Archivi giornalieri: 26 novembre 2014

Salvini, il nuovo prodotto dello show bipolarista

EDITORIALE

Salvini, il nuovo prodotto dello show bipolarista

—  Loris Caruso, 22.11.2014

Il nuovo pro­dotto è pronto. La poli­tica in crisi di con­senso deve pro­durre lea­der, ven­derli e pro­durne di nuovi, per ali­men­tare lo spet­ta­colo dello scon­tro bipo­la­ri­sta e il flusso illusione-disillusione su cui si basa. Il nuovo pro­dotto è natu­ral­mente Mat­teo Sal­vini. I nuovi pro­dotti poli­tici ven­gono sem­pre lan­ciati da mas­sicce cam­pa­gne pub­bli­ci­ta­rie, ma forse la cam­pa­gna per la pro­du­zione e per la pro­mo­zione di Sal­vini non ha pre­ce­denti. D’altra parte si par­tiva da con­di­zioni dif­fi­cili: una Lega al 3 per cento. L’avventura era par­ti­co­lar­mente affascinante.

Il segre­ta­rio della Lega è inin­ter­rot­ta­mente in tele­vi­sione, spesso due volte al giorno, dalla cam­pa­gna elet­to­rale per le euro­pee. Non può essere solo per­ché «fa audience» (fa audience?). Dopo, ci si pro­duce in con­ti­nue ana­lisi sul per­ché la Lega cre­sca nei son­daggi, cele­brando le doti del lea­der, le sue abi­lità comu­ni­ca­tive, la sua bra­vura ad inter­cet­tare gli umori popo­lari. La Lega cre­sce per­ché Sal­vini è in tele­vi­sione due volte al giorno. Una parte secon­da­ria del merito va anche alla sua capa­cità di indi­vi­duare poche chiare que­stioni per posi­zio­narsi sul mer­cato (No all’Euro e all’immigrazione). Ma nes­suno se ne accor­ge­rebbe se non ci fosse la prima condizione.

Si può imma­gi­nare quali siano gli effetti spe­rati di que­sta cam­pa­gna di suc­cesso. Par­tiamo dal set­tore di mer­cato che deve con­qui­stare: il suo prin­ci­pale desti­na­ta­rio sono i ceti popo­lari, cioè il prin­ci­pale tar­get di tutte le più recenti cam­pa­gne per il lan­cio dei lea­der, che infatti sono cre­sciuti elet­to­ral­mente innan­zi­tutto in quell’area.

Primo effetto: la Lega, nel suo nuovo vestito lepe­ni­sta, è in grado di spo­stare il discorso sulla crisi dal piano sociale a quello della sicu­rezza. Una fun­zione fon­da­men­tale, men­tre rie­merge in Ita­lia una dia­let­tica sociale che riguarda il lavoro e le con­di­zioni di vita dei set­tori popo­lari. A que­sto si aggiunga la cam­pa­gna, lan­ciata dal Cor­riere e ripresa dai talk show, sulle case occu­pate. Primo risul­tato: la rap­pre­sen­ta­zione è quella di un mondo popo­lare infil­trato dalla cri­mi­na­lità e il cui pro­blema prin­ci­pale sono gli immi­grati. Il suo secondo e terzo pro­blema sono i poli­tici e i sindacati.

Secondo effetto: Renzi è stato in que­sti mesi il mono­po­li­sta del mer­cato poli­tico. Ma la rap­pre­sen­ta­zione spet­ta­co­lare dello sport poli­tico non regge se non c’è un nemico, l’antagonista, lo sfi­dante, il cat­tivo. A che cosa appas­sio­narsi altri­menti? Il mer­cato è com­pe­ti­zione, il pro­dotto vin­cente deve essere sfi­dato dal pro­dotto che lo sosti­tuirà. In più: nella pros­sima cam­pa­gna elet­to­rale l’ex mono­po­li­sta potrà dire che biso­gna votare Pd per evi­tare il pericolo-Lega. Così, men­tre l’elettorato di sini­stra sarà ten­tato di votare un nuovo pos­si­bile sog­getto poli­tico, si potrà ancora ricor­rere alla magia del voto utile.

