Archivi giornalieri: 25 settembre 2015

Dorothy Day

La sorprendente vita di Dorothy Day 

 
 

«Non chiamatemi santa. Non voglio essere allontanata così facilmente»: con queste parole Dorothy Day, negli ultimi giorni della sua vita, liquidava chi parlava di lei in modo troppo agiografico. Invece forse santa sarà proclamata davvero: già Giovanni Paolo II le ha concesso il titolo di serva di Dio quando nel 2000 l’arcivescovo di New York ha avviato la sua causa di beatificazione e canonizzazione.

Una donna che ha abortito, convissuto e allevato da sola una figlia, che è finita in prigione diciassettenne perché chiedeva il voto per le donne, e poi per altri motivi, come anarchica e socialista prima, come pacifista poi, l’ultima volta a 75 anni. Dorothy Day, una cattolica americana vissuta fra il 1897 e il 1980, sicuramente un personaggio singolare, è stata di recente oggetto di varie biografie: una di Jim Forest, seguace del movimento da lei fondato, il Catholic Worker, incentrata soprattutto sulle vicende varie e importanti della sua vita ( Dorothy Day. Una biografia , Jaca Book – Libreria Editrice Vaticana, 2011), l’altra più attenta ai suoi scritti, e quindi sulla sua spiritualità, scritta da Caterina Ciriello ( Dorothy Day. Le scelte dell’amore , Lateran University Press, 2011). E, ancor più recentemente, di un libro di Roberta Fossati che si sviluppa come una sorta di biografia intellettuale, Day. Fede e radicalismo sociale (La Scuola, 2012), attraverso il quale si riscopre, grazie al pensiero della scrittrice americana, una verità spesso dimenticata, e cioè che il cristianesimo comporta un interesse profondo per le sorti del mondo.

Ma aveva cominciato la stessa Dorothy a parlare di sé, a raccontare la sua vita avventurosa e molto americana in una autobiografia ( The Long Loneliness ) pubblicata nel 1953 e da allora sempre ristampata e tradotta in molte lingue. Un vero successo editoriale, quindi, che racconta l’infanzia in una famiglia povera — il padre era un giornalista spesso disoccupato — che aveva perso tutto nel terremoto di San Francisco e poi una giovinezza trascorsa subito fuori casa, a cercare di farsi strada nel mondo, fremente di passione per i poveri e i diseredati.

Una passione che la porta in un primo tempo a lasciare la religione per militare nel partito comunista, dove si impegna sia nella pratica politica che come giornalista. Come inviata del giornale socialista «The Call» perlustra i bassifondi di New York, vede con i suoi occhi la miseria e il degrado in cui vivono immigrati provenienti da ogni parte di Europa. Sono anni di militanza politica, in cui oltre a scrivere organizza manifestazioni, si batte per leggi più giuste, vive storie d’amore difficili, con uomini che appartengono al gruppo di intellettuali, anch’essi militanti, del Greenwich Village.

È stata una giornalista atea, che non aveva bisogno di Dio. Infermiera durante la prima guerra mondiale, dopo l’incontro con Peter Maurin, un utopista politico cattolico, fonda un giornale di battaglia, «The Catholic Worker», che successivamente diventerà un vero e proprio movimento in difesa dei più deboli. Durante la Grande Depressione, Dorothy organizza case di accoglienza per chi rimane senza casa, e nelle sedi del Catholic Worker — alla sua morte saranno più di cento in tutti gli Stati Uniti — offre cibo, indumenti e amore a tutti. Con il tempo molti ebbero in queste case un posto dove mangiare, passare un po’ di tempo al caldo, talvolta dormire. Lei stessa vive povera fra i poveri, si veste degli abiti ricevuti in beneficenza e mangia quello che passa la mensa.

Nel 1927, a trent’anni, si converte ed entra nella Chiesa cattolica, la Chiesa dei poveri e degli immigrati. Accanto alla sua vita di militante si sviluppa parallela una intensa ricerca spirituale, tormentata ma molto ricca, che la porterà anche a cercare di influire sul concilio Vaticano II. Recatasi a Roma alla testa di un gruppo di donne, chiede — e in gran parte ottiene — una esplicita condanna della guerra da parte dei padri conciliari. La incontrano Jacques Maritain durante il suo viaggio americano e poi madre Teresa di Calcutta, che dice di considerarla parte del suo ordine ad honorem . Insieme alla sua missione per i poveri, Dorothy sente che sua missione è anche scrivere e vivere un’intensa vita intellettuale: tiene un diario e collabora al suo giornale sino all’ultimo. Senza dubbio è stata una donna del nostro tempo, da lei vissuto con inquietudine, una donna nuova, che osava dire: «Se ho fatto qualche cosa nella mia vita è perché non mi sono mai vergognata di parlare di Dio».

di Lucetta Scaraffia

 
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· Un’intervista del segretario di Stato sul viaggio del Papa ·

Verso una nuova stagione

 

Una nuova stagione di libertà per Cuba, senza dimenticare la tragedia delle migrazioni, le questioni sull’ecologia umana integrale poste nell’enciclica Laudato si’. Per il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin saranno questi i temi principali che scandiranno il viaggio di Papa Francesco, dal 19 al 28 settembre, a Cuba e negli Stati Uniti d’America, dove si recherà nella sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e parteciperà all’ottavo incontro mondiale delle famiglie.

