Archivi giornalieri: 1 settembre 2015
Comunicati ARAN
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28/08/2015 RETRIBUZIONI CONTRATTUALI: aggiornamento al comunicato stampa Istat del 28/08/2015 (luglio 2015) -
28/07/2015 RETRIBUZIONI CONTRATTUALI: aggiornamento al comunicato stampa Istat del 24/07/2015 (giugno 2015) -
14/07/2015 Sottoscritto definitivamente il Contratto Collettivo Nazionale Quadro di integrazione e modifica del CCNQ 3 novembre 2011 (14 luglio 2015) -
01/07/2015 Aggiornamento alle elaborazioni statistiche sugli occupati nella PA per titolo di studio -
26/06/2015 DELEGHE E VOTI RSU. PROROGA DEI TERMINI: NUOVE DATE PER LA CHIUSURA DELLE RILEVAZIONI
rassegna.it
Newsletter del 01/09/2015
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Corriere dello Sport
Unità.tv @unitaonline
Scanzi insulta, Staino precisa. La disinformazione ai tempi del Fatto
Il giornalista fra l’altro aveva detto che l’inventore di Bobo fece pressioni sulla Guzzanti. Ma non risulta vero
Sergio Staino ci ha girato un pezzo che Andrea Scanzi ha scritto su Il Fatto qualche giorno fa, un pezzo definito dal nostro amico disegnatore “un piccolo capolavoro di disinformazione, di stupidità, di cattiveria gratuita e di schiumante rabbia. E’ raro concentrare tante cosacce in un articolo ma Scanzi ci riesce alla grande”.
Siccome Staino fa qui alcune precisazioni (precisazioni? Ristabilimento della verità, diremmo) pensiamo sia utile pubblicare una sintesi del pezzo scanziesco e la replica di Sergio.
Andrea Scanzi
Per colpa di Dagospia ho letto un articolo uscito ne L’Unità. E’ una responsabilità che Dago ha spesso: se non li pubblicasse non li leggerebbe nessuno. Neanche i giornalisti stessi de L’Unità, che – giustamente – sono quasi sempre i primi a vergognarsene.
Il delirio livido di Sergio Staino contro Gianni Cuperlo è già stato stigmatizzato da più parti. Frasi come “Renzi è quanto di più progressista si possa avere in Italia in questo momento storico” e la leggendaria “state uccidendo la sinistra” (rivolta a Cuperlo: mica a Renzi) sono un mix tra stalinismo e follia che renderebbe felice tanto Zdanov quanto Basaglia. (…)
Travaglio ha raccontato di quando, con fiero piglio dogmatico, Staino rampognò anni fa Sabina Guzzanti per avere osato imitare l’inattaccabile – e si presume sacro – D’Alema. Già questo dà la misura dell’apertura mentale del “satirico” Staino. (…)
Sergio Staino. Alcune precisazioni sulle falsità raccontate
Chiunque mi conosce sa bene quanto sia lontano da me un pensiero così stupido e ingiusto nei confronti del grande Giorgio Gaber. A provare la mia stima e il mio affetto per lui, basterebbero le innumerevoli volte che l’ho citato ed utilizzato con rispetto e ammirazione nelle mie strisce, l’affetto e la collaborazione che ho con la Fondazione Giorgio Gaber con la quale anche ultimamente abbiamo fatto una bellissima serata a Rosignano Marittima, oltre che i due spettacoli dei quali ho curato la regia al Teatro Verdi di Pisa dedicati proprio a Gaber e realizzati in collaborazione con Sandro Luporini. Lo stesso bravissimo Giulio Casale potrà testimoniare l’entusiasmo con cui accolsi il suo spettacolo dedicato a Gaber che ebbi la fortuna di vedere a Padova e che cercai poi di mettere in scena al Puccini di Firenze.
Per quanto riguarda il buon Jovanotti, a cui voglio bene soprattutto per il modo dolce e affettuoso con cui educa i suoi innumerevoli giovani fans, ricordo solo una vignetta in cui Bobo, fan inguaribile di Guccini, si rivolgeva ai tantissimi giovani che gli impedivano di arrivare sotto il palco durante un concerto del Maestrone gridando loro “Andate dal vostro Jovanotti, cosa volete capire voi di Guccini?”. Non mi sembrano cose coerenti con presunte affermazioni sul suo ruolo di grande intellettuale italiano. Su Muccino, inoltre, posso dire che considero una grave lacuna il non aver mai né letto né visto qualcosa da lui fatto, e tantomeno di conoscere una qualsiasi canzone di un suo film. Insomma, arabo per me.
