Archivi giornalieri: 14 luglio 2021

730

Stop al servizio online per professionisti e intermediari per la gestione dei modelli 730-4 per chi ha indicato INPS come sostituto d’imposta

Disattivato il portale di Assistenza fiscale (730-4) dell’INPS. Infatti, non è più online il servizio che consentiva a professionisti e intermediari abilitati la gestione dei modelli 730-4. Chiaramente stiamo parlando di dichiaranti che hanno indicato INPS come sostituto d’imposta. Il processo è sostituito da precise comunicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. Si ricorda che, a partire dal modello 730/2020, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 21 novembre 2019, l’INPS riceve i modelli 730-4 solamente tramite l’Agenzia delle Entrate. Pertanto, CAF e professionisti abilitati che hanno trasmesso all’Agenzia delle Entrate dichiarazioni 730 di contribuenti che hanno indicato INPS come sostituto d’imposta, riceveranno comunicazioni in merito da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Inoltre, l’INPS comunica all’Agenzia delle Entrate, a partire dalla fine del mese di luglio, i codici fiscali dei contribuenti oggetto di diniego perché non sostituiti INPS.

INPS, assistenza fiscale 730-4: cos’è

Anche per il 2021, l’INPS assicura, nella qualità di sostituto di imposta, le attività di assistenza fiscale ai propri sostituiti che abbiano indicato l’INPS nel modello 730 e, quindi, provvederà a effettuare nei tempi previsti le operazioni di conguaglio derivanti dal risultato contabile di dette dichiarazioni.

A tale riguardo si ricorda che l’Istituto può prestare l’assistenza fiscale solo qualora nell’anno di presentazione del modello 730 sussista un rapporto di sostituzione d’imposta con il dichiarante.

È bene precisare al riguardo che il suddetto rapporto di sostituzione non ricorre nel caso di erogazioni di prestazioni esenti da imposte, quali ad esempio le prestazioni pensionistiche erogate a vittime del terrorismo o a vittime del dovere.

Il rapporto di sostituzione non ricorre, altresì, nei casi in cui la prestazione erogata sia cessata prima del 1° aprile 2021.

L’Istituto può, quindi, gestire le risultanze contabili del modello 730/4 se, nel corrente anno 2021, il dichiarante percepisce una prestazione imponibile IRPEF.

Diversamente, qualora il dichiarante sia esclusivamente beneficiario di una prestazione assistenziale, l’Istituto è tenuto a respingere tali risultanze (cosiddetto “diniego”).

INPS, assistenza fiscale 730-4: i codici di diniego

Cosa accade se la cessazione del rapporto di sostituzione avvenga prima dell’effettuazione o del completamento delle operazioni di conguaglio (ad esempio per interruzione della prestazione). Ebbene, in tali casi, l’INPS comunica il diniego all’Agenzia delle Entrate, utilizzando i codici diniego per situazioni particolari, riservati all’INPS:

  • “CP”, conguaglio non possibile parziale
  • “CT”, conguaglio non possibile totale

I codici relativi alla motivazione del diniego sono indicati nelle specifiche tecniche per la comunicazione dei dinieghi dell’Agenzia delle Entrate.

Nello specifico:

  • il diniego con codice “CP” viene utilizzato nei casi in cui l’Istituto ha effettuato i conguagli di una parte degli importi previsti nel 730-4 ma non ha la possibilità di completare tutti i conguagli, perché le prestazioni non sono più in pagamento;
  • il diniego con codice “CT” viene utilizzato nei casi in cui non è stato possibile applicare alcun conguaglio da 730-4 poiché le prestazioni, per le quali INPS è il sostituto d’imposta, non sono in pagamento durante le operazioni di conguaglio.
Deducibilità IMU in dichiarazione dei redditi: a chi spetta e come funziona

Deducibilità IMU in dichiarazione dei redditi: anche l’IMU (Imposta Municipale Unica) rientra tra i tributi che possono essere dedotti dal reddito d’impresa o da professione.

La percentuale di deducibilità è stata nel corso del tempo oggetto di varie modifiche. Da ultimo, la Legge di bilancio 2020, ha rivisto la quote deducibile che, a partire dal periodo d’imposta 2022, arriverà al 100% del costo sostenuto.

In questa guida ti spieghiamo cosa vuol dire dedurre l’IMU, chi sono i soggetti beneficiari  e quali sono le condizioni da rispettare per ottenere il beneficio fiscale in dichiarazione dei redditi.

La deducibilità dell’IMU: normativa di riferimento

La deducibilità dell’IMU nel corso del tempo è stata oggetto di diversi interventi normativi. Inizialmente la deducibilità non era ammessa. Il blocco alla deducibilità era stato disposto con l’art.14 comma 1 del D.L. 23/2011.

Successivamente, c’è stata un’apertura alla possibilità di dedurre dal reddito parte dell’IMU versata. Il legislatore è intervenuto sull’articolo da ultimo citato.

Nello specifico, dal periodo d’imposta 2014 fino al periodo d’imposta 2018, la deducibilità dalle imposte sui redditi Irpef e Ires era ammessa nella misura del 20%. Dunque, per un IMU pari a 1000 euro, era possibile dedurre dal reddito complessivo solo 200 euro.

Leggi anche: Rata Imu pagata in ritardo: calcolo sanzioni, ravvedimento e codici tributo

Ulteriori e rilevanti modiche sono state introdotte in ordine di tempo con:

  • la Legge n° 145/2018, Legge di bilancio 2019;
  • il D.L. 34/2019;
  • l Legge 160/2019, Legge di bilancio 2020.

La Legge di bilancio 2020 ha accorpato IMU e TASI nella c.d Nuova IMU, intervenendo anche sulle percentuali di deduciiblità.

Ad oggi, valgono le seguenti regole ossia l’IMU è deducibile al:

  • 50% in riferimento al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2018 (2019 per i “solari”)
  • 60% per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2019 e al 31.12.2020 (2020 e 2021)
  • 100% per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2021 (dal 2022).

Percentuali di deducibilità applicabili anche all’imposta municipale immobiliare (IMI) della provincia autonoma di Bolzano e all’imposta immobiliare semplice (IMIS) della provincia autonoma di Trento. Rimane ferma, l’indeducibilità del’IMU ai fini IRAP.

Chi può dedurre l’IMU?

Possono dedurre l’IMU i seguenti soggetti:

  • società ed enti commerciali;
  • gli enti non commerciali (limitatamente all’IMU pagata sugli immobili relativi all’attività commerciale esercitata);
  •  le imprese individuali o familiari;
  • i professionisti anche in studi professionali
  • le persone fisiche, le società e gli enti non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato con stabili organizzazioni.

IMU con il principio di cassa: anche in ravvedimento operoso

L’art.99 del dPR 917/86, TUIR,  dispone che:

Le imposte sui redditi e quelle per le quali e’ prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento.

Dunque, anche l’IMU è deducibile nell’esercizio nel quale avviene il pagamento.

Attenzione, tale affermazione non vale in senso assoluto. Infatti, nella circolare n° 10/e 2014, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che:

L’articolo 99, comma 1, del TUIR non introduce, infatti, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, un puro criterio di cassa in deroga a quello generale di competenza dei componenti negativi, ma costituisce una norma di cautela per gli interessi erariali introducendo un’ulteriore condizione di deducibilità per le imposte che è appunto l’avvenuto pagamento.