Il tema cen­trale è dun­que lo spo­sta­mento del con­flitto sociale su altri piani. Il prodotto-Grillo e il prodotto-Renzi l’hanno spo­stato sul piano delle oppo­si­zioni tra vec­chio e nuovo, tra sistema (poli­tico) e anti-sistema, tra Casta e anti-Casta. Adesso biso­gna tro­vare qual­che nuovo ter­reno di gioco, non si può fare sem­pre la stessa gara (il pub­blico si anno­ie­rebbe e guar­de­rebbe altrove). Ed ecco rie­mer­gere la questione-sicurezza, eterna Fenice che risorge nei momenti di pos­si­bile muta­mento poli­tico. Il Cor­riere della Sera a que­sti rea­lity par­te­cipa sem­pre con entu­sia­smo e da pro­ta­go­ni­sta: il brand della Casta, come la cam­pa­gna sulla lega­lità nelle peri­fe­rie, è nato sulle sue colonne.

Con­tem­po­ra­nea­mente, tutti i media cele­brano dalla mat­tina alla sera la messa can­tata delle virtù dell’impresa. Gli impren­di­tori licen­ziano, chiu­dono, delo­ca­liz­zano, non pagano i dipen­denti, li for­zano a dimet­tersi, ren­dono le aziende luo­ghi invi­vi­bili (si trovi qual­cuno che è con­tento del suo lavoro) e privi di libertà, non inve­stono in ricerca, cor­rom­pono i poli­tici, cer­cano uni­ca­mente posi­zioni di mer­cato pro­tette (la meri­to­cra­zia è per qual­cun altro, è com­pe­ti­zione tra i desti­na­tari di que­ste cam­pa­gne pub­bli­ci­ta­rie). Ma la rap­pre­sen­ta­zione una­nime degli impren­di­tori è quella degli eroi (in prima fila, nella messa can­tata, c’è Sal­vini). Nei talk show cir­cola costan­te­mente anche una nuova figura: il gio­vane star­tup­per, magari emi­grato in Ame­rica per aprire un’impresa inno­va­tiva che dà tanti posti di lavoro a gio­vani di talento (agli altri no, se non hai talento puoi stare a casa). Lo stur­tup­per, vestito a metà tra il vir­tuoso dello ska­te­board e il pro­prie­ta­rio di un Fondo inve­sti­menti, occupa più o meno la posi­zione del Mes­sia: lo si mette al cen­tro dello stu­dio, lo si cele­bra, gli si chiede a bocca aperta «Cosa dob­biamo fare?», si punta il dito verso la tele­ca­mera e, soprat­tutto se si è un gior­na­li­sta del Cor­riere della Sera, si dice: gio­vani, avete capito? Dovete fare così.

In que­sti anni si è esa­ge­rato a cele­brare la fine della cen­tra­lità del con­flitto di classe in società che erano e restano capi­ta­li­sti­che. Que­sto con­flitto si pre­senta sem­pre in forme spu­rie, cam­bia nel tempo, a volte è dif­fi­cile da leg­gere, ma incide sem­pre in modo deter­mi­nante sulla poli­tica. Molte cose rile­vanti pos­sono essere lette a par­tire da que­sta chiave, che ovvia­mente non è mai esau­stiva. Per esem­pio, può essere letta così tutta la tra­iet­to­ria che va dal Pci al Pd: il suo spo­sta­mento dalla cen­tra­lità del lavoro alla cen­tra­lità dell’impresa è il nucleo fon­da­men­tale di ogni suo cam­bia­mento. Oppure le vicende poli­ti­che che vanno dal 2006 a oggi: la cam­pa­gna per la lotta alla Casta e per la dif­fu­sione dell’antipolitica, lan­ciata men­tre in Par­la­mento c’erano 150 rap­pre­sen­tanti della sini­stra radi­cale; la crea­zione, nello stesso periodo, del Pd, con la pro­mo­zione del Vel­troni inno­va­tore che cor­reva da solo; la grande coa­li­zione Pd-Forza Ita­lia; Renzi; Sal­vini. Non si pos­sono leg­gere que­sti eventi senza con­si­de­rarli anche un momento del con­flitto di classe dei ric­chi con­tro i poveri (e con­tro i loro rap­pre­sen­tanti), con­tem­po­ra­neo all’esplodere di una crisi finan­zia­ria, eco­no­mica e sociale quasi-permanente.

