Archivi giornalieri: 14 marzo 2022

La galera per un fiore. Lotta delle femministe russe

La galera per un fiore. Lotta delle femministe russe

Crisi ucraina. La protesta più organizzata contro l’invasione è della Resistenza Femminista Contro la Guerra (Far). Parlano due attiviste perseguitate

San Pietroburgo, l’arresto di una manifestante
San Pietroburgo, l’arresto di una manifestante

Il terrore repressivo si abbatte ora in Russia indistintamente sugli intellettuali, sui militanti di sinistra, e sulle femministe. Ma è un fatto che le nuove leggi colpiscono in primo luogo le donne. La prima persona ad essere stata dichiarata «agente straniero» è un’insegnante di San Pietroburgo di nome Daria Apakhonchich. Tra le prime vittime della legge «anti-fake» che proibisce la diffusione di notizie non conformi alla versione ufficiale c’è Vera Kotova, attivista contro la guerra di Krasnoyarsk, condannata per «vilipendio dell’esercito russo» per aver scritto «No alla guerra» sulla neve. Molti giornalisti famosi, artisti, professori universitari stanno lasciando il paese. Ma, per le militanti femministe ordinarie, questa non è un’opzione praticabile. Loro rimangono in Russia, esposte alla violenza di chi abusa di loro, fisicamente minacciate dalla polizia da un lato e dai militanti di estrema destra dall’altro.

L’OTTANTA PER CENTO degli arrestati nelle manifestazioni dell’8 marzo sono donne, ha riportato Maria Kuvshinova, redattrice della rivista femminista Kimkibabaduk. Maria Kuvshinova è stata a sua volta vittima di bullismo per le sue posizioni critiche del maschilismo dell’industria del cinema. L’Ong Ovd-info conferma il suo calcolo: 25 delle 29 persone portate alla stazione di polizia di Brateevo l’8 marzo scorso sono donne.
La resistenza più organizzata contro la guerra in Russia è quella proposta dalla Far (Resistenza Femminista Contro la Guerra) un gruppo che riunisce decine di attiviste operative in 30 città russe. In un manifesto pubblicato il primo giorno del conflitto, la Far invita a protestare, a distribuire informazioni e chiama le donne del mondo intero a unirsi a loro. La Far è diversa da altre organizzazioni pacifiste come il Comitato contro la guerra, che riunisce maschi liberal bianchi con base a Londra, a Riga o a Parigi. Assai meno facoltose, con poca risonanza nei media occidentali, le militanti femministe restano per lo più anonime per evitare ritorsioni e, se alcune hanno lasciato la Russia, la gran parte rimane, affrontando la repressione.

NELLA GIORNATA internazionale della donna, quando le donne in Russia come altrove ricevono fiori, la Far ha organizzato un’azione che è consistita nel deporre dei fiori e dei simboli ucraini davanti a luoghi simbolici della memoria della Grande guerra patriottica, trasformandoli in memoriali delle vittime dell’invasione. I luoghi sono stati scelti accuratamente: tra gli altri il mosaico stalinista della stazione moscovita Kyivskaya, la Stella delle vittime dell’invasione di Archangelsk. L’azione sembra modesta ma, con le nuove norme contro il vilipendio delle forze armate, per un fiore si rischia la prigione.

Molte militanti erano state arrestate preventivamente. Una di loro racconta al manifesto: «Non ho la forza di descrivere nei dettagli come ho vissuto i cinque giorni di detenzione. Le forze speciali sono venute a prendermi, hanno buttato giù la porta, hanno confiscato tutto il mio materiale informatico, mi hanno portata via in manette. Ho dormito una notte in un camion. Poi in questura, fino a che i miei amici non sono riusciti a tirarmi fuori». Nonostante questo, l’8 marzo sono state organizzate azioni in tutto il paese. E i commissariati si sono riempiti di donne arrestate. La militante Anastasia Kaluzhskaya è riuscita a registrare il suo violento interrogatorio. Anastasia è stata picchiata e umiliata, le è stato detto di essere una prostituta e una traditrice. Altre due ragazze hanno testimoniato al Mediazona journal di aver ricevuto lo stesso trattamento.

