Archivio mensile:settembre 2015

Rossana Rossanda

Rossana Rossanda “Per proteggere il partito rinunciò a cambiare la storia”

GIOVANNA CASADIO, la Repubblicaset 28, 2015No Comments
ingrao-magri
 
«Quando ha compiuto i cento anni la scorsa primavera, Pietro Ingrao è stato celebrato come un grande italiano punto e basta. Ma Pietro ci teneva a essere definito un comunista, e io è così che lo voglio ricordare…» Rossana Rossanda, raggiunta nella sua casa di Parigi dalla notizia della morte di Ingrao, ripensa alla sinistra alle sue spalle, a quel lungo tratto di storia fatto di conflitti e condivisioni. La cofondatrice del manifesto fa di Ingrao un ritratto commosso e inedito.
Rossanda, quale sentimento prova? E un’epoca che si chiude…
«Assolutamente sì, è un’epoca che con lui finisce ».
Cosa di Ingrao in questo momento vuole ricordare?
«Il suo modo di porsi delle domande, gli interrogativi. Talvolta anche esagerati. Talvolta lo hanno bloccato nelle scelte».
Ingrao disse poi di essersi pentito di avere votato per l’espulsione dal Pci di voi del gruppo del “manifesto”. Ammise che gli era mancata “l’immaginazione e il coraggio” per seguirvi?
«Affermò che si trovò solo nelle battaglia e che noi l’avevamo abbandonato. Non andò così».
Lei gli rimproverò di non essere stato abbastanza determinato?
«Si. Penso che sarebbe stata un’altra strada per il movimento comunista italiano se lui avesse attaccato il partito di Occhetto di cui non condivise la svolta. Non che il coraggio gli mancasse ma a prevalere fu la volontà di proteggere il partito, che per lui non era solo il gruppo dirigente ma qualche milione di persone che si sentivano rappresentate. Davvero tutta la storia di Rifondazione comunista sarebbe stata diversa e forse a sinistra dell’allora Pci ci sarebbe stata un voce più forte di quella di Garavini e di Bertinotti. Ma Pietro non lo volle fare».
Cosa era il comunismo per Ingrao?
«Cosa fosse nei suoi pensieri non lo so. Dello sviluppo dell’Urss, della Cina e di Cuba non abbiamo mai parlato, né lui ha scritto nulla. Però va fatta un’osservazione: la storia del comunismo reale di questi paesi non l’ha fatta lui come non l’ha fatta nessuno di noi. Se la storia è andata come è andata, chiunque di noi oggi può dire “forse ho sbagliato anche a tentare”. A Pietro non è venuto mai questo dubbio, di avere cioè sbagliato anche a tentare».
Della parola comunismo voleva preservare il valore evocativo?
«Non credo, piuttosto ritengo che lui pensasse che fosse il solo modo di uscire da una crisi molto grave della società contemporanea».
Una cosa che vale anche per lei?
«Per me sì. Ciascuno alla domanda risponde diversamente. Oggi la gran parte dei movimenti di base vengono da tradizioni diverse».
Quale episodio le piace ricordare di Ingrao?
«Ingrao era il punto di riferimento di una grossa sinistra interna nel Pci negli anni Sessanta. Era un fronte molto più vasto di quanto non fossimo noi “eretici” del manifesto , ogni volta che prendeva la parola era sommerso dagli applausi. Fu così anche nel congresso in cui tutta la direzione del Pci lo isolò. Fu messo rispettosamente ma completamente da parte. Mi piacerebbe sapere se Berlinguer, quando capitò a lui in seguito di trovarsi solo, non si sia chiesto se aveva fatto un errore grave ad allontanare Ingrao. Perché Ingrao non era un estremista, ma un uomo politico molto moderno, un riformista determinato, uno che avrebbe fatto ordine nel partito non camminando sui cadaveri».
Ma di Ingrao a lei cosa piaceva?
«Il bisogno di capire al di là delle formule».
Cosa vuol dire oggi essere di sinistra?
«Ma cos’è la sinistra? La bussola dell’uguaglianza non c’è quasi nessuno che ce l’abbia. Non c’è più una differenza tra una posizione di centrodestra e una di centrosinistra, Renzi ne è un esempio folgorante »

