Archivio mensile:luglio 2021

Congedo straordinario covid genitori, fruizione oraria: domande al via

Congedo straordinario covid genitori, fruizione oraria: domande al via

Possibile fruire del Congedo straordinario covid genitori in modalità oraria presentando la relativa richiesta al proprio datore di lavoro

Semaforo verde per la richiesta del “Congedo 2021 per genitori” con figli affetti da SARS CoV-2, in quarantena da contatto o con attività didattica in presenza sospesa. In particolare, la richiesta deve essere effettuata al proprio datore di lavoro e successivamente regolarizzata mediante apposita domanda telematica all’INPS. La domanda dovrà essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso uno dei seguenti canali: web, Contact center integrato e Patronati.

Aggiornamento: con il messaggio numero 2754 del 28 luglio 2021, l’INPS comunica il rilascio della procedura per la presentazione delle domande di congedo straordinario, anche in modalità oraria, per i lavoratori dipendenti del settore privato, con figli affetti da SARS CoV-2, in quarantena da contatto o con attività didattica o educativa in presenza sospesa o con centri diurni assistenziali chiusi.

download   Messaggio INPS 2754 del 28-07-2021
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Di seguito le istruzioni operative per l’inoltro della domanda e per valorizzare il flusso Uniemens da parte dei datori di lavoro.

Congedo 2021 per genitori con figli in quarantena: la disciplina

Il congedo 2021 per genitori con figli affetti da SARS CoV-2, in quarantena da contatto o con attività didattica in presenza sospesa è disciplinato dall’art. 2 del D.L. n. 30/2021. In particolare è stato previsto un congedo indennizzato per la cura dei figli conviventi minori di anni 14, per un periodo corrispondente, in tutto o in parte:

  • alla durata dell’infezione da SARS CoV-2;
  • alla durata della quarantena da contatto del figlio, ovunque avvenuto;
  • nonché alla durata del periodo di sospensione dell’attività didattica in presenza.

Tale congedo può essere fruito senza limiti di età per la cura dei figli con disabilità in situazione di gravità accertata, a prescindere dalla convivenza con gli stessi, per un periodo corrispondente, in tutto o in parte:

  • alla durata dell’infezione da SARS CoV-2;
  • alla durata della quarantena da contatto del figlio, ovunque avvenuto, alla durata della sospensione dell’attività didattica in presenza;
  • nonché alla durata della chiusura dei centri diurni a carattere assistenziale.

La predetta legge di conversione introduce altresì la possibilità di fruire del “Congedo 2021 per genitori” anche in modalità oraria. Tale possibilità è fruibile dai genitori dal 13 maggio 2021 e fino al 30 giugno 2021.

Congedo covid-19 per il 2021 per genitori con figli in quarantena: aspetti di compatibilità/incompatibilità

Il “Congedo 2021 per genitori” in modalità oraria può essere fruito da entrambi i genitori purché la fruizione avvenga in maniera alternata. Ne consegue che la fruizione oraria del congedo di cui trattasi è incompatibile con la fruizione, nello stesso giorno, del “Congedo 2021 per genitori” con modalità giornaliera da parte dell’altro genitore convivente con il minore. La contemporanea fruizione del congedo da parte dei due genitori, nello stesso arco temporale, è invece possibile nel caso in cui il congedo, giornaliero o orario, sia goduto per figli diversi di cui uno con disabilità grave.

Sono invece compatibili due richieste di “Congedo 2021 per genitori” in modalità oraria nello stesso giorno da parte dei due genitori, purché le ore di fruizione all’interno della stessa giornata non si sovrappongano. La contemporanea fruizione da parte dei due genitori è inoltre possibile anche in caso di sovrapposizione delle ore nella stessa giornata, nel caso in cui il congedo sia goduto per figli diversi di cui uno con disabilità grave.

Inoltre, il “Congedo 2021 per genitori” in modalità oraria:

  • è incompatibile con la fruizione del congedo parentale giornaliero da parte dell’altro genitore convivente per lo stesso minore;
  • è compatibile con la fruizione del congedo parentale a ore da parte dell’altro genitore convivente per lo stesso minore, purché le ore all’interno della stessa giornata non si sovrappongano;
  • compatibile con la fruizione nello stesso giorno, da parte del soggetto richiedente, del congedo parentale a ore;
  • compatibile con i riposi giornalieri della madre o del padre fruiti nella stessa giornata dal richiedente o dall’altro genitore convivente con il minore, purché le ore all’interno della stessa giornata non si sovrappongano;
  • è compatibile con la fruizione da parte dell’altro genitore, anche per lo stesso figlio e nelle stesse giornate, del prolungamento del congedo parentale.

Congedo 2021 per genitori con figli in quarantena: modalità di presentazione

In attesa dei necessari aggiornamenti informatici, è possibile fruire del “Congedo 2021 per genitori” in modalità oraria presentando la relativa richiesta al proprio datore di lavoro. Successivamente è necessario regolarizzare la richiesta mediante apposita domanda telematica all’INPS, non appena questa sarà resa disponibile sul sito dell’Istituto.

La domanda dovrà essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso uno dei seguenti canali tramite:

  • il portale web, se si è in possesso del codice PIN rilasciato dall’Istituto oppure di SPID, CIE, CNS;
  • il Contact center integrato, chiamando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori);
  • i Patronati, utilizzando i servizi offerti gratuitamente dagli stessi.

Congedo covid per il 2021 genitori figli in quarantena: flusso Uniemens

Con riferimento al flusso Uniemens è stato previsto il seguente nuovo codice evento riferito ai lavoratori dipendenti del settore privato:

  • MZ3: “Congedo 2021 per genitori- DL n. 30/2021 art. 2”.

Il codice identifica la fruizione oraria del congedo.

Nella compilazione del flusso dovrà essere valorizzata la causale dell’assenza nell’elemento <CodiceEvento> di <Settimana> procedendo alla valorizzazione del “tipo copertura” delle settimane in cui si collocano gli eventi con le consuete modalità.

Pertanto, dovrà essere indicato nell’elemento <DiffAccredito> il valore della retribuzione “persa” a motivo dell’assenza.

È prevista la compilazione dell’elemento <InfoAggEvento>, nel quale va indicato il codice fiscale del figli

Licenziamenti, green pass, no-vax, obbligo vaccinale: il punto della situazione

Licenziamenti, green pass, no-vax, obbligo vaccinale: il punto della situazione

Si possono sospendere i dipendenti non vaccinati? In quali casi è possibile ricorrere al licenziamento dei no-vax? Analisi completa

Licenziamenti, green pass, no-vax, obbligo vaccinale: il punto della situazione. Introdurre il vaccino obbligatorio per i dipendenti oppure no? Nel frattempo le aziende possono sospendere dal lavoro o licenziare i non vaccinati? Una situazione complessa che tiene banco ormai da mesi su cui ad oggi ancora una soluzione chiara non c’è.

Attualmente infatti l’unico obbligo di vaccinarsi imposto dalla legge è quello previsto dal D.l. 1° aprile 2021 numero 2021 riguardante il personale sanitario.

In dottrina è tuttavia diffusa l’opinione di coloro che, sulla base del dovere in capo all’azienda di tutelare l’integrità fisica e la salute dei lavoratori, ritengono giustificato sospendere i dipendenti che rifiutano il vaccino.

Sul punto è intervenuta anche una ordinanza del Tribunale di Modena n. 2467 del 23 luglio 2021 che ha affermato la piena legittimità del provvedimento di sospensione dal lavoro senza retribuzione adottato da un datore di lavoro operante in una RSA ove due addetti con mansioni sanitarie avevano rifiutato di vaccinarsi contro il CoViD -19. Ciò era avvenuto prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 44/2021.

Al contrario, c’è chi ricorda l’articolo 32 della Costituzione per cui nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

Una situazione che si complica anche a seguito dell’introduzione, a partire dal 6 agosto prossimo, del “Green pass” per accedere ad una serie di attività ed esercizi commerciali.

Senza dimenticare i risvolti in tema di tutela della privacy, con i limiti ricordati dal Garante in tema di trattamento dei dati sanitari (incluso il “Green pass”), prerogativa quest’ultima riservata al medico competente.

Analizziamo la questione in dettaglio.

Obbligo vaccinale: cosa prevede il Decreto-legge 44/2021

Ad eccezione del Decreto-legge numero 44/2021, con cui si è previsto l’obbligo del vaccino per:

  • Esercenti professioni sanitarie;
  • Operatori di interesse sanitario che svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private, nonché in farmacie, parafarmacie e studi professionali;

non esista ad oggi alcuna normativa che imponga in maniera diretta l’obbligo di vaccinarsi per la generalità dei lavoratori dipendenti.

In dottrina è tuttavia diffuso il pensiero di chi, in base all’articolo 2087 del Codice civile, riguardante l’obbligo in capo all’azienda di tutelare l’integrità fisica e morale del dipendente, ritiene giustificato sospendere dal lavoro e dalla retribuzione i non vaccinati.

A sostegno della tesi si segnala anche la norma del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che dispone, su parere del medico competente, la messa a disposizione di vaccini per i lavoratori che non siano già immuni all’agente biologico.

Articolo 2087 Codice civile: ecco cosa dice

Tra gli obblighi del datore di lavoro rientra in generale la tutela dell’integrità fisica e morale del dipendente. A stabilirlo l’articolo 2087 Codice civile in base al quale, si legge nel testo:

“l’imprenditore tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro

Il Decreto legislativo 9 aprile 2008 numero 81, Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, prevede all’articolo 279, afferma la norma, che

Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:

  1. La messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente”.

Il ruolo del medico competente

Come ricorda la Fondazione studi Consulenti del lavoro nell’approfondimento del 27 luglio, il medico competente è l’unico soggetto legittimato a trattare i dati sanitari dei dipendenti. L’azienda non può pertanto acquisire, nemmeno con il consenso degli interessati, i nomi di coloro che sono vaccinati o la copia delle certificazioni vaccinali (Green pass).

download   GREEN PASS, ISTRUZIONI PER L’USO – Guida Fondazione Studi Cdl
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In particolare, il Garante della privacy sottolinea nel documento “Protezione dei dati – Il ruolo del medico competente in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, anche con riferimento al contesto emergenziale” del 14 maggio 2021, che nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” (come può essere il contesto sanitario) con rischio elevati per lavoratori e pazienti, trova applicazione l’articolo 279 citato del Dlgs. 81/2008.

In queste situazioni, afferma il Garante, soltanto il medico competente può “trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica”. L’azienda, dal canto suo, dovrà invece “limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore”.

Idoneità alla mansione del lavoratore non vaccinato

Ricordiamo che una volta effettuate le visite (preassuntive, periodiche o anche alla cessazione del rapporto) il medico esprime per iscritto (fornendo copia al datore di lavoro ed all’interessato) il proprio giudizio di idoneità alla mansione.

Questo può concretizzarsi in:

  • Idoneità totale o parziale, permanente o temporanea (eventualmente prescrivendo limitazioni o altri accorgimenti);
  • Inidoneità temporanea o permanente alla mansione.

Nella seconda ipotesi l’azienda è tenuta ad assegnare al lavoratore attività:

  • Equivalenti alla mansione precedente;
  • In alternativa (a seguito dell’assenza di mansioni equivalenti) è consentito assegnare mansioni inferiori, mantenendo comunque il diritto al trattamento economico e normativo di provenienza.

Licenziamento lavoratore no vax

La questione si complica nelle ipotesi di licenziamento del dipendente che rifiuta di vaccinarsi, non essendoci ancora sufficienti riferimenti legislativi né sentenze sul tema.

La normativa riconosce ad esempio il recesso per giustificato motivo oggettivo a fronte della sopravvenuta infermità permanente del lavoratore a rendere la prestazione. In tal caso l’accertamento dell’inidoneità deve provenire dal medico competente o dalla Commissione medica istituita presso l’ASL.

Leggi anche: Chi non si vaccina può essere licenziato?

La giurisprudenza ha richiesto, perché il licenziamento sia legittimo, i seguenti requisiti:

  • Stato di malattia tale da non permettere una prognosi definitiva;
  • Assenza di un interesse aziendale a sfruttare le prestazioni lavorative del dipendente;
  • Impossibilità di assegnare al lavoratore mansioni differenti (anche inferiori).

Un’alternativa è rappresentata dal licenziamento per giusta causa (senza preavviso), a fronte di condotte del dipendente tali da ledere il rapporto fiduciario con l’azienda.

Tribunale di Modena: sospensione senza retribuzione personale sanitario non vax

Nell’ordinanza, il Tribunale di Modena ha considerato legittima la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione nei confronti del dipendente che, senza alcuna giustificazione, rifiuta di sottoporsi al vaccino.