Ciò sta a significare che:

  • fermo restando la sua imputazione a conto economico nell’esercizio di competenza,
  • l’IMU può essere dedotta nell’esercizio di effettivo pagamento.

Può essere dedotta anche l’IMU pagata in ravvedimento operoso. Ad esempio, l’IMU 2019 pagata in ravvedimento operoso nel 2020, potrà essere dedotta nel modello Redditi 2021, periodo d’imposta 2020.

Deducibilità IMU: quali sono gli immobili per i quali è ammessa la deducibilità dell’IMU?

La deducibilità dell’IMU riguarda solo gli immobili strumentali per natura o per destinazione.

Sono immobili strumentali quello che ai sensi dell’art. 43, comma 2, del TUIR, sono utilizzati “esclusivamente” per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale da parte del possessore; sono, quindi, esclusi dalla nozione di immobili strumentali gli immobili ad utilizzo promiscuo. Stessa esclusione vale per gli immobili merce o i c.d immobili patrimonio.

Dunque la deducibilità dell’IMU si applica solo agli immobili strumentali per natura o destinazione.

Sono strumentai per destinazione quelli  utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale da parte del possessore, indipendentemente dalla loro classificazione catastale.

Sono invece strumentali per natura gli immobili relativi ad imprese commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni. Anche se sono concessi in locazione, comodato, o, comunque, non direttamente utilizzati dall’impresa. Sono strumentali per natura gli immobili rientranti nei gruppi catastali B, C, D, ed E e nella categoria A/10 qualora la destinazione ad ufficio sia prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria (circolare 26/e 2016).

Deduzione IMU in dichiarazione dei redditi

Per poter beneficiare della deduzione dell’IMU, è necessario indicarla in dichiarazione dei redditi.

Ipotizziamo che una ditta individuale ha versato nel 2020 un’IMU per un importo pari a 1.500 euro.

Nel prossimo modello Redditi 2021, periodo d’imposta 2020, sarà necessario indicare la deduzione Imu nel rigo RG 22 (altri componenti negativi). Nello specifico dovrà essere indicata l’IMU per la sola parte deducibile ossia 1500*60%= 900 euro.

Se l’IMU 2020 fosse stata pagata solo quest’anno, la quota deducibile sarebbe dovuta essere indicata l’anno successiva ossia nel modello Redditi 2022, periodo d’imposta 2021.

Per le imprese in contabilità ordinaria, per raccordare i valori di bilancio con quelli fiscali, sarà necessario indicare l’IMU, per il totale pagato, tra le variazioni in aumento (rigo  RF16), per poi indicare la quota deducibile nel rigo RF55 “variazioni in diminuzione” del reddito complessivo. A tal fine va utilizzato il codice 38.

Un emendamento al decreto Sostegni-bis fa slittare la data di scadenza del versamento delle imposte per i soggetti ISA al 15 settembre

Un emendamento al decreto Sostegni-bis fa slittare la data di scadenza del versamento delle imposte per i soggetti ISA al 15 settembre

Proroga versamento imposte soggetti ISA: per i soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale, i termini dei versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di IRAP e IVA, che scadono dal 30 giugno al 31 agosto 2021, sono prorogati al 15 settembre 2021 senza maggiorazione.

A prevederlo è un emendamento approvato in fase di conversione in legge del Decreto Sostegni-bis. I contribuenti possono decidere di non beneficiare di alcuna proroga e di pagare alle scadenze ordinarie ovvero entro il 30 luglio con la maggiorazione dello 0,40 o con i piani di rateazione ordinari.

Versamento imposte soggetti ISA: la precedente proroga del DPCM del 28 giugno

Con il DPCM del 28 giungo il MEF ha ufficializzato la proroga al 20 luglio del saldo 2020 e dell’acconto 2021 delle imposte sui redditi e dell’Irap (vedi scadenze fiscali di luglio 2021). Rispetto alla scadenza ordinaria del 30 giugno. La proroga non riguarda tutti i contribuenti ma solo i titolari di partita iva. Se svolgono attività per le quali sono stati approvati gli ISA.

La proroga si applica anche all’Irap, alla cedolare secca, all’IVIE all’IVAFE e alle imposte sostitutive. Compresa quella pagata dai contribuenti che operano in regime forfettario. La proroga dovrebbe riguarda anche l’Iva dovuta sul cd. “adeguamento” agli ISA. Adeguamento finalizzato a migliorare il proprio indice di affidabilità fiscale. E’ prorogato anche il  versamento del diritto camerale (la camera di commercio).

Il Differimento al 20 luglio vale anche per il saldo dei contributi previdenziali per lavoratori autonomi, liberi professionisti iscritti alle gestioni Inps e alle casse previdenziali professionali autonome.

Imposte soggetti ISA: nuova proroga nel decreto Sostegni-bis

L’articolo 9-ter del D.L. 73/2021 aggiunto in fase di conversione in legge del decreto Sostegni-bis proroga, per i soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale, i termini dei versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di IRAP e IVA, che scadono dal 30 giugno al 31 agosto 2021, al 15 settembre 2021 senza maggiorazione.

L’ambito soggettivo della proroga è lo stesso di quello previsto rispetto alla scadenza del 20 luglio.

Dunque, beneficiano della proroga coloro che:

  • esercitano, in forma di impresa o di lavoro autonomo, tali attività prescindendo dal fatto che gli stessi applichino o meno gli ISA;
  • dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, per ciascun ISA, dal relativo decreto ministeriale di approvazione (5 milioni 164mila 569 euro).

Da qui, ricorrendo tali condizioni, si applica anche ai contribuenti che, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020:

  • applicano il regime forfetario agevolato, previsto dall’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
  • applicano il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
  • determinano il reddito con altre tipologie di criteri forfetari ricadono nelle altre cause di esclusione dagli ISA

La proroga si applica anche  ai soggetti che partecipano a società, assicurazioni e imprese che rientrano nel regime previsto per i redditi prodotti in forma associata e per l’opzione della trasparenza fiscale (articoli 5, 115 e 116 del TUIR).

Fatto salvo quanto appena affermato, i soggetti non titolari di partita iva devono rispettare i termini ordinari di versamento.

Soggetti ISA: possibile versare alle scadenze ordinarie?

Individua la proroga, ciò non toglie che i contribuenti possano decidere di versare le imposte dovute entro le scadenze ordinarie.

Superata la scadenza del 30 giugno, ex art.17 del DPR 435/2001, è possibile effettuare il versamento entro il 30 luglio applicando la maggiorazione dello 0,40%. Tale possibilità è riconosciuta dallo stesso articolo da ultimo citato. Al comma 2.

La proroga non ha inciso in alcun modo sui pagamenti rateizzati delle imposte.

A tal proposito, le somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte e dei contributi INPS, ad eccezione di quelle dovute nel mese di dicembre a titolo di acconto del versamento dell’imposta sul valore aggiunto:

  • possono essere versate, previa opzione esercitata dal contribuente in sede di dichiarazione,
  • in rate mensili di uguale importo, con la maggiorazione degli interessi, decorrenti dal mese di scadenza.

In ogni caso, il pagamento deve essere completato entro il 30 di novembre dello stesso anno di presentazione della dichiarazione o della denuncia (art.20 D.lgs 241/1997).

I versamenti rateali sono effettuati entro il giorno sedici di ciascun mese per i soggetti titolari di partita IVA ed entro la fine di ciascun mese per gli altri contribuenti.