Il manifesto

 
EDITORIALE

La nostra tribù, mai una corrente

La storia di Pietro. L’ascolto degli altri e l’idea della politica come partecipazione, due caposaldi dell’ingraismo che valgono assai più di ogni ortodossia. Perché restano una buona bussola per un nuovo impegno


 Pietro Ingrao 

© Maurizio Di Loreti

29.09.2015

28.9.2015, 23:59

Quando chi viene a man­care ha più di cent’anni all’evento si è pre­pa­rati, e dun­que il dolore dovrebbe essere minore. E invece non è così, per­ché pro­prio la loro lunga vita ci ha finito per abi­tuare all’idea irreale che si tratti di esseri umani dotati di eter­nità. Pie­tro Ingrao, per di più, è stato così larga parte della vita di tan­tis­simi di noi che è dif­fi­cile per­sino pen­sare alla sua morte senza pen­sare alla pro­pria. (E sono certa non solo per quelli di noi già quasi altret­tanto vecchi).

Così, quando dome­nica mi ha rag­giunto la tele­fo­nata di Chiara e io ero a sedere al sole in un caffè delle Ram­blas a Bar­cel­lona dove, essendo di pas­sag­gio per la Spa­gna, mi ero fer­mata per aspet­tare i risul­tati elet­to­rali della Cata­lo­gna, il suo tri­stis­simo annun­cio è stato quasi una fuci­lata. Per­ché prima di ogni altra cosa è stato come mi venisse aspor­tato un pezzo del mio stesso corpo.

Così, io credo, è stato per tutta la lar­ghis­sima tribù chia­mata «gli ingra­iani», qual­cosa che non è stata mai una cor­rente nel senso stretto della parola per­ché la nostra intro­iet­tata orto­dos­sia non ci avrebbe nep­pure con­sen­tito di imma­gi­nare tale la nostra rete.

E però siamo stati forse di più: un modo di inten­dere la poli­tica, e dun­que la vita, al di là della spe­ci­fi­cità delle ana­lisi e dei pro­grammi che soste­ne­vamo. Sic­ché sin dall’inizio degli anni ’60 e fino ad oggi, gli ingra­iani sono in qual­che modo distin­gui­bili, seb­bene le loro scelte indi­vi­duali siano andate col tempo diver­gendo, den­tro e fuori del Mani­fe­sto; e poi den­tro e fuori le suc­ces­sive labili rein­car­na­zioni del Pci. Oggi poi — den­tro una sini­stra che fatica a rico­no­scere i pro­pri stessi con­no­tati e nes­suno si sente a casa pro­pria dove sta per­ché vor­rebbe la sua stessa casa diversa da come è –que­sto tratto sto­rico dell’ingraismo direi che pesa in cia­scuno anche di più.

Vor­rei che non si per­desse, per­ché al di là delle scelte diverse cui ha con­dotto cia­scuno di noi, è un patri­mo­nio pre­zioso e utile anche oggi.

Di quale sia stato il nucleo forte del pen­siero di Pie­tro Ingrao, ho già par­lato, io e altri, tante volte, e ancora nell’inserto che il mani­fe­sto ha dedi­cato ai suoi cent’anni, ripro­po­sto on line pro­prio ieri. Vor­rei che quelle sue ana­lisi e linee pro­gram­ma­ti­che che pur­troppo il Pci non fece pro­prie, non venisse anne­gato, come è acca­duto per Enrico Ber­lin­guer, nella reto­rica ridut­tiva e stra­vol­gente dell’ “era tanto buono, bravo one­sto, ci dà corag­gio e passione”.

Oggi, comun­que, di Pie­tro vor­rei affi­dare alla memo­ria soprat­tutto due cose, che poi sono in realtà una sola: l’ascolto degli altri e l’idea della poli­tica come, innan­zi­tutto, par­te­ci­pa­zione e per­ciò sog­get­ti­vità delle masse.

Quando incon­trava qual­cuno, o anche nelle riu­nioni e per­sino nel dia­logo con un com­pa­gno ai mar­gini di un comi­zio, era sem­pre lui che per primo chie­deva: “ma tu cosa pensi?” ;“come giu­di­chi quel fatto?”; “cosa pro­por­re­sti?”. Non era un vezzo, voleva pro­prio saperlo e poi stava a sen­tire. Per­ché il suo modo di essere diri­gente stava nel cer­care di inter­pre­tare il sen­tire dei com­pa­gni. Anche di por­tare le loro idee a un più alto livello di ana­lisi e pro­po­sta, cer­ta­mente, ma sem­pre a par­tire da loro, per arri­vare, assieme a loro, e non da solo, a una con­clu­sione, a una scelta.