Che poi io sia andato da Sabina Guzzanti a chiedere di abbassare i toni della sua satira su D’Alema è cosa quantomeno surreale visto che D’Alema è sempre stato uno dei miei principali bersagli. Conosco Sabina da tantissimi anni, lei e suo fratello, il geniale Corrado, si muovevano da giovanissimi nelle stanze della redazione di “Tango” con mia grande soddisfazione perché li ho sempre considerati due fra i massimi attori e autori satirici tra i giovani. La sua satira su D’Alema mi piacque talmente dal volerla sul palco alle giornate di “Liberi liberi” organizzata a Montecchio e dedicate all’ingiusta condanna di Adriano Sofri. In quell’occasione lei si esibì di fronte al D’Alema originale ottenendo un successo strepitoso. La realtà è che io più volte ho parlato con Sabina dandole accorate raccomandazioni ma non quelle di abbassare la satira su D’Alema bensì quelle di togliere del tutto quegli orribili concioni politici scritti da Travaglio che immancabilmente faceva seguire ad ogni sua performance. Il risultato era di distruggere completamente l’effetto satirico-politico che aveva costruito con la sua esibizione. Non mi ha mai dato retta e credo che proprio questa travaglite acuta sia la ragione principale del suo progressivo calo nell’interesse del pubblico.
Questo per ristabilire la verità di alcuni fatti, il resto sono le solite calunnie a cui Il Fatto ci ha abituati da tempo.
Questo è quanto. I lettori possono giudicare.
GIORNALE DI BRESCIA
L AVORO – FISCALE 01/09/2015
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IL MATTINO
Sant’ Egidio
Sant’ Egidio
Nato da nobile famiglia in Atene, questo santo passò i primi anni della sua vita nel paese natio. Di ingegno profondo, colto, amante della pietà, ben presto si cattivò la benemerenza del popolo e dei prìncipi e con essa gli onori del mondo. Ma sprezzante di tutto, Egidio fuggì da Atene, e si recò in Francia, ritirandosi in un luogo deserto presso la foce del Rodano, per attendere con più fervore al servizio di Dio. Poco tempo dopo passò in una foresta e vi stabilì la sua dimora, vivendo in preghiera, fra austerità e digiuni. Si nutriva di erbe, di radici, di frutti selvatici, dormiva su nuda terra, e suo guanciale era un sasso. Il Signore ebbe pietà di lui in quel luogo deserto e gli mandò una cerva che gli forniva giornalmente il latte.
Scoperto durante una partita di caccia da Flavio re dei Goti, entrò nelle grazie di quel sovrano, e per i molti miracoli operati fu conosciuto in tutta la Francia sotto il nome di « santo taumaturgo ». Spinto da tutto il popolo e pregato dallo stesso re ad abbandonare quel romitaggio per recarsi alla corte, non cedette, ma ottenne che il re gli donasse quella selva. Acconsenti il re e vi fabbricò un monastero che regalò ad Egidio.
Lì accorse gran numero di giovani desiderosi di vivere sotto la sua direzione. Il Santo prese a dirigerli nella via della santità colle regole di S. Benedetto.
Con essi potè incivilire quella regione,. dissodò campi, fertilizzò terreni fino allora incolti, aprì vie di commercio e specialmente predicò Gesù a quei popoli, convertendo i peccatori e inducendoli a penitenza. Crescendo sempre più la fama di lui, molti si stabilirono vicino al monastero così da formare una città che ora porta il suo nome.
Pieno di anni e di meriti S. Egidio verso la fine del secolo VM volò al cielo a ricevere la corona dei Beati.
Più tardi, quando cioè i calvinisti profanavano con vandalico odio i santuari della Linguadoca, le preziose reliquie di S. Egidio vennero religiosamente trasferite a Tolosa ove si conservano con grandissimo onore, e la sua tomba è una fonte perenne di grazie e di miracoli.
PRATICA. Che vale all’uomo guadagnare tutto il mondo se poi perde l’anima sua?
PREGHIERA. Deh! Signore, ci renda accetti l’intercessione del beato abate Egidio, affinché quel che non possiamo coi nostri meriti, lo conseguiamo col suo patrocinio.
La Repubblica
I pastori? “Barbari scannatori di agnelli”
I pastori? “Barbari scannatori di agnelli”
1 settembre 2015
Francesco Casula
I pastori? Barbari scannatori di agnelli. La pastorizia? Ostacola il progresso e sopravvive con iniezioni di denaro pubblico. Gli estimatori del mondo agro-pastorale? Prezzolati cantori di un falso mito rurale Sono solo alcune delle lusinghiere espressioni nei confronti dei sardi da parte di una Società che vorrebbe realizzare in Sardegna una gigantesca centrale elettrica di pannelli solari termodinamici della potenza lorda di 55 MWe.
Come reagire davanti a tanta infamia e volgarità? La tentazione sarebbe quella di affidarsi all’antica saggezza sarda che attraverso un suo diciu ci consiglia: a paraulas maccas, origras surdas”. Ovvero non dare ascolto alle scempiaggini dei nuovi predatori e speculatori. Anche perché sos orrios de burricu no nche pigant a chelu: i ragli degli asini non salgono in cielo. Ma dobbiamo sempre lasciar perdere? Far finta di niente? Io credo di no. Ma vediamo, analiticamente, la vicenda.
La società anglo-italo-sarda Flumini Mannu Limited (con sede a Londra e Macomer) vuole “affittare” per 30 anni 270 ettari (parte dei quali “demaniali”) tra Villasor e Decimoputzu per realizzare una spianata di specchi per la produzione di energia con un investimento di 200 milioni di euro. Il progetto nel 2013 viene presentato al Ministero dell’Ambiente “corredato” da una serie di giudici e valutazioni – fra cui quelle cui abbiamo già accennato – su pastori ed economia pastorale.
