Licenziamenti, green pass, no-vax, obbligo vaccinale: il punto della situazione. Introdurre il vaccino obbligatorio per i dipendenti oppure no? Nel frattempo le aziende possono sospendere dal lavoro o licenziare i non vaccinati? Una situazione complessa che tiene banco ormai da mesi su cui ad oggi ancora una soluzione chiara non c’è.
Attualmente infatti l’unico obbligo di vaccinarsi imposto dalla legge è quello previsto dal D.l. 1° aprile 2021 numero 2021 riguardante il personale sanitario.
In dottrina è tuttavia diffusa l’opinione di coloro che, sulla base del dovere in capo all’azienda di tutelare l’integrità fisica e la salute dei lavoratori, ritengono giustificato sospendere i dipendenti che rifiutano il vaccino.
Sul punto è intervenuta anche una ordinanza del Tribunale di Modena n. 2467 del 23 luglio 2021 che ha affermato la piena legittimità del provvedimento di sospensione dal lavoro senza retribuzione adottato da un datore di lavoro operante in una RSA ove due addetti con mansioni sanitarie avevano rifiutato di vaccinarsi contro il CoViD -19. Ciò era avvenuto prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 44/2021.
Al contrario, c’è chi ricorda l’articolo 32 della Costituzione per cui nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
Una situazione che si complica anche a seguito dell’introduzione, a partire dal 6 agosto prossimo, del “Green pass” per accedere ad una serie di attività ed esercizi commerciali.
Senza dimenticare i risvolti in tema di tutela della privacy, con i limiti ricordati dal Garante in tema di trattamento dei dati sanitari (incluso il “Green pass”), prerogativa quest’ultima riservata al medico competente.
Analizziamo la questione in dettaglio.
Obbligo vaccinale: cosa prevede il Decreto-legge 44/2021
Ad eccezione del Decreto-legge numero 44/2021, con cui si è previsto l’obbligo del vaccino per:
- Esercenti professioni sanitarie;
- Operatori di interesse sanitario che svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private, nonché in farmacie, parafarmacie e studi professionali;
non esista ad oggi alcuna normativa che imponga in maniera diretta l’obbligo di vaccinarsi per la generalità dei lavoratori dipendenti.
In dottrina è tuttavia diffuso il pensiero di chi, in base all’articolo 2087 del Codice civile, riguardante l’obbligo in capo all’azienda di tutelare l’integrità fisica e morale del dipendente, ritiene giustificato sospendere dal lavoro e dalla retribuzione i non vaccinati.
A sostegno della tesi si segnala anche la norma del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che dispone, su parere del medico competente, la messa a disposizione di vaccini per i lavoratori che non siano già immuni all’agente biologico.
Articolo 2087 Codice civile: ecco cosa dice
Tra gli obblighi del datore di lavoro rientra in generale la tutela dell’integrità fisica e morale del dipendente. A stabilirlo l’articolo 2087 Codice civile in base al quale, si legge nel testo:
“l’imprenditore tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro
Il Decreto legislativo 9 aprile 2008 numero 81, Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, prevede all’articolo 279, afferma la norma, che
“Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
- La messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente”.
Il ruolo del medico competente
Come ricorda la Fondazione studi Consulenti del lavoro nell’approfondimento del 27 luglio, il medico competente è l’unico soggetto legittimato a trattare i dati sanitari dei dipendenti. L’azienda non può pertanto acquisire, nemmeno con il consenso degli interessati, i nomi di coloro che sono vaccinati o la copia delle certificazioni vaccinali (Green pass).
GREEN PASS, ISTRUZIONI PER L’USO – Guida Fondazione Studi Cdl
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In particolare, il Garante della privacy sottolinea nel documento “Protezione dei dati – Il ruolo del medico competente in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, anche con riferimento al contesto emergenziale” del 14 maggio 2021, che nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” (come può essere il contesto sanitario) con rischio elevati per lavoratori e pazienti, trova applicazione l’articolo 279 citato del Dlgs. 81/2008.