Per que­sto quel che per lui con­tava, quello che a suo parere qua­li­fi­cava la demo­cra­zia e la qua­lità di un par­tito, era la par­te­ci­pa­zione, la capa­cità di sti­mo­lare il pro­ta­go­ni­smo, la sog­get­ti­vità delle masse. Senza di cui non poteva esserci né teo­ria né prassi significativa.

Non voglio espli­ci­tare para­goni con l’oggi, sarebbe impietoso.

Ros­sana, rispon­dendo ad un’intervista di La Repub­blica, ieri ha detto di Pie­tro, anche della sua reti­cenza nell’assumere posi­zioni più nette, come fu al momento in cui noi, pur “ingra­iani doc”, ope­rammo la rot­tura della pub­bli­ca­zione della rivi­sta Il mani­fe­sto. E poi ricorda anche Arco di Trento, quando quel 30 per cento del Pci che rifiu­tava lo scio­gli­mento del par­tito pro­po­sto dalla mag­gio­ranza occhet­tiana, pur rico­no­scen­dosi nella rela­zione che a nome di tutti aveva fatto Lucio Magri, si divise sulle scelte da com­piere: fra chi decise di uscire e dette vita a Rifon­da­zione, e chi — come Pie­tro — decise invece che sarebbe comun­que restato nell’organizzazione, il Pds, che, già mala­tic­cio, veniva alla luce. “Per stare nel gorgo”, come disse con una frase che è rima­sta scol­pita nella testa di tutti noi. Certo, è vero: se Pie­tro si fosse unito alla costru­zione di un nuovo sog­getto poli­tico sarebbe stato diverso, molto diverso. La rifon­da­zione comu­ni­sta più ricca e dav­vero rifon­da­tiva, per via del suo per­so­nale apporto ma anche di quella larga area di qua­dri ingra­iani che costi­tuiva ancora un pezzo vivo del Pci e sareb­bero stati pre­ziosi alla nuova impresa; e invece resta­rono invi­schiati e di mala­vo­glia nel lento depe­rire degli orga­ni­smi che segui­rono: il Pds, poi i Ds, infine, ma ormai solo alcuni, nel Pd.

Pie­tro però capì subito che stare in quel con­te­sto non era più “stare nel gorgo”, per­ché il gorgo, seb­bene assai inde­bo­lito, scor­reva ormai altrove. E infatti ruppe poco dopo e si impe­gnò nei movi­menti che gene­ra­zioni più gio­vani ave­vano avviato. E da que­sti fu ascoltato.

La sto­ria come sap­piamo non si fa con i se. Ma riflet­tere su quel pas­sag­gio sto­rico, per ragio­nare sugli errori com­piuti, da chi e per­ché e quali, sarebbe forse utile a chi, come tutti noi, sta cer­cando di costruire un nuovo sog­getto politico.

Per farlo nascere bene mi sem­bra comun­que essen­ziale por­tarsi die­tro l’insegnamento fon­da­men­tale di Pie­tro, che non è infi­ciato dal non avere, qual­che volta, ten­tato abba­stanza : che non c’è par­tito che valga la pena di fare se non si attrezza, da subito, a diven­tare una forza in grado di sol­le­ci­tare la sog­get­ti­vità popo­lare, per­ché que­sta è più pre­ziosa di ogni ortodossia.

Ma vor­rei che di Pie­tro ci por­tas­simo die­tro anche l’ottimismo della volontà.

Era lui che amava citare la famosa para­bola di Bre­cht sul sarto di Ulm (da cui Lucio Magri trasse poi il titolo del suo libro sul comu­ni­smo ita­liano). Come ricor­de­rete, il sarto insi­steva che l’uomo avrebbe potuto volare, fin­ché, stufo, il vescovo prin­cipe di Ulm gli disse “prova” e que­sti si gettò dal cam­pa­nile con le fra­gili ali che si era costruito. E natu­ral­mente si sfra­cellò. Bre­cht però si chiede: chi aveva ragione, il sarto o il vescovo? Per­ché alla fine l’uomo ha volato. E’ la para­bola del comu­ni­smo: fino ad ora chi ha pro­vato a rea­liz­zarlo su terra si è sfra­cel­lato, ma alla fine, come è acca­duto con l’aviazione, ci riusciremo.