LA REPRESSIONE non avviene solo per tramite legale. Già negli anni 1980, il Kgb si serviva di piccoli criminali per brutalizzare i dissidenti. La Russia di Putin ha inventato una versione aggiornata di questa pratica. «Un bel giorno ho trovato insulti, minacce accompagnati dal mio indirizzo di casa sul canale di estrema destra Bloodseeker» ci ha raccontato Ksenia Bezdenezhnykh, femminista di Aternativa Socialista, «poco dopo, ero dappertutto su internet». Ksenia è una delle prime vittime della terrificante pratica della Z dipinta sulla porta di casa (vedi Il manifesto 08/03/22). «I nostri indirizzi sono noti agli uffici del Centro E (il dipartimento per il contro-terrorismo del ministero degli Interni, ndr)» dice Ksenia, e da lì vengono trasmessi agli attivisti di estrema destra che li fanno circolare nei loro ambienti politici e criminali. Da mesi, lei e i suoi compagni di Alternativa socialista vivono con la terribile pressione di essere sotto permanente minaccia.

 

Infortunio nel tirocinio formativo o stage

Infortunio nel tirocinio formativo o stage: responsabilità penale del datore di lavoro

In caso di infortunio sul lavoro durante stage e tirocini formativi sul datore di lavoro ricade la responsabilità di cui al d. lgs. 81/2008.

In caso di infortunio sul lavoro durante il tirocinio formativo o lo stage, la responsabilità di cui al T.U. Sicurezza sul lavoro D. Lgs 81/08 ricade in capo al datore di lavoro. La giurisprudenza della Cassazione è spesso molto utile a fare chiarezza rispetto a casi pratici e situazioni su cui l’apparato delle norme vigenti non consente di addivenire a risposte immediate. Recentemente la Suprema Corte, con la sentenza n. 7093 dello scorso primo marzo 2022, ha in particolare affermato che l’imprenditore o datore è responsabile penalmente per l’infortunio verificatosi in azienda, i danni dello studente in tirocinio formativo o dello stagista.

Compito del soggetto ospitante è infatti quello di assicurare le condizioni di sicurezza e igiene, dovendosi considerare il giovane – alle prese con l’alternanza scuola-lavoro o con i primi passi nel mondo del lavoro tramite stage – al pari di un dipendente.

In altre parole, gli obblighi di sicurezza nell’ambito dei tirocini o stage di studenti sono da ritenersi a carico dell’imprenditore o azienda ospitante. E ciò al di là della presenza di regolare DVR e/o di condotta abnorme del lavoratore. Ecco qualche ulteriore dettaglio sul provvedimento della Cassazione.

Infortunio nel tirocinio formativo o stage: quali sono le responsabilità del datore di lavoro

Da quanto indicato dalla Corte di Cassazione nella suddetta sentenza, la responsabilità della sicurezza degli studenti – per quanto attiene allo svolgimento del tirocinio o dello stage formativo – rimane sempre a carico del titolare dell’azienda ospitante. Dunque non deve intendersi attribuita al soggetto formatore. Come poco sopra accennato, i giudici di legittimità non hanno dubbi nel ritenere gli studenti in stage o tirocinio come soggetti parificati ai lavoratori inseriti in azienda, per quanto attiene alla sfera della sicurezza e tutela della loro salute.

Il caso pratico che ha portato a questa interessante sentenza riguardava una studentessa della facoltà di agraria che, nel corso del tirocinio curricolare, fu vittima di un grave infortunio alla mano. Ciò si verificò nelle fase di pulizia di un tino, svolta con un dipendente-tutor.

Ebbene, in base alla tesi della difesa dell’azienda, la normativa in materia comporterebbe il rispetto degli obblighi di sicurezza del tirocinante soltanto in capo al soggetto promotore. Inoltre una convenzione quadro del 2014 indicherebbe che il datore di lavoro, nel caso concreto, coincide con l’ateneo e non con l’azienda ospitante.

Compito del soggetto promotore sarebbe altresì quello di provvedere alla copertura assicurativa del tirocinante contro gli infortuni sul lavoro. E ciò anche per possibili attività svolte al di fuori dell’azienda, se incluse nel progetto formativo. Ma la risposta della Cassazione è stata di tutt’altro tenore.

Infortunio durante il tirocinio o lo stage: l’equiparazione ai lavoratori (D. lgs. 81/08)

Come appena anticipato, la Corte di Cassazione ha però rigettato la tesi della difesa dell’azienda; e ha respinto come del tutto infondati i motivi di ricorso. In particolare questo giudice ha sottolineato che “correttamente i giudici di appello hanno ritenuto applicabile al caso di specie l’art. 2, comma 1, lett. a) d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per il quale “al lavoratore è equiparato, ai fini dell’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, anche chi svolge attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere nonché il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento“.