Il porporato — che accompagnerà il Pontefice — ne ha parlato in un’intervista rilasciata al Centro televisivo vaticano a pochi giorni dalla partenza.

Nel rispondere alle domande di Alessandro Di Bussolo, il cardinale Parolin ha anzitutto riaffermato la «ben nota posizione della Santa Sede» sulla questione dell’embargo: «una posizione contraria». Infatti «al di là di quelle che possono essere le motivazioni, esiste un dato di fatto, e cioè che l’embargo, questo tipo di sanzione, provoca disagi, sofferenze nella popolazione che lo subisce». Ed è proprio «da questo punto che la Santa Sede affronta la questione, e che a livello delle Nazioni Unite, nelle assemblee generali, ha appoggiato sempre le mozioni che chiedono una revoca dell’embargo a Cuba». Quindi «c’è da sperare, come dicono i vescovi, che una misura di questo genere, cioè una liberalizzazione a livello di vincoli e di legami, soprattutto a livello economico, possa portare però anche una maggiore apertura dal punto di vista della libertà e dei diritti umani, un fiorire di questi aspetti fondamentali per la vita delle persone e dei popoli».

Riguardo alla visita a Cuba, il cardinale Parolin ha rimarcato l’importanza della visita al santuario della Virgen de la Caridad del Cobre. Del resto, ha detto, «la devozione mariana è una delle caratteristiche fondamentali della religiosità e della fede cattolica del popolo latino americano e poi perché la Virgen de la Caridad del Cobre ha sempre accompagnato la storia dei cubani, in tutti i suoi momenti, di gioie e di dolori, di lotte, di sofferenze e di progressi, quindi è un po’ il simbolo della sua storia, della stessa popolazione». Perciò «il Papa andando al santuario incontrerà un po’ il cuore di questa isola e di questo popolo».

L’intervistatore ha poi fatto notare che il Papa ha deciso di entrare negli Stati Uniti da Cuba «come un migrante», come hanno detto gli stessi vescovi americani, «per ricordarci che siamo un Paese di immigrati». E la questione dei migranti è particolarmente sentita visto anche quello che sta succedendo in Europa. Secondo il segretario di Stato, «il Papa tratterà, appunto, come uno dei temi più importanti della sua visita proprio quello della migrazione». Del resto, ha ribadito, è «una preoccupazione costante del Papa» che è intervenuto di continuo «di fronte all’emergenza che ci troviamo a vivere in questi giorni». Gli Stati Uniti, poi, sono «un Paese che ha una lunga storia di immigrazione e, nello stesso tempo, anche una lunga storia di apertura, di accoglienza e di integrazione delle varie ondate di immigrati che sono arrivati». Perciò, ha proseguito il cardinale, «tutto questo può costituire davvero una base, un patrimonio sociale e culturale a partire dal quale affrontare anche le sfide odierne della migrazione e risolvere i casi che sono dolorosamente aperti». Quindi ha auspicato che questo incontro tra il Papa, «che porta questo problema nel suo cuore, e un Paese che ha conosciuto questo fenomeno nella sua storia, possa offrire anche indicazioni per la soluzione dei problemi che attualmente si presentano da questo punto di vista».

Passando, poi, alle tappe della visita negli Stati Uniti, il cardinale Parolin ha subito fatto riferimento alla celebrazione di Washington, quando Papa Francesco proclamerà santo fray Junípero Serra, missionario francescano definito «padre fondatore». E ha ricordato «il discorso che il Papa ha fatto il 2 maggio scorso al Collegio americano del Nord, quando è intervenuto in quel convegno che voleva essere una specie di preparazione a questa canonizzazione». Junípero Serra, ha affermato il porporato, «è ricordato come il “padre della California” e “un santo della cattolicità” e patrono della popolazione ispanica negli Stati Uniti, per quanto egli ha fatto per l’evangelizzazione». Di lui il Papa ha detto: «Di queste grandi figure noi siamo soliti passare sotto attenta osservazione sia i pregi sia anche i limiti e le debolezze». Domandandosi: «Abbiamo noi la stessa generosità che hanno avuto queste persone, abbiamo noi lo stesso slancio, abbiamo noi lo stesso coraggio?». In questa prospettiva, ha affermato il cardinale, va vista «la lezione fondamentale che ci dà il padre Junípero Serra: questo entusiasmo, questo coraggio, questo slancio per portare il Vangelo in quelle terre». Un slancio «che diventa anche oggi un invito a saper integrare all’interno della Chiesa degli Stati Uniti questa componente ispanica, sempre più importante e sempre più rilevante e che ha un notevole contributo da offrire alla Chiesa degli Stati Uniti».