E’ que­sto l’impegno che nel momento della scom­parsa del nostro pre­zioso com­pa­gno Pie­tro Ingrao vor­rei pren­des­simo: di provarci.

 
L’INCHIESTA

All’ultimo congresso del Pci: «Sono per una rifondazione comunista, non si può restare in mezzo al guado»

Documenti. Il discorso al XX congresso, l’ultimo, del Partito comunista italiano


 Pietro Ingrao e Achille Occhetto

Rimini – 2 febbraio 1991

31.03.2015

31.3.2015, 0:08

23.5.2015, 16:08

Io parto dalla que­stione che mi sem­bra cen­trale nella rela­zione di Occhetto: siamo a una svolta della situa­zione mon­diale. La svolta si mate­ria­lizza nella vicenda del Golfo. Per­ché una guerra tutto som­mato con­cen­trata in un’area ristretta e finora durata poche set­ti­mane, sta assu­mendo signi­fi­cato gene­rale? La que­stione del petro­lio non basta a spie­gare tutto. E nem­meno la paz­zia di Sad­dam o la volontà di Bush di far fronte a un declino eco­no­mico ame­ri­cano. L’unica spie­ga­zione che rie­sco a tro­vare è che la vicenda squa­derna dinanzi a noi l’immagine scon­vol­gente che è o può essere la scienza della guerra moderna. Que­sto emerge da ambe­due i fronti della vicenda.

Dal lato dell’aggressore ira­cheno: vediamo un pic­colo tiranno di un paese a eco­no­mia subal­terna, di pochis­simi milioni di abi­tanti che può lan­ciare mis­sili su Israele e minac­ciare la guerra chi­mica e bat­te­rio­lo­gica. Con­tro que­sto pic­colo despota i più pos­senti paesi dell’Occidente indu­stria­liz­zato dichia­rano di non avere altri mezzi che una guerra senza pietà, con­dotta con i loro più sofi­sti­cati stru­menti di ster­mi­nio. Quanto più mi dicono che que­sta guerra è neces­sa­ria, tanto più mi spavento.

C’è un’altra strada? Io vedo qui il grande valore della scelta che sta dinanzi a que­sto con­gresso. Noi stiamo dicendo qui che per risol­vere i con­flitti tra gli Stati e bloc­care l’aggressore ci può essere un’altra via. E dinanzi all’orrore della guerra del Due­mila stiamo cer­cando, pro­vando, lot­tando per una nuova, grande strada pacifica.

La Costi­tu­zione ita­liana dichiara che l’Italia rifiuta la guerra. Invece per la prima volta in quarant’anni l’Italia è di nuovo in guerra. Que­sta è la scelta che ci sta dinanzi: se quel ripu­dio scritto nella Costi­tu­zione è solo una frase, o invece qui deve diven­tare realtà. Per­ciò la lotta per il ritiro delle navi dal Golfo non è supe­rata o mar­gi­nale o acces­so­ria. È coe­renza con ciò che diciamo: atto signi­fi­ca­tivo e neces­sa­rio di una strategia.

È pos­si­bile un’altra strada? Noi stiamo pro­po­nendo e cer­cando una lotta con­tro l’aggressione e una via per la rego­la­zione dei con­flitti che siano paci­fi­che. Oggi cer­chiamo di agire con­cre­ta­mente per met­tere in pra­tica, qui e ora dinanzi a que­sta crisi, a que­sta guerra del Due­mila, la via della pace. Non è una via rinun­cia­ta­ria. Anzi è quanto mai ambi­ziosa. Discu­tiamo tanto della nostra iden­tità. Se sce­gliamo dav­vero, se ten­tiamo dav­vero que­sta strada, que­sta è una straor­di­na­ria assun­zione di identità.

