato dalla scuola di catechismo perché turbolento. Qualche giorno dopo una frotta di marmocchi invadeva la soffitta del duomo, contenti di passare qualche ora con quel chierico un po’ matto che si faceva in quattro per loro. Un po’ meno contenti furono i piissimi canonici, disturbati nel loro devoto salmodiare dai rumori «sospetti» provenienti dalla soffitta.

Disturbare la preghiera dei canonici fu considerato quasi un delitto e Orione dovette sloggiare, accompagnato dalla fama di soggetto poco raccomandabile. Ma non tutti furono d’accordo con quella sbrigativa definizione, non il vescovo, monsignor Igino Bandi, che, apprezzando l’iniziativa del chierico Orione, gli mise a disposizione il proprio giardino, presto trasformato in oratorio. Ma anche lì la storia durò poco. Qualcuno ravvisò nel gruppetto di ragazzini un covo di papalini antipatriottici e sovversivi. E si diede da fare perché il patronato venisse chiuso.

E l’oratorio chiuse i battenti. Ma Orione si inventò qualche altra cosa: aprì un piccolo collegio per seminaristi poveri, con la benedizione del vescovo. L’iniziativa per un po’ funzionò, ma poi alcuni malintenzionati misero in giro la voce che Orione fosse indebitato fino al collo. 11 vescovo fu costretto a prendere delle precauzioni per non trovarsi nei guai. E Orione si trovò da solo. Ma non mollò l’impresa. «Aiutati ché il ciel t’aiuta», dice la saggezza popolare e lui, dandosi da fare, trovò i soldi per pagare l’affitto del locale che ospitava il collegio. Per mettere tutti a tacere. La Piccola opera della divina provvidenza, una delle sue iniziative più incisive, nascerà da quel collegio, della provvidenza, è il caso di dire. Aveva allora solo ventuno anni. Ed era ancora chierico. Sacerdote lo divenne due anni dopo, nel 1895.

Ancora chierico ne aveva combinata un’altra delle sue. Il patriarca di Venezia — Giuseppe Sarto, il futuro Pio X — aveva invitato nella città della Serenissima, per dirigere il coro della basilica, il chierico Lorenzo Perosi, compagno di corso di Orione e promettente musicista.

Notizie che giungevano dalla città di san Marco avevano inquietato il severissimo papà Perosi, il quale un giorno andò a confidare a Orione le sue angustie. Secondo lui, il cardinale Sarto stava «viziando» suo figlio: lo invitava a pranzo, giocava con lui ai tarocchi, gli offriva sigari… Orione, contagiato dal sacro furore di papà Perosi, prese carta e penna e inviò una lettera di rimproveri al cardinale. Se ne pentì subito, ma ormai la frittata era fatta. Il patriarca Sarto, letta la lettera dell’audace chierico, si vendicò, ma a suo modo: inviandogli un pezzo di stoffa per la talare che avrebbe indossato il giorno della prima messa. Quando, anni dopo, don Orione sarà ricevuto in udienza, Pio X, mostrandogli la lettera che aveva posto nel breviario come segnalibro, gli dirà: «Certi rimproveri fanno bene ai patriarchi».

Intanto la Piccola casa della divina provvidenza prendeva piede. A don Orione si era aggregato un altro sacerdote, don Sterpi, suo futuro successore, e con lui tanti giovani che volevano essere della compagnia. E l’iniziativa cresceva. Don Orione era un vulcano. Una ne faceva e cento ne pensava. La Casa della provvidenza divenne più di una e a esse si affiancarono presto asili, scuole professionali, centri giovanili, ospedali… In Italia e fuori Italia, in Brasile e Argentina. Troppo successo, per non suscitare nei soliti invidiosi qualche sospetto: dove trovava i soldi quel pasticcione di prete? II suo castello era solido o poggiava su un mare di debiti? Perché non era mai in casa ma sempre in giro per il mondo?…

Sospetti e altro ancora finirono raccolti in un bel dossier che monsignor Bandi dovette leggersi. E non ne fu contento. Tanto che, chiamato don Orione, gli disse con tono che non ammetteva repliche: «La Piccola opera della divina provvidenza deve essere chiusa».

Il monsignore si aspettava chissà quali reazioni. Don Orione rispose solo: «Obbedisco». Sollecitato poi dal vescovo, sconcertato dalla secca risposta, a esplicitare la sua opinione, egli si mise in ginocchio dicendo: «Eccellenza, domani lei non può celebrare la messa perché ha compiuto un’ingiustizia troppo grossa».