Il caso affrontato dal giudice di primo grado, risalente a dicembre 2020, riguarda un gruppo di lavoratori, fisioterapisti in una casa di riposo, i quali, a seguito del diniego al vaccino, erano stati sospesi dal lavoro.

Investito della questione, a seguito del ricorso dei dipendenti, il Tribunale ha evidenziato che:

  • Il dipendente, come il datore, è titolare di precisi doveri di sicurezza, in particolare di prendersi cura della propria salute nel rispetto delle persone terze con cui si entra in contatto;
  • Al pari del lavoratore legittimato a non prestare l’attività lavorativa se l’azienda non rispetta gli obblighi contrattuali, così il datore può reagire nei confronti del dipendente che non osserva gli obblighi di sicurezza, sospendendolo dal lavoro;
  • Per le professioni sanitarie (soprattutto se in contatto, come nel caso di specie, con soggetti fragili), la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro rientrano nell’oggetto della mansione stessa.

Di conseguenza, con riferimento soprattutto all’ultimo punto, nell’impossibilità di ricollocare il dipendente che non intende vaccinarsi, la protezione della salute e della sicurezza può attuarsi soltanto sospendendo cautelativamente il dipendente dal servizio.

Il Tribunale ha ricordato peraltro la direttiva europea 2020/739 del 3 giugno 2020 che ha incluso il COVID-19 nella lista degli agenti biologici, contro i quali è necessario proteggere gli ambienti di lavoro.

San Pietro Crisologo

 

San Pietro Crisologo


Nome: San Pietro Crisologo
Titolo: Vescovo e dottore della Chiesa
Nascita: 380 circa, Imola
Morte: 450, Imola
Ricorrenza: 30 luglio
Tipologia: Commemorazione

S. Pietro Crisologo fu nel secolo v difensore della Chiesa occidentale contro gli Eutichiani. Nacque da agiata famiglia di Imola e fu battezzato dal vescovo S. Cornelio, dal quale fu pure istruito nelle lettere, ed ordinato diacono.

Morto il Vescovo di Ravenna, i fedeli radunati elessero il nuovo Vescovo e pregarono S. Cornelio che li appoggiasse per ottenere da Roma la conferma della elezione. Cornelio accettò di buon grado, e condusse seco anche il diacono Pietro. Giunto a Roma, Sisto III, illuminato da una visione, anziché approvare la nomina elesse a reggere la chiesa di Ravenna il diacono Pietro.

Né i Ravennati ebbero a rammaricarsene. Appena entrato nella sua diocesi, il novello Vescovo si diede con grande ardore e fermezza a porre rimedio ai gravi abusi che erano penetrati specialmente nelle così dette calende di gennaio, che tenevano il luogo dell’attuale carnevale; e vi riuscì.

Fu grande oratore, per questo fu detto « Crisologo » che vuol dire « Parola d’oro ». Ma fu ancora più grande come scrittore tanto da essere proclamato Dottore della Chiesa. Lasciò moltissimi discorsi ed omelie di cui ben 176 sono pervenuti fino a noi. I più celebri sono quelli contro le calende di gennaio in cui non si stanca di ripetere che « non potrà godere con Cristo in cielo chi vuol godere col diavolo in terra ».

Verso la fine della sua feconda vita, lavorò alla difesa del dogma cattolico contro Eutiche. Questo eretico confondeva in una sola le due distinte nature, umana e divina, esistenti nella persona di Gesù Cristo: essendo per questo stato condannato dal patriarca S. Flaviano, si rivolse ai principali vescovi per lamentarsi e difendersi. Scrisse anche al vescovo Crisologo ma questi gli raccomandò di leggere la lettera che a quel riguardo aveva già scritto il Papa S. Leone “perché,” gli diceva, “l’apostolo Pietro che vive nella sede del Pontefice non ricusa di insegnare la verità della fede a quelli che la cercano”, indicandogli con questo di sottomettersi all’autorità del Pontefice.

Prese pure parte al Concilio Ecumenico di Calcedonia in cui l’eresia Eutichiana fu condannata e la dottrina della Chiesa chiarita e confermata. Poco tempo dopo questo Concilio il vescovo Crisologo volò agli eterni gaudi.

PRATICA. È dovere di ognuno istruirsi nella religione.

PREGHIERA. O Signore, che con una divina rivelazione hai designato a reggere la tua Chiesa, il santo vescovo Pietro Crisologo, concedi a noi che possiamo avere intercessore in cielo colui che avemmo dottore in terra.

MARTIROLOGIO ROMANO. San Pietro, detto Crisologo, vescovo di Ravenna e dottore della Chiesa, che, munito del nome del beato Apostolo, ne svolse lo stesso ministero con tale maestria, da attirare alla fede le folle con la rete della sua celeste dottrina, saziandole con la dolcezza del suo divino eloquio. Il suo transito avvenne il 31 luglio a Imola in Romagna.

La nascita della Costituzione

La nascita della Costituzione

 La votazione finale della Costituzione

[22 dicembre 1947. Seduta antimeridiana dell’Assemblea Costituente.]

Presidente Terracini. L’ordine del giorno reca: Votazione finale a scrutinio segreto della Costituzione della Repubblica italiana.

Ha facoltà di parlare l’onorevole Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione.

RuiniPresidente della Commissione per la Costituzione. Onorevoli colleghi, con la seduta di poche ore fa il compito dell’Assemblea Costituente può dirsi adempiuto. Ecco il testo definitivo della Costituzione, che mi appresto a consegnare al Presidente dell’Assemblea.

Era un compito difficile e faticoso. Il Comitato di redazione è apparso molte volte quasi una mitica unità; i suoi membri si sono divisi ed hanno combattuto fra loro; ma dopo tutto vi è stato, e si rivela oggi, uno spirito comune, uno sforzo di unità sostanziale; ed oggi il Comitato compatto sente la responsabilità e la solidarietà del suo lavoro, ed è orgoglioso di averlo portato a termine. Questo io devo dichiarare, a suo nome, all’Assemblea e ringraziarla di aver sanzionato l’opera nostra.

Questa è un’ora nella quale chi è adusato alle prove parlamentari, chi è stato in trincea, chi ha conosciuto il carcere politico, è preso da una nuova e profonda emozione. È la prima volta, nel corso millenario della storia d’Italia, che l’Italia unita si dà una libera Costituzione: Un bagliore soltanto vi fu, cento anni fa, nella Roma repubblicana di Mazzini. Mai tanta ala di storia è passata sopra di noi.

E ciò avviene in una congiuntura non ancora definita, in un processo di trasformazione ancora in cammino, in cui alcuni istituti vecchi non sono ancor morti, ed altri nuovi non sono ancora interamente vivi. Esistono due crepuscoli tra il giorno e la notte: questo che ora scorgiamo sarà per la nostra Italia crepuscolo di aurora e non di tramonto.

Dobbiamo darci la nostra Costituzione in una situazione tragica; dopo la disfatta; dopo l’onta di un regime funesto. Dobbiamo cercare di costruire qualche cosa di saldo e di durevole, mentre viviamo in piena crisi politica, economica, sociale. Ebbene, vi siamo riusciti. L’Italia darà un’altra prova di ciò che è stato il segno della sua storia e la rende inconfondibile con le altre nazioni: l’Italia è la sola che abbia saputo e saprà, risorgendo, rinnovare e vivere fasi successive ed altissime di nuove civiltà.

Questa Carta che stiamo per darci è, essa stessa, un inno di speranza e di fede. Infondato è ogni timore che sarà facilmente divelta, sommersa, e che sparirà presto. No; abbiamo la certezza che durerà a lungo, e forse non finirà mai, ma si verrà completando ed adattando alle esigenze dell’esperienza storica. Pur dando alla nostra Costituzione un carattere rigido, come richiede la tutela delle libertà democratiche, abbiamo consentito un processo di revisione, che richiede meditata riflessione, ma che non la cristallizza in una statica immobilità. Vi è modo di modificare e di correggere con sufficiente libertà di movimento. E così avverrà; la Costituzione sarà gradualmente perfezionata; e resterà la base definitiva della vita costituzionale italiana. Noi stessi — ed i nostri figli — rimedieremo alle lacune ed ai difetti, che esistono, e sono inevitabili.

Critiche sono venute anche da questo banco; ma non ci dobbiamo abbandonare ad un abito di auto-denigrazione, che sembra talvolta un tristo retaggio italiano. Nessuna Costituzione è perfetta. Tutte le volte che se n’è fatta una, sono risuonati lamenti e deprecazioni fra i costituenti. Ciò è avvenuto, anche subito dopo che a Filadelfia fu votata, un secolo e mezzo fa, la Costituzione nord-americana; che ora è giudicata la migliore di tutte!

Un giudizio pacato sui pregi e sui difetti della nostra Carta non può essere dato oggi, con esauriente completezza. Difetti ve ne sono; vi sono lacune e più ancora esuberanze; vi sono incertezze in dati punti; ma mi giungono ormai voci di grandi competenti dall’estero, e riconoscono che questa Carta merita di essere favorevolmente apprezzata, ed ha un buon posto, forse il primo, fra le Costituzioni dell’attuale dopoguerra. Noi, prima di tutti, ne riconosciamo le imperfezioni; ma dobbiamo anche rilevare alcuni risultati acquisiti.

I «principî fondamentali» che sono sanciti nell’introduzione, e che possono sembrare vaghi e nebulosi, corrispondono a realtà ed esigenze di questo momento storico, che sono nello stesso tempo posizioni eterne dello spirito, e manifestano un anelito che unisce insieme le correnti democratiche degli «immortali principî», quelle anteriori e cristiane del sermone della montagna, e le più recenti del manifesto dei comunisti, nell’affermazione di qualcosa di comune e di superiore alle loro particolari aspirazioni e fedi.

Nella enunciazione dei diritti e doveri dei cittadini, se la Francia, che ha una tradizione superba di tali dichiarazioni, ha potuto rimettersi ad esse, noi, che non l’abbiamo, siamo tenuti a formulare noi, per la prima volta, questi diritti e doveri. Lo abbiamo fatto non senza vantaggi e passi avanti; e qui le esigenze etico-politiche hanno ceduto il posto alla tecnica più precisa e concreta. Nessuna altra Carta costituzionale contiene un sistema così completo e definito di garanzie di libertà, ed alcuni istituti non sono privi di novità; mi hanno segnalato appunto la nullità delle misure di polizia non comunicate e convalidate subito dalla Magistratura, ed il diritto di associazione, inteso nel senso che chi ha diritto di svolgere singolarmente un’attività può farlo anche in forma costituzionale. Per il suo tecnicismo giuridico-costituzionale (e per la struttura e l’architettonica dell’intera Costituzione) la nostra Carta è una cosa seria.

Nessuno si deve scandalizzare se nei testi costituzionali è entrata — ormai da tempo — la nota dei rapporti economici. Le direttive che noi abbiamo formulato aprono, con la maggior adeguatezza possibile, la via a progressive riforme verso quella che deve essere ormai, lo abbiamo detto nel primo articolo, la democrazia basata sul lavoro; e nel tempo stesso escludono, proprio per lo sforzo di tracciare concreti istituti, i metodi rivoluzionari e violenti.

La seconda parte della Costituzione — ordinamento della Repubblica — ha presentato gravi difficoltà. Si tenga presente che nell’edificare la nostra Repubblica non abbiamo trovato, come in altri paesi, continuità di tradizione. Avevamo tutto da fare. Non abbiamo risoluto con piena soddisfazione tutti i problemi istituzionali. Ad esempio, per la composizione delle due Camere ed il loro sistema elettorale, rimesso del resto alla legge ordinaria. Ma in complesso si è seguita una linea media ed equidistante dai due estremi. Da un lato, dalle suggestioni, talvolta inconsapevoli, in cui cadono certuni che hanno sempre davanti agli occhi i congegni del passato, e non si sono ancora persuasi che il potere del re è per sempre caduto. Dall’opposto lato, dalle visioni degli estremisti che idealizzano un governo di assemblea e di convenzione, di cui tutti gli altri poteri sarebbero semplici commessi ed appendici. Ne ho parlato qui più volte; anche oggi confermo che le soluzioni adottate erano, dopotutto, le sole possibili, in attesa che l’esperienza indichi ulteriori processi ed adattamenti. Certo è che — pur non entrando nella via, almeno parziale, di alcuni poteri riservati al Capo dello Stato senza correlativa responsabilità ministeriale — il Presidente della Repubblica italiana è tutt’altro che un fantoccio. Certo è che, mantenendo la indeclinabile condizione della fiducia delle Camere, si è cercato di evitare le sorprese e la soverchia instabilità dei governi. E certo è — per ritornare alla parte tecnica — che più di ogni altra Costituzione la nostra definisce e precisa gli istituti del decreto legge, del decreto legislativo, della formazione e della gerarchia delle leggi.