Que­sta strada chiede una forte coe­renza. Una con­fe­renza sul Medio Oriente non può essere affi­data a un impe­gno gene­rico, su un impre­ci­sato domani, come era ancora anche in quel comu­ni­cato del segre­ta­rio di Stato Usa e del mini­stro degli Esteri sovie­tico, che pure giorni fa è stato rifiu­tato da Bush. E non fer­marsi ai pale­sti­nesi e alla sicu­rezza di Israele ma deve riguar­dare anche il Libano e non solo l’indipendenza, ma la libertà del Kuwait. Cioè dob­biamo lavo­rare per­ché si affermi una auto­no­mia e libertà dei popoli arabi come coes­sen­ziale obiet­tivo della pace. Que­sta via ha impli­ca­zioni poli­ti­che subito: vuol dire che noi lot­tiamo con­tro Sad­dam, ma anche con­tro il despota siriano Assad, di cui nes­suno parla e che oggi è l’amico di Bush e di Gor­ba­ciov; e con­tro i satrapi miliar­dari degli emirati.

Ho apprez­zato che il segre­ta­rio del par­tito abbia detto che biso­gna allar­gare il Con­si­glio di sicu­rezza dell’Onu e abo­lire (ho capito bene?) il diritto di veto. Que­sto signi­fica dire oggi che 1’Onu non è un orga­ni­smo demo­cra­tico ma è con­trol­lato e mano­vrato dalle grandi potenze, sino alla cla­mo­rosa vio­la­zione del suo Sta­tuto com­piuta con la riso­lu­zione 678.

Quanto ci vorrà per rom­pere que­sta oli­gar­chia? Ci vorrà mol­tis­simo se noi già da ora non comin­ciamo ad aprire que­sto ter­reno di lotta. E su ciò, invece, in que­sti mesi abbiamo con­sen­tito una misti­fi­ca­zione. Par­lai al con­gresso di Bolo­gna degli F16. Non mi ver­go­gno di tor­nare a par­larne dopo un anno. Oggi lo vediamo: non si tratta di una base qua­lun­que. Si tratta del fianco sud del sistema mili­tare atlan­tico sul Medi­ter­ra­neo. Il mini­stro De Miche­lis dichiara let­te­ral­mente che «il peri­colo viene da Sud e non più da Est» e che è neces­sa­ria una forza mili­tare capace di inter­ve­nire non solo fuori dai con­fini nazio­nali, ma «a distanza». Gioia del Colle, Cro­tone, Taranto, Sigo­nella, sono solo l’anticipo di una stra­te­gia: apriamo final­mente una lotta reale e di massa per un Mez­zo­giorno di pace? Apriamo final­mente una con­tro­ver­sia per il rifiuto uni­la­te­rale degli F16?

Alle parole deve cor­ri­spon­dere la lotta. Tutti, più o meno, abbiamo cri­ti­cato qui il pesante defi­cit di ini­zia­tiva della Cee nel con­flitto medio­rien­tale. Ma c’è una base, o almeno un primo ter­reno reale di parti nella Cee? No. E non solo per l’egemonia finan­zia­ria tede­sca, ma per­ché ci sono nella Cee due potenze ato­mi­che: Fran­cia e Inghil­terra. Que­sto dato non è mai con­te­stato o fatto oggetto di reale nego­ziato. Su que­sto punto non è esi­stita nem­meno una lotta.

Voglio dire che la grande, enorme, scom­messa sulla pace come rego­la­trice dei con­flitti, come base di un primo germe di governo mon­diale, ha biso­gno di una rigo­rosa coe­renza. Non si può fare a spicchi.

Non si può restare in mezzo al guado. E ha biso­gno di costruire nuovi sog­getti reali. Que­sto con­gresso invece è ancora con­trad­dit­to­rio. Per un verso spinge a una scelta di pace che sem­bra allu­dere ad una nuova idea della poli­tica; e per un altro verso è monco nell’autocritica sul limite grave che la sini­stra euro­pea, ma anche noi, ha avuto nella lotta per il disarmo e per il Sud del mondo. E io stesso qui tac­cio sulla posi­zione assunta dal sindacati.