La Suprema Corte ha poi rilevato che:

  • il richiamo all’obbligo assicurativo dei tirocinanti o stagisti e la correlata determinazione del premio, non ha connessione con l’argomento della sicurezza sui luoghi di lavoro;
  • la sentenza di appello aveva già evidenziato in modo preciso e corretto le regole cautelari violate dal datore di lavoro e di cui si trova riferimento nel d. lgs. n. 81 del 2008.

Le violazioni commesse dal titolare dell’azienda ospitante

Secondo il ragionamento seguito dalla Cassazione, l’imprenditore ha dato luogo alle seguenti violazioni:  omessa previsione del rischio al quale era esposta la persona offesa nella lavorazione a cui era stata adibita (artt. 28 e 17 d.lgs. n. 81 del 2008); omessa formazione e informazione della studentessa tirocinante (artt. 36, 37 d.lgs n. 81 del 2008); omessa fornitura di opportuni dispositivi di protezione (art. 77 d.lgs. n. 81 del 2008).

Alla luce di quanto puntualizzato dalla Corte, appare dunque del tutto evidente la responsabilità penale dell’azienda per quanto attiene al mancato rispetto delle disposizioni di cui al Testo unico sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro. E già sul caso il tribunale e la corte di appello di Firenze avevano condannato l’imprenditrice per il reato connesso al mancato rispetto delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 81 del 2008.

Leggi anche: donne e lavoro, le professioni in crescita e su cui puntare nel 2022

L’irrilevanza della condotta abnorme del tirocinante

Non solo. La Suprema Corte ha altresì evidenziato l’irrilevanza del comportamento abnorme  della persona che ha patito l’infortunio. Per condotta abnorme si deve sostanzialmente intendere un insieme di azioni pericolose per la propria incolumità.

Infatti, anche laddove l’evento sia ricollegabile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in campo di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato anche elementari norme di sicurezza non rileva, giacché la mancanza delle necessarie forme di tutela produce un ampliamento della sfera di rischio. In particolare, detto ampliamento è dovuto all’inattività del datore di lavoro, che non ha provveduto a garantire la adeguata sicurezza a favore del tirocinante.

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Permessi 104 e congedo straordinario per unioni civili e i loro parenti

Permessi 104 e congedo straordinario per unioni civili e i loro parenti

Estesi i permessi 104 e congedi straordinari anche ai parenti delle unioni civili. Nuove indicazioni in una circolare INPS.

I permessi Legge 104 e il congedo straordinario di cui al D.Lgs. n. 151/2001 sono estesi anche ai parenti per le unioni civili, con la recente circolare numero 36 del 7 marzo 2022 l’INPS corregge la posizione precedente in materia per le persone unite civilmente.

Nel documento di prassi l’INPS recepisce il recente parere del Ministero del Lavoro modificando l’orientamento precedente e riconoscendo lo stesso trattamento destinato ai coniugi per parenti ed affini delle parti delle unioni civili, accordando quindi la medesima possibilità di fruire delle agevolazioni previste dalla legge 104/1992 e dal D. Lgs 151/2001.

La circolare riepiloga poi la normativa in materia e fornisce le istruzioni aggiornate per la fruizione dei permessi 104 e del congedo straordinario biennale.

Permessi 104 e congedo straordinario, cosa sono e a chi spettano

La normativa italiana consente ai lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini riconosciuti in situazione di disabilità grave, di usufruire di 3gg di permessi mensili retribuiti.

Mentre l’art. 42, co. 5 del D.Lgs. n. 151/2001 stabilisce la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave. In tal caso, la legge fissa un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e agli affini di terzo grado.

Leggi anche: permessi 104, guida aggiornata

Sul punto, la Corte Costituzionale n. 213 del 5 luglio 2016 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, co. 3, della L. n. 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi.

Pertanto:

  • la parte di un’unione civile, che presti assistenza all’altra parte, può usufruire di permessi di cui alla L. n. 104/1992 e il congedo straordinario;
  • il convivente di fatto, che presti assistenza all’altro convivente, può usufruire unicamente di permessi di cui alla L. n. 104/1992.

Permessi 104 e congedo straordinario biennale unioni civili

Tenuto conto della normativa antidiscriminatoria di origine comunitaria, è stato specificato che i permessi in argomento possono essere fruiti anche:

  • dalla parte di un’unione civile che presti assistenza all’altra parte;
  • dal convivente di fatto, di cui ai co. 36 e 37 dell’art- 1 della L. n. 76/2016, che presti assistenza all’altro convivente.