Ciò sta a significare che, laddove il contribuente volesse ricorrere alla proroga del decreto Sostegni-bis e ha optato o intende optare per la rateazione degli importi dovuti, dovrebbe comunque corrispondere:

  • le rate del saldo e del 1° acconto scadenti tra il 30 giugno e il 31 agosto 2021 entro il 15 settembre 2021;
  • la 2° rata dell’acconto entro il 30 novembre.

Da qui, per un contribuente titolare di partita iva, considerando anche la proroga disposta dal DPCM del 28 giugno, per saldo e 1° acconto varrebbero le seguenti scadenze:

  • 15 settembre, le rate con scadenza 30 luglio, 20 agosto (1° e 2° rata),
  • 16 settembre, la 3° rata;
  • 18 ottobre, la 4° rata;
  • 16 novembre la 5° rata.

Nell’esempio abbiamo considerato il pagamento della 1° rata al 30 luglio 2021, maggiorando l’importo dovuto dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo. Per le rate successive alla prima si applicano ulteriori interessi.

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Rimborso 730 in busta paga: quando arriva e come funziona il conguaglio IRPEF

Rimborso 730: come e quando avviene il rimborso IRPEF in busta paga? Quando paga il datore e quando l’Agenzia delle Entrate? I dettagli

Rimborso 730 in busta paga: quando arriva e come funziona il conguaglio? Partiamo col dire che le retribuzioni del mese di luglio rappresentano la prima occasione per liquidare in busta paga il conguaglio IRPEF del modello 730/2021 redditi 2020.

Il risultato definitivo delle imposte dovute all’Erario dopo la dichiarazione dei redditi può comportare:

  • conguaglio IRPEF a debito: ovvero un debito per il dipendente, nel caso in cui questi debba farsi carico di ulteriori somme rispetto a quelle già trattenute nel periodo d’imposta;
  • conguaglio IRPEF a credito: ossia un credito del lavoratore nei confronti del Fisco, se la tassazione subita nel corso dell’anno precedente è stata superiore a quella effettivamente dovuta. Pensiamo ad esempio ad un familiare a carico non inserito in busta paga.

Dal momento che il saldo a debito o a credito del 730 è di norma gestito dal datore di lavoro direttamente in busta paga, in qualità di sostituto d’imposta, possono verificarsi due ipotesi:

  • Trattenuta in cedolino delle imposte ancora dovute (conguaglio 730 a debito);
  • Rimborso IRPEF delle imposte trattenute in eccedenza in busta paga (conguaglio 730 a credito).

Può capitare inoltre che il lavoratore sia senza sostituto d’imposta al momento della dichiarazione dei redditi, oppure che il sostituto sia l’INPS (ad esempio se è andato in pensione, oppure per i percettori di NASpI o altri sussidi). In considerazione del fatto che l’operatività cambia a seconda che si tratti di trattenuta o rimborso, analizziamo nel dettaglio come avviene e cosa deve fare il datore di lavoro o altro sostituto d’imposta nei casi di conguaglio 730 a credito.

Rimborso 730 in busta paga: prima fase, ricezione del modello 730-4

Il primo step relativo alla liquidazione della dichiarazione dei redditi è la ricezione da parte dell’azienda, in via telematica dall’Agenzia delle entrate, dei modelli 730-4 a decorrere dagli ultimi dieci giorni di giugno.

Il modello 730-4 è trasmesso dall’AdE all’indirizzo telematico del datore di lavoro, da questi comunicato per la prima volta:

  • Nel quadro CT della Certificazione unica;
  • In alternativa inviando all’Agenzia delle entrate il modello CSO.

In caso di modifica dell’indirizzo precedentemente comunicato, è necessario utilizzare il citato modello CSO.

Nell’ipotesi in cui l’azienda riceva un modello 730-4 per il quale non è obbligata ad effettuare alcun rimborso in busta paga, la stessa è tenuta a darne comunicazione in via telematica all’ADE entro i 5 giorni lavorativi successivi la ricezione.

Soglia di 12 euro per crediti / debiti

Il modello 730-4 contiene tutti i dati necessari per trattenere o rimborsare il debito / credito risultante dalla dichiarazione dei redditi del lavoratore.

Tuttavia, non dev’essere eseguita alcuna operazione di trattenuta o rimborso se, per ciascuna imposta o addizionale, l’importo è uguale o inferiore a 12 euro.

Rimborso 730: quando è erogato dal datore di lavoro

L’IRPEF a credito risultante dal modello 730 è erogata dal datore di lavoro nella prima retribuzione utile o comunque nella paga di competenza del mese successivo quello di ricezione del 730-4.

Le somme anticipate in busta paga vengono successivamente recuperate dall’azienda in sede di liquidazione del modello F24, relativo al mese successivo quello di effettuazione dei rimborsi.

Facciamo l’esempio di un dipendente con retribuzione corrisposta nello stesso mese di maturazione (retribuzione di luglio erogata a luglio).

In tal caso il credito risultante dal modello 730-4, anticipato dal datore di lavoro, dovrà essere dallo stesso recuperato dalle ritenute fiscali operate sulle retribuzioni di luglio, da versare con F24 entro il 20 agosto.

Al contrario, se la retribuzione è corrisposta nel mese successivo quello di maturazione (ad esempio retribuzione di luglio erogata ad agosto), il recupero dei crediti avverrà sulle ritenute da versare con F24 entro il 16 settembre.

Leggi anche: Conguaglio IRPEF di fine anno: occhio alla busta paga di dicembre

Capienza IRPEF: cosa significa

Può accadere che l’ammontare dei rimborsi da riconoscere al singolo lavoratore sia superiore alle ritenute IRPEF. A tal proposito, il calcolo della capienza dev’essere effettuato considerando tutte le ritenute (comprese le addizionali) effettuate, dallo stesso sostituto d’imposta, sulle retribuzioni e le somme di competenza del mese, ivi compresi:

  • Redditi da lavoro dipendente;
  • ” assimilati a lavoro dipendente;
  • ” da lavoro autonomo;
  • provvigioni.

Si parla di incapienza Nel caso in cui l’ammontare delle ritenute complessivamente operate risulti insufficiente a rimborsare i crediti da 730, le somme residue dovranno essere riconosciute nei mesi successivi.

Nell’ipotesi in cui vi siano più contribuenti a credito, il rimborso deve avvenire in percentuale uguale per tutti i dipendenti.

Per determinare la percentuale è sufficiente dividere l’ammontare delle ritenute per i crediti da rimborsare.

730 rimborso, quando arriva da Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle entrate liquida le somme a credito direttamente al lavoratore, a fronte di un modello 730 (ordinario o precompilato) che presenta modifiche, rispetto alla precompilata, tali da:

  • Incidere sull’ammontare del reddito complessivo o dell’imposta, presentando altresì elementi di incoerenza (ad esempio uno scostamento significativo tra il credito IRPEF e i dati derivanti dai modelli di versamento);
  • Determinare un rimborso superiore a 4 mila euro.

La liquidazione dei rimborsi ad opera dell’ADE è effettuato entro:

  • 6 mesi dalla scadenza per l’invio del modello 730;
  • In alternativa, dalla data di trasmissione effettiva se successiva alla scadenza.

L’Agenzia paga direttamente i rimborsi anche per chi è senza sostituto d’imposta al momento della dichiarazione (es. disoccupato, ma non percettore di NASpI).