Sostengo che sce­gliere la via della pace per affron­tare que­sto con­flitto è un modo forte di assol­vere ad una fun­zione nazio­nale e inter­na­zio­nale. Il ritiro delle navi dal Golfo non è trarsi fuori, un rim­pic­cio­lirsi oppure l’Italietta che si sot­trae a un ruolo inter­na­zio­nale. È un’altra stra­te­gia. E anche la pro­po­sta di una tre­gua uni­la­te­rale riceve così una moti­va­zione di fondo, non solo tat­tica. Una simile strada sarebbe un grande atto verso il Sud del mondo: un cam­bia­mento nella sto­ria stessa dell’Occidente cattolico-cristiano. Anche per que­sto parla Woj­tyla. E io non ho per nulla in testa lo schema di una Ame­rica spo­sata alla causa o alla fun­zione di gen­darme mon­diale. Tanta Ame­rica di oggi discute più lai­ca­mente che in Ita­lia della guerra del Golfo. Noi, sini­stra euro­pea, pun­tiamo su que­sta Ame­rica o su Bush? Ecco un nodo essen­ziale su cui si misura e si costrui­sce l’alternativa. Fac­ciamo l’ipotesi che si possa comin­ciare a cam­mi­nare su que­sta strada paci­fica, io credo che man mano che avanzi una tale pra­tica di pace essa si river­be­re­rebbe su tutto il pano­rama sociale. Anche la pre­po­tenza di Romiti sarebbe più debole.

E que­sta stra­te­gia di pace sarebbe un potente anti­corpo con­tro i reami della vio­lenza e le fonti del domi­nio sociale. Sarebbe anche una rot­tura con­tro l’etica maschi­li­sta del possesso.

Io sono comu­ni­sta e sono sceso in campo per una rifon­da­zione comu­ni­sta. E vedo quale novità, e arric­chi­mento que­sto affron­tare con­cre­ta­mente la vio­lenza con la pace intro­duce anche nella tra­di­zione alta del comu­ni­smo ita­liano; e quale ter­reno straor­di­na­rio esso può aprire con altre cul­ture e civiltà. Altro che il ghetto in cui ci vede chiusi Craxi. Ma lo sa Craxi che in Fran­cia si è dimesso il mini­stro socia­li­sta della Difesa?

Se siamo coe­renti, se non arre­triamo spa­ven­tati, assume un forte signi­fi­cato che que­sto par­tito, dato per defunto, si cimenti in una tale inno­va­zione paci­fica e con que­sto tema grande e ine­dito dav­vero il peg­gio sarebbe restare in mezzo al guado.
Allora, su la schiena. E attenti al rischio della sepa­ra­zione. Voi che siete la mag­gio­ranza avete ogget­ti­va­mente il potere più forte per evitarla.

Per­ciò provo a fare un appello a me stesso. Non credo alle con­fu­sioni e ai pasticci, e forse ne ho dato qual­che prova. Credo alla fecon­dità delle dif­fe­renze che si dicono alla luce del sole. Ma se in qual­che modo siamo dav­vero al cimento di cui ho par­lato, e a que­sto punto di svolta della vita mon­diale, tutti dob­biamo par­lare in modo diverso. Tutti dob­biamo cam­biare qual­cosa fra di noi e soprat­tutto fra noi e gli altri. Spe­riamo dav­vero di farcela.

  • Atti del con­gresso pub­bli­cati su «l’Unità» del 3 feb­braio 1991. Cor­sivi nostri.

Citto Maselli: Immagini e ricordi di Ingrao

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Citto Maselli: Immagini e ricordi di Ingrao

Citto Maselli: Immagini e ricordi di Ingrao

Pubblicato il 28 set 2015

Abbiamo chiesto al compagno Citto Maselli un ricordo di Pietro Ingrao. Lo ringraziamo per la bella testimonianza umana e politica.

Nel primo dopoguerra e tutti gli anni cinquanta la redazione dell’Unità era in pieno centro a pochi passi da piazza Venezia.

Così mi veniva quasi naturale passare da lì a salutare i compagni con cui avevo fatto la Resistenza al liceo Tasso, durante i nove mesi di occupazione tedesca. Erano Luigi Pintor e Arminio e Aggeo Savioli, diventati poi giornalisti e redattori dell’Unità. Ingrao allora ne era il direttore e quando loro mi presentarono notai che mi guardava con interesse e curiosità. Poiché in quei giorni era uscito un film a episodi che si chiamava “Amore in città” e conteneva il mio debutto alla regia con “Storia di Caterina” da un’idea di Cesare Zavattini, io ritenni che sicuramente l’interesse di Ingrao significava che aveva visto il film e gli era piaciuto. Ne fui così felice che girai per giorni tutto impettito, come un pinguino. Amara fu dunque la sorpresa quando Pintor mi raccontò giorni dopo che Ingrao non aveva affatto visto il film ed era solo curioso per la mia giovanissima età: aveva evidentemente letto il mio nome in qualche critica e dato che effettivamente non avevo ancora vent’anni era solo stupito che fossi già regista.

