Archivi giornalieri: 13 settembre 2015

dall’Osservatore Romano

Servono 
coraggio e solidarietà

  ​L’Europa di fronte all’immigrazione ·

12 settembre 2015

 

 

Il vertice dei ministri degli Esteri e della Giustizia dei ventotto Paesi dell’Unione europea, in programma lunedì, rappresenta un appuntamento decisivo per capire il nodo cruciale attorno al quale ruota l’attuale confronto sul tema dell’immigrazione. L’architettura politico-finanziaria costruita dai Trattati si sta rivelando inadeguata a fronte di quella che è una delle peggiori emergenze umanitarie dalla seconda guerra mondiale. Finora era stata la crisi economica a mettere in seria difficoltà quest’architettura, tant’è che più volte negli ultimi anni gli Stati membri hanno discusso la possibilità di modifiche radicali di Maastricht.

Nel suo discorso sullo stato dell’Unione il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha parlato di un piano per la ridistribuzione di 160.000 rifugiati basato su uno schema obbligatorio, con quote permanenti e una lista comune dei Paesi di provenienza «sicuri», i cui provenienti non hanno motivo per chiedere asilo. Pochi tuttavia hanno notato che questo piano, se verrà accettato, comporterà non solo notevoli modifiche dei Trattati, ma anche serie spaccature tra gli Stati membri.
Nel dettaglio, la Commissione propone di ridistribuire i profughi arrivati in Grecia (50.400), Italia (15.600) e Ungheria (54.000) secondo un criterio di ripartizione obbligatorio che terrà conto del volume della popolazione, del pil (prodotto interno lordo), della media delle domande di asilo presentate in passato e del tasso di disoccupazione. Il piano andrà a integrare le misure già prese in passato. La novità è che questo meccanismo di ridistribuzione automatico diventerà permanente, da attivare ogniqualvolta si presenti una crisi umanitaria che mette sotto pressione uno Stato membro. A ciò si aggiunge poi un nuovo criterio per i rimpatri con l’intenzione di armonizzare i diversi sistemi in vigore.

Il rischio di spaccature è dunque dietro l’angolo. I Paesi del Gruppo di Visegrád (Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia) hanno criticato duramente Berlino per le recenti aperture del cancelliere Merkel e puntano a rafforzare i controlli ai confini esterni dell’Unione. La sicurezza — per questi Paesi — è l’obiettivo primario, anche a causa del focolaio ucraino. Su una linea meno rigida si pongono invece Gran Bretagna, Danimarca e Irlanda, che invece restano aperte all’idea di una maggiore assistenza umanitaria, ma chiedono anche più garanzie. 
La partita è delicata. L’impressione è che il dibattito in Europa torni sempre allo stesso punto: insieme, ma a che prezzo? Come ha detto il presidente del Parlamento Ue, Martin Shultz, «il gioco di scaricare le colpe non ci aiuterà a trovare soluzioni. Queste verranno con il coraggio e la solidarietà». 

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Guerra alla povertà e non ai poveri

 

 

 ​Il presidente di Iustitia et pax all’Expo di Milano 

12 settembre 2015

 
 

 

«Lottare contro la povertà e non contro i poveri; contro la fame e non contro gli affamati»: è questa la ricetta «per uno sviluppo reale» offerta stamane, sabato 12 settembre, dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, all’Expo di Milano.

Il porporato è intervenuto a conclusione della due giorni di confronto organizzata dalla Caritas internationalis in collaborazione con quelle italiana e ambrosiana, sul tema generale «cibo, mondialità e conflitti dimenticati». In particolare l’ultima sessione ha preso spunto dalla consapevolezza che «nutrire il pianeta si può», anche oltre «i paradossi del cibo». In proposito il presidente di Iustitia et pax ha auspicato «una alimentazione giusta e sostenibile» per «tutti gli abitanti del pianeta», sulla scia dell’invito di Papa Francesco «ad ascoltare il grido della terra e dei poveri, alla conversione e all’azione», che «è al cuore della Laudato si’».