Gli incontri nelle prestigiose sedi del Congresso degli Stati Uniti e poi delle Nazioni Unite saranno occasioni privilegiate, ha spiegato il segretario di Stato, per rilanciare l’essenza del messaggio più autentico dell’enciclica Laudato si’. Con una riflessione, dunque, che va «nel senso di quell’ecologia integrale di cui lui parla» e «che prende in considerazione l’uomo all’interno del creato». E in questo senso il Pontefice «non mancherà di ribadire quella che è la natura trascendentale della persona, dalla quale scaturiscono i suoi diritti fondamentali, soprattutto il diritto alla vita e alla libertà religiosa». E «inviterà a cambiare i nostri stili di vita per poter essere custodi del creato come lui dice e non invece dominatori o aggressori del creato». Quindi è un discorso più ampio della pur necessaria attenzione ai «cambiamenti climatici e alle preoccupazioni che essi stanno generando per il futuro dell’umanità».

Il cardinale non ha mancato di replicare a quanti, negli Stati Uniti, considerano l’enciclica un attacco troppo forte al sistema capitalistico: «Credo che il Papa tocchi i punti fondamentali» invitando «tutti alla riflessione». Ed «è realistico rendersi conto che le cose non stanno andando nel verso giusto» cercando quindi di «trovare anche delle vie di soluzione». Questo è proprio l’obiettivo del Pontefice. «Ognuno può dare il suo contributo, ma c’è bisogno di un cambio».

A Philadelphia, poi, Francesco incontrerà le famiglie di tutto il mondo. E il segretario di Stato ha confermato, nell’intervista al Centro televisivo vaticano, che il Papa «ha visto e vede e vive questo momento proprio come un ultimo momento in preparazione anche al Sinodo che si svolgerà in ottobre». Anche nell’incontro di Philadelphia il Pontefice vuole «mettere in luce soprattutto la bellezza della famiglia e il messaggio che il Vangelo offre alle famiglie, l’aiuto che il Vangelo offre alle famiglie». Quindi, ha proseguito il porporato, il centro è «questo aspetto positivo» che però non deve assolutamente far «dimenticare anche le grandi sfide che la famiglia pone al mondo di oggi». Ecco che Philadelphia «sarà davvero una preparazione immediata all’assemblea del Sinodo dei vescovi». Ma, ha concluso il segretario di Stato, quell’incontro «darà a tutti i partecipanti, darà alla Chiesa intera, questo nuovo entusiasmo e questa voglia di proclamare il Vangelo della famiglia e, nello stesso tempo, di aiutare le famiglie che si trovano in qualsiasi genere di difficoltà a vivere questo Vangelo nella sua pienezza che è fonte di gioia, di pace e di felicità per tutti».

 
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Incontro e dialogo

Incontro e dialogo

 

L’accoglienza alla Casa Bianca da parte del presidente Barack Obama, l’incontro con i vescovi nella cattedrale di Washington, la canonizzazione del missionario Junípero Serra nel santuario nazionale dell’Immacolata: così è iniziata l’attesissima visita negli Stati Uniti di Papa Francesco, che Obama aveva voluto salutare già all’arrivo del volo da Cuba. In «giorni di incontro e dialogo» durante i quali il Pontefice — presentatosi come figlio di immigrati e dunque come un fratello in un Paese che tanto deve al contributo dell’immigrazione — si augura di ascoltare e di condividere speranze e sogni degli americani.

            Nella costruzione di una società che respinga ogni forma di discriminazione — ha detto innanzi tutto Bergoglio davanti alla Casa Bianca — proprio come «buoni cittadini» i cattolici statunitensi si attendono il rispetto della libertà religiosa, che rimane uno dei beni più preziosi della loro società. Il Papa ha poi di nuovo espresso la sua preoccupazione per il cambiamento climatico, questione ormai ineludibile di giustizia sociale, e salutato invece con favore i passi che nelle relazioni internazionali sono stati da poco compiuti verso la riconciliazione, la giustizia e la libertà, riallacciando rapporti interrotti e aprendo nuove porte al dialogo.

            Preceduto da un saluto non previsto agli ebrei nell’imminenza dei giorni solenni del Kippur, il discorso ai vescovi nella cattedrale di Washington è stato una lunga meditazione, a tratti commovente, sulla vita cristiana: «Allargare il cuore per testimoniare che Dio è grande nel suo amore è la sostanza della missione del successore di Pietro». Che accompagna e sostiene ognuno dei suoi fratelli vescovi, poggiando sulle loro mani la sua, «ormai vecchia e rugosa ma, per grazia di Dio, ancora capace di sostenere e di incoraggiare». Parlando, «come vescovo di Roma, già nella vecchiaia chiamato da Dio da una terra anch’essa americana, per custodire l’unità della Chiesa universale».