 Non rividi più Ingrao fino all’autunno del ’56 quando scoppiò la rivolta in Ungheria e ci si trovava in tanti al nostro giornale per avere notizie. Ricordo che io litigai subito con Mario Alicata che difendeva a spada tratta Gheroe e i compagni ungheresi e l’atmosfera era tale che eravamo passati alle urla e alle accuse reciproche finché la porta della stanza in cui eravamo si aprì e apparve Ingrao. Era accigliato ma soprattutto aveva le lacrime agli occhi e piangeva. Tacemmo tutti di colpo esterrefatti e lui se ne andò. Mesi dopo o anni eravamo diventati quasi amici e ricordo che una volta gli domandai se ricordasse quella sera e quel suo inaspettato pianto. Mi rispose che ricordava benissimo quell’episodio e quanto al suo pianto ricordo che mi disse: “a Budapest la gente sparava sui nostri compagni, nella stanza accanto due compagni si insultavano a urli”. Tacque e poi aggiunse: ”Dico, non c’era da piangere?”.

Nel ’68 ero segretario dell’Anac (l’associazione storica degli autori cinematografici) e, convinto del significato positivo della carica polemica e del radicalismo degli studenti, lavorai per portare gli autori a contestare un festival con lo statuto fascista com’era quello veneziano, canalizzando però quella carica rivoltosa verso uno sbocco politico e riformatore e dunque verso una nuova legge e un nuovo statuto della Biennale. Non ricordo esattamente ma io vedevo in questa mia operazione l’applicazione concreta di quello che Pietro Ingrao definiva l’intreccio fra i movimenti e il partito, cioè il loro sbocco politico. Il discorso di Ingrao era sicuramente più complesso ma a me allora sembrava tale. Per cui ricordo che partendo per Venezia per preparare la contestazione in accordo con Golinelli segretario della federazione veneziana del Pci, mi recai a Lenola, vicino Roma, dov’era la casa natale di Ingrao e dove lui andava spesso. Ricordo che lui ascoltò la mia fervida esposizione con attenzione ma senza scaldarsi troppo. Ricordo che mi suggerì di chiedere al critico dell’Unità Ugo Casiraghi di scrivere degli articoli “posati” – questa fu la parola – sulle legittime ragioni di quella contestazione (da qui vennero cinque articoli dal titolo impegnativo “Perché contestiamo Venezia”).

Niente di più e così me ne tornai a Roma non proprio deluso ma certo frastornato. Le cose poi andarono bene: ottenemmo una legge nuova e uno statuto nuovo di quella grande istituzione culturale pubblica e malgrado le ricostruzioni qualunquistiche e negative che si fanno oggi, fu parte di quella grande stagione riformatrice che portò ai decreti delegati per la scuola, allo statuto dei lavoratori, alla legge sul divorzio, alla grande riforma della Rai sottratta finalmente al dominio governativo. Quando qualche storico indagherà seriamente su quel periodo, non potrà non individuare all’origine di tutta quell’imponente fase di sviluppo politico, sociale e culturale le intuizioni profonde e il pensiero di Pietro Ingrao.

Questo mi veniva in mente ieri sera ricordando quel mio viaggio a Lenola dove non ricevetti abbracci solidali e gli sperati applausi di Pietro ma solo la sua attenzione. Ingrao era fatto anche così.

ULTIMISSIME LAVORO – FISCALE28/09/2015

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GIURISPRUDENZA

CONSIGLIO DI STATO

SENTENZA

CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA 23 SETTEMBRE 2015, N. 4469

LAVORO

Diniego rinnovo permesso di soggiorno

CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA 23 SETTEMBRE 2015, N. 4472

LAVORO

Diniego rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato

CORTE DI CASSAZIONE

SENTENZA

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA 23 SETTEMBRE 2015, N. 38539

FISCALE

Tributi – Imposte sui redditi – Accertamento – Fatture false – Disconoscimento dei costi fittizi esposti in contabilità – Non contestuale rideterminazione dei ricavi – Legittimità dell’accertamento – Sussiste

