· Un’intervista del segretario di Stato sul viaggio del Papa ·

Verso una nuova stagione

 

Una nuova stagione di libertà per Cuba, senza dimenticare la tragedia delle migrazioni, le questioni sull’ecologia umana integrale poste nell’enciclica Laudato si’. Per il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin saranno questi i temi principali che scandiranno il viaggio di Papa Francesco, dal 19 al 28 settembre, a Cuba e negli Stati Uniti d’America, dove si recherà nella sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e parteciperà all’ottavo incontro mondiale delle famiglie.

Il porporato — che accompagnerà il Pontefice — ne ha parlato in un’intervista rilasciata al Centro televisivo vaticano a pochi giorni dalla partenza.

Nel rispondere alle domande di Alessandro Di Bussolo, il cardinale Parolin ha anzitutto riaffermato la «ben nota posizione della Santa Sede» sulla questione dell’embargo: «una posizione contraria». Infatti «al di là di quelle che possono essere le motivazioni, esiste un dato di fatto, e cioè che l’embargo, questo tipo di sanzione, provoca disagi, sofferenze nella popolazione che lo subisce». Ed è proprio «da questo punto che la Santa Sede affronta la questione, e che a livello delle Nazioni Unite, nelle assemblee generali, ha appoggiato sempre le mozioni che chiedono una revoca dell’embargo a Cuba». Quindi «c’è da sperare, come dicono i vescovi, che una misura di questo genere, cioè una liberalizzazione a livello di vincoli e di legami, soprattutto a livello economico, possa portare però anche una maggiore apertura dal punto di vista della libertà e dei diritti umani, un fiorire di questi aspetti fondamentali per la vita delle persone e dei popoli».

Riguardo alla visita a Cuba, il cardinale Parolin ha rimarcato l’importanza della visita al santuario della Virgen de la Caridad del Cobre. Del resto, ha detto, «la devozione mariana è una delle caratteristiche fondamentali della religiosità e della fede cattolica del popolo latino americano e poi perché la Virgen de la Caridad del Cobre ha sempre accompagnato la storia dei cubani, in tutti i suoi momenti, di gioie e di dolori, di lotte, di sofferenze e di progressi, quindi è un po’ il simbolo della sua storia, della stessa popolazione». Perciò «il Papa andando al santuario incontrerà un po’ il cuore di questa isola e di questo popolo».

L’intervistatore ha poi fatto notare che il Papa ha deciso di entrare negli Stati Uniti da Cuba «come un migrante», come hanno detto gli stessi vescovi americani, «per ricordarci che siamo un Paese di immigrati». E la questione dei migranti è particolarmente sentita visto anche quello che sta succedendo in Europa. Secondo il segretario di Stato, «il Papa tratterà, appunto, come uno dei temi più importanti della sua visita proprio quello della migrazione». Del resto, ha ribadito, è «una preoccupazione costante del Papa» che è intervenuto di continuo «di fronte all’emergenza che ci troviamo a vivere in questi giorni». Gli Stati Uniti, poi, sono «un Paese che ha una lunga storia di immigrazione e, nello stesso tempo, anche una lunga storia di apertura, di accoglienza e di integrazione delle varie ondate di immigrati che sono arrivati». Perciò, ha proseguito il cardinale, «tutto questo può costituire davvero una base, un patrimonio sociale e culturale a partire dal quale affrontare anche le sfide odierne della migrazione e risolvere i casi che sono dolorosamente aperti». Quindi ha auspicato che questo incontro tra il Papa, «che porta questo problema nel suo cuore, e un Paese che ha conosciuto questo fenomeno nella sua storia, possa offrire anche indicazioni per la soluzione dei problemi che attualmente si presentano da questo punto di vista».