N.B. Per il modello 730/2021 redditi 2020, il lavoratore non può scegliere l’opzione senza sostituto seppur con sostituto d’imposta e indicare l’Agenzia delle Entrate per ottenere il rimborso. La novità del Decreto Rilancio dello scorso anno non è stata infatti riproposta per l’anno in corso.

Conguaglio IRPEF a credito Agenzia delle Entrate: come e quando arriva

Nelle ipotesi di rimborso diretto dei crediti 730 al beneficiario, ad opera dell’Agenzia entrate, la liquidazione avviene normalmente prima di Natale:

  • con bonifico se l’interessato ha comunicato le coordinate del conto corrente bancario o postale;
  • in alternativa, tramite titoli di credito di Poste Italiane s.p.a.

Le somme corrisposte dall’ADE sono quelle derivanti dal 730 a credito, al netto di:

  • Secondo o unico acconto IRPEF;
  • Cedolare secca.

Se l’ammontare dell’acconto eccede il rimborso, il lavoratore è tenuto a versare autonomamente la differenza.

Cessazione del rapporto di lavoro prima del rimborso IRPEF in busta paga

In caso di interruzione del rapporto prima del rimborso in busta paga del modello 730, il datore di lavoro provvede all’elaborazione di un apposito cedolino per il dipendente cessato, contenente le somme dovute.

Rimborsi IRPEF: come funziona per i collaboratori

Un’ipotesi particolare è quella rappresentata dai collaboratori coordinati e continuativi destinatari di compenso con periodicità superiore al mese. Si pensi ad esempio all’amministratore che riceve il compenso nel mese di dicembre.

La gestione dei rimborsi derivanti dalla dichiarazione dei redditi, per i co.co.co, prevede l’obbligo, in capo al datore di lavoro – committente che riceve il 730-4 di erogare le somme dovute con le stesse modalità e tempistiche previste per i lavoratori dipendenti, con successivo recupero in F24.

Rimborso IRPEF dipendente con più datori di lavoro

I dipendenti, di norma con orario di lavoro part-time, possono svolgere due o più rapporti di lavoro con differenti aziende.

In tal caso come gestire le operazioni di conguaglio 730?

La normativa (articolo 14 DPR n. 395/1992) prevede che sia il datore che eroga la retribuzione più elevata ad occuparsi del rimborso 730 in busta paga.

Modello 730 tardivo o integrativo: cosa succede ai rimborsi IRPEF

Altri casi particolari sono quelli rappresentati da:

  • Invio tardivo del modello 730;
  • Presentazione di un modello 730 integrativo del precedente.

Nella prima ipotesi, il datore effettua le operazioni di conguaglio a partire dal primo mese utile, comunque non oltre l’anno corrente.

In caso di 730 integrativo, il datore effettua il conguaglio a credito con la retribuzione corrisposta a dicembre, a meno che il rapporto non cessi in una data antecedente. In quest’ultima ipotesi la liquidazione del rimborso avverrà nell’ultimo cedolino paga.

Indennità in favore dei lavoratori portuali: indicazioni INPS

Indennità in favore dei lavoratori portuali: indicazioni INPS

Introdotte nuove misure di sostegno al reddito in favore dei lavoratori del settore marittimo. Ecco come funziona

Via libera alle nuove misure di sostegno al reddito in favore dei lavoratori del settore marittimo/portuale. Infatti, è prevista una specifica indennità per i lavoratori in esubero delle imprese che operano nei porti, con sensibili riduzioni di traffico e passeggeri e laddove sussistano, al 22 maggio 2021, stati di crisi aziendale o cessazioni delle attività terminalistiche e delle imprese portuali. L’indennità spetta per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro, comprese quelle che coincidano, in base al programma, con le giornate festive per le quali il lavoratore sia risultato disponibile.

L’indennità è pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria, comprensiva degli assegni per il nucleo familiare, ove spettanti. Inoltre è riconosciuta per un numero di giornate pari alla differenza tra:

  • il numero massimo di ventisei giornate mensili erogabili;
  • il numero delle giornate effettivamente lavorate in ciascun mese, incrementato del numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.

I periodi di percezione dell’indennità sono coperti da contribuzione figurativa.

L’indennità è erogata dall’Istituto previa acquisizione degli elenchi recanti il numero, distinto per ciascuna impresa o agenzia, delle giornate di mancato avviamento al lavoro.

A specificarlo è l’INPS, con la circolare n. 99 dell’8 luglio 2021.

CIG Covid-19, indennità in continuità con i precedenti trattamenti

La L. n. 69/2021 ha parzialmente innovato la disciplina in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, connessi all’emergenza epidemiologica da COVID-19. In particolare è stata fornita un’indennità in favore di specifiche categorie di lavoratori occupati nel settore marittimo.

La predetta legge afferma, altresì, che l’integrazione salariale può essere chiesta in continuità con i precedenti trattamenti. Ciò significa che alcuni datori di lavoro che hanno terminato la cassa in una certa data di marzo, antecedente al 29, possono, in continuità, presentare domanda entro 30 giorni dalla data di emissione della circolare, cioè non oltre il 7 agosto 2021.

Tuttavia l’INPS, per non creare sperequazioni, offre lo stesso termine di 30 giorni anche a chi chiede per la prima volta periodi di cassa che decorrono in epoca anteriore al 1° aprile. Si deve trattare, come specificato, di datori di lavoro che hanno chiesto e ottenuto per intero le 12 settimane volute dalla Legge di Bilancio 2021. Inoltre, l’anticipo nella fruizione delle settimane del D.L n. 41/2021 deve avvenire in continuità rispetto a quelle della legge 178/2020.

Integrazione salariale, differimento dei termini decadenziali

Il D.L. n. 41/2021 è intervenuto anche in merito ai termini decadenziali relativi ai trattamenti di integrazione salariale connessi all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e ha assicurato la copertura dei relativi oneri finanziari. Più dettagliatamente, il citato comma 3-bis differisce al 30 giugno 2021 i termini decadenziali di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza da COVID-19, e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi scaduti nel periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2021.

Modelli “SR41” e “SR43” semplificati oggetto del differimento

Beneficiano del regime di differimento anche i termini di trasmissione dei dati necessari per il pagamento diretto o per il saldo dei trattamenti connessi all’emergenza da COVID-19. Nello specifico, i termini di decadenza sono scaduti nel periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2021.

In relazione a quanto previsto dalla disciplina a regime, in caso di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’Istituto, il datore di lavoro è tenuto a inviare all’INPS:

  • tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale (modelli “SR41” e “SR43” semplificati);
  • entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale ovvero entro 30 giorni dalla notifica della PEC che contiene l’autorizzazione, se tale termine è più favorevole all’azienda.

Tanto premesso, il differimento al 30 giugno 2021 riguarda i termini delle trasmissioni riferite:

  • sia a eventi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa connessi all’emergenza epidemiologica da COVID-19 conclusi a dicembre 2020, gennaio 2021 e febbraio 2021;
  • sia a quelli le cui autorizzazioni sono state notificate all’azienda nel periodo dal 2 dicembre 2020 al 1° marzo 2021, tenuto conto della singola modalità originariamente applicata dalla Struttura territoriale competente.

Indennità lavoratori portuali, modalità di erogazione

L’indennità è pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria, comprensiva degli assegni per il nucleo familiare, ove spettanti, ed è riconosciuta per un numero di giornate pari alla differenza tra il numero massimo di ventisei giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ciascun mese, incrementato del numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.