Per quanto concerne la magistratura, vi possono essere rilievi e riserve; ma in sostanza si è fatto un passo decisivo, il solo possibile, non ancora raggiunto in molti altri paesi, verso la unicità della giurisdizione, con l’obbligo di trasformare in sezioni specializzate degli organi giudiziari ordinari le attuali giurisdizioni speciali, esclusi soltanto per necessità imprescindibili delle loro funzioni il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti.

La nostra Costituzione affronta lo spinoso problema dell’ordinamento regionale. Molti sono i dubbi; e vi possono essere inconvenienti; ma non si poteva non andare incontro ad una irresistibile tendenza; vi sono riforme storiche che non si possono evitare; e si sono di fatto predisposti i nuovi istituti in modo che la prova concreta e l’adattamento della esperienza, consentirà di dare ad essi maggiore o minore ampiezza, salvaguardando in ogni caso la necessità suprema della unità ed indivisibilità della patria.

Perdonatemi se ho creduto necessario rivendicare non solo le ombre, ma le luci della Costituzione. Si è fatto il possibile: nessuna altra Carta ebbe una più minuta preparazione; nessuna fu più a lungo discussa; per nessuna si è fatto con maggior completezza il punto, e si è condotto quasi un esame di coscienza di tutti i problemi più gravi del momento. È un eccesso? Sì; ma non è senza significato che un popolo, nell’accingersi ad un rinnovamento, abbia voluto compiere quest’esame di coscienza.

La formulazione della nostra Costituzione non poteva che svolgersi con metodi democratici. Noi abbiamo assistito — foggiandolo noi stessi — a ciò che è un processo di formazione democratica e cioè collettiva. Una Costituzione non può più essere l’opera di uno solo, o di pochissimi. Deve risultare dalla volontà di tutti i rappresentanti del popolo; e i rappresentanti del popolo non si conducono con la violenza; l’unico modo, in democrazia, di vincere è di convincere gli altri. Che cinquecentocinquanta individui prendano parte (e tutti credono di aver eguale competenza) nella formulazione degli articoli di una Costituzione, ha fortissimi inconvenienti; non si fa così per i codici; ma come si fa a delegare la stesura della Costituzione? Con molta pazienza la tecnica riesce a farsi comunque strada; ed a rimediare, se non a tutti, a molti inconvenienti. Ciò avverrà sempre più, con l’autolimitazione volontaria e la maggior educazione politica di domani. Intanto vi è anche un vantaggio: che tutti i rappresentanti del popolo, tutte le correnti del popolo da essi rappresentate possono dire: questa Costituzione è mia, perché l’ho discussa e vi ho messo qualcosa.

Onorevoli colleghi, l’esigenza dell’opera collettiva, della collaborazione di tutti, in democrazia è l’inevitabile, ed è la forza stessa della democrazia. E vi è un’altra cosa inevitabile, una conseguenza di questa stessa esigenza: la Costituzione, come ogni opera collettiva, non può che essere, come si dice in senso deteriore, un «compromesso». Preferisco dire con il purissimo Cattaneo che non può essere se non «una transazione», come è tutta la storia. Ed è «equilibrio»; questa è la caratteristica della nostra Costituzione; un equilibrio realizzato, come era possibile, fra le idee e le correnti diverse. Mi si dica in quale altro modo — forse con una prevalenza forzata, forse con un totalitarismo costituzionale — si sarebbe potuto fare una Costituzione democratica. Anche le altre Costituzioni storiche, che oggi ci sembrano monolitiche, furono sempre il risultato di transazioni e di equilibri.

Quando oggi voteremo, il largo suffragio che daremo alla nostra Costituzione attesterà che, malgrado i dissensi e le lacerazioni, è scaturita dalle viscere profonde della nostra storia, la convergenza di tutti in una comune certezza; il sicuro avvenire della Repubblica italiana. (Vivissimi, generali applausi).

Con queste dichiarazioni mi onoro consegnare al Presidente dell’Assemblea Costituente il testo definitivo della Carta costituzionale. (L’Assemblea sorge in piedi — Vivissimi, generali, prolungati applausi — Da una tribuna un gruppo di garibaldini intona l’Inno di Mameli, ripreso dall’Assemblea e dal pubblico delle tribune — Rinnovati, vivissimi applausi).

Presidente Terracini. Do atto all’onorevole Ruini della consegna del testo definitivo della Costituzione, al cui perfezionamento di forma e di sostanza egli ha dato opera diuturna ed appassionata fino, possiamo ben dirlo, a poche ore fa. Ancora stamane noi lo abbiamo udito mentre forniva a noi tutti gli ultimi chiarimenti che ci erano necessari per metterci in condizioni di procedere ora al voto definitivo.

Credo che non ci fossimo resi conto tutti, in un primo momento, della gravità e dell’importanza del compito che avevamo affidato al Presidente della Commissione dei Settantacinque. È certo che molti di noi forse ancora non conoscono la somma di fatiche che il suo assolvimento ha imposto all’onorevole Ruini.

Voglio esprimere la mia riconoscenza personale all’onorevole Ruini, senza la cui valida collaborazione io stesso non avrei potuto rispondere alla fiducia riposta in me dall’Assemblea. E credo che se esprimo all’onorevole Ruini anche il ringraziamento dell’intera Assemblea, questa darà alle mie parole plauso e consenso. (Vivissimi generali applausi).

Indico la votazione a scrutinio segreto sulla Costituzione della Repubblica italiana.

Si procederà alla votazione a scrutinio segreto con appello nominale. Pertanto ogni singolo deputato, il cui nome sarà chiamato, verrà a deporre nell’urna il suo voto.

Si faccia la chiama per ordine alfabetico, cominciando dalla lettera A.

MolinelliSegretario, fa la chiama.

(Segue la votazione — Quando il Presidente Terracini si reca a votare l’Assemblea sorge in piedi — Vivissimi, prolungati, generali applausi cui si associano i giornalisti delle tribune della stampa).

Presidente Terracini. Dichiaro chiusa la votazione a scrutinio segreto. Invito gli onorevoli Segretari a numerare i voti.

(Gli onorevoli segretari numerano i voti).

Proclamo il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti e votanti………… 515
Maggioranza………….. 258
Voti favorevoli……….. 453
Voti contrari……………. 62

(L’Assemblea approva — L’Assemblea si leva in piedi — Vivissimi, generali, prolungali applausi cui si associano i giornalisti delle tribune della stampa — Si grida: Viva la Repubblica! — Nuovi, prolungati applausi).

Hanno preso parte alla votazione:

Adonnino, Alberti, Aldisio, Allegato, Amadei, Ambrosini, Amendola, Andreotti, Angelini, Angelucci, Arata, Arcaini, Arcangeli, Assennato, Avanzini, Ayroldi, Azzi.

Bacciconi, Badini Confalonieri, Baldassari, Balduzzi, Baracco, Barbareschi, Bardini, Bargagna, Barontini Anelito, Barontini Ilio, Bartalini, Basile, Basso, Bastianetto, Bazoli, Bei Adele, Bellato, Bellavista, Bellusci, Belotti, Bencivenga, Benedetti, Benedettini, Bennani, Benvenuti, Bernabei, Bernamonti, Bernini Ferdinando, Bertini Giovanni, Bertola, Bertone, Bettiol, Biagioni, Bianchi Bianca, Bianchi Bruno, Bianchini Laura, Bibolotti, Binni, Bitossi, Bocconi, Boldrini, Bolognesi, Bonino, Bonomelli, Bonomi Ivanoe, Bonomi Paolo, Bordon, Borsellino, Bosco Lucarelli, Bosi, Bovetti, Bozzi, Braschi, Bruni, Brusasca, Bubbio, Bucci, Buffoni Francesco, Bulloni Pietro, Buonocore, Burato.

Cacciatore, Caccuri, Caiati, Cairo, Calamandrei, Caldera, Calosso, Camangi, Campilli, Camposarcuno, Candela, Canevari, Cannizzo, Caporali, Cappa Paolo, Cappelletti, Cappi Giuseppe, Cappugi, Capua, Carbonari, Carboni Angelo, Carboni Enrico, Carignani, Caroleo, Carpano Maglioli, Carratelli, Cartia, Caso, Cassiani, Castelli Edgardo, Castelli Avolio, Castiglia, Cavalli, Cavallotti, Cerreti, Cevolotto, Chatrian, Chiaramello, Chieffi, Chiostergi, Ciampitti, Cianca, Ciccolungo, Cicerone, Cifaldi, Cimenti, Cingolani Mario, Clerici, Coccia, Codacci Pisanelli, Codignola, Colitto, Colombi Arturo, Colombo Emilio, Colonna di Paliano, Colonnetti, Conci Elisabetta, Condorelli, Conti, Coppa Ezio, Coppi Alessandro, Corbi, Corbino, Corsanego, Corsi, Corsini, Cortese Guido, Cortese Pasquale, Costa, Costantini, Cotellessa, Cremaschi Carlo, Cremaschi Olindo, Crispo.

Damiani, D’Amico, D’Aragona, De Caro Gerardo, De Falco, De Gasperi, Del Curto, Della Seta, Delli Castelli Filomena, De Maria, De Martino, De Mercurio, De Michele Luigi, De Michelis Paolo, De Palma, De Unterrichter Maria, De Vita, Di Fausto, Di Giovanni, Di Gloria, Di Vittorio, Dominedò, Donati, D’Onofrio, Dossetti, Dozza, Dugoni.

Einaudi, Ermini.

Fabbri, Fabriani, Facchinetti, Faccio, Fanfani, Fantoni, Fantuzzi, Faralli, Farina Giovanni, Farini Carlo, Fedeli Aldo, Fedeli Armando, Federici Maria, Ferrarese, Ferrari Giacomo, Ferrario Celestino, Ferreri, Fietta, Filippini, Finocchiaro Aprile, Fiore, Fiorentino, Fioritto, Firrao, Flecchia, Foa, Fogagnolo, Foresi, Fornara, Franceschini, Fresa, Froggio, Fuschini, Fusco.

Gabrieli, Galati, Galioto, Gallico Spano Nadia, Garlato, Gasparotto, Gatta, Gavina, Germano, Gervasi, Geuna, Ghidetti, Ghidini, Ghislandi, Giacchero, Giacometti, Giannini, Giolitti, Giordani, Giua, Gonella, Gorreri, Gortani, Gotelli Angela, Grassi, Grazi Enrico, Grieco, Grilli, Gronchi, Guariento, Guerrieri Emanuele, Guerrieri Filippo, Gui, Guidi Cingolani Angela, Gullo Fausto, Gullo Rocco.

Imperiale, Iotti Leonilde.

Jacometti, Jervolino.

Labriola, Laconi, La Gravinese Nicola, La Malfa, Lami Starnuti, Landi, La Pira, La Rocca, Lazzati, Leone Francesco, Leone Giovanni, Lettieri, Li Causi, Lizier, Lizzadri, Lombardi Carlo, Lombardi Riccardo, Lombardo Ivan Matteo, Longhena, Longo, Lopardi, Lozza, Lucifero, Luisetti, Lussu.

Macrelli, Maffi, Magnani, Magrassi, Magrini, Malagugini, Maltagliati, Malvestiti, Mancini, Mannironi, Manzini, Marazza, Marchesi, Marconi, Mariani Enrico, Marina Mario, Marinaro, Marinelli, Martinelli, Martino Gaetano, Marzarotto, Massini, Massola, Mastino Gesumino, Mastino Pietro, Mastrojanni, Mattarella, Mattei Teresa, Matteotti Carlo, Matteotti Matteo, Mazza, Mazzei, Mazzoni, Meda Luigi, Medi Enrico, Mentasti, Merighi, Merlin Angelina, Mezzadra, Miccolis, Micheli, Minella Angiola, Minio, Molè, Molinelli, Momigliano, Montagnana Mario, Montagnana Rita, Montalbano, Montemartini, Monterisi, Monticelli, Montini, Morandi, Moranino, Morelli Luigi, Morelli Renato, Morini, Moro, Mortati, Moscatelli, Motolese, Murdaca, Murgia, Musolino, Musotto.

Nasi, Negarville, Negro, Nenni, Nicotra Maria, Nitti, Nobile Umberto, Nobili Tito Oro, Noce Teresa, Notarianni, Novella, Numeroso.

Orlando Camillo, Orlando Vittorio Emanuele.

Pacciardi, Pajetta Gian Carlo, Pajetta Giuliano, Pallastrelli, Paolucci, Paratore, Paris, Parri, Pastore Giulio, Pastore Raffaele, Pat, Patricolo, Patrissi, Pecorari, Pella, Pellegrini, Pera, Perassi, Perlingieri, Perrone Capano, Persico, Pertini Sandro, Perugi, Pesenti, Petrilli, Piccioni, Piemonte, Pieri Gino, Pignatari, Pignedoli, Pistoia, Platone, Pollastrini Elettra, Ponti, Porzio, Pratolongo, Pressinotti, Preti, Priolo, Proia, Pucci, Puoti.