Passando, poi, alle tappe della visita negli Stati Uniti, il cardinale Parolin ha subito fatto riferimento alla celebrazione di Washington, quando Papa Francesco proclamerà santo fray Junípero Serra, missionario francescano definito «padre fondatore». E ha ricordato «il discorso che il Papa ha fatto il 2 maggio scorso al Collegio americano del Nord, quando è intervenuto in quel convegno che voleva essere una specie di preparazione a questa canonizzazione». Junípero Serra, ha affermato il porporato, «è ricordato come il “padre della California” e “un santo della cattolicità” e patrono della popolazione ispanica negli Stati Uniti, per quanto egli ha fatto per l’evangelizzazione». Di lui il Papa ha detto: «Di queste grandi figure noi siamo soliti passare sotto attenta osservazione sia i pregi sia anche i limiti e le debolezze». Domandandosi: «Abbiamo noi la stessa generosità che hanno avuto queste persone, abbiamo noi lo stesso slancio, abbiamo noi lo stesso coraggio?». In questa prospettiva, ha affermato il cardinale, va vista «la lezione fondamentale che ci dà il padre Junípero Serra: questo entusiasmo, questo coraggio, questo slancio per portare il Vangelo in quelle terre». Un slancio «che diventa anche oggi un invito a saper integrare all’interno della Chiesa degli Stati Uniti questa componente ispanica, sempre più importante e sempre più rilevante e che ha un notevole contributo da offrire alla Chiesa degli Stati Uniti».

Gli incontri nelle prestigiose sedi del Congresso degli Stati Uniti e poi delle Nazioni Unite saranno occasioni privilegiate, ha spiegato il segretario di Stato, per rilanciare l’essenza del messaggio più autentico dell’enciclica Laudato si’. Con una riflessione, dunque, che va «nel senso di quell’ecologia integrale di cui lui parla» e «che prende in considerazione l’uomo all’interno del creato». E in questo senso il Pontefice «non mancherà di ribadire quella che è la natura trascendentale della persona, dalla quale scaturiscono i suoi diritti fondamentali, soprattutto il diritto alla vita e alla libertà religiosa». E «inviterà a cambiare i nostri stili di vita per poter essere custodi del creato come lui dice e non invece dominatori o aggressori del creato». Quindi è un discorso più ampio della pur necessaria attenzione ai «cambiamenti climatici e alle preoccupazioni che essi stanno generando per il futuro dell’umanità».

Il cardinale non ha mancato di replicare a quanti, negli Stati Uniti, considerano l’enciclica un attacco troppo forte al sistema capitalistico: «Credo che il Papa tocchi i punti fondamentali» invitando «tutti alla riflessione». Ed «è realistico rendersi conto che le cose non stanno andando nel verso giusto» cercando quindi di «trovare anche delle vie di soluzione». Questo è proprio l’obiettivo del Pontefice. «Ognuno può dare il suo contributo, ma c’è bisogno di un cambio».

A Philadelphia, poi, Francesco incontrerà le famiglie di tutto il mondo. E il segretario di Stato ha confermato, nell’intervista al Centro televisivo vaticano, che il Papa «ha visto e vede e vive questo momento proprio come un ultimo momento in preparazione anche al Sinodo che si svolgerà in ottobre». Anche nell’incontro di Philadelphia il Pontefice vuole «mettere in luce soprattutto la bellezza della famiglia e il messaggio che il Vangelo offre alle famiglie, l’aiuto che il Vangelo offre alle famiglie». Quindi, ha proseguito il porporato, il centro è «questo aspetto positivo» che però non deve assolutamente far «dimenticare anche le grandi sfide che la famiglia pone al mondo di oggi». Ecco che Philadelphia «sarà davvero una preparazione immediata all’assemblea del Sinodo dei vescovi». Ma, ha concluso il segretario di Stato, quell’incontro «darà a tutti i partecipanti, darà alla Chiesa intera, questo nuovo entusiasmo e questa voglia di proclamare il Vangelo della famiglia e, nello stesso tempo, di aiutare le famiglie che si trovano in qualsiasi genere di difficoltà a vivere questo Vangelo nella sua pienezza che è fonte di gioia, di pace e di felicità per tutti».

 
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