I periodi di percezione dell’indennità sono coperti da contribuzione figurativa.

Bonus Sar per i lavoratori in somministrazione: cos’è e come funziona

In questi ultimi mesi l’argomento bonus erogati dallo Stato ha certamente tenuto banco: previsti per svariate circostanze e categorie di persone, i contributi economici hanno rappresentato e rappresentano tuttora una significativa misura di sostegno contro la povertà e la disoccupazione, in special modo oggi in tempi di pandemia.

Ebbene in questo variegato settore, trova spazio anche il cosiddetto bonus Sar (Sostegno al Reddito), ossia uno dei contributi meno conosciuti, ma sicuramente tra i più utili per chi ha perso il lavoro. In sintesi si tratta di un’erogazione garantita ai lavoratori interinali – oggi detti ‘in somministrazione’ (a seguito della Legge Biagi) – ai quali non è rinnovato il contratto alla fine del rapporto di lavoro.

Appare opportuno ricordarne i tratti essenziali e punti chiave, giacchè – forse può stupire – ma detto bonus Sar è poco noto anche alla categoria direttamente interessata. Anzi, i lavoratori dell’ambito di rado ne fanno domanda per l’accesso alla competente autorità. Ma ora più che mai, il contributo ha rilievo: quello odierno è infatti un periodo segnato dalle molte chiusure di piccole e medie imprese.

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Bonus Sar: di che si tratta in breve

Come anticipato, detto contributo rappresenta una forma di sostegno al reddito a favore di chi ha perso il lavoro in somministrazione. Il bonus Sar è un’indennità oscillante tra i 780 e i mille euro, riconosciuta dal Forma.Temp, vale a dire il “Fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei lavoratori in somministrazione”.

Il Fondo è stato messo in campo nel 2000, in applicazione della legge n. 196 del 1997 – ossia il noto Pacchetto Treu – che introdusse nel nostro ordinamento la fornitura di lavoro temporaneo. In particolare, la sua attuale fonte normativa è rappresentata dall’art. 12 del D.Lgs. 276 del 2003 e successive modificazioni e integrazioni.

Le attività di Forma.Temp sono eseguite sotto la vigilanza dell’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL). Inoltre, sono finanziate con il contributo corrispondente al 4% delle retribuzioni lorde versate ai lavoratori somministrati, a carico delle Agenzie per il Lavoro.

Bonus Sar e contratto in somministrazione: i soggetti

Il bonus Sar si rivolge prettamente ai lavoratori con contratto ex interinale, oggi ‘somministrazione di lavoro’. Quest’ultimo è caratterizzato da alcune interessanti peculiarità. Infatti, detto contratto comporta una forma di lavoro tipicamente occasionale. E, a tal fine, vi è la partecipazione di tre soggetti, a fronte di datore di lavoro e lavoratore, per la conclusione del contratto.

In questo particolare tipo di contratto, risalta infatti la presenza dell’Agenzia del Lavoro, nel ruolo di ‘agenzia di somministrazione’ (in passato denominata ‘agenzia interinale’). Il datore o la persona che vuole trovare lavoro si rivolge ai servizi dell’agenzia e quest’ultima di fatto assume il lavoratore mettendolo così a disposizione, in un certo lasso di tempo, per una certa azienda.

Certamente, il lavoro interinale non è svantaggioso per le aziende. In primo luogo, il costo del lavoratore non è superiore se fornito con agenzia rispetto ad un contatto diretto. Ma a questo costo si somma una percentuale di commissione da assegnare all’organo di mediazione, che svolge le mansioni burocratiche al posto dell’impresa che si avvale delle prestazioni del somministrato (ex lavoratore interinale). Ribadiamo che a questi lavoratori, è dato un bonus lordo di 1.000€ o 780€ dopo ogni scadenza di contratto, vale a dire nelle circostanze in cui cessa l’impiego presso l’azienda utilizzatrice.

Bonus Sar: quali sono i requisiti?

Tre le aree nelle quali sono divisi i lavoratori in somministrazione che possono ottenere il bonus Sar, in base a questi requisiti:

  • i disoccupati da almeno 45 giorni che abbiano maturato almeno 110 giorni di lavoro (o 440 ore lavorate, in ipotesi di part-time verticale) nell’ultimo anno, a partire dall’ultimo giorno effettivo di lavoro in somministrazione;
  • i disoccupati da almeno 45 giorni che abbiano concluso l’iter in “Mancanza di occasioni di lavoro (Mol)” ai sensi dell’art. 25 CCNL Agenzie per il Lavoro;
  • i soggetti disoccupati da almeno 45 giorni che abbiano conseguito almeno 90 giorni di lavoro (o 360 ore lavorate, in ipotesi di part-time verticale) nell’ultimo anno, a partire dall’ultimo giorno effettivo di lavoro in somministrazione.

Alle prime due aree è riconosciuto un bonus Sar di mille euro lordi, mentre gli appartenenti alla terza area possono beneficiare di un sostegno al reddito corrispondente a 780 euro lordi. Per il calcolo delle giornate utili per l’ottenimento del requisito di anzianità necessario, sono da considerarsi le giornate lavorate che compaiono in busta paga, in base alla condizione di miglior favore.

Bonus Sar: quali documenti presentare?

Attenzione anche ai documenti da presentare per ottenere il citato bonus Sar. Eccoli in questo sintetico elenco:

  • modulo di domanda;
  • copia fronte/retro di un documento d’identità;
  • copia del codice fiscale o della tessera sanitaria;
  • una copia delle buste paga a riprova delle giornate lavorate in somministrazione (e tra queste anche quella di cessazione);
  • estratto conto previdenziale emesso dall’Inps attestante i 45 giorni di disoccupazione;
  • documento emesso da una banca o ufficio postale, che comprovi l’intestazione del conto a chi fa domanda (ma in ipotesi di bonifico domiciliato, non è obbligatorio presentarlo).

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Bonus Sar: quali sono le modalità per fare domanda?

A questo punto, in molti potrebbero chiedersi per quale via fare domanda relativa al bonus Sar, ossia come è possibile di fatto ottenerlo? Ebbene, l’interessato deve fare l’istanza attraverso il portale Forma.Temp tra il 106esimo e il 173esimo giorno posteriore all’ultimo rapporto di lavoro in somministrazione (ex interinale). Il lavoratore dovrà aspettare altri 60 giorni, oltre ad aver maturato 45 giorni di disoccupazione, per potere fare domanda per l’erogazione del sostegno; da quel momento avrà un lasso di tempo pari a 68 giorni per poter spedire i propri dati.

Ma attenzione: se il lavoratore in questione dovesse firmare un nuovo contratto di lavoro dipendente, anche non in somministrazione – di durata pari o inferiore ad una settimana contributiva – il calcolo dei giorni utili al raggiungimento del requisito dei giorni di disoccupazione è sospeso.

Concludendo, rimarchiamo che il lavoratore può scegliere tra vari iter, al fine di ottenere il contributo economico:

  • servizio offerto dagli sportelli sindacali locali (Felsa Cisl, Nidil Cgil, UilTemp);
  • caf e patronati;
  • via web: ottenuti i requisiti per la domanda, ci si può registrare al sito di Forma.Temp. Una prima fase sarà da ultimare su schermo, ossia in via telematica; di seguito al termine della domanda, sarà emesso un modulo con codice a barre,  che l’interessato dovrà spedire con raccomandata o pec.