Quarello, Quintieri Adolfo.

Raimondi, Rapelli, Reale Eugenio, Reale Vito, Recca, Rescigno, Restagno, Ricci Giuseppe, Riccio Stefano, Rivera, Rodi, Rodinò Mario, Rodinò Ugo, Rognoni, Romano, Romita, Roselli, Rossi Giuseppe, Rossi Maria Maddalena, Rossi Paolo, Roveda, Rubilli, Ruggeri Luigi, Ruini, Rumor, Russo Perez.

Saccenti, Saggin, Salerno, Salizzoni, Salvatore, Sampietro, Sansone, Santi, Sapienza, Saragat, Sardiello, Sartor, Scalfaro, Scarpa, Scelba, Schiavetti, Schiratti, Scoca, Scoccimarro, Scotti Alessandro, Scotti Francesco, Secchia, Segala, Segni, Selvaggi, Sereni, Sforza, Sicignano, Siles, Silipo, Silone, Simonini, Spallicci, Spataro, Stampacchia, Stella, Storchi, Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli, Targetti, Taviani, Tega, Terracini, Terranova, Tieri Vincenzo, Titomanlio Vittoria, Togliatti, Togni, Tomba, Tonello, Tonetti, Tosato, Tosi, Tozzi Condivi, Tremelloni, Treves, Trimarchi, Tripepi, Tupini, Turco.

Uberti.

Valenti, Valiani, Vallone, Valmarana, Varvaro, Venditti, Veroni, Viale, Vicentini, Vigna, Vigo, Vigorelli, Vilardi, Villabruna, Villani, Vinciguerra, Vischioni, Volpe.

Zaccagnini, Zanardi, Zannerini, Zappelli, Zerbi, Zotta, Zuccarini.

Sono in congedo:

Arata.

Canepa, Carmagnola, Cavallari.

Jacini.

Merlin Umberto.

Preziosi.

Ravagnan.

Trulli.

Vanoni, Vernocchi.

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi! È con un senso di nuova profonda commozione che ho pronunciato or ora la formula abituale con la quale, da questo seggio, nei mesi passati ho, cento e cento volte, annunciato all’Assemblea il risultato delle sue votazioni. Di tutte queste, delle più combattute e delle più tranquille, di quelle che videro riuniti in un solo consenso tutti i settori e delle altre in cui il margine di maggioranza oscillò sull’unità; di tutti questi atti di volontà che, giorno per giorno, vennero svolgendosi, con un legame non sempre immediatamente conseguente — in riflesso di situazioni mutevoli non solo nell’Aula, ma anche nel Paese — quest’ultimo ha riassunto il significato e gli intenti, affermandoli definitivamente e senza eccezione come legge fondamentale di tutto il popolo italiano.

Ed io credo di potere avvertire attorno a noi, oggi, di questo popolo l’interesse fervido ed il plauso consapevole e soddisfatto. Si può ora dirlo; vi è stato un momento, dopo i primi accesi entusiasmi, nutriti forse di attese non commisurate alle condizioni storicamente maturate ed in loro reazione, vi è stato un momento nel quale come una parete di indifferenza minacciava di levarsi fra questo consesso e le masse popolari. E uomini e gruppi, già ricacciati al margine della nostra società nazionale dalla prorompente libertà — detriti del regime crollato o torbidi avventurieri di ogni congiuntura (Applausi) — alacremente, e forse godendo troppa impunità, si erano dati ad approfondire il distacco, ricoprendo di contumelie, di calunnie, di accuse e di sospetti questo istituto, emblema e cuore della restaurata democrazia. (Vivi applausi).

Onorevoli deputati, è col nostro lavoro, intenso e ordinato, è con lo spettacolo ad ogni giorno da noi offertogli della nostra metodica, instancabile applicazione al compito affidatoci, che noi ci siamo in fine conquistati la simpatia e la fiducia del popolo italiano. Il quale, nelle sue distrette come nelle sue gioie, sempre più è venuto volgendosi all’Assemblea Costituente come a naturale delegata ed interprete e realizzatrice del suo pensiero e delle sue aspirazioni. E le centinaia, le migliaia di messaggi di protesta, di approvazione, di denuncia, di richieste giunti alla Presidenza nel corso dei diciotto mesi di vita della Costituente, testimoniano del crescente spontaneo affermarsi della sua autorità, come Assemblea rappresentativa. È questo un prezioso retaggio morale che noi lasciamo alle future Camere legislative della Repubblica.

Ho parlato di lavoro instancabile. Ne fanno fede le 347 sedute a cui ci convocammo, delle quali 170 esclusivamente costituzionali; i 1663 emendamenti che furono presentati sui 140 articoli del progetto di Costituzione, dei quali 292 approvati, 314 respinti, 1057 ritirati od assorbiti; i 1090 interventi in discussione da parte di 275 oratori; i 44 appelli nominali ed i 109 scrutini segreti; i 40 ordini del giorno votati; gli 828 schemi di provvedimenti legislativi trasmessi dal Governo all’esame delle Commissioni permanenti ed i 61 disegni di legge deferiti all’Assemblea; le 23 mozioni presentate, delle quali 7 svolte; le 166 interpellanze di cui 22 discusse; le 1409 interrogazioni, 492 delle quali trattate in seduta, più le 2161 con domanda di risposta scritta, che furono soddisfatte per oltre tre quarti dai rispettivi Dicasteri.

Lavoro instancabile; sta bene. Ma anche lavoro completo? Alla stregua del mandato conferitoci dalla nostra legge istitutiva, sì. Noi consegniamo oggi, a chi ci elesse il 2 giugno, la Costituzione; noi abbiamo assolto il compito amarissimo di dare avallo ai patti di pace che hanno chiuso ufficialmente l’ultimo tragico e rovinoso capitolo del ventennio di umiliazioni e di colpe (Applausi); e, con le leggi elettorali, stiamo apprestando il ponte di passaggio, da questo periodo ancora anormale, ad una normalità di reggimento politico del Paese nel quale competa ad ogni organo costituzionale il compito che gli è proprio ed esclusivo: di fare le leggi, al Parlamento; al Governo di applicarle; ed alla Magistratura di controllarne la retta osservanza.

Ma, con la Costituzione, questa Assemblea ha inserito nella struttura dello Stato repubblicano altri organi, ignoti al passato sistema, suggeriti a noi dall’esperienza dolorosa o dettati dalla evoluzione della vita sociale ed economica del Paese. Tale la Corte delle garanzie costituzionali, sancita a difesa dei diritti e delle libertà fondamentali, ma non a preclusione di progressi ulteriori del popolo italiano verso una sempre maggiore dignità dell’uomo, del cittadino, del lavoratore. Tale il Consiglio nazionale della economia e del lavoro, che — rimuovendo gli ostacoli dovuti a incomprensione o ad ignoranza delle altrui esigenze — eviterà le battaglie non giustificate, disperditrici di preziose energie, dando alle altre, necessarie invece ed irreprimibili in ogni corpo sociale che abbia vita fervida e sana, consapevolezza di intenti e idoneità di mezzi.

Ma forse, sì, non tacciamolo, onorevoli colleghi, molta parte del popolo italiano avrebbe voluto dall’Assemblea Costituente qualcos’altro ancora. I più miseri, coloro che conoscono la vana attesa estenuante di un lavoro in cui prodigare le proprie forze creatrici e da cui trarre i mezzi di vita; coloro che, avendo lavorato per un’intera vita, fatti inabili dall’età, dalla fatica, dalle privazioni ancora inutilmente aspettano dalla solidarietà nazionale una modesta garanzia contro il bisogno; coloro che frustano i loro giorni in una fatica senza prospettiva, chiudendo ad ogni sera un bilancio senza residui, utensili pensanti e dotati d’anima di un qualche gelido mostruoso apparato meccanico, o forze brute di lavoro su terre estranee e perciò stesso ostili: essi si attendevano tutti, che l’Assemblea esaudisse le loro ardenti aspirazioni, memori come erano di parole proclamate e riecheggiate. (Approvazioni).

Noi lo sappiamo, oggi, che ciò avrebbe superato le nostre possibilità. Ma noi sappiamo di avere posto, nella Costituzione, altre parole che impegnano inderogabilmente la Repubblica a non ignorare più quelle attese, ad applicarsi risolutamente all’apprestamento degli strumenti giuridici atti a soddisfarle. La Costituzione postula, senza equivoci, le riforme che il popolo italiano, in composta fiducia, rivendica. Mancare all’impegno sarebbe nello stesso tempo violare la Costituzione e compromettere, forse definitivamente, l’avvenire della Nazione italiana. (Vivissimi, generali applausi).

Onorevoli colleghi, ieri sera, quasi a suggello simbolico apposto alla Carta costituzionale, voi avete votato un ordine del giorno col quale raccomandate e sollecitate dal Presidente della Repubblica un atto generoso di clemenza e di perdono.

Già al suo primo sorgere, la Repubblica volle stendere le sue mani indulgenti e volgere il suo sguardo benigno e sereno verso tanti, che pure non avevano esitato a straziare la Patria italiana, ad allearsi con i suoi nemici, a colpirne i figli più eroici. Il rinnovato gesto di amistà, del quale vi siete fatti promotori, vuole oggi esprimere lo spirito che ha informato i nostri lavori, in ognuno di noi, su qualunque banco si sedesse, a qualunque ideologia ci si richiami. L’Assemblea ha pensato e redatto la Costituzione come un solenne patto di amicizia e fraternità di tutto il popolo italiano, cui essa lo affida perché se ne faccia custode severo e disciplinato realizzatore. (Approvazioni). E noi stessi, onorevoli deputati, colleghi cari e fedeli di lunghe e degne fatiche, conclusa la nostra maggiore opera, dopo avere fatta la legge, diveniamone i più fedeli e rigidi servitori. (Approvazioni). Cittadini fra i cittadini, sia pure per breve tempo, traduciamo nelle nostre azioni, le maggiori e le più modeste, quegli ideali che, interpretando il voto delle larghe masse popolari e lavoratrici, abbiamo voluto incidere nella legge fondamentale della Repubblica.

Con voi m’inchino reverente alla memoria di quelli che, cadendo nella lotta contro il fascismo e contro i tedeschi, pagarono per tutto il popolo italiano il tragico e generoso prezzo di sangue per la nostra libertà e per la nostra indipendenza (Vivissimi, generali applausi); con voi inneggio ai tempi nuovi cui, col nostro voto, abbiamo aperto la strada per un loro legittimo affermarsi.

Viva la Repubblica democratica italiana, libera, pacifica ed indipendente! (Vivissimi, generali, prolungati applausi — Si grida: Viva la Repubblica! — Viva il Presidente Terracini! — Nuovi vivissimi, generali applausi).

In quest’ora così solenne della nostra storia non poteva mancare a noi ed al popolo italiano la parola alta, serena, saggia del Presidente della Repubblica, Enrico De Nicola, il quale ha seguito ed illuminato la nostra fatica, vigile ad ogni passo lungo la strada che condurrà la Repubblica dall’abisso in cui sorse fino alla posizione che le compete di Stato libero, e rispettato nel mondo.

Do lettura del messaggio di Enrico De Nicola:

Roma, 22 dicembre 1947 — ore 18,30.

«La ringrazio vivamente, illustre Presidente, di avermi comunicato con cortese sollecitudine l’approvazione della Costituzione della Repubblica italiana.

«Il mio pensiero, reverente e devoto, si rivolge, in questo momento di sincera commozione, all’Assemblea Costituente, che — sotto la Sua incomparabile e indimenticabile Presidenza — ha compiuto un lavoro di cui gli storici daranno certamente un giudizio sereno, che onorerà il nostro Paese, per la profondità delle indagini compiute, per l’altezza dei dibattiti svoltisi, per lo zelo coscienzioso costantemente osservato nella ricerca delle soluzioni più democratiche e nella formulazione rigorosamente tecnica dei principî fondamentali e delle specifiche norme costituzionali — e all’Italia nostra, amata e martoriata, che dalle sventure sofferte e dai sacrifizii affrontati, saprà trarre ancora una volta, nella concordia degli intenti e delle opere dei suoi figli, le energie necessarie per il suo sicuro avvenire, offrendo al mondo un nuovo esempio di eroiche virtù civili e un nuovo incitamento al progresso sociale».

(Vivissimi, generali, prolungati applausi, cui si associa il pubblico delle tribune).