Tre mesi dopo l’Opera di don Orione otteneva dal vescovo l’approvazione ufficiale, insieme alla raccomandazione di dare basi solide all’istituzione, perché non finisse travolta dai debiti. Don Orione promise. Ma intanto chiedeva di poter aprire una ‘uova casa a Borgonovo, nel piacentino, per ospitarvi i più poreri tra i poveri. E il vescovo glielo concesse perché, in fondo, aveva fiducia in quel suo prete un po’ pasticcione, è vero, ma mimato da una grande passione che aveva nell’amore di Dio e iel prossimo la sua origine.

Nel 1908 Messina veniva rasa al suolo dal terremoto. Don Orione fu tra i primi a portare soccorso in nome del papa e della carità cristiana. E mentre gli anticlericali lo accusavano di essere una spia del Vaticano e chiedevano che fossero incamerati tutti i beni ecclesiastici per soccorrere i terremotati, don Orione scriveva mirabili pagine di Vangelo vivo, «incamerando» duemila orfanelli nei suoi collegi. Quando Pio X lo nominò vicario generale della diocesi disastrata, un canonico gli offrì un materasso e una stanza scampata alla devastazione. Ma lui cedette tutto a una famiglia senza casa e andò a dormire in un vagone ferroviario.

Erano tempi duri, di miseria, di fame e di lotte. Gli operai e i poveri lo ebbero sempre dalla loro parte. Tanto che i socialisti di Alessandria lo chiamavano «il nostro prete». In una predica incitò provocatoriamente i poveri a rubare: «Non nella terra dei poveri — specificò —, ma in quella dei ricchi. Andate nella proprietà di Pedenovi (suo amico, che sapeva presente in chiesa). Però non portategli via la carretta ma solo il canestro».

Anche il terribile terremoto della Marsica (1915) lo vide prodigarsi in prima persona e con gesti di carità al limite della legalità. Per portare in salvo dei bambini, ad esempio, requisì l’automobile del re, il quale, presente alla scena, non osò opporsi. Tra i bambini che un giorno accompagnò alla stazione per portarli in un suo collegio in Liguria, c’era anche un ragazzetto che nel terremoto aveva perso tutta la sua famiglia, Ignazio Silone. Intervistato in seguito su quali personaggi l’avessero più colpito, il celebre scrittore disse: «Don Orione e Trotskij: il primo non era il cristiano della domenica mattina; il secondo non era il rivoluzionario del sabato sera».

Mentre imperversava la prima grande guerra con le sue drammatiche vicende, don Orione diede le ultime rifiniture alla Piccola opera, che articolò in cinque rami: i piccoli figli della divina provvidenza, le piccole suore missionarie della carità, gli eremiti di sant’Alberto, le figlie della Madonna della Guardia o sacramentane e i fratelli laici coadiutori. Le sacramentine e gli eremiti, due comunità contemplative, che accolgono anche i ciechi di solito rifiutati dagli istituti religiosi perché non idonei, sono il fiore all’occhiello di don Orione, e il motore di tutte le sue altre attività. E nell’eremo di Sant’Alberto don Orione si rifugiava per disintossicarsi dai veleni delle critiche che da più parti gli venivano mosse: cosa normale per chi realizza qualcosa di importante. Ebbe però anche attestazioni di stima da importanti personaggi della chiesa, come monsignor Roncalli (Giovanni XXIII). 11 cardinale Pacelli (futuro Pio XII), mentre si recava in nave al Congresso eucaristico di Buenos Aires come legato pontificio, a chi gli chiedeva la benedizione rispondeva, indicando don Orione, compagno di viaggio: «Andate da lui: è un santo».

Ai primi di marzo del 1940 don Orione si ammalò gravemente. Aveva chiesto di essere portato a Borgonovo (Piacenza) in quella che considerava la più povera delle sue case. Invece lo trasferirono nella sede di Sanremo, sperando che il buon clima fosse favorevole alla sua salute. Invece il 12 marzo moriva. Scrivendo un giorno all’amico padre Stefano Ignudi, un francescano conventuale di grande cultura, don Orione aveva chiesto: «Ci sarà il ballo in Paradiso?». Non era una irriverenza, ma un suo modo per sottolineare che la chiesa deve essere il luogo della festa e non dei funerali, della Pasqua e non solo del venerdì santo; una chiesa dell’osare e non solo dell’attendere in pantofole; con un briciolo di pazzia…

Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 26 ottobre 1980 e proclamato Santo dallo stesso Papa il 16 maggio 2004.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Sanremo in Liguria, san Luigi Orione, sacerdote, fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza per il bene dei giovani e di tutti gli emarginati.