Il rappresentante sardo, residente a Silanus, certo Luciano Lussorio Virdis, per conto della società parla della presenza in Sardegna di “un fronte contro le rinnovabili, come da nessuna parte… di un oscurantismo che difende rendite di posizione e interessi particolari”. E poi “La pastorizia sarda da decenni ormai non è in grado di stare sul mercato contando soltanto sulle sue forze e sopravvive grazie a una pluriennale e costante assistenza finanziaria regionale, nazionale ed europea … e ha impedito di utilizzare razionalmente il territorio, ha ostacolato lo sviluppo di altre attività quali l’agricoltura e il bosco e persino certe forme di turismo”.
Di contro, il progetto della Flumini Mannu sarebbe la fonte di energia del futuro: non inquina, è silenzioso, deve sorgere su terre praticamente sterili, erose, poco sfruttate. Rappresenterebbe inoltre un futuro alternativo valorizzando importanti competenze industriali ancora presenti. Del resto, sostiene la Flumini Mannu, anche la Corte costituzionale la penserebbe così: la Consulta – afferma la società – “ritiene lo sviluppo del settore agricolo, al pari dell’ambiente, un settore soccombente, rispetto a quello delle energie rinnovabili”.
Come si vede si tratta di tutto il ciarpame di vieti luoghi comuni tendenti a criminalizzare il pastore: ieri pastore= bandito e oggi pastore= scannatore di agnelli; di tutta la paccottiglia di trite banalità sulla pastorizia arretrata e assistita.. Sostiene Felice Floris, leader del Movimento Pastori. Sardi (MPS): chiediamo fondi? Sì ma poi diamo da mangiare alla gente, non facciamo affari sugli incentivi, generando energia dove consumiamo la metà di quella che produciamo. La pastorizia è in crisi? Certo. E gli altri comparti produttivi no?
Almeno il rappresentante sardo di Flumini Mannu dovrebbe conoscere la storia dei pastori. Sapere che pur con crisi e difficoltà immani, la pastorizia è stata storicamente l’unico comparto economico che ha sempre retto: anche a fronte degli Editti delle Chiudende, della la rottura dei Trattati doganali con la Francia con Crispi, della rovinosa e fallimentare industrializzazione, dello strozzinaggio delle banche, della lingua blu. Ha retto – e continua a reggere – perché si tratta dell’unica industria, endogena e autocentrata, che verticalizza la materia prima – il latte soprattutto – e crea un indotto che nessuna altra industria nell’Isola ha mai creato. L’unica “industria” legata al territorio e ai saperi tradizionali, diffusa ubiquitariamente, al contrario dell’industria per “poli”. Che presiede, salvaguardia e difende l’ambiente, che è in forte simbiosi con la storia, la tradizione, la civiltà, la cultura e la lingua sarda.
In realtà l’attacco alla pastorizia e ai pastori è l’alibi dei nuovi furones per sequestrare e impadronirsi del territorio e della terra: l’unica vera ricchezza della Sardegna. Anche in questo caso, a conferma dell’antico adagio sardo, furat chie benit dae su mare. I ladroni vengono da fuori. Sunt istranzos. Sembra addirittura che fra i partner della Società Flumini Mannu vi siano sauditi e cinesi. Naturalmente anche questa volta – come sempre nella nostra storia – hanno bisogno degli elementi locali, di ascari. Come mediatori del colonialismo.
Certo promettono occupazione e benessere:. “Investiremo un miliardo, creeremo posti di lavoro” hanno scritto. Ma si tratta del drammatico déjà–vu.Vengono, s’intascano gli incentivi, fanno colossali profitti che s’involano fuori: poco importa se ieri a Milano con Rovelli e oggi magari a Londra o Pechino o a Riyāḍ. Lasciando nell’Isola non lavoro ma devastazione. La stessa Regione sarda infatti avrebbe individuato alcune contraddizioni nella descrizione dell’impatto sui terreni: all’inizio la Flumini Mannu aveva definito non necessari la bonifica ma poi – spiegano alla Regione – sarebbero spuntati alcuni ettari che verrebbero compromessi dai pannelli.
In tutta la vicenda occorre pèrò prendere atto di un elemento positivo: l’opposizione dei Sardi al progetto di sequestro del nostro territorio. Sono infatti contrari non solo i pastori e le Associazioni di categoria ma le popolazioni, gli Ambientalisti; i Consorzi di tutela (dell’agnello IGP, del pecorino romano: nella zona interessata al progetto ci sono importanti aziende casearie che godono dei marchi Dop e Igp e avrebbero solo svantaggi); il Corpo Forestale (che bolla come “esilaranti” le tesi di Flumini Mannu); l’Università di Sassari; la Soprintendenza.
Ha espresso parere negativo la stessa Regione. Ma in ultima analisi, le competenze sulla decisione finale, spettano a Roma. Alla faccia dell’Autonomia speciale!
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