Giunga il nostro riverente affettuoso pensiero ad Enrico De Nicola, che oggi acclamiamo primo Presidente della Repubblica Italiana. (Nuovi, vivissimi, generali applausi).

Si dia lettura di un telegramma giunto in questo momento dal Sindaco della città di Venezia.

Mattei TeresaSegretaria, legge:

«Alla odierna solenne seduta della Assemblea Costituente convocata per l’approvazione della nuova Carta costituzionale che sancisce i diritti del popolo e la Repubblica, sogno di tanti martiri del primo Risorgimento italiano, meta raggiunta a prezzo di tanti sacrifici e di sangue in questo secondo Risorgimento, dopo che la monarchia, con la sua guerra antinazionale e col suo tradimento delle libertà popolari, ha dimostrato anche ai più increduli la legittimità di quel sogno di veggenti, l’amministrazione comunale di Venezia, che si prepara a ricordare con cerimonie che resteranno memorabili la seconda Repubblica di San Marco, vuole far pervenire la sua voce di plauso per la Repubblica italiana e per la nuova Carta costituzionale, augurando che da essa procedano leggi innovatrici del diritto e del costume, affinché il popolo italiano prostrato da tanti lutti, risorga davvero arbitro del proprio destino. — Il Sindaco Gianquinto».

De GasperiPresidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

De GasperiPresidente del Consiglio dei Ministri. (Vivi applausi al centro).

Iniziando questa mia brevissima dichiarazione, sento il dovere di associarmi al ringraziamento espresso dal Presidente dell’Assemblea e alle parole di ammirazione da lui usate per Enrico De Nicola, per l’opera sua di vigile tutela e di collaborazione, che con la sua saggezza giuridica e l’esperienza parlamentare, ha dato non solo all’elaborazione della Costituzione, e, in genere, ai lavori legislativi, ma anche al Governo, con i suoi illuminati consigli.

Il Governo si associa all’augurio che il primo Presidente della Repubblica italiana possa continuare la sua opera per un lungo periodo ancora, e a lui noi tutti del Governo tributiamo sempre quell’ossequio e quell’obbedienza che sono la base fondamentale dell’autorità repubblicana.

Aggiungo il mio ringraziamento all’Assemblea, e in modo particolare alla Presidenza, per la collaborazione, che non era espressamente riservata alla sua attribuzione dalle leggi, ma con la quale pure ha recato un contributo prezioso alle iniziative del Governo, attuandole o modificandole con opportuni emendamenti.

Non fu senza un certo senso di invidia che noi vedemmo i nostri colleghi delle Commissioni legislative occuparsi dei grandi problemi della Costituzione, direi, gettando le grandi arcate della Costituzione, mentre noi, dalle esigenze di tutti i giorni, eravamo costretti ad occuparci dei piccoli particolari.

Io vi rinnovo l’espressione di ringraziamento profondo per questa vostra collaborazione. Questi nostri ringraziamenti vanno soprattutto ai membri della Commissione per la Costituzione e in modo particolare al suo Presidente, onorevole Ruini, che con tanto zelo ha diretto i lavori della Commissione stessa.

Il Governo ora, fatta la Costituzione, ha l’obbligo di attuarla e di farla applicare: ne prendiamo solenne impegno. Noi tutti però sappiamo, egregi colleghi, che le leggi non sono applicabili se, accanto alla forza strumentale che è in mano al Governo, non vi è la coscienza morale praticata nel costume. A distanza di cento anni, mi giunge all’orecchio come l’eco del programma mazziniano, che suonava:

«La Costituente nazionale, raccolta a Roma, metropoli e città sacra della Nazione, dirà all’Italia e all’Europa il pensiero del popolo e Dio benedirà il suo lavoro».

Valga tale auspicio anche per questa Assemblea del nuovo Risorgimento; il soffio dello spirito animatore della nostra storia e della nostra civiltà cristiana passi su questa nostra faticosa opera, debole perché umana, ma grande nelle sue aspirazioni ideali, e consacri nel cuore del popolo questa legge fondamentale di fraternità e di giustizia, sicché l’Europa e il mondo riconoscano nell’Italia nuova, nella nuova Repubblica, assisa sulla libertà e sulla democrazia, la degna erede e continuatrice della sua civiltà millenaria e universale. (Vivissimi, prolungati applausi).

Presidente Terracini. Ha facoltà di parlare l’onorevole Orlando Vittorio Emanuele. (L’assemblea in piedi applaude lungamente).

Orlando Vittorio Emanuele. Onorevoli colleghi, non so a che cosa io debba questo onore e questa responsabilità di essere chiamato a parlare, quasi direi di ufficio; d’ufficio, perché non l’ho chiesto, e non l’ho chiesto per una duplice ragione: l’una, contingente, della persistente deficienza dei mezzi miei di comunicazione verbale; l’altra, sostanziale, della immensa gravità, della solennità eccezionale dell’ora. Perdonatemi, quindi, in anticipo, se, per l’una e per l’altra ragione, io sarò (e non è artifizio retorico od oratorio) inferiore a quello che dovrebbe essere il mio compito ed alla vostra aspettazione.

Mi correggo. Ho detto di non sapere a che cosa debba questo onore: indubbiamente lo debbo al titolo della mia maggior vecchiezza. Ma, forse, nel caso presente più che il computo numerico degli anni, può valere a conferirmi questo titolo l’essere io rappresentante estremo delle tre generazioni, che hanno fatto l’Italia. Qui, dunque, vi parlo meno come un collega che come un antenato. E quando, a questo medesimo titolo, inaugurai i lavori dell’Assemblea Costituente, credetti di poter riassumere tutto il mio animo solidale con voi in un augurio, che era anche una benedizione del vecchio. Ora, parlo per concludere, come allora parlai per cominciare. Oggi, noi siamo al vertice dell’opera raggiunta; onde possiamo, guardando sotto di noi, considerare la strada che abbiamo percorsa, e in un certo senso quest’Assemblea può esser fiera del lavoro compiuto, pur attraverso contrasti, pur rasentando precipizi — e l’avvenire dirà se li abbiamo sempre felicemente evitati —, pur trovandoci di fronte a bivi e l’avvenire dirà se sempre abbiamo saputo scegliere la buona strada, ed io auguro che si possa dire che si è scelta la buona.

Per merito di chi? Di tutti: attraverso i dissensi, malgrado i contrasti, ognuno di noi ha contribuito a quest’opera. E vi è solidarietà, unità, anche fra coloro che hanno sostenuto le tesi più diverse e più opposte, perché in ciò sta la bellezza della libertà parlamentare (Approvazioni): nella discussione, che è il mezzo più razionale e più elevato per raggiungere quella verità relativa, che agli uomini può essere consentita. Un po’ di merito l’abbiamo, dunque, tutti. Ma io non posso insistere su questo punto, perché sarebbe come lodarci da noi stessi. È vero che è cosa che gli uomini politici fanno ed è tollerata; ma, in un’occasione così eccezionale, è meglio prescinderne.

Non posso insistere sui meriti nostri come Assemblea; ma forse è bene, parlando in nome dell’Assemblea, ricordare e additare alla gratitudine nostra coloro che sono stati — direi — il simbolo di questo lavoro, e due al di sopra di tutti.

In primo luogo, quell’uomo a cui ben spetta — e non l’ha chiesto — di trasformare il titolo che gli ricordava la provvisorietà (come, in certi ordini monastici, v’è chi ricorda che si deve morire) il titolo — dico — della provvisorietà in quello effettivo e definitivo di Presidente, il primo Presidente della Repubblica italiana (Vivissimi, generali applausi); ed egli è tal uomo da augurare con la più profonda sincerità, con il più sereno ottimismo patriottico che coloro che gli succederanno siano sempre degni di succedergli. (Applausi).

Enrico De Nicola appartiene a quella categoria di uomini politici, che ha per sé la vera grandezza, cioè servire per dovere. Alieno (e dalla mentalità parlamentare leggermente degenerata gliene si faceva rimprovero come di un difetto!), alieno dall’aspirare ai poteri, desideroso di mettersi a disposizione se ricercato, modesto sempre, di giusto giudizio, la cooperazione di lui nella formazione di questo atto costituzionale non è nota, ma credo che tutti noi, più che saperla, la sentiamo essere stata assidua, alacre, feconda.

Ad Enrico De Nicola, dunque, innanzi tutto esprimerò i nostri ringraziamenti; e poi a questo nostro Presidente (L’Assemblea si leva in piedi — Vivissimi, prolungati applausi) a questo nostro Presidente, che mi ha dato la grande consolazione di infliggermi una solenne smentita. Per sopravalutare questa classe parlamentare cui appartengo — è naturale: io sono l’homo parlamentaris per eccellenza! (Si ride) — per sopravalutare, dunque, questa classe cui appartengo (e me ne vanto!) io pensavo ed affermavo: badate, se Cicerone dice che poeta nascitur, orator fit, per il parlamentare occorrono entrambe queste condizioni: bisogna nascerci, avere la vocazione; ma bisogna poi aver vissuto la vita, avere acquistato l’esperienza. Orbene, questo nostro Presidente mi ha mortificato nel dimostrare che una delle due condizioni non è necessaria: in lui v’è una vocazione formidabile, la quale ha sostituito l’esperienza, perché negli ultimi anni della fortunosa e mirabile sua vita egli non ha potuto più frequentare aule universitarie, non ha più potuto studiare precisamente quei regolamenti e quelle fonti di diritto, da cui si formano poi gli atti costituzionali. (Applausi generali).

Egli si è dimostrato veramente straordinario! E quando un momento fa sfilavano le diecine e le centinaia di emendamenti (altro che la «selva selvaggia ed aspra e forte!»), egli ci si muoveva con una padronanza assoluta, aveva presente tutto, sapeva conciliare la fermezza di un’autorità che s’impone con la bonarietà di un collega che trova l’arguzia per comporre un dissenso, un contrasto, che ad altri sarebbe, forse, apparso addirittura insormontabile! Egli è stato veramente un gran Presidente e — direi — un Presidente nato perfetto! (Vivissimi, generali applausi).

E così dunque, sotto questi auspici, si è compiuta quest’opera.

Che cosa vale?

Io, tutte le volte che ho parlato, ho dichiarato così frequentemente e così manifestamente una mia diversità di pensare e di sentire a proposito di una legge costituzionale che sarebbe ipocrisia, se ora ad un tratto volessi usare della spugna di Leibnitz e cancellare quelle che erano e sono le mie idee. La verità è che qui sono venute di fronte due diverse maniere di concepire l’intervento del legislatore nel fissare l’ordinamento giuridico di un popolo. Io potrei, per deferenza a voi, dire che il mio punto di vista era quello antico e che il vostro era quello moderno. No, la verità è che così l’uno come l’altro sono antichi quanto l’uomo, antichi quanto il legislatore. Da un lato, si ha l’imposizione di una regola attraverso una volontà consapevole: io comando — dice il legislatore, soprattutto se è dell’ordine costituzionale —, questa mia volontà io la esamino, la concreto diligentemente, me ne rendo conto, metto dalla mia parte tutte le ragioni per cui si possa presumere che si legifera bene; ma, dopo tutto, questa è la mia volontà. Una tale tendenza è antica quanto l’uomo, ed i primi legislatori la loro volontà la fecero passare addirittura per quella di Dio. Dall’altro lato, invece, il diritto viene concepito non come una imposizione dall’esterno, ma come una qualche cosa di organico, che si sviluppa da sé: pianta, che mette nella terra le sue profonde radici, che alimenta il suo tronco, i suoi rami, le sue foglie, anche le più alte, raccogliendo dall’aria, dalla luce, dalla profondità dell’humus le ragioni della sua esistenza.

Ecco i due punti di vista in contrasto: concezioni, che non restano nell’astrattezza della teoria, ma si scontrano, si urtano, si contendono nella viva e ardente realtà. Io ho sempre seguito la seconda di queste concezioni, donde il dissenso abbastanza profondo con l’altra parte. Ma, badate, in questo momento, io ben posso di tutto cuore accompagnare quest’atto, che deve reggere la vita collettiva del popolo italiano, con un augurio fiducioso, con un augurio pieno: e ciò, appunto perché quella scuola giuridica, cui appartengo, riconosce che alle leggi si applica larghissimamente il motto che dice che la soma si accomoda per via. E, difatti, è quella stessa forza spontanea, quella forza organica, direi, in certo senso naturale, da cui dipende lo sviluppo delle istituzioni, che opera, se occorre, anche indipendentemente da un testo scritto e lo viene adattando a quelli che sono i veri bisogni storici. Quindi, non mi metto in contraddizione con me stesso, se esprimo questo augurio, pur restando fermo al mio punto di vista. Dopo di che? Ebbene, dopo di che, se già l’ho lodato, torno a lodare il dissenso, il contrasto come il mezzo più idoneo per scoprire la verità o per avvicinarci ad essa il più che sia possibile: verità, come ho detto poc’anzi, naturalmente di un valore del tutto relativo.