In queste situazioni, afferma il Garante, soltanto il medico competente può “trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica”. L’azienda, dal canto suo, dovrà invece “limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore”.
Idoneità alla mansione del lavoratore non vaccinato
Ricordiamo che una volta effettuate le visite (preassuntive, periodiche o anche alla cessazione del rapporto) il medico esprime per iscritto (fornendo copia al datore di lavoro ed all’interessato) il proprio giudizio di idoneità alla mansione.
Questo può concretizzarsi in:
- Idoneità totale o parziale, permanente o temporanea (eventualmente prescrivendo limitazioni o altri accorgimenti);
- Inidoneità temporanea o permanente alla mansione.
Nella seconda ipotesi l’azienda è tenuta ad assegnare al lavoratore attività:
- Equivalenti alla mansione precedente;
- In alternativa (a seguito dell’assenza di mansioni equivalenti) è consentito assegnare mansioni inferiori, mantenendo comunque il diritto al trattamento economico e normativo di provenienza.
Licenziamento lavoratore no vax
La questione si complica nelle ipotesi di licenziamento del dipendente che rifiuta di vaccinarsi, non essendoci ancora sufficienti riferimenti legislativi né sentenze sul tema.
La normativa riconosce ad esempio il recesso per giustificato motivo oggettivo a fronte della sopravvenuta infermità permanente del lavoratore a rendere la prestazione. In tal caso l’accertamento dell’inidoneità deve provenire dal medico competente o dalla Commissione medica istituita presso l’ASL.
Leggi anche: Chi non si vaccina può essere licenziato?
La giurisprudenza ha richiesto, perché il licenziamento sia legittimo, i seguenti requisiti:
- Stato di malattia tale da non permettere una prognosi definitiva;
- Assenza di un interesse aziendale a sfruttare le prestazioni lavorative del dipendente;
- Impossibilità di assegnare al lavoratore mansioni differenti (anche inferiori).
Un’alternativa è rappresentata dal licenziamento per giusta causa (senza preavviso), a fronte di condotte del dipendente tali da ledere il rapporto fiduciario con l’azienda.
Tribunale di Modena: sospensione senza retribuzione personale sanitario non vax
Nell’ordinanza, il Tribunale di Modena ha considerato legittima la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione nei confronti del dipendente che, senza alcuna giustificazione, rifiuta di sottoporsi al vaccino.
Il caso affrontato dal giudice di primo grado, risalente a dicembre 2020, riguarda un gruppo di lavoratori, fisioterapisti in una casa di riposo, i quali, a seguito del diniego al vaccino, erano stati sospesi dal lavoro.
Investito della questione, a seguito del ricorso dei dipendenti, il Tribunale ha evidenziato che:
- Il dipendente, come il datore, è titolare di precisi doveri di sicurezza, in particolare di prendersi cura della propria salute nel rispetto delle persone terze con cui si entra in contatto;
- Al pari del lavoratore legittimato a non prestare l’attività lavorativa se l’azienda non rispetta gli obblighi contrattuali, così il datore può reagire nei confronti del dipendente che non osserva gli obblighi di sicurezza, sospendendolo dal lavoro;
- Per le professioni sanitarie (soprattutto se in contatto, come nel caso di specie, con soggetti fragili), la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro rientrano nell’oggetto della mansione stessa.
Di conseguenza, con riferimento soprattutto all’ultimo punto, nell’impossibilità di ricollocare il dipendente che non intende vaccinarsi, la protezione della salute e della sicurezza può attuarsi soltanto sospendendo cautelativamente il dipendente dal servizio.
Il Tribunale ha ricordato peraltro la direttiva europea 2020/739 del 3 giugno 2020 che ha incluso il COVID-19 nella lista degli agenti biologici, contro i quali è necessario proteggere gli ambienti di lavoro.