Un nuovo sog­getto poli­tico della sini­stra può solo ripar­tire da que­sto luogo, da que­sto tema e da que­sti sog­getti. Dagli alleati e dagli avver­sari che può avere in que­sto con­te­sto. Biso­gna farlo in modo inno­va­tivo, certo, ma senza più indu­giare su alibi come «la società è cam­biata», «non ci sono più le grandi fab­bri­che», «ormai gli ope­rai votano a destra».

Regione CALABRIA

 Regione CALABRIA

Elettori: 1.897.729 Sez. scrutinate pres.: 2.407 su 2.409 – Sez. scrutinate liste circ.: 2.407 su 2.409Dato aggiornato al 25/11/2014 – 11:14
CANDIDATI PRESIDENTE E LISTE VOTI  % VOTI  % SEGGI
OLIVERIO GERARDO MARIO 489.559 61,40
PARTITO DEMOCRATICO PARTITO DEMOCRATICO 185.097 23,68 9
OLIVERIO PRESIDENTE OLIVERIO PRESIDENTE 97.208 12,44 5
DEMOCRATICI PROGRESSISTI DEMOCRATICI PROGRESSISTI 56.878 7,27 3
CALABRIA IN RETE - CAMPODEMOCRATICO CALABRIA IN RETE – CAMPODEMOCRATICO 40.738 5,21 1
LA SINISTRA LA SINISTRA 34.109 4,36 1
AUTONOMIA E DIRITTI AUTONOMIA E DIRITTI 29.297 3,74
CENTRO DEMOCRATICO CENTRO DEMOCRATICO 26.805 3,43
NUOVO CDU NUOVO CDU 12.004 1,53
Totale 482.136 61,70 19
FERRO WANDA 188.167 23,60
FORZA ITALIA FORZA ITALIA 95.979 12,28 5
CASA DELLE LIBERTA' CASA DELLE LIBERTA’ 67.166 8,59 3
FRATELLI D'ITALIA - ALLEANZA NAZIONALE FRATELLI D’ITALIA – ALLEANZA NAZIONALE 19.347 2,47
Totale 182.492 23,35 8
D’ASCOLA VINCENZO MARIO DOMENICO DETTO NICO 69.392 8,70
NUOVO CENTRO DESTRA NUOVO CENTRO DESTRA 47.447 6,07 3
UNIONE DI CENTRO UNIONE DI CENTRO 21.011 2,68
Totale 68.458 8,76 3
CANTELMI CONO 39.549 4,96
MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT 38.231 4,89
GATTUSO DOMENICO 10.549 1,32
L'ALTRA CALABRIA L’ALTRA CALABRIA 10.043 1,28
Totale voti candidati presidente 797.216
Totale voti liste 781.360
Totale seggi attribuiti alle liste 30

  • SI PRECISA CHE IL RIPARTO DEI SEGGI PROVVISORIO E’ STATO EFFETTUATO IN MANCANZA DI DUE SEZIONI DEL COMUNE DI CASTROLIBERO (CS), IN QUANTO GLI ATTI RELATIVI ALLE SUDDETTE SEZIONI VERRANNO TRASMESSI ALL’UFFICIO CENTRALE CIRCOSCRIZIONALE PER GLI ADEMPIMENTI DI COMPETENZA. TUTTE LE PREFERENZE DEL COMUNE SARANNO PUBBLICATE ALL’ESITO DEL DATO DEFINITIVO.
I dati si riferiscono alle comunicazioni pervenute dai comuni, tramite le prefetture, e non rivestono, pertanto, carattere di ufficialità. La proclamazione ufficiale degli eletti è prerogativa degli uffici elettorali territorialmente competenti, retti da magistrati. La ripartizione dei seggi e l’individuazione degli eletti non tengono conto di eventuali “opzioni”, incompatibilità e surroghe.