            Non «forestiero» in America, il Papa è dunque intervenuto «come un fratello tra fratelli»: pur di fronte a molte sfide e spesso in ambienti ostili, «siamo fautori della cultura dell’incontro» e «il dialogo è il nostro metodo, non per astuta strategia, ma per fedeltà a colui che non si stanca mai di passare e ripassare nelle piazze degli uomini». E in un mondo segnato dalla frammentazione, la missione episcopale — che «svolgiamo in comunione, in modo collegiale» ha scandito il Pontefice — «è primariamente cementare l’unità», con il fine di «offrire agli Stati Uniti d’America l’umile e potente lievito della comunione».

            In perfetta continuità con il lungo discorso all’episcopato statunitense, nel santuario nazionale dell’Immacolata concezione il Pontefice ha poi proclamato santo un grande missionario del Settecento americano, il francescano spagnolo Junípero Serra, presentato da Bergoglio come testimone della gioia del Vangelo, autentico protagonista di una Chiesa che esce per «condividere la tenerezza riconciliatrice di Dio». Solo nella missione infatti — ha ripetuto Papa Francesco — è possibile vivere la parola di san Paolo che invita a rallegrarsi sempre nel Signore. E sperimentare in questo modo la pienezza, il senso e la gioia della vita.

g.m.v.

(© L’Osservatore Romano 25/09/2015)

L’OSSERVATORE ROMANO

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Quattro
guide

Per la prima volta il Papa ha parlato al Congresso statunitense, e per la prima volta si tratta di un Papa che ha potuto dire «anch’io sono figlio di questo grande continente». Un avvenimento dunque destinato a entrare nella storia: per queste circostanze senza precedenti, ma soprattutto per il discorso, durato quasi un’ora, che Bergoglio ha rivolto ai massimi rappresentanti della democrazia americana. Nella lettura, scandita in inglese, il Pontefice è stato interrotto per trentotto volte da applausi non di rado quasi unanimi, e all’inizio, alla fine e per altre dieci volte questi si sono trasformati in ovazioni mentre gran parte dell’assemblea si alzava in piedi in segno di consenso.

La politica e l’attività legislativa sono chiamate a prendersi cura — un’espressione ricorrente in Bergoglio — del popolo. Per questo il Papa ha esordito evocando la figura di Mosè, il legislatore d’Israele, simbolo di unità e nello stesso tempo richiamo alla dignità trascendente di ogni essere umano. Il richiamo del Pontefice è stato però soprattutto a quattro grandi “rappresentanti” (representatives) degli Stati Uniti di cui ricorrono diversi anniversari: Abraham Lincoln, il presidente guardiano della libertà; Martin Luther King con il sogno di uguaglianza dei diritti per gli afroamericani; Dorothy Day, fondatrice del Catholic Worker Movement e appassionata attivista a fianco degli oppressi; il monaco Thomas Merton, uomo di preghiera e di dialogo.
Parlando delle loro figure e dei loro sogni Bergoglio ha elencato le questioni mondiali a cui oggi bisogna far fronte. La crescita di violenze e di atrocità spesso perpetrate in nome della religione; con la conseguente necessità di combattere i fondamentalismi ma al tempo stesso non dimenticando che è importante continuare ad ascoltare la voce della fede, come dimostra in positivo la storia politica statunitense, sin dalla dichiarazione d’indipendenza, citata significativamente nel discorso. Vi è poi il nodo di migrazioni imponenti, come non accadeva — ha notato il Papa, che ha ricordato di essere figlio di immigranti — dalla fine della seconda guerra mondiale.
E ancora, l’urgenza di porre fine in tutto il mondo alla pena di morte e di combattere la povertà. Infine, il cambiamento climatico che minaccia l’intero pianeta, in particolare proprio i più poveri, e gli enormi interessi economici che sono alla base del traffico d’armi. Il Pontefice ha poi accennato all’importanza e alla bellezza della famiglia — tema dell’incontro mondiale di Philadelphia — che oggi, come non mai, è indebolita, con conseguenze gravi soprattutto sui giovani, e si è infine augurato che lo spirito del popolo americano possa continuare ad alimentare grandi sogni.
L’ultimo incontro di Papa Francesco a Washington è stato con un gruppo di senzatetto, che in una toccante meditazione ha paragonato alla famiglia di Gesù. Mentre il primo appuntamento all’arrivo nel centro di New York, dove ad attenderlo erano migliaia di persone riversatesi nelle strade, sono stati i vespri nella cattedrale di San Patrizio, appena restaurata. Erano presenti molti religiosi e il Pontefice   — che all’inizio dell’omelia ha espresso vicinanza ai musulmani per la festa del Sacrificio e per la tragedia avvenuta alle porte della Mecca —   non si è lasciato sfuggire l’occasione di elogiare le suore statunitensi, tra un uragano di applausi: «Che sarebbe della Chiesa senza di loro? Donne forti, lottatrici, con quello spirito coraggioso che le colloca nella prima linea dell’annuncio del Vangelo» ha detto. E a queste «sorelle e madri» del popolo americano Francesco ha voluto esprimere un «grazie molto grande». Aggiungendo che a loro vuole molto bene.

g.m.v.