Concludendo, è da rilevare che i tempi per ottenere il versamento sono generalmente lunghi. Infatti i bonifici da parte di Forma.Temp non sono erogati prima di almeno 6 mesi dall’invio istanza. In certi casi, può anche passare un anno prima di vedersi assegnato il concreto il bonus Sar.


Versamento imposte soggetti ISA: proroga al 15 settembre. Ecco i dettagli

Proroga versamento imposte soggetti ISA: per i soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale, i termini dei versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di IRAP e IVA, che scadono dal 30 giugno al 31 agosto 2021, sono prorogati al 15 settembre 2021 senza maggiorazione.

A prevederlo è un emendamento approvato in fase di conversione in legge del Decreto Sostegni-bis. I contribuenti possono decidere di non beneficiare di alcuna proroga e di pagare alle scadenze ordinarie ovvero entro il 30 luglio con la maggiorazione dello 0,40 o con i piani di rateazione ordinari.

Versamento imposte soggetti ISA: la precedente proroga del DPCM del 28 giugno

Con il DPCM del 28 giungo il MEF ha ufficializzato la proroga al 20 luglio del saldo 2020 e dell’acconto 2021 delle imposte sui redditi e dell’Irap (vedi scadenze fiscali di luglio 2021). Rispetto alla scadenza ordinaria del 30 giugno. La proroga non riguarda tutti i contribuenti ma solo i titolari di partita iva. Se svolgono attività per le quali sono stati approvati gli ISA.

La proroga si applica anche all’Irap, alla cedolare secca, all’IVIE all’IVAFE e alle imposte sostitutive. Compresa quella pagata dai contribuenti che operano in regime forfettario. La proroga dovrebbe riguarda anche l’Iva dovuta sul cd. “adeguamento” agli ISA. Adeguamento finalizzato a migliorare il proprio indice di affidabilità fiscale. E’ prorogato anche il  versamento del diritto camerale (la camera di commercio).

Il Differimento al 20 luglio vale anche per il saldo dei contributi previdenziali per lavoratori autonomi, liberi professionisti iscritti alle gestioni Inps e alle casse previdenziali professionali autonome.

Imposte soggetti ISA: nuova proroga nel decreto Sostegni-bis

L’articolo 9-ter del D.L. 73/2021 aggiunto in fase di conversione in legge del decreto Sostegni-bis proroga, per i soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale, i termini dei versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di IRAP e IVA, che scadono dal 30 giugno al 31 agosto 2021, al 15 settembre 2021 senza maggiorazione.

L’ambito soggettivo della proroga è lo stesso di quello previsto rispetto alla scadenza del 20 luglio.

Dunque, beneficiano della proroga coloro che:

  • esercitano, in forma di impresa o di lavoro autonomo, tali attività prescindendo dal fatto che gli stessi applichino o meno gli ISA;
  • dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, per ciascun ISA, dal relativo decreto ministeriale di approvazione (5 milioni 164mila 569 euro).

Da qui, ricorrendo tali condizioni, si applica anche ai contribuenti che, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020:

  • applicano il regime forfetario agevolato, previsto dall’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
  • applicano il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
  • determinano il reddito con altre tipologie di criteri forfetari ricadono nelle altre cause di esclusione dagli ISA

La proroga si applica anche  ai soggetti che partecipano a società, assicurazioni e imprese che rientrano nel regime previsto per i redditi prodotti in forma associata e per l’opzione della trasparenza fiscale (articoli 5, 115 e 116 del TUIR).

Fatto salvo quanto appena affermato, i soggetti non titolari di partita iva devono rispettare i termini ordinari di versamento.

Soggetti ISA: possibile versare alle scadenze ordinarie?

Individua la proroga, ciò non toglie che i contribuenti possano decidere di versare le imposte dovute entro le scadenze ordinarie.

Superata la scadenza del 30 giugno, ex art.17 del DPR 435/2001, è possibile effettuare il versamento entro il 30 luglio applicando la maggiorazione dello 0,40%. Tale possibilità è riconosciuta dallo stesso articolo da ultimo citato. Al comma 2.

La proroga non ha inciso in alcun modo sui pagamenti rateizzati delle imposte.

A tal proposito, le somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte e dei contributi INPS, ad eccezione di quelle dovute nel mese di dicembre a titolo di acconto del versamento dell’imposta sul valore aggiunto:

  • possono essere versate, previa opzione esercitata dal contribuente in sede di dichiarazione,
  • in rate mensili di uguale importo, con la maggiorazione degli interessi, decorrenti dal mese di scadenza.

In ogni caso, il pagamento deve essere completato entro il 30 di novembre dello stesso anno di presentazione della dichiarazione o della denuncia (art.20 D.lgs 241/1997).

I versamenti rateali sono effettuati entro il giorno sedici di ciascun mese per i soggetti titolari di partita IVA ed entro la fine di ciascun mese per gli altri contribuenti.

Ciò sta a significare che, laddove il contribuente volesse ricorrere alla proroga del decreto Sostegni-bis e ha optato o intende optare per la rateazione degli importi dovuti, dovrebbe comunque corrispondere:

  • le rate del saldo e del 1° acconto scadenti tra il 30 giugno e il 31 agosto 2021 entro il 15 settembre 2021;
  • la 2° rata dell’acconto entro il 30 novembre.

Da qui, per un contribuente titolare di partita iva, considerando anche la proroga disposta dal DPCM del 28 giugno, per saldo e 1° acconto varrebbero le seguenti scadenze:

  • 15 settembre, le rate con scadenza 30 luglio, 20 agosto (1° e 2° rata),
  • 16 settembre, la 3° rata;
  • 18 ottobre, la 4° rata;
  • 16 novembre la 5° rata.

Nell’esempio abbiamo considerato il pagamento della 1° rata al 30 luglio 2021, maggiorando l’importo dovuto dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo. Per le rate successive alla prima si applicano ulteriori interessi.

Deducibilità IMU in dichiarazione dei redditi: a chi spetta e come funziona

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Deducibilità IMU in dichiarazione dei redditi: a chi spetta e come funziona

A chi spetta e come funziona la deducibilità dell’IMU (Imposta Municipale Unica) in dichiarazione dei redditi? Una breve guida esplicativa

Deducibilità IMU in dichiarazione dei redditi: anche l’IMU (Imposta Municipale Unica) rientra tra i tributi che possono essere dedotti dal reddito d’impresa o da professione.

La percentuale di deducibilità è stata nel corso del tempo oggetto di varie modifiche. Da ultimo, la Legge di bilancio 2020, ha rivisto la quote deducibile che, a partire dal periodo d’imposta 2022, arriverà al 100% del costo sostenuto.

In questa guida ti spieghiamo cosa vuol dire dedurre l’IMU, chi sono i soggetti beneficiari  e quali sono le condizioni da rispettare per ottenere il beneficio fiscale in dichiarazione dei redditi.

La deducibilità dell’IMU: normativa di riferimento

La deducibilità dell’IMU nel corso del tempo è stata oggetto di diversi interventi normativi. Inizialmente la deducibilità non era ammessa. Il blocco alla deducibilità era stato disposto con l’art.14 comma 1 del D.L. 23/2011.

Successivamente, c’è stata un’apertura alla possibilità di dedurre dal reddito parte dell’IMU versata. Il legislatore è intervenuto sull’articolo da ultimo citato.