Lo spunto per la sua riflessione il cardinale Turkson lo ha preso dal luogo dell’incontro. Expo — ha commentato — «è un luogo artificiale, costruito con un duplice scopo: permettere al mondo di dare una rappresentazione di sé attraverso l’alfabeto del cibo e spingere l’umanità a porsi interrogativi sulla propria sopravvivenza e il proprio benessere». Perciò al suo interno si possono «ammirare la stupefacente abbondanza della creazione e la varietà di prodotti che ci mette a disposizione». Al contempo, però, Expo «mostra anche differenze», perché «non tutti hanno a disposizione uguali risorse». Anzi tali differenze «nel mondo reale assumono il volto della disuguaglianza o, come direbbe Francesco, dell’inequità. Una fetta cospicua dell’umanità dispone di un accesso molto limitato e insufficiente alle risorse comuni». 

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San Giovanni Crisostomo

 


San Giovanni Crisostomo

Nome: San Giovanni Crisostomo
Titolo: Vescovo e dottore della Chiesa
Ricorrenza: 13 settembre

Giovanni soprannominato Crisostomo, o bocca d’oro, per la sua meravigliosa eloquenza, nacque in Antiochia. 

In giovanissima età fu privato del padre. Gli rimase la santa genitrice che ad altro non pensò se non ad adempiere fedelmente tutti gli obblighi di una madre cristiana verso i suoi figliuoli.

Il Crisostomo studiò retorica e filosofia sotto la scorta dei migliori maestri del suo tempo e fece progressi tali che lo stesso suo insegnante ne rimase meravigliato, e, interrogato una volta dai suoi amici quale dei suoi discepoli avrebbe preferito gli succedesse nella cattedra : — Io nominerei, rispose, a mio successore Giovanni; se i Cristiani non ce l’avessero già involato. 

Il vescovo di Antiochia, Melezio, conoscendo le rare qualità del Crisostomo, lo ordinò lettore. Flaviano, successore di S. Melezio, lo innalzò al sacerdozio, con l’incarico di predicar la parola di Dio, ufficio che Giovanni compì con zelo infaticabile e con grandissimo frutto. Egli spiegava Ie Scritture con molta chiarezza e proprietà; le sue istruzioni erano sode, le esortazioni vive e penetranti. Riprendeva con forza, esortava con carità e sapeva adattarsi alla mentalità di ciascuno. 

Dodici anni continuò nel suo ufficio, quando venne a morire il vescovo di Costantinopoli, Nettario. Nell’elezione il pensiero corse subito a Giovanni, che a voce di popolo fu eletto successore il 26 febbraio dell’anno 398. Lo zelo per riformare i costumi gli attirò molti nemici. 

Avendo pubblicamente ripreso dal pulpito alcune colpe dell’imperatrice, questa se ne volle vendicare. Lo fece quindi arrestare, e radunò il consiglio per escogitare cosa fare al Crisostomo. Chi proponeva l’esilio, chi la morte, chi la prigione perpetua, e chi altro. Finalmente uno che conosceva l’animo del Santo disse: « Ouanto avete proposto, altro non serve che a rallegrare il Vescovo. Con una cosa sola voi potete fargli del male, cioè facendogli commettere anche un solo peccato; ma fare questo non è in vostro potere ». 

Si decise di esiliarlo in Bitinia. La notte appresso vi fu in Costantinopoli un terribile terremoto che tutti riguardarono come un effetto della collera divina. L’imperatrice medesima si spaventò e scongiurò l’imperatore a richiamare il santo Vescovo. 

Tornò Giovanni in mezzo al suo popolo plaudente, ma per poco tempo, perché i suoi nemici non desistettero, e tanto fecero che l’imperatore fu costretto a esiliarlo nuovamente. Giovanni, per l’avanzata età e per gli strapazzi del viaggio, a stento poté arrivare alla città destinata; il giorno dopo il Signore lo chiamò a sè: era il 14 settembre del 407. Varie e pregevolissime sono le opere scritte da lui, e la Chiesa lo dichiarò Dottore. 

PRATICA Non temete i mali di coloro che vi vogliono spaventare, ma temete il peccato che vi può mandare eternamente all’inferno. 

PREGHIERA. La grazia celeste, deh! Signore, amplifichi la tua Chiesa, la quale hai voluto illustrare con i meriti gloriosi e la dottrina del tuo beato Giovanni, vescovo e confessore