Elezioni Regionali 2014 Emilia Romagna e Calabria

  • Scheda elettorale
  • ITALIA
  • / Reg. EMILIA-ROMAGNA

 Regione EMILIA-ROMAGNA

Elettori: 3.460.402 – Votanti: 1.304.841 (37,70%)
Sez. scrutinate pres.: Definitivo – Sez. scrutinate liste circ.: DefinitivoDato aggiornato al 24/11/2014 – 20:14
CANDIDATI PRESIDENTE E LISTE VOTI  % VOTI  % SEGGI
BONACCINI STEFANO eletto 615.723 49,05
PARTITO DEMOCRATICO PARTITO DEMOCRATICO 535.109 44,52 29
SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 38.845 3,23 2
EMILIA ROMAGNA CIVICA EMILIA ROMAGNA CIVICA 17.984 1,49
CENTRO DEMOCRATICO-DEMOCRAZIA SOLIDALE CENTRO DEMOCRATICO-DEMOCRAZIA SOLIDALE 5.247 0,43
Totale 597.185 49,69 31
FABBRI ALAN   eletto consigliere 374.736 29,85
LEGA NORD LEGA NORD 233.439 19,42 8
seggio detratto  FORZA ITALIA FORZA ITALIA 100.478 8,36 2
FRATELLI D'ITALIA - ALLEANZA NAZIONALE FRATELLI D’ITALIA – ALLEANZA NAZIONALE 23.052 1,91 1
Totale 356.969 29,70 11
GIBERTONI GIULIA 167.022 13,30
MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT 159.456 13,26 5
QUINTAVALLA MARIA CRISTINA 50.211 4,00
L'ALTRA EMILIA ROMAGNA L’ALTRA EMILIA ROMAGNA 44.676 3,71 1
RONDONI ALESSANDRO 33.437 2,66
NCD - UDC - EMILIA-ROMAGNA POPOLARE NCD – UDC – EMILIA-ROMAGNA POPOLARE 31.635 2,63
MAZZANTI MAURIZIO 14.129 1,12
LIBERI CITTADINI LIBERI CITTADINI 11.864 0,98
Totale voti candidati presidente 1.255.258
Totale voti liste 1.201.785
Schede bianche 15.327 1,17 %
Schede nulle 34.145 2,61 %
Schede contestate e non assegnate 111 0,00 %
Seggio al candidato presidente eletto consigliere   1
Totale seggi attribuiti alle liste   48
  • ALLA LISTA CONTRASSEGNATA CON seggio detratto E’ STATO DETRATTO UN SEGGIO A FAVORE DEL CANDIDATO PRESIDENTE COLLEGATO
I dati si riferiscono alle comunicazioni pervenute dai comuni, tramite le prefetture, e non rivestono, pertanto, carattere di ufficialità. La proclamazione ufficiale degli eletti è prerogativa degli uffici elettorali territorialmente competenti, retti da magistrati. La ripartizione dei seggi e l’individuazione degli eletti non tengono conto di eventuali “opzioni”, incompatibilità e surroghe.

«Questo non è il governo della gente che lavora»

L’UNIONE SARDA – Politica: «Questo non è il governo della gente che lavora»