Nello specifico, dal periodo d’imposta 2014 fino al periodo d’imposta 2018, la deducibilità dalle imposte sui redditi Irpef e Ires era ammessa nella misura del 20%. Dunque, per un IMU pari a 1000 euro, era possibile dedurre dal reddito complessivo solo 200 euro.

Leggi anche: Rata Imu pagata in ritardo: calcolo sanzioni, ravvedimento e codici tributo

Ulteriori e rilevanti modiche sono state introdotte in ordine di tempo con:

  • la Legge n° 145/2018, Legge di bilancio 2019;
  • il D.L. 34/2019;
  • l Legge 160/2019, Legge di bilancio 2020.

La Legge di bilancio 2020 ha accorpato IMU e TASI nella c.d Nuova IMU, intervenendo anche sulle percentuali di deduciiblità.

Ad oggi, valgono le seguenti regole ossia l’IMU è deducibile al:

  • 50% in riferimento al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2018 (2019 per i “solari”)
  • 60% per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2019 e al 31.12.2020 (2020 e 2021)
  • 100% per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2021 (dal 2022).

Percentuali di deducibilità applicabili anche all’imposta municipale immobiliare (IMI) della provincia autonoma di Bolzano e all’imposta immobiliare semplice (IMIS) della provincia autonoma di Trento. Rimane ferma, l’indeducibilità del’IMU ai fini IRAP.

Chi può dedurre l’IMU?

Possono dedurre l’IMU i seguenti soggetti:

  • società ed enti commerciali;
  • gli enti non commerciali (limitatamente all’IMU pagata sugli immobili relativi all’attività commerciale esercitata);
  •  le imprese individuali o familiari;
  • i professionisti anche in studi professionali
  • le persone fisiche, le società e gli enti non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato con stabili organizzazioni.

IMU con il principio di cassa: anche in ravvedimento operoso

L’art.99 del dPR 917/86, TUIR,  dispone che:

Le imposte sui redditi e quelle per le quali e’ prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento.

Dunque, anche l’IMU è deducibile nell’esercizio nel quale avviene il pagamento.

Attenzione, tale affermazione non vale in senso assoluto. Infatti, nella circolare n° 10/e 2014, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che:

L’articolo 99, comma 1, del TUIR non introduce, infatti, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, un puro criterio di cassa in deroga a quello generale di competenza dei componenti negativi, ma costituisce una norma di cautela per gli interessi erariali introducendo un’ulteriore condizione di deducibilità per le imposte che è appunto l’avvenuto pagamento.

Ciò sta a significare che:

  • fermo restando la sua imputazione a conto economico nell’esercizio di competenza,
  • l’IMU può essere dedotta nell’esercizio di effettivo pagamento.

Può essere dedotta anche l’IMU pagata in ravvedimento operoso. Ad esempio, l’IMU 2019 pagata in ravvedimento operoso nel 2020, potrà essere dedotta nel modello Redditi 2021, periodo d’imposta 2020.

Deducibilità IMU: quali sono gli immobili per i quali è ammessa la deducibilità dell’IMU?

La deducibilità dell’IMU riguarda solo gli immobili strumentali per natura o per destinazione.

Sono immobili strumentali quello che ai sensi dell’art. 43, comma 2, del TUIR, sono utilizzati “esclusivamente” per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale da parte del possessore; sono, quindi, esclusi dalla nozione di immobili strumentali gli immobili ad utilizzo promiscuo. Stessa esclusione vale per gli immobili merce o i c.d immobili patrimonio.

Dunque la deducibilità dell’IMU si applica solo agli immobili strumentali per natura o destinazione.

Sono strumentai per destinazione quelli  utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale da parte del possessore, indipendentemente dalla loro classificazione catastale.

Sono invece strumentali per natura gli immobili relativi ad imprese commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni. Anche se sono concessi in locazione, comodato, o, comunque, non direttamente utilizzati dall’impresa. Sono strumentali per natura gli immobili rientranti nei gruppi catastali B, C, D, ed E e nella categoria A/10 qualora la destinazione ad ufficio sia prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria (circolare 26/e 2016).

Deduzione IMU in dichiarazione dei redditi

Per poter beneficiare della deduzione dell’IMU, è necessario indicarla in dichiarazione dei redditi.

Ipotizziamo che una ditta individuale ha versato nel 2020 un’IMU per un importo pari a 1.500 euro.

Nel prossimo modello Redditi 2021, periodo d’imposta 2020, sarà necessario indicare la deduzione Imu nel rigo RG 22 (altri componenti negativi). Nello specifico dovrà essere indicata l’IMU per la sola parte deducibile ossia 1500*60%= 900 euro.

Se l’IMU 2020 fosse stata pagata solo quest’anno, la quota deducibile sarebbe dovuta essere indicata l’anno successiva ossia nel modello Redditi 2022, periodo d’imposta 2021.

Per le imprese in contabilità ordinaria, per raccordare i valori di bilancio con quelli fiscali, sarà necessario indicare l’IMU, per il totale pagato, tra le variazioni in aumento (rigo  RF16), per poi indicare la quota deducibile nel rigo RF55 “variazioni in diminuzione” del reddito complessivo. A tal fine va utilizzato il codice 38.

Assegno ordinario di invalidità con 67% di invalidità, perchè non me lo riconoscono?

Assegno ordinario di invalidità con 67% di invalidità, perchè non me lo riconoscono?

L’assegno ordinario di invalidità non spetta ai dipendenti del pubblico impiego.
Invalidità civile

L’assegno ordinario di invalidità è una prestazione previdenziale che viene riconosciuta, a domanda, ai lavoratori dipendenti ed autonomi con una riduzione della capacità lavorativa superiore a due terzi.

L’assegno ordinario spetta, però, ed è bene precisarlo fin da subito, a lavoratori dipendenti del settore privato e lavoratori autonomi, ne sono esclusi, quindi, i lavoratori pubblici.

In questo articolo rispondiamo all’interrogativo di una nostra lettrice che ci chiede:

Buongiorno io ho 20 anni di contributi Inps nel 2018 sono entrata nel settore pubblico mi è stata data l’invalidità del 67percento ho richiesto l’assegno ordinario ed è stato respinto per ricezione dei requisiti non ho capito perché se la legge dice a partire dal 67 percento aspetto risposta.

Assegno ordinario di invalidità e pubblico impiego

Per chi ha contributi versati nella cassa Stato, quella dei dipendenti pubblici, l’accesso all’assegno ordinario di invalidità è negato. E poco conta che, magari, in passato si siano versati anche contributi nel FPLD del settore privato. Serve soddisfare i requisiti contributivi per avere diritto all’assegno.

E i requisiti parlano chiaro: servono almeno 5 anni di contributi versati (nel fondo dei lavoratori del settore privato) di cui almeno 3 nell’ultimo quinquennio (sempre nello stesso fondo).

Nel suo caso, pur avendo 20 anni di contributi come lavoratrice dipendente, dal 2018 (e quindi negli ultimi 3 anni) ha versato come dipendente pubblica e per questo motivo non possiede i 3 anni di contributi versati negli ultimi 5 anni.

La legge, quindi, prevede l’accesso all’assegno ordinario di invalidità con un minimo di invalidità al 67% ma richiede anche precisi requisiti contributivi, in mancanza dei quali l’invalidità da sola non basta. E i dipendenti del pubblico impiego, appunto, sono esclusi dalla misura ed i contributi versati nella cassa Tesoro non servono per raggiungere i requisiti richiesti.Per questo motivo l’assegno ordinario di invalidità non le viene riconosciuto.