Ma da questo momento tutto ciò è finito. Ora, la Costituzione ha avuto la sua consacrazione laica. Essa è al di sopra delle sue discussioni. Noi dobbiamo ad essa obbedienza assoluta, perché io non so concepire nessuna democrazia e nessuna libertà se non sotto forma di obbedienza alle leggi, che un popolo libero si è date. (Applausi).

E un auspicio si può trarre, oggi, dalla coincidenza, per cui la Costituzione entra in vigore il primo dell’anno, che compie il centenario del 1848. Vedete se era retorica la mia quando vi dicevo or ora di sentirmi di tanto inferiore al compito, perché in questo momento occorrerebbe — come si dice che avvenga agli asfittici, i quali, nell’attimo che passa fra la preagonia e la morte, vedrebbero sfilare rapidamente tutta la loro vita — occorrerebbe vedere sfilare qui, in una visione complessiva, totale, sintetica, un secolo intero. Il sorgere di questo secolo vide l’Italia divisa ed il tramonto di esso è sembrato che dovesse ancora vederla divisa; ma il popolo italiano ha resistito alla immane bufera, ed abbiamo superato questo punto. Vedete, questo nuovo centenario comincia con un’affermazione superba. L’Italia ha ormai passato la sua prova. L’Italia, a cui si poteva rimproverare, e non per colpa sua, la brevità della sua vita nazionale, ora ha attraversato le più tremende vicende; e se le ha superate, è stato perché da sé sola, con le proprie intime forze, ha rimediato a tutti i guai ed a tutte le ingiustizie sofferte. (Applausi).

Un nuovo centenario comincia. Voi comprendete il fervore dell’augurio di questo vecchio. Che cosa ci riserba l’avvenire? Che cosa ci riserba il mondo? Io sono convinto — nel campo scientifico, non politico — (e non lo dico ora; l’ho già detto in scritti precedenti) che questa rivoluzione non è — mi si permetta la espressione — una rivoluzione di ordinaria amministrazione; non è una semplice rivoluzione, per cui una Repubblica succeda ad una monarchia od una monarchia succeda ad una Repubblica; non è la formazione di uno Stato o la separazione di uno Stato da un altro o il dissolvimento di uno Stato in una pluralità di Stati: insomma, non è una delle tante rivoluzioni, attraverso cui l’umanità è progredita. No, qui è un’era che succede ad un’altra; è un tipo di Stato che si sovrappone ad un altro. Fino ad oggi abbiamo innanzi agli occhi lo Stato nazionale, originato nel secolo XVI, subito dopo il medio evo, sulla base della sovranità esclusiva, dei rapporti interni, dei rapporti internazionali: abbiamo, dunque, una comunità di Stati senza che fra essi esista un vero e proprio coordinamento giuridico. Ora, per effetto di questa tremenda rivoluzione che stiamo attraversando, questo tipo di Stato va a tramontare; e vi si sostituirà una forma di superstrato. Quale? Non si fa l’indovino nella storia. Tante incognite pendono: a crearlo sarà la forza o sarà l’accordo o sarà qualche cosa tra l’uno e l’altra? E sarà esso in un senso continentale o sarà in un senso razziale? Chi potrebbe dirlo? Misteri della storia futura!

Di fronte a questo nuovo tipo di Stato che sorge l’Italia è preparata a tutti i sacrifici, anche a quello della orgogliosa affermazione della sovranità assoluta; ma — sia detto ben alto! — ad una sola condizione: alla condizione, cioè, che questi limiti debbano valere pure per gli altri, per tutti gli altri. Ed allora, che sarà di questo nostro attaccamento a questo Paese nostro? A me ha potuto bastare di amare l’Italia; forse a voi occorrerà un’altra forma di attaccamento. V’è già chi dice: «Io mi sento europeo»; un altro: «mi sento africano»; un altro: «mi sento asiatico»; un altro: «mi sento slavo, anglosassone, germanico». Qualcuno arriva perfino a dire: «mi sento cittadino del mondo». Ma tutto ciò è prematuro.

Orbene, anche quando questi destini che oggi si annunciano si compiranno, il nuovo sentimento, che potrà nascere, non sopprimerà l’antico; ed è questo il lato, direi, mistico di questa evoluzione creatrice dell’umanità. Della umanità la prima cellula fu la famiglia; ma lo sviluppo dell’evoluzione, che ha ridotto la famiglia ad una cellula contenuta in una forma associativa, quale lo Stato, tanto più diffusa, tanto più complessa, incomparabilmente più estesa, ha forse soppresso l’attaccamento alla famiglia? Si può dire che il sentimento, l’affetto come padre o come fratello sia oggi minore di quello che sentivano gli antichi romani, che mandavano a morte i loro figli e ne traevano anche vanto? Allorché la famiglia si estese e si complicò in forma di comunione, di villaggio, l’attaccamento ad essa forse venne meno? E quando si arrivò alla città, si attenuò questo sentimento? E quando lo sviluppo dello Stato feudale, riunendo in un tutto campagne e città, creò la terra che ora si chiama regione, forse quell’attaccamento nostro si spense? Ed, oggi, il mio attaccamento per la Sicilia si frappone, forse, a quello per l’Italia, o non piuttosto lo ingigantisce? Questo ho voluto dire, perché, quali che siano gli eventi futuri, l’amore e la devozione verso la Madre di ogni vita, questa antica, gloriosa, veneranda Italia, questi sentimenti non verranno mai meno; e dagli stessi contrasti potranno, anzi, esser resi più intensi. Onde, se io, vecchio, posso morire col nome di Italia sulle labbra, voi, giovani, — ce ne siete qui tanti — potrete, un giorno, avvertire altri sentimenti di adesione, di attaccamento, di amore per una qualche assai più ampia forma di vita statale; ma anche allora, voi vi sentirete italiani, come questo vecchio, anche allora amerete questa Madre comune, e sarete appassionatamente, fieramente italiani. Ed è in questo pensiero che io concludo, rivolgendo un appello, che, al di sopra dei dissensi e dei conflitti quotidiani, tutti ci congiunga in un sentimento ed in un nome: Viva l’Italia! Dio salvi l’Italia! (Vivissimi, generali, prolungati applausi).

Presidente Terracini. A conclusione di questa seduta, che ha avuto contenuto e significato del tutto particolari, diamo immediatamente lettura, per la sua approvazione, del relativo processo verbale.

Mattei TeresaSegretaria, legge il processo verbale della seduta.

Zagari. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Zagari. Poiché, per ragioni indipendenti dalla mia volontà, non ho potuto partecipare alla votazione finale della Costituzione, dichiaro che, se fossi stato presente, avrei votato a favore.

(Il processo verbale è approvato — Vivissimi, prolungati applausi).

 

Cedolino pensione agosto 2021: date, trattenute fiscali e conguaglio IRPEF

 

Cedolino pensione agosto 2021: date, trattenute fiscali e conguaglio IRPEF

Occhio al cedolino pensione di agosto 2021. Vi sono gli importi delle imposte da controllare (conguaglio IRPEF e addizionali regionali).

IL cedolino pensione di agosto è un cedolino particolare in quanto contiene alcune peculiarità rispetto agli cedolini mensili. Nel mese di agosto infatti si trovano le informazioni relative alle trattenute fiscali delle addizionali regionali e comunali, conguaglio 2020 e tassazione 2021 e, cosa più importante troviamo i conguagli da modello 730/2021.

Il pagamento avverrà con valuta 2 agosto per chi riceve l’accredito in conto corrente (postale o bancario). Invece per chi preleva i soldi in contanti anche per agosto vi è il pagamento della pensione di agosto in anticipo sulla base dell’ordinanza del 18 maggio 2021, n. 778 della Presidenza del Consiglio dei Ministri; per coloro che riscuotono presso Poste Italiane SpA infatti è prevista l’anticipazione del pagamento che, rispetto alle normali scadenze, sarà distribuito su più giorni. In particolare, il pagamento presso Poste verrà effettuato dal 27 luglio al 31 luglio 2021.

Il cedolino della pensione è accessibile tramite il servizio online INPS che permette al pensionato di verificare l’importo erogato ogni mese dall’INPS e di conoscere le ragioni per cui tale importo può variare.

Cedolino di pensione agosto 2021: sospensione delle prestazioni collegate al reddito

Occhio alle sospensioni delle prestazioni collegate al reddito (ad esempio integrazione al trattamento minimo, maggiorazione sociale, pensione ai superstiti). Per coloro che, nonostante i solleciti, non abbiano ancora fornito i dati reddituali relativi al 2017 e al 2018, ad agosto e settembre verrà applicata una trattenuta di circa 14 euro, per le pensioni integrate al minimo, o, per quelle di importo superiore, pari al 10% della pensione.

Ai pensionati interessati è stata inviata una lettera raccomandata con l’indicazione della data del 15 settembre 2021 come ultima scadenza per l’invio dei redditi richiesti e con le indicazioni utili per non incorrere nella revoca definitiva della prestazione collegata al reddito relativa al 2017 e/o al 2018.

Nei casi in cui i redditi richiesti non vengano inviati, si procederà alla revoca definitiva delle prestazioni per gli anni di riferimento e al recupero dell’indebito calcolato.

Cedolino di pensione agosto 2021: le trattenute fiscali

Per quanto riguarda le prestazioni fiscalmente imponibili, sul rateo di pensione di agosto, oltre all’IRPEF mensile, vengono trattenute le addizionali regionali e comunali relative al 2020.

Si ricorda che queste trattenute sono infatti effettuate in 11 rate nell’anno successivo a quello cui si riferiscono.

Continua a essere applicata anche la trattenuta per addizionale comunale in acconto per il 2021, avviata a marzo, che proseguirà fino a novembre 2021.

Prosegue, inoltre, sul rateo di pensione di agosto il recupero delle ritenute IRPEF relative al 2020.

Infatti:

  • per i pensionati con importo annuo complessivo fino a 18.000 euro con conguaglio IRPEF a debito sopra i 100 euro, la rateazione arriva fino a novembre;
  • per debiti inferiori a 100 euro, il debito d’imposta si applica dal 1° marzo.

I conguagli IRPEF si trovano nella Certificazione Unica 2021.

Cedolino di pensione agosto 2021: conguagli da modello 730/2021

Nel mese di agosto si effettua il conguaglio del 730 sulla pensione.

Sul rateo di pensione di agosto si procede:

  • al rimborso dell’importo a credito del contribuente;
  • alla trattenuta, in caso di conguaglio a debito del contribuente.

La eventuale rateazione degli importi a debito risultanti dalla dichiarazione dei redditi deve obbligatoriamente concludersi entro il mese di novembre. Pertanto, se il 730/4 arriva dopo giugno non sarà possibile garantire il numero di rate scelto dal dichiarante per il versamento dei debiti d’imposta.

I contribuenti che hanno indicato l’INPS quale sostituto d’imposta per l’effettuazione dei conguagli del modello 730/2021 possono verificare le risultanze contabili della dichiarazione e i relativi esiti attraverso il servizio online “Assistenza fiscale (730/4): servizi al cittadino”.

Cedolino di pensione agosto 2021: la data di pagamento

Continua la linea dell’INPS in merito all’anticipo di pagamento da quando è iniziata la pandemia da Coronavirus.

Nel caso di riscossione allo sportello, Poste Italiane ha scaglionato le presenze dei pensionati in base alle iniziali del cognome del titolare della prestazione, secondo il seguente calendario:

  • A-C: 27 luglio, martedì;
  • D-G: 28 luglio, mercoledì;
  • H-M: 29 luglio, giovedì;
  • N-R: 30 luglio, venerdì;
  • S-Z: 31 luglio, sabato mattina.

Trattandosi esclusivamente di un’anticipazione del pagamento, il diritto al rateo di pensione si matura comunque il primo giorno bancabile del mese. Di conseguenza, nel caso in cui, dopo l’incasso, la somma dovesse risultare non dovuta, l’INPS ne richiederà la restituzione.

Scuola, obbligo vaccini

Scuola, obbligo vaccini anche per gli studenti: la richiesta dei presidi

Obbligo vaccini per studenti e docenti nella proposta ANP al Ministro dell’Istruzione Bianchi. In gioco la tutela del diritto allo studio.

In queste ultime settimane, la campagna di vaccinazione ha raggiunto in Italia numeri assai positivi, ma secondo alcuni bisogna fare di più. Permangono infatti molti indecisi, ossia coloro che non hanno ancora scelto se fare il vaccino anti-coronavirus; soprattutto il fronte compatto dei no-vax non accenna ad arretrare. Troviamo scettici non soltanto tra gli infermieri ma anche nel personale scolastico; ossia due categorie di lavoratori accomunate dal fatto che offrono un servizio indispensabile alle persone, e perciò sono a contatto diretto con queste ultime.