(©L’Osservatore Romano, 26/09/2015)

Quirinale

Presidenza della Repubblica

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I SIMBOLI DELLA REPUBBLICA – L’INNO NAZIONALE

Fratelli d’Italia

Dobbiamo alla città di Genova Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli. Scritto nell’autunno del 1847 dall’allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l’Austria.

L’immediatezza dei versi e l’impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell’unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani – e non alla Marcia Reale – il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese.

Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l’Inno di Mameli divenisse l’inno nazionale della Repubblica Italiana.

ritratto di MameliIl poeta

Goffredo Mameli dei Mannelli nasce a Genova il 5 settembre 1827 (figlio di Adele – o Adelaide – Zoagli, discendente di una delle più insigni famiglie aristocratiche genovesi, e di Giorgio, cagliaritano, comandante di una squadra della flotta del Regno di Sardegna). Studente e poeta precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderisce al mazzinianesimo nel 1847, l’anno in cui partecipa attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le riforme e compone Il Canto degli Italiani. D’ora in poi, la vita del poeta-soldato sarà dedicata interamente alla causa italiana: nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari, raggiunge Milano insorta, per poi combattere gli Austriaci sul Mincio col grado di capitano dei bersaglieri.

Dopo l’armistizio Salasco, torna a Genova, collabora con Garibaldi e, in novembre, raggiunge Roma dove, il 9 febbraio 1849, viene proclamata la Repubblica. Nonostante la febbre, è sempre in prima linea nella difesa della città assediata dai Francesi: il 3 giugno è ferito alla gamba sinistra, che dovrà essere amputata per la sopraggiunta cancrena.

Muore d’infezione il 6 luglio, alle sette e mezza del mattino, a soli ventidue anni. Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.

Ritratto di Michele Novaroil musicista

Michele Novaro nacque il 23 ottobre 1818 a Genova, dove studiò composizione e canto. Nel 1847 è a Torino, con un contratto di secondo tenore e maestro dei cori dei Teatri Regio e Carignano.

Convinto liberale, offrì alla causa dell’indipendenza il suo talento compositivo, musicando decine di canti patriottici e organizzando spettacoli per la raccolta di fondi destinati alle imprese garibaldine.

Di indole modesta, non trasse alcun vantaggio dal suo inno più famoso, neanche dopo l’Unità. Tornato a Genova, fra il 1864 e il 1865 fondò una Scuola Corale Popolare, alla quale avrebbe dedicato tutto il suo impegno.

Morì povero, il 21 ottobre 1885, e lo scorcio della sua vita fu segnato da difficoltà finanziarie e da problemi di salute. Per iniziativa dei suoi ex allievi, gli venne eretto un monumento funebre nel cimitero di Staglieno, dove oggi riposa vicino alla tomba di Mazzini.

Il testo e lo spartito dell'Inno

come nacque l’inno

La testimonianza più nota è quella resa, seppure molti anni più tardi, da Anton Giulio Barrili, patriota e poeta, amico e biografo di Mameli.

Siamo a Torino: “Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d’accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell’anno per ogni terra d’Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari – Del nuovo anno già l’alba primiera – al recentissimo del piemontese Bertoldi – Coll’azzurra coccarda sul petto – musicata dal Rossi.

In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l’egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano. Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: – To’ gli disse; te lo manda Goffredo. – Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos’è; gli fan ressa d’attorno. – Una cosa stupenda! – esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. – Io sentii – mi diceva il Maestro nell’aprile del ’75, avendogli io chiesto notizie dell’Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli – io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo.

Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all’inno, mettendo giù frasi melodiche, l’un sull’altra, ma lungi le mille miglia dall’idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po’ in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c’era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte.

Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d’un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l’originale dell’inno Fratelli d’Italia.” 

Il testo dell’Inno nazionale

Ritratto di ScipioneLa cultura di Mameli è classica e forte è il richiamo alla romanità. È di Scipione l’Africano, il vincitore di Zama, l’elmo che indossa l’Italia pronta alla guerraLa bandiera italiana
Una bandiera e una speranza (speme) comuni per l’Italia, nel 1848 ancora divisa in sette Stati

La battaglia di LegnanoIn questa strofa, Mameli ripercorre sette secoli di lotta contro il dominio straniero. Anzitutto,la battaglia di Legnano del 1176, in cui la Lega Lombarda sconfisse Barbarossa. Poi, l’estrema difesa della Repubblica di Firenze, assediata dall’esercito imperiale di Carlo V nel 1530, di cui fu simbolo il capitano Francesco Ferrucci. Il 2 agosto, dieci giorni prima della capitolazione della città, egli sconfisse le truppe nemiche a Gavinana; ferito e catturato, viene finito da Fabrizio Maramaldo, un italiano al soldo straniero, al quale rivolge le parole d’infamia divenute celebri “Tu uccidi un uomo morto”
I Vespri sicilani

Ogni squilla significa “ogni campana”. E la sera del 30 marzo 1282, tutte le campane chiamarono il popolo di Palermo all’insurrezione contro i Francesi di Carlo d’Angiò, i Vespri Siciliani.

Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d’ogni squilla
Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò

Comunicati

 

Argomento: Domanda di pensione

Argomento: Domanda di pensione

Nei risultati si legge che i requisiti verranno perfezionati nei prossimi mesi. Si può fare domanda di pensione?

La domanda di pensione può essere effettuata 3 mesi prima della decorrenza. È possibile però richiedere una consulenza agli intermediari abilitati o alla sede INPS, per conoscere la data effettiva di pensionamento ed avere informazioni su come procedere.

Come e quando si può fare domanda di pensione?

La domanda di pensione si può presentare tramite Internet oppure tramite patronato 3 mesi prima della decorrenza.

Argomento: I Contributi Individuali

Argomento: I Contributi Individuali

Che cosa sono i contributi figurativi?

I contributi figurativi sono contributi “fittizi” (cioè non versati nè dal datore di lavoro nè dal lavoratore) che vengono accreditati dall’Inps sul conto assicurativo del lavoratore per periodi in cui si è verificata una interruzione o una riduzione dell’attività lavorativa e di conseguenza non c’è stato il versamento dei contributi obbligatori da parte del datore di lavoro. La legge individua le ipotesi nelle quali i contributi figurativi, possono essere accreditati, d’ufficio o su domanda del lavoratore, senza alcun costo per l’assicurato. Per tale motivo si differenziano dai contributi da riscatto (che coprono altri periodi: corso legale di laurea, lavoro all’estero ecc.) i quali sono, invece, a carico del lavoratore. Si ha diritto all’accredito dei contributi figurativi per i seguenti periodi:

    • aspettativa per mandato elettorale e sindacale;
    • assistenza sanitaria per tubercolosi;
    • assistenza a persone con handicap grave;
    • attività svolta in progetti di lavoro socialmente utili (LSU);
    • attività svolta da lavoratori invalidi;
    • calamità naturale;
    • cassa integrazione guadagni;
    • chiusura dell’attività per i commercianti;
    • congedi di maternità parentali;
    • contratti di solidarietà;
    • disoccupazione;
    • donazione del sangue;
    • infortunio;
    • malattia;
    • mobilità;
    • persecuzione politica e razziale;
    • servizio militare.

 

Che cosa sono i contributi da riscatto?

Sono contributi che vengono accreditati a seguito della facoltà concessa al lavoratore o al pensionato di coprire periodi, altrimenti privi di contribuzione, per i quali:

  • vi è stata omissione nel versamento all’Inps dei contributi obbligatori che non possono essere, altrimenti, recuperati essendo intervenuta la prescrizione di legge;
  • non vi era l’obbligo del versamento contributivo;
  • sono state introdotte particolari disposizioni legislative.

A differenza dei contributi figurativi, il cui accredito è gratuito, il riscatto è sempre a titolo oneroso e si perfeziona con il pagamento di un onere di riscatto. 

Che cosa sono i contributi volontari?

I versamenti volontari possono essere effettuati dai lavoratori, che hanno cessato o interrotto l’attività lavorativa, per perfezionare i requisiti di assicurazione e di contribuzione necessari per raggiungere il diritto ad una prestazione pensionistica oppure incrementare l’importo del trattamento pensionistico a cui si avrebbe diritto, se sono già stati perfezionati i requisiti contributivi richiesti. Ulteriori informazioni si possono trovare nella pagina del sito INPS al seguenteindirizzo.

Non è stato accreditato il servizio militare, come posso fare per sistemare la mia posizione?

L’accredito dei contributi figurativi per il servizio militare non è automatico, ma viene effettuato su domanda dell’interessato. Se non li trova nell’estratto conto e non ha ancora fatto domanda, può effettuarla online seguendo le indicazioni che trova a questo indirizzo: Come fare per Ottenere l’accredito del servizio militare e dei periodi equiparati.

Vorrei riscattare la laurea, come posso fare?

Si può effettuare online ed ha un costo a carico dell’interessato. Le indicazioni sulla richiesta di accredito si trovano a questo indirizzo: Come fare per Riscattare la laurea.

Argomento: I Contributi da Lavoro

Argomento: I Contributi da Lavoro

 

Cosa significa contributi utili al diritto alla pensione?

Per poter andare in pensione è necessario avere un certo numero di contributi versati che possono essere espressi in giorni, settimane, mesi e anni a seconda del tipo di lavoro da lei svolto. L’ammontare dei contributi utili per il diritto determina il raggiungimento o meno dei requisiti contributivi minimi per la pensione.

 

Cosa significa contributi utili alla misura della pensione?