Per 

Bonus Covid 2.400 euro, riesame domande entro il 29 luglio: come fare

 

Bonus Covid 2.400 euro, riesame domande entro il 29 luglio: come fare

Entro il 29 luglio è possibile fare richiesta di riesame per le domande di bonus 2.400 euro del Decreto Sostegni non accolte.

Bonus Covid 2.400 euro, riesame domande entro il 29 luglio: è in scadenza la possibilità di fare richiesta di riesame delle domande non accolte di bonus Covid di 2.400 euro. Si tratta del bonus precari una tantum previsto dal primo Decreto Sostegni per chi non già beneficiato dell’indennità di cui al Decreto Ristori. Per chi ha già beneficiato dell’indennità una tantum, non era necessario presentare una nuova domanda.

I lavoratori che non hanno beneficiato delle indennità pregresse potevano presentare domanda per il riconoscimento delle indennità onnicomprensive entro la data del 31 maggio 2021. La circolare INPS di riferimento è la n. 65 del 19 aprile 2021, che alleghiamo per completezza a fondo pagina.

Aggiornamento: entro la data del 29 luglio sarà possibile presentare domanda di riesame da parte dei destinatari dell’indennità Covid di 2.400 euro disposta dal decreto Sostegni, qualora non sia stato riconosciuto il diritto al bonus da parte dell’Inps. L’Istituto, con il recente messaggio 2564/2021 del 9 luglio, detta le regole per presentare le domande di riesame.

download   Messaggio INPS numero 2564 del 09-07-2021
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Di seguito tutti i dettagli.

Bonus 2.400 euro INPS: a chi spetta

In particolare, i lavoratori destinatari della tutela denominata “indennità una tantum” di cui all’art. 10, co. 1, del “Decreto Sostegni” sono i lavoratori:

  • stagionali e i lavoratori in somministrazione dei settori del turismo e degli stabilimenti termali;
  • dipendenti stagionali appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali;
  • intermittenti;
  • autonomi occasionali;
  • incaricati alle vendite a domicilio;
  • a tempo determinato dei settori del turismo e degli stabilimenti termali;
  • infine i lavoratori dello spettacolo.

Leggi anche: Bonus 1600 euro lavoratori precari: nuova indennità nel Dl Sostegni bis

Bonus 2.400 euro lavoratori stagionali e in somministrazione

La disposizione di cui all’art. 10, co. 2, del D.L. n. 41/2021 prevede il riconoscimento di una indennità onnicomprensiva di importo pari a 2.400 euro a favore dei lavoratori stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali.

A tal fine è necessario che i lavoratori abbiano cessato involontariamente – con la predetta qualifica – un rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data del 23 marzo 2021.

È necessario, al riguardo che il datore di lavoro rientri nei settori produttivi del turismo e degli stabilimenti termali.

Dipendenti stagionali in settori diversi da quelli del turismo

L’art. 10, co. 3, lett. a), del D.L. n. 4172021 prevede un’indennità onnicomprensiva di importo complessivo pari a 2.400 euro a favore dei lavoratori dipendenti stagionali e in somministrazione appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali. A tal fine è necessario che il rapporto di lavoro:

  • sia cessato involontariamente nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data del 23 marzo 2021;
  • sia svolto per almeno 30 giornate nel predetto arco temporale.

Ai fini dell’accesso all’indennità in argomento, è necessario inoltre che detti lavoratori, alla data di presentazione della domanda, non siano titolari di altro rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Lavoratori intermittenti

Il medesimo art. 10, co. 3, alla lett. b) prevede il riconoscimento di un’indennità onnicomprensiva di importo complessivo di 2.400 euro a favore dei lavoratori intermittenti. Ai fini dell’accesso all’indennità è necessario che tali lavoratori abbiano svolto la prestazione lavorativa – nell’ambito di uno o più contratti di tipo intermittente – per almeno 30 giornate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data del 23 marzo 2021.

Sono destinatari dell’indennità onnicomprensiva in argomento:

  • sia i lavoratori che sono stati titolari di rapporto di lavoro di tipo intermittente con obbligo di risposta alla chiamata;
  • sia lavoratori con indennità di disponibilità;
  • nonché i lavoratori che sono stati titolari di rapporto di lavoro di tipo intermittente senza obbligo di risposta alla chiamata e senza indennità di disponibilità.

Lavoratori autonomi occasionali

La disposizione di cui all’art. 10, co. 3, lett. c), del “Decreto Sostegni” prevede un’indennità onnicomprensiva di importo complessivo pari a 2.400 euro a favore dei lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.

Ai fini dell’accesso all’indennità in questione, è necessario che detti lavoratori – nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data del 23 marzo 2021, siano stati titolari di contratti autonomi occasionali. Quindi, occorre che abbiano un contratto di tale tipologia in essere alla data del 24 marzo 2021.

Lavoratori incaricati alle vendite a domicilio

L’art. 10, co. 3, lett. d) prevede un’indennità onnicomprensiva di importo complessivo pari a 2.400 euro a favore dei lavoratori incaricati alle vendite a domicilio di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 114/1998.

La richiamata disposizione, in particolare, prevede che possono accedere alla suddetta indennità i lavoratori incaricati alle vendite a domicilio che:

  • possono fare valere per l’anno 2019 un reddito annuo superiore a 5.000 euro;
  • siano titolari di partita IVA attiva e iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, co. 26, della L. n. 335/1995, alla data del 23 marzo 2021;
  • infine non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.

Lavoratori a tempo determinato nel settore del turismo

Il Decreto Sostegni prevede anche un’indennità onnicomprensiva di importo complessivo pari a 2.400 euro a favore dei lavoratori a tempo determinato dei settori del turismo e degli stabilimenti termali.

In particolare, ai fini dell’accesso all’indennità onnicomprensiva, i predetti lavoratori devono essere stati titolari – nell’arco temporale compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 23 marzo 2021, di uno o più rapporti di lavoro dipendente a tempo determinato nel settore del turismo e degli stabilimenti termali. Inoltre, è necessario che la durata complessiva del rapporto di lavoro o dei rapporti di lavoro, come sopra individuati, deve essere stata pari ad almeno 30 giornate.

Inoltre, i lavoratori in argomento devono fare valere nel corso dell’anno 2018 la titolarità di uno o più rapporti di lavoro dipendente a tempo determinato o stagionale nei predetti settori del turismo e degli stabilimenti termali.

Lavoratori dello spettacolo

Infine, il richiamato articolo 10 al comma 6 prevede un’indennità onnicomprensiva di importo complessivo pari a 2.400 euro a favore dei lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo.

L’indennità è rivolta ai lavoratori iscritti al predetto Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo che possono fare valere almeno 30 contributi giornalieri versati al medesimo Fondo nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data del 23 marzo 2021, da cui deriva un reddito non superiore a 75.000 euro.

Bonus 2.400 euro INPS: come fare domanda

Si può richiedere richiedere il beneficio dal 22 aprile al 31 maggio 2021. Chi non ha preso l’indennità covid in precedenza deve quindi presentare domanda all’Inps tramite i consueti canali:

  • online, tramite sito Inps, con PIN Inps, SPID almeno di livello 2, Carta di identità elettronica 3.0 (CIE) o Carta Nazionale dei Servizi (CNS);
  • tramite contact center INPS numero verde 803 164 da rete fissa o 06 164164 da rete mobile (a pagamento).
  • tramite Patronato.