Proprio in tema vaccini e obbligo vaccini, il Green pass sta dividendo l’opinione pubblica tra chi sostiene che è giusto avere una sorta di ‘lasciapassare’ per accedere a numerose occasioni di socialità; e chi invece ritiene che questo certificato rappresenti piuttosto una ingiustificata limitazione della propria libertà personale.

Ebbene, in questi giorni, ha assunto rilievo la richiesta dell’associazione presidi nell’incontro con il ministro dell’Istruzione Bianchi: “Se la campagna dei vaccini non va, si torni alla Dad”, con queste parole si sono espressi i dirigenti scolastici. Ma la proposta dei presidi prevede altresì l’introduzione dell’obbligo vaccini non soltanto per professori e personale, ma anche per gli studenti che lo dovrebbero fare. Ciò al fine di riaprire la scuola a settembre in condizioni di sicurezza.

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Obbligo vaccini per studenti e personale scolastico: la proposta dell’ANP

Il presidente dell’associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, non ha usato mezzi termini: “Oltre al personale scolastico, serve anche l’obbligo vaccini per gli studenti che possono farlo”. Pertanto, somministrazione obbligatoria anche per i giovanissimi alunni  e studenti di superiori e non solo, altrimenti la sola alternativa sarebbe il ritorno alla mai amata Dad.

Giannelli ha dunque chiaramente manifestato il suo orientamento; e soprattutto ha rilevato la necessità di considerare tutte le possibilità in relazione alle alternative per i non vaccinati. Soprattutto, ha notato che laddove proprio i non vaccinati vadano a costituire un numero consistente, la via maestra sarebbe quella della didattica a distanza. Ma l’associazione nazionale presidi si è altresì interrogata sui possibili rischi di disparità di trattamento tra individui, dimostrando ancora una volta che il dibattito resta aperto.

E’ evidente la preoccupazione dell’associazione nazionale presidi, in vista del ritorno in aula. L’intenzione è quella di tornare alla didattica in presenza, ma laddove la situazione sanitaria non lo consenta, la Dad è tutt’altro che un’ipotesi remota. Secondo Giannelli: “Va rivista la procedura di tracciamento e messa in quarantena in caso di studenti (o docenti) positivi: se sarà mantenuta quella in vigore l’anno scorso, sarà inevitabile ricorrere di nuovo alla Dad”. Evidentemente l’andamento della curva epidemiologica e la presenza delle varianti del coronavirus sono elementi che non lasciano tranquilli i dirigenti scolastici, che paventano i rischi di altri focolai e chiusure. Ecco perchè l’associazione presidi spinge verso l’obbligo vaccini non soltanto per i docenti, ma anche per gli studenti.

Vi è comunque da rimarcare che al momento a livello nazionale – secondo i dati aggiornati – l’85,5% del personale scolastico risulta vaccinato.

Obbligo vaccini scuola: a breve il piano ad hoc del Ministro dell’Istruzione

Se queste sono le richieste manifestate dall’ANP in vista di settembre e dell’auspicato ritorno ai banchi, vi è da sottolineare che la prossima tappa del Governo nella complessa questione che coinvolge mondo scolastico, obbligo vaccini e pandemia, è rappresentata dalla presentazione del cd. Piano Scuola da parte del Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, il prossimo 29 luglio alla Conferenza Stato-Regioni. Il Ministero in queste settimane ha lavorato alacremente sull’elaborazione di un Piano efficace, per una ripresa delle lezioni senza consistenti rischi; e ha tenuto conto anche delle osservazioni espresse dal Comitato Tecnico Scientifico.

Il Ministro dell’Istruzione Bianchi ha rilevato che tutto il mondo scolastico ha reagito con senso di responsabilità alla campagna di vaccinazione; e l’Esecutivo Draghi ha stanziato per la sicurezza quasi due miliardi di euro nell’ultimo periodo. Cifra significativa destinata a sorreggere con forza l’intero Piano scuola, che andrà però condiviso con gli enti locali, per una fruttuosa sinergia. L’obiettivo primario – del tutto evidente – è la tutela del diritto allo studio e, in particolare, del diritto a seguire lezioni in presenza, fondamentali per la crescita formativa e relazionale dello studente. Altresì si vuole evitare una nuova distinzione tra classi elementari; medie e superiori, che certamente non fa bene a tutto il mondo scolastico.

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Obbligo vaccini studenti e docenti: è necessario fare chiarezza entro breve tempo

Va da sè che la questione rientro a scuola sarà centrale nell’agenda di Governo nel corso delle prossime settimane. E il ministro Bianchi ha nuovamente confermato l’impegno dell’Esecutivo per la riapertura in presenza a settembre, durante un recente incontro con i sindacati. Ciò in un periodo in cui il Green pass divide la maggioranza. Ma l’Anp taglia corto: “Un rientro duraturo e in presenza dipende dall’esito della campagna vaccinale”.

Il mese di agosto sarà fondamentale per fare il punto sull’avvio del prossimo anno scolastico, tra protocolli di sicurezza e linee guida. In particolare, il presidente ANP Giannelli ha recentemente dichiarato di non considerare abbastanza chiaro il parere espresso dal Cts nel verbale del 12 luglio, a fronte di specifici quesiti posti dal Ministero dell’Istruzione. Per Giannelli non vi sarebbe nitidezza per quanto attiene alla possibilità o meno di derogare al distanziamento, in caso di uso delle mascherine chirurgiche. Ulteriori osservazioni dell’ANP attengono alla necessità di rivedere il protocollo per la gestione dei casi e dei focolai nelle scuole. Analogamente serve valutare come gestire la questione del tracciamento dei casi da parte delle Asl.

Concludendo, si tratta di nodi che vanno in qualche modo risolti ed è vero che le prossime settimane saranno decisive per capire come sarà l’avvio del nuovo anno scolastico. Auspicabile una proficua collaborazione tra Governo, parti sociali e rappresentanti del mondo scolastico. Solo così sarà possibile garantire il diritto allo studio, indipendentemente dall’eventuale introduzione di un obbligo vaccini anche per gli studenti.

Green pass e app VerificaC19: controlli e multe previste dal 6 agosto

Green pass e app VerificaC19: controlli e multe previste dal 6 agosto

Dai primi di agosto, il possesso del Green pass sarà essenziale per avere accesso a tante attività e servizi. Ecco chi sono i controllori.

Green pass e app VerificaC19: il certificato verde, è ormai il tema del momento; si tratta di un documento che attesta una delle tre condizioni seguenti: vaccinazione anti-Covid (almeno una dose); certificato di guarigione dal Covid negli ultimi 6 mesi; esito negativo a un tampone antigenico o molecolare nelle ultime 48 ore. Il Green pass è richiesto in Italia per partecipare alle feste per cerimonie civili e religiose, per avere accesso a residenze sanitarie assistenziali o altre strutture; e per muoversi in entrata e in uscita da territori classificati in “zona rossa” o “zona arancione”.

Come abbiamo già avuto modo di notare, il Green pass sarà inoltre obbligatorio dal 6 agosto, per avere libertà di accedere a ogni tipo di servizio di ristorazione al tavolo al chiuso; musei e luoghi di cultura; concorsi pubblici; palestre; piscine; centri benessere; spettacoli; eventi e competizioni sportive; fiere; sagre; convegni e congressi; centri termali; parchi tematici e di divertimento; centri culturali e ricreativi; sale da gioco e casinò.

Non solo, dal giorno primo luglio 2021 la certificazione verde Covid è valida come ‘EU digital COVID certificate’ e rende più agevole viaggiare da e per tutti i Paesi UE e dell’area Schengen. 

Da sottolineare sono gli aspetti sanzionatori legati a chi non rispetta in modo diligente le norme vigenti, relative all’uso del Green pass stesso. Infatti, con il nuovo Dl Covid, varato in Consiglio dei Ministri nella serata del 22 luglio, è ora allargato l’ambito di applicazione del documento in questione. Sostanzialmente, far valere l’obbligo di Green pass per varie e numerose attività, significa anche estendere le sanzioni agli esercenti che non rispettano le nuove regole di accesso ai luoghi pubblici o aperti al pubblico. Vediamo più in dettaglio.

Green pass covid-19: le sanzioni per chi non rispetta le regole

Lo chiariamo subito: se non ci conforma a quanto stabilito recentemente dal Governo, vi sono concreti rischi di sanzione amministrativa pecuniaria. In altre parole, parliamo di multe, applicate sia agli esercenti che ai cittadini – colpevoli di comportamenti non conformi alle regole sul Green pass: le sanzioni oscillano tra un minimo di 400 ed un massimo di 1000 euro. Possibile anche la chiusura del locale per un certo numero di giorni, in ipotesi di violazione reiterata per tre volte in tre giorni distinti.

Pubblicato il dl Covid in Gazzetta, è ora chiaro il quadro dei controlli e delle attività per le quali sarà doveroso il Green pass dal 6 agosto.

Leggi anche: Proroga stato di emergenza e certificazione verde, le novità nel nuovo decreto Covid

Green pass: chi sono i controllori?

Tra pochi giorni, questa certificazione in formato digitale e stampabile, emessa dalla piattaforma nazionale del Ministero della Salute, e che include un QR Code per verificarne autenticità e validità, sarà di fatto obbligatoria per partecipare a numerose occasioni di socialità. Ecco dunque spiegato il boom di vaccinazioni anti coronavirus e di richieste di somministrazione del vaccino, negli ultimi giorni.

Saranno proprio i titolari o i gestori dei servizi e delle attività per i quali è introdotto l’obbligo del Green pass, a verificare il possesso e la validità della certificazione. Già indicato nel DPCM dello scorso 17 giugno – cui peraltro fa riferimento l’ultimo decreto Covid – ecco l’elenco dei soggetti che possono eseguire i controlli circa il possesso del documento in oggetto:

  • pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni;
  • i soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi per il cui accesso è stabilito il possesso di Green pass, nonché i loro delegati;
  • i gestori delle strutture che effettuano prestazioni sanitarie; socio-sanitarie e socio-assistenziali per l’accesso alle quali in qualità di visitatori sia stabilito il possesso di Green pass, nonché i loro delegati;
  • i membri del personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi;
  • il proprietario o il legittimo detentore di luoghi o locali presso cui si svolgono eventi e attività per partecipare ai quali è stabilito il possesso di Green pass, nonché i loro delegati.

In concreto, i ‘verificatori’ saranno dunque ristoratori; baristi; commessi; gestori dei cinema; titolari di palestre; piscine o centri scommesse. Si tratta insomma di tutte le figure professionali, opportunamente delegate dai titolari di locali e licenze, che lavorano nell’ambito dell’attività per cui scattano i controlli. Non soltanto i pubblici ufficiali.

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Green pass e app VerificaC19: nuova app per i controlli, in arrivo ad agosto

Come accennato, in caso di violazione delle norme del nuovo Decreto Covid, sono previste  sanzioni di non lieve entita: abbiamo infatti la multa  da 400 a 1000 euro sia a carico dell’esercente sia dell’utente ed anche la possibile chiusura fino a dieci giorni dell’esercizio, laddove le infrazioni dovessero essere riscontrate per tre volte in tre giorni distinti.

Insomma, i soggetti citati saranno tenuti a fare le verifiche del caso e, come indicato nel decreto Covid pubblicato il 23 luglio in Gazzetta“l’intestatario della certificazione verde Covid19 all’atto della verifica dimostra a richiesta dei verificatori la propria identità personale mediante l’esibizione di un documento di identità”. 

E’ in arrivo dal 6 agosto una nuova app della PA. Denominata ‘VerificaC19′, è stata sviluppata dal ministero della Salute proprio per agevolare il controllo dei Green pass. Ci si potrebbe domandare come funziona: ebbene, il soggetto verificatore chiede la certificazione verde all’interessato, il quale è tenuto a esibire il relativo QR Code (digitale o cartaceo). Con il dispositivo, è sufficiente inquadrare il QR code sulla certificazione digitale per avere in risposta una spunta verde in ipotesi affermativa; oppure un segnale di divieto rosso nell’ipotesi nella quale il Green pass non sia più valido. Ciò per es. nel caso in cui un tampone sia stato compiuto più di 48 ore prima della verifica.

Concludendo, le novità citate hanno però registrato le critiche di molti ristoratori, che non intenderebbero “essere scambiati per controllori”, giacchè sostengono che il ruolo di verificatore del QR code non spetti loro. Ecco perchè la Fipe-Confcommercio, ossia la Federazione italiana dei pubblici esercizi, è preoccupata per il possibile caos organizzativo che si potrebbe creare ad agosto. Conseguente è la proposta dell’associazione, che vorrebbe rendere più snelle le procedure, introducendo l’obbligo di autocertificazione del cliente, in modo da sollevare chi lavora nei locali da ogni possibile responsabilità.