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA 24 SETTEMBRE 2015, N. 18936

FISCALE

Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Impugnazione – Termine breve – Notifica all’ufficio che ha emesso l’accertamento

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA 25 SETTEMBRE 2015, N. 19036

LAVORO

Previdenza e assistenza – Lavori di pubblica utilità – Incremento assegno per giovani del Mezzogiorno – Disciplina

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA 25 SETTEMBRE 2015, N. 19037

LAVORO

Rapporto di lavoro – Nuovo assetto organizzativo e riclassificazione del personale – Accordo con le organizzazioni sindacali – Nuovo inquadramento – Svolgimento delle stesse mansioni precedenti – Violazione dell’articolo 2103 del c.c.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA 25 SETTEMBRE 2015, N. 19039

LAVORO

Pubblico impiego – Trasferimento per incompatibilità ambientale – Mancato superamento del periodo di prova – Legittimo

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA 25 SETTEMBRE 2015, N. 19044

LAVORO

Lavoro subordinato – Diritti ed obblighi del datore e del prestatore di lavoro – Demansionamento – Onere della prova

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA 25 SETTEMBRE 2015, N. 19050

FISCALE

Tributi – Reddito d’impresa – Deducibilità della retribuzione dell’amministratore delegato come dipendente – Sussiste

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA 25 SETTEMBRE 2015, N. 19052

LAVORO, FISCALE

Tributi – Controllo della dichiarazione – Art. 36-bis, del DPR n. 600/1973 – Omesso o tardivo versamento di somme a titolo di ritenute IRPEF alla fonte – Iscrizione a ruolo senza preventivo avviso di irregolarità – Cartella di pagamento – Legittimità – Sussiste

TRIBUNALE

SENTENZA

TRIBUNALE DI ROMA – SENTENZA 16 SETTEMBRE 2015, N. 7552

LAVORO

Pubblico impiego – Sospensione della contrattazione – Declaratoria di illegittimità costituzionale – Ordine avvio del procedimento senza ritardo

LEGISLAZIONE

DECRETO MINISTERIALE

MINISTERO FINANZE – DECRETO MINISTERIALE 16 SETTEMBRE 2015

FISCALE

Accertamento sintetico del reddito complessivo delle persone fisiche, per gli anni d’imposta a decorrere dal 2011

MINISTERO INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – DECRETO MINISTERIALE 11 SETTEMBRE 2015

LAVORO, FISCALE

Modifiche al decreto 9 luglio 2013 recante: «Disposizioni di applicazione del decreto 2 agosto 2005 n. 198 in materia di autorizzazioni internazionali al trasporto di merci su strada»

MINISTERO LAVORO – DECRETO MINISTERIALE 10 SETTEMBRE 2015, N. 13

LAVORO

Rinnovo tariffe minime di facchinaggio per il biennio 2015-2016 per le province di Ascoli Piceno e Fermo

MINISTERO SVILUPPO ECONOMICO – DECRETO MINISTERIALE 03 LUGLIO 2015

LAVORO, FISCALE

Agevolazioni alle imprese per la diffusione e il rafforzamento dell’economia sociale

MINISTERO SVILUPPO ECONOMICO – DECRETO MINISTERIALE 03 LUGLIO 2015

LAVORO, FISCALE

Regime di aiuto per progetti di ricerca e sviluppo nel settore aerospaziale, ai sensi della legge 24 dicembre 1985, n. 808

PRASSI

AGENZIA DELLE ENTRATE

COMUNICATO

AGENZIA DELLE ENTRATE – COMUNICATO 25 SETTEMBRE 2015

FISCALE

Cooperazione fiscale tra Italia e Baviera – A Roma la presentazione del progetto sulle verifiche congiunte

INPS

COMUNICATO STAMPA

INPS – COMUNICATO 24 SETTEMBRE 2015

LAVORO

Sospensione delle prestazioni di invalidità civile per i soggetti assenti a visita di revisione l. 114/2014

MINISTERO AFFARI ESTERI

COMUNICATO

MINISTERO AFFARI ESTERI – COMUNICATO 25 SETTEMBRE 2015

FISCALE

Entrata in vigore dell’accordo tra la Repubblica italiana e le Isole Cayman sullo scambio di informazioni in materia fiscale, firmato a Londra il 3 dicembre 2012