26.11.2014

Fino a metà corteo Maurizio Landini regge lo striscione d’apertura con la sinistra, la destra tesa verso chi vuole salutarlo e stringergli la mano. Poi si sfila e, come uno sposo che fa la spola tra i tavoli, va su e giù per concedersi ai selfie scattati col telefonino e reggere ora lo striscione degli studenti (“Uno di noi – Landini uno di noi”), ora quello del Sulcis. Prima di salire sul palco di piazza Garibaldi e gridare il suo incoraggiamento ai lavoratori della Keller e dell’Alcoa, il leader della Fiom porta per tutto il corteo il soffio della protesta contro le scelte di un governo «che non ha il sostegno dei lavoratori, va avanti a colpi di fiducia ed è nato perché in Parlamento hanno fatto una certa manovra, non dalle elezioni». Felpa nera e frangetta brizzolata, anche nel look Landini è l’antitesi di Renzi e di quel renzismo che ora, più o meno sottovoce, gli addebita anche la diserzione elettorale del popolo progressista, sconcertato dallo scontro fra partito e sindacato. Landini, qualche senso di colpa per l’astensionismo in Emilia e Calabria? «Ma neanche lontanamente, ci mancherebbe. Fra l’altro io vivo proprio in Emilia (almeno il sabato e la domenica, finché mia moglie non cambia le serrature di casa) e personalmente sono andato a votare». Per chi? «Questo non te lo dico. Sono andato, dicevo, ma se in una terra dove il voto è sempre stato considerato un diritto da difendere c’è tanta gente che sceglie di non andarci, allora c’è un’emergenza. La verità è che questo governo non ha il consenso della gente che lavora e di quella che il lavoro se lo deve cercare». Attenzione: è dell’altro ieri la retromarcia su Renzi che “non ha il consenso degli onesti”. «Quella è stata una cavolata e l’ho detto subito, il fatto è che di cavolate poi ne ho sentito molte altre e nessuno si è scusato. Comunque quella storia è andata così: eravamo a Napoli e ho detto un sacco di cose, a un certo punto l’addetto stampa mi fa: “Guarda che sta succedendo di tutto per questa cosa che hai detto”, io francamente non me la ricordavo neppure e quindi ho voluto rivedere il video. Quando l’ho sentita ho voluto subito precisare che quella frase non rispecchiava il mio pensiero e mi ero espresso male, ma quelli che volevano dare fiato alle trombe erano già partiti, figurarsi. Comunque io che quella era una cavolata l’ho detto, ma allora dire che la gente sciopera perché vuole farsi il ponte che cos’è? Non ho sentito scuse per quella frase, ma davanti a uno che guadagna mille, millecento euro al mese e decide di perdere una giornata di salario per dire che non è d’accordo con te, devi portare rispetto e toglierti il cappello». Molti sardi i mille euro non li hanno più. «Questa è la regione che ha pagato e sta pagando il prezzo più alto alla crisi. Ora è indispensabile difendere le industrie che ancora reggono, perché un posto di lavoro che viene a mancare oggi è perso per sempre, e puntare sul turismo e sull’agricoltura. Per fare questo però serve una strategia, una visione». Serve anche autonomia, mentre dobbiamo fare sempre più i conti col centralismo del governo. «Magari il problema fosse il centralismo: io vedo più che altro furbizia. Se grido che ho abbassato le tasse e poi le scarico sulle regioni e sui comuni, costringendoli a tagliare i servizi o aumentare le imposte, questo che cos’è se non uno scaricabarile inaccettabile? Siamo seri, dai. E poi un’altra cosa: bisogna che Renzi diventi un po’ più umile. Quando gli ho sentito dire che lui “ha creato lavoro” mi son detto: “Dio bono, credevo che finora ce ne fosse stato solo uno che creava le cose così. Moltiplicava i pani e i pesci e camminava sulle acque ma forse a creare lavoro non ci era arrivato neanche lui”. Poi ho capito: siccome Gesù veniva da Nazaret, ora che ha firmato il patto del Nazareno crede di avere anche lui quei poteri». Presumibilmente si riferiva al Jobs Act. «Ma il lavoro non lo crei mica tagliando le tasse a tutti, comunque si comportino, e dando agli imprenditori la possibilità di licenziare e di fare come cavolo gli pare. Le multinazionali non investono in Italia perché da noi l’energia costa, la corruzione cresce, un pezzo dell’economia è in mano alla malavita organizzata e le infrastrutture mancano, mica perché c’è l’articolo 18. Vuoi tagliare le tasse? Siamo stati i primi a dire di abbassarle a chi investe gli utili in ricerca, ma chi fa speculazione finanziaria devi tassarlo al 99 per cento. No, non è così che si crea lavoro». E come? «Io per lavoro vado su e giù per il Paese: se devo spostarmi fra Milano e Torino viaggio veloce e puntuale ma se devo spostarmi al Sud o lungo l’Adriatico son dolori. Qui serve un grande piano di investimenti straordinari dello Stato – anche nella siderurgia, perché no? – che rilanci gli investimenti nelle infrastrutture. Non dico di rifare l’Iri ma non dimentico nemmeno che noi sappiamo fare i treni, sappiamo fare le auto e le navi, i furgoni e gli aeroplani, e siamo per posizione geografica la più grande base logistica del Mediterraneo: perché dobbiamo vedere i lavoratori licenziati e le competenze professionali che vanno perse per il sistema degli appalti e poi dei subappalti e poi dei trisappalti e poi le cooperative, senza che ci sia l’obbligo per chi vince una gara di rispettare i contratti nazionali di lavoro?». Il piano come si finanzia? «Negli Stati Uniti la Federal Reserve stampa moneta per fermare la disoccupazione e dice allo Stato: se hai un debito pubblico troppo pesante ti metto in grado di allungarlo. Se ho un mutuo e mi danno la possibilità di pagarlo in 40 anni anziché in 10 la vita mi cambia o no? Se l’Italia venisse messa in grado di pagare 50 miliardi di interessi sul debito anziché 110 ne avrebbe 60 per finanziare un piano di rilancio: perché non è questa la battaglia che facciamo in Europa?».