Santi Anna e Gioacchino

 

Santi Anna e Gioacchino


Santi Anna e Gioacchino

autore Giovanni Carnovali anno 1826 titolo Educazione della Vergine
Nome: Santi Anna e Gioacchino
Titolo: Genitori della Vergine Maria
Ricorrenza: 26 luglio
Tipologia: Commemorazione
Patroni di:VillongoGarzigliana

S. Anna nacque a Betlemme in umile dimora, e fu predestinata da Dio ad andare sposa a Gioachino. Entrambi erano della stirpe di David. I due sposi scelti dal Cielo a darci l’Immacolata da tanti anni sospiravano un figlio e pregavano con lacrime l’Onnipotente affinché esaudisse i loro desideri. Come l’antica Anna, madre di Samuele, effondeva presso il Signore le sue preci e faceva voto di consacrargli interamente il figlio che le avrebbe mandato, così la madre di Maria prometteva di consacrare a Dio la prole che le avrebbe concesso… continua

Avanzata ormai d’età e sterile, il suo stato era allora considerato come un castigo del cielo, come un’esclusione dal partecipare alla nascita del Messia. Anna però seppe pazientare e soffrire la ignominia e il compatimento delle donne nazaretane e Iddio le preparò la più grande consolazione, eleggendola a genitrice della Madre del Salvatore.

I due si ritirarono in disparte per pregare e ottenere da Dio la grazia che arrivò con l’annuncio di un angelo: « Anna, il Signore ha ascoltato la tua preghiera e tu concepirai e partorirai e si parlerà della tua prole in tutto il mondo »

« Veramente beata, e mille volte beata sei tu, o Anna, esclama il Damasceno, che hai messo al mondo quella bambina che Dio ricolmò di beatitudine, Maria, che il suo nome stesso rende singolarmente veneranda; la quale ha prodotto Cristo, il fiore di vita: la Vergine, la cui nascita fu gloriosa, e il suo parto sarà ancor più sublime. Noi pure, o beatissima donna, ci felicitiamo con te d’aver avuto il privilegio di darci la speranza di tutti i cuori, la prole cioè della promessa. Sì, sei beata, e beato è il frutto del tuo seno. Le anime pie glorificano il tuo germe, ed ogni lingua celebra con gioia la tua maternità. E certo, è degno, sommamente degno, lodare colei che Dio favorì di un oracolo e diede a noi il meraviglioso frutto, donde è uscito il grazioso Gesù ».

La santità di Anna fu certamente in rapporto con la sua dignità. La fede, l’amore vivissimo a Dio, l’intima unione con Lui, l’esattissima osservanza della legge divina, la purità, la carità, la prudenza, la fortezza, tutte le virtù si intrecciarono in lei. La santità eccelsa della figlia doveva pure esser per lei un continuo stimolo per crescere ogni giorno nella virtù. E se la Vergine, col visitare S. Elisabetta e col trattenersi con lei per tre mesi, riempì di benedizioni quella casa, chi può mai dire quanto abbondantemente fosse ricolma di grazia Anna, che per più anni visse con la Vergine e l’ebbe soggetta ed ubbidiente?

Maria contava tre anni ed allora Anna con Gioachino, suo santo sposo, condusse la figliuola al Tempio e l’abbandonò nelle mani di Dio.

Fu grande dolore per lei, ma lo seppe sopportare con la serenità dei giusti che vedono in tutti gli eventi un disegno della Provvidenza per il bene delle anime.

La missione a lei assegnata era ormai compiuta ed ella spirava in Gerusalemme tra le braccia della figlia benedetta. Pare che morisse all’età di 69 anni.

PREGHIERA Doloroso fu per Anna il distacco dall’eletta figliuola, ma seppe compierlo prontamente. Sappiamo anche noi lasciar liberi i figli di seguire la via per cui Dio li chiama.

PREGHIERA. Dio, che ti sei degnato di conferire alla beata Anna la grazia di diventare madre della Genitrice dell’Unigenito Figlio tuo, concedici propizio, che mentre ne celebriamo la festa, siamo soccorsi dal suo patrocinio.

MARTIROLOGIO ROMANO Memoria dei santi Gioacchino e Anna, genitori dell’immacolata Vergine Maria Madre di Dio, i cui nomi sono conservati da antica tradizione cristiana.

Deledda

DELEDDA: Sarda (e universale)

Di Francesco Casula

Scrive Eric Hobsbawm (lo storico britannico, autore del celebre “Age of the Estremes” tradotto in Italia e pubblicato dalla Rizzoli con il titolo di “Secolo breve”) a proposito di Gramsci: “tu Nino sei stato molto più che un sardo, ma senza la Sardegna è impossibile capirti”.
Mutatis mutandis, la valutazione di Hobsbawm, a mio parere, si attaglia perfettamente anche a un altro gigante sardo: Grazia Deledda: scrittrice certamente “universale” ma ben ancorata alla Sardegna, di cui racconta l’humus più profondo e la sua identità, ad iniziare da quella linguistica. Tanto che per comprendere bene la lingua che utilizza la Deledda nei suoi scritti occorre partire da questa premessa: la lingua sarda non è un dialetto italiano – come purtroppo ancora molti affermano e pensano, in genere per ignoranza – ma una vera e propria lingua. Noi sardi dunque, siamo bilingui perché parliamo contemporaneamente il Sardo e l’Italiano. Anche la Deledda era bilingue. Era una parlante sarda e i suoi testi in Italiano rispecchiano, quale più quale meno le strutture linguistiche del sardo, non tanto o non solo in senso tecnico quanto nei contenuti valoriali, nei giudizi, nei significati esistenziali, nelle struttura di senso magari inespresse ma presenti nel corso della narrazione. Voglio sostenere che la Deledda struttura il suo vissuto personale, la fenomenologia delle sue sensazioni e del profondo in lingua sarda ma lo riversa nella lingua italiana che risulta così semplice lingua strumentale. In tal modo opera un transfert del suo universo interiore nuorese, dell’inconscio, della fantasmatica.
Poteva non operare tale transfert e scrivere in Sardo? Certamente. Se non lo ha fatto è stato perché non vi era in quel momento storico (siamo a fine Ottocento-inizio Novecento) la cultura, la sensibilità, l’abitudine da parte degli scrittori, specie di romanzi, di utilizzare il sardo. Prima con i Savoia e poi con lo Stato unitario e ancor più con il fascismo, la lingua sarda viene infatti proibita negata criminalizzata.
Non c’è quindi da meravigliarsi che, una volta negata e proibita, gli scrittori – anche per avere una maggiore visibilità e diffusione delle loro opere – scrivano in italiano: la Deledda come tanti altri.
Ma – dicevo – Deledda rimane bilingue: pensa in sardo e traduce, nei suoi romanzi come nei Racconti, spesso meccanicamente in italiano, soprattutto nel parlare dialogico come in :”Venuto sei? – che traduce il sardo: Bennidu ses?; o “Trovato fatto l’hai? – Accatadu fattu l’as?; o ancora “A Luigi visto l’hai? –A Luisu bidu l’as?; o “Quando è così, andiamo – Cando est gai, andamus.
E ancora: “Venuti a parole” (‘ennios a paraulas); “Già, da appena l’aveva conosciuta” (giai apenas l’aiat connota).
Vi sono poi frasi intere in sardo: Teracas chi signoras bos cheries…serve-domestiche che pensate di essere delle signore); frate meu (fratello mio), Santu Franziscu bellu (San Francesco bello), su bellu mannu (il bellissimo, letteralmente il bello grande), su cusinu mizadu (il borghese con calze), a ti paret? (ti sembra?), corfu ‘e mazza a conca (colpo di mazza in testa), ancu non ch’essas prus (che tu non ne esca più :è un’imprecazione).
Ugugualmente in sardo un bizzarro testamento (in un suo Racconto): “Deo, sutta-iscritta, Donna Maria Rughe M***, viuda de Don Gavinu M***, declaro de lasciare in testamentu a su nepode de sa fiza de Rosannedda R***, fiza de Rosanna R*** e de su biadu de maridu meu, su tesoro cuadu sutta s’alveru pius mannu de su buscu de Santu Matteu, su primu chi si aghatat a deghe passos dae su riu; e chi andet a lu reguglire sa die 20 de maiu de s’annu 1878, poite si no non bi aghattat nudda, e chi preghet pro s’anima mea, e faghat narrer missas de suffragiu”.
E persino una quartina (sempre in un suo Racconto):
Tiligherta, tiligherta
mamma tua est in gherta,
babbu tou est morinde,
tiligherta baetinde…
Innumerevoli poi sono i vocaboli tipicamente sardi e solamente sardi che Deledda inserisce quando attengono ai nomi dei personaggi (Paska Devaddis, Bantine Fera, Berte Sirca, Zio Franziscu, Pride Fenu Tottoi,. Peppe Longu, Compare Batò, Bellia, Gabina, Nanneddu, Pedru,Gavinu, Arrosa, Peppa, Manzela, Bustianeddu);ai toponimi:Funtana ‘e litumonte di Santu Janne, Marreri, Sa Serra, alle esclamazioni (peuh).
Vi sono poi innumerevoli vocaboli tipicamente sardi e solamente sardi che Deledda inserisce nelle sue opere quando attengono all’ambiente sardo: pensiamo a leppa ((coltello a serramanico), pezzas (cinquanta centesimi), Iscavanada (schiaffo), Tanca (podere chiuso), Tilipirche (cavalletta), Cussorgia (zona adibita a pascolo), bandidare (fare il bandito), bardana (razzia), tanca (terreno di campagna chiuso da un recinto fatto in genere di sassi), socronza, usatissima in Elias Portolu (consuocera), corbula (cesta), bertula (bisaccia), tasca (tascapane), roba (bestiame, ma riferito soprattutto ai greggi ovini e caprini), cumbessias o muristenes (stanzette tipiche delle chiese di campagna un tempo utilizzate per chi dormiva là per le novene della Madonna o di Santi), domos de janas (tombe rupestri e letteralmente “case delle fate”).
Vi sono persino sardismi puri: come dormito (per addormentato) e entrata (per significare il “ricavato”, in un caso specifico per indicare il formaggio fresco e la ricotta prodotta giornalmente).
Qualche volta Deledda ricorre a frasi italiane storpiate in sardo o frasi sarde storpiate in italiano:Come ho ammaccato questo cristiano così ammaccherò te (…) o Avete compriso?”.
Occorre però chiarire che i sardismi linguistici della Deledda, non solo lessicali ma anche sintattici, non derivano dalla sua incapacità di utilizzare correttamente la lingua italiana.
Scrive a questo proposito una valente critica sarda, Paola Pittalis: ”L’uso dei “sardismi” linguistici da parte della Deledda anche nelle opere della maturità – è il caso di Elias Portolu – è consapevole e voluto. Rappresenta anzi una chiara e decisa scelta di linguaggio letterario, di canone stilistico e fa parte del suo essere “bilingue”. Ciò non significa che in questa scelta non sia stata condizionata da fenomeni letterari e culturali esterni, – come il verismo – che prevedevano la raffigurazione oggettiva della realtà da parte dello scrittore che doveva riportare fedelmente il linguaggio popolare e “dialettale” dei personaggi”.
A questo proposito occorre secondo molti critici liquidare risolutamente il luogo comune della “cattiva lingua” e della “mancanza di stile” appoggiato alla valutazione di intellettuali di prestigio da Dessì (le “sgrammaticature” di Deledda) a Cecchi (la sua lingua “spampanata”).
Si tratta invece – secondo Paola Pitzalis – “di forme nate dall’incontro fra dialetto e italiano nel momento di formazione delle varietà designate oggi come « italiani regionali»”.
Prosegue la Pitzalis:”L’uso di vocaboli dialettali, sardismi sintattici e atti linguistici frequenti in Sardegna è intenzionale, tanto è vero che scompaiono quando l’interesse di Deledda si sposta dal romanzo italiano «verista» e «regionale» al romanzo «psicologico» e «simbolico» (dopo il 1920). La sintassi prevalentemente paratattica, non equivale alla mancanza di stile; deriva dal trasferimento nella scrittura di modalità anche linguistiche di costruzione del racconto orale (è questo un percorso suggestivo sul quale da tempo lavora con esiti personali Leonardo Sole). Ed è il contributo modernizzante di Deledda allo snellimento della lingua letteraria italiana costruita sul modello della frase manzoniana…” [Paola Pittalis, Il ritorno alla Deledda, «Ichnusa», rivista della Sardegna, anno 5, n.1 Luglio-Dicembre 1986, pag.81].