Da notare, però che il diritto ad usufruire dei permessi per assistere il disabile in situazione di gravità può essere concesso, in alternativa:

  • al coniuge,
  • alla parte dell’unione civile,
  • al convivente di fatto
  • al parente o all’affine entro il secondo grado.
  • a parenti o affini di terzo grado qualora i genitori o il coniuge/la parte dell’unione civile o il convivente abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
  • infine anche i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione.

Esclusioni delle tutele

Il rapporto di affinità, invece, non è riconoscibile tra il convivente di fatto e i parenti dell’altro partner, non essendo la convivenza di fatto un istituto giuridico, ma una situazione di fatto tra due persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.

Il convivente di fatto può usufruire dei permessi unicamente nel caso in cui presti assistenza al convivente e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente.

Congedo straordinario, l’ordine di priorità

Per la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave accertata, la legge fissa un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che degrada dal coniuge fino ai parenti e agli affini di terzo grado.

L’unito civilmente è incluso, in via alternativa e al pari del coniuge, tra i soggetti individuati prioritariamente dal legislatore ai fini della concessione del beneficio in parola.

Anche per il congedo straordinario, il lavoratore privato unito civilmente ha diritto per l’assistenza a un parente dell’unito e viceversa, sempre nel limite del terzo grado di affinità e il requisito della convivenza con il disabile grave da assistere. Mentre per i motivi sopra evidenziati anche la tutela del congedo straordinario non è prevista in favore del convivente di fatto.

Ordine di priorità

Quindi, è possibile usufruire del congedo in esame secondo il seguente ordine di priorità:

  • il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente” della persona disabile in situazione di gravità;
  • il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del “coniuge convivente”/della “parte dell’unione civile convivente”;
  • uno dei “figli conviventi” della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente” ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • uno dei “fratelli o sorelle conviventi” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori” e i “figli conviventi” del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • un “parente o affine entro il terzo grado convivente” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • uno dei figli non ancora conviventi con la persona disabile in situazione di gravità, ma che tale convivenza instauri successivamente, nel caso in cui il “coniuge convivente” /la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi”, i “parenti o affini entro il terzo grado conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.
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Chi può ancora andare in pensione a 62 anni nel 2022

Chi può ancora andare in pensione a 62 anni nel 2022

Quota 100 è terminata, ma ci sono ancora alcune possibilità per andare in pensione a 62 anni quest’anno.

Perché andare in pensione a 62 anni, tra il diritto e la libertà di ritirarsi dal lavoro

Con la fine di quota 100 andare in pensione a 62 anni non è più possibile. Quota 102, introdotta in via transitoria per 12 mesi, prevede il possesso di una età anagrafica non inferiore a 64 anni.

Andare in pensione a 62 anni è rimasta quindi una prerogativa riservata a pochissimi lavoratori. Oltre alle donne che possono ancora accedere al pensionamento anticipato con Opzione Donna, vediamo chi ne ha diritto.

Come andare in pensione a 62 anni

Come detto, Opzione Donna riserva al gentil sesso la possibilità di uscire dal lavoro al compimento di 58 anni di età (59 per le lavoratrici autonome) con almeno 35 anni di contributi alle spalle.

Ma altri può uscire a 62 anni di età dal lavoro? Sempre le donne che possono accedere ad Ape Sociale con almeno 30 anni di contributi o 36 se trattasi di lavoro usuranti. La legge concede alle lavoratrici fino a due anni di sconto sull’età pensionabile in presenza di uno o più figli. Quindi meno dei 63 anni previsti da Ape Sociale.

Poi ci sono i dipendenti, sempre privati, delle Pmi in crisi per i quali lo Stato ha stanziato un fondo per accompagnarli alla pensione con quota 100. Unica deroga prevista.

Uscita anticipata per lavoratori precoci

La legge prevede poi che possano andare in pensione in anticipo, e quindi anche con meno di a 62 anni di età, coloro che hanno iniziato a lavorare presto. Si tratta dei lavoratori precoci, cioè coloro che possono far valere almeno 12 mesi di lavoro prima del compimento dei 19 anni di età.

Per questa categoria di lavoratori, il diritto alla pensione scatta al raggiungimento dei 41 anni di contributi versati, indipendentemente dall’età anagrafica. In teoria, quindi, si potrebbe accedere alla pensione anche prima dei 62 anni di età.

Un’altra possibilità di uscita dal lavoro anticipata è prevista dalla stessa legge Fornero che consente il pensionamento alla maturazione di 42 anni e 10 mesi di contributi (12 mesi in meno per le donne). Questo a prescindere dall’età anagrafica e fino al 2026.