I contributi utili alla misura sono quelli considerati per il calcolo dell’importo della pensione. Possono essere diversi da quelli utili per il diritto in quanto non vengono ridotti a causa delle sovrapposizioni.

 

Perché nell’estratto conto presente sul cassetto previdenziale trovo delle settimane in più rispetto a quanto mostrato in questo servizio?

Le settimane presenti nell’estratto conto vengono elaborate secondo la normativa vigente, ai fini del calcolo delle settimane utilizzabili per il diritto alla pensione. Una delle regole ad esempio è che in un anno non ci siano più di 52 settimane utili.

 

Perché mancano i contributi degli ultimi mesi?

L’aggiornamento dell’estratto conto avviene periodicamente. È possibile che gli ultimi 3-4 mesi non siano ancora stati inseriti in archivio. La simulazione in questi casi copre dall’ultimo contributo accreditato fino alla data di diritto della pensione, quindi la loro assenza non modifica il risultato fornito.

 

Perché mancano alcuni anni di contribuzione durante i quali ho lavorato?

Se i contributi sono stati versati in gestioni diverse da quelli già presenti (ad esempio gestione pubblica), l’estratto conto non li contiene perché nel suo caso le gestioni non sono già state unificate. In alcuni casi per poterli utilizzare ai fini della pensione sarà necessario effettuare una totalizzazione, un cumulo o una ricongiunzione. Se invece i contributi sono dello stesso lavoro di quelli già presenti e non sono recenti, probabilmente c’è stato un errore nei versamenti o nella loro registrazione in archivio. In quest’ultimo caso è consigliato effettuare una segnalazione utilizzando il “Fascicolo Previdenziale del Cittadino”.

 

Come posso segnalare i periodi di contribuzione non presenti nell’estratto conto?

Se i periodi mancanti non sono di gestioni diverse da quelli già presenti, si può segnalare il problema attraverso il numero verde, oppure direttamente sul sito INPS. Dopo l’accesso col PIN, si deve accedere al “Fascicolo Previdenziale del Cittadino”. Cliccare su “Posizione Assicurativa” e successivamente su “Segnalazioni Contributive”. Tramite “Gestione” è possibile inserire i contributi mancanti, indicando i periodi e la matricola dell’azienda che è riportata nella busta paga del mese di riferimento.

E’ rimorto Antonio Gramsci

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

24 settembre 2015

gramsci1In una parte di Sardegna poco turistica, ma non per questo meno affascinante, si nasconde – ma poi non troppo – la casa in cui crebbe e visse gli anni migliori uno dei più grandi pensatori del Novecento. Ghilarza, altipiano di Abbasanta, provincia di Oristano. Qui Antonio Gramsci, nato nel 1891 ad Ales, arrivò a sei anni dopo la condanna per peculato del padre. La vide un’ultima volta nel 1924. Quella casa, semplice e dignitosa, è anche la Casa Museo di Antonio Gramsci. Prima proprietà del PCI e poi della Fondazione Enrico Berlinguer e dunque dei Ds (che non esistono più, ma come proprietà esistono ancora), è stata totalmente dimenticata dal “partito”. Probabilmente un pensatore così enorme, e così libero, è ancora per molti imbarazzante. E del resto è tutto da dimostrare che uno come Renzi, “cresciuto tra De Gasperi e gli U2” (ma più che altro tra Jerry Calà e Righeira) lo conosca granché. E – sempre del resto – il giornale da lui fondato (L’Unità) ospita ora in prima pagina tal Rondolino, che è come riorganizzare Woodstock chiamando i Modà al posto di Jimi Hendrix. Un tempo luogo di convegni, Casa Gramsci merita ancora – ed eccome – una visita. Riporta le cose care a Gramsci: quelle con cui giocava (poco), quelle con cui leggeva (gli occhiali), quelle con cui sopportò confino e galera (gli oggetti del carcere). Molti di questi documenti, come le lettere e i 33 quaderni, sono arrivati a noi grazie alla cognata Tania Schucht, la sola a restargli vicina fino alla fine. Secondo alcuni i quaderni del carcere, che Gramsci scriveva più per sopravvivere che per ipotizzarne la pubblicazione (e che nondimeno sono divenuti uno dei testi italiani più tradotti al mondo), erano 34. Il 34esimo sarebbe andato perduto per volere di Togliatti, impaurito dal fatto che proprio in quel quaderno Gramsci avesse vergato il suo allontanamento dal comunismo e l’inatteso approdo al liberalismo. Di sicuro Gramsci, anche in carcere, ebbe quasi tutti contro. Compresi i comunisti, quelli duri e puri, che lo ritenevano traditore e “deviazionista” perché a Turi godeva di “facilitazioni” – inesistenti: i fascisti gli concedettero solo quaderni e penna – e perché osava dialogare con due anarchici e “con il social-gramsci2fascista Sandro Pertini”. Prima confinato a Ustica e poi arrestato nel febbraio ’27, il processo al deputato Gramsci cominciò più di un anno dopo perché neanche i fascisti riuscirono a inventare con rapidità reati credibili. Alla fine fu condannato – da quella caricatura chiamata Tribunale Speciale Fascista – a venti anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione per “attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all’odio di classe”. Nato nel 1891, al momento della condanna aveva 37 anni. A due anni era stato colpito dal morbo di Pott, una forma di tubercolosi ossea che ne bloccò la crescita – era alto 1 metro e 45 centimetri – e lo deformò: gibbosi, sterno sporgente. A 4 anni, vittima di emorragie e convulsioni, fu dato per morto al punto che la madre comprò la bara. Da bambino, convinti di allungarlo, i familiari lo appendevano al soffitto con pesi alle caviglie. Nella Casa Museo raccontano tutto questo e mostrano poi lettere strazianti, come quella alla madre dopo essere stato arrestato: “Vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini”. La prigiona peggiorò il già precario quadro clinico. Il “detenuto 7047” del carcere di Turi fu minato nel 1931 da arteriosclerosi: ebbe per questo, come “premio”, una cella individuale (fino a quel momento la divideva con quattro detenuti). Dal ’33 soffrì di allucinazione e deliri. Era insonne e le guardie, come ha raccontato Pertini, facevano più rumore possibile per svegliarlo. Solo nel ’35 fu trasferito – comunque sorvegliatissimo – in una clinica, prima a Roma e poi a Formia. Liberato nel ’37 e devastato da gotta, crisi epatiche e ipertensione, morì una settimana dopo – 46enne – all’alba del 27 aprile. Quando il Pm Isgrò ne chiese la condanna, disse: “Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”. Ci riuscirono. Pertini lo descriveva così: “Occorre immaginare il corpo debole di un pigmeo e, su questo corpo, la testa di un Danton (..) Gramsci è stato certamente il cervello più forte, l’uomo di più vasta cultura che io abbia conosciuto lungo il mio cammino”. gramsci3La Casa Museo di Ghilarza riceve una media di 7mila visite l’anno. Il “partito” ha smesso di sostenerla – 15mila euro annui – con la fine dei Ds. Anche la Regione deve ancora dare i 36mila euro annui del 2014. Resistere è dura e di leader nazionali, in giro, non se ne vedono da tempo. Gli ultimi sono stati Diliberto, Bertinotti e Vendola. Mai visto un renziano di grido, a parte una comitiva guidata da Pigliaru prima delle Regionali 2014. “Anche D’Alema non viene dai tempi della FGCI”, raccontano i volontari che ora ne sorreggono,  da soli e senza aiuto, tutto il peso. A fine anno vorrebbero ricordare Nanni Loy, altro sardo dimenticato, nato 90 anni fa e morto due decenni or sono, ma pure quella sarà un’impresa: arduo, al tempo di questa generalizzata idiozia conquistata a fatica, esercitare il rivoluzionario diritto e dovere della memoria. (Il Fatto Quotidiano, 23 settembre 2015

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Aps Palermo, 28/9 lavoratori in assemblea (24/09/2015 18:25)

Alitalia: Filt, bene tavolo ministero su Ams, ora investitore di qualità (24/09/2015 17:34)

Lombardia, Fiom: diminuisce Cig ma non cresce occupazione(24/09/2015 16:22)

Contratto gas-acqua, chiesti 128 euro di aumento (24/09/2015 14:39)

  Approvata la piattaforma per il rinnovo: dalle assemblee oltre il 90% dei consensi. I sindacati chiedono di istituire nelle aziende di pubblica utilità dei Consigli di partecipazione e controllo costituiti pariteticamente da proprietà e lavoratori.

Torino: il 28/9 iniziativa “Buon compleanno Cgil” (24/09/2015 12:07)

Edilizia: istruzioni per uscire dalla crisi (24/09/2015 11:00)

  Il sindacato presenta il rapporto 2015 sul settore. Dopo l’incubo iniziato nel 2008, arrivano i primi segnali di una timida ripresa. Schiavella:”Per uscire dal tunnel, però, il governo deve investire e le imprese devono superare i loro limiti strutturali”

Terni: Camusso e Morselli a confronto sulle relazioni industriali (24/09/2015 10:21)

  Oggi (24/9) l’attesa iniziativa della Camera del Lavoro di Terni a Palazzo Gazzoli, in occasione della “settimana degli archivi”. Faccia a faccia tra il segretario Cgil e l’ad di Ast Thyssen Krupp

Incendi: Fp Bat, bilancio dell’attività Aib dei vigli del fuoco(24/09/2015 10:01)

Toscana: Flc Cgil, oggi conferenza stampa su avvio anno scolastico (24/09/2015 09:41)

Roma: 29/9 “Buon Compleanno Cgil” (24/09/2015 09:15)

Cgil: la storia per immagini

  La vita del sindacato di Corso d’Italia dal 1906 al 2015, raccontata attraverso le immagini più significative della sua storia. Video di Ilaria Romeo