Rassegna stampa del 26/11/2014

Rassegna stampa
Nota di servizio: come già comunicato a suo tempo, la rassegna stampa sul sito istituzionale della Regione Sardegna non comprende articoli de la Nuova Sardegna a seguito di un espresso divieto di riproduzione.
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29 novembre 1847, perfetta fusione della Sardegna con il Piemonte: una data infausta per la Sardegna

29 novembre 1847, perfetta fusione della Sardegna con il Piemonte: una data infausta per la Sardegna

di Francesco Casula

Il 29 novembre prossimo ricorre  il 167° Anniversario di una data infausta per la Sardegna: la Fusione perfetta con gli stati sabaudi di terraferma, Con essa l’Isola veniva deprivata del suo Parlamento e finiva così il Regnum Sardiniae.

Se si è scritto che siano stati i Sardi stessi a rinunciarvi. Si tratta di una grossa balla: non è assolutamente vero. A chiedere  la Fusione, che verrà decretata da Carlo Alberto, furono alcuni membri degli Stamenti di Cagliari e di Sassari, senza alcuna delega né rappresentatività né stamentaria né, tanto meno, popolare. Il Parlamento neppure si riunì. Tanto che Sergio Salvi, lo scrittore e storico fiorentino gran conoscitore di cose sarde ha parlato di “rapina giuridica”.

Mi si potrà obiettare : e le manifestazioni pubbliche che si svolsero a Cagliari (dal 19 al 24 novembre) e a Sassari nel 1847 non servono come titolo di rappresentatività popolare? Non sono esse segno e testimonianza che la popolazione sarda voleva e richiedeva la Fusione?

Per intanto occorre chiarire che quelle pubbliche manifestazioni, erano poco rappresentative della popolazione sarde in quanto i partecipanti appartenevano sostanzialmente ai ceti urbani. Ma soprattutto esse rispondevano esclusivamente agli interessi della nobiltà ex feudale, illecitamente arricchitasi, con la cessione dei feudi in cambio di esorbitanti compensi, che riteneva più garantite le proprie rendite dalle finanze piemontesi piuttosto che da quelle sarde. Nella fusione inoltre  vedevano una possibile fonte di arricchimento la borghesia impiegatizia e i ceti mercantili. Dentro la cortina fumogena del riformismo liberale europeo, avanzavano inoltre anche in Sardegna, spinte ideologiche e patriottarde – rappresentate soprattutto dalla borghesia intellettuale (avvocati, letterati, professionisti in cerca di lustrini) e dagli studenti universitari – che vedevano nella Fusione la possibilità che venissero estese anche alla Sardegna riforme liberali quali l’attenuazione della censura sulla stampa, la limitazione degli abusi polizieschi, qualche libertà commerciale e persino un primo passo verso l’unificazione degli Stati italiani.

“Per la ex nobiltà feudale – scrive Girolamo Sotgiu –  la conservazione delle vecchie istituzioni non aveva alcun interesse. La possibilità di conservare un peso politico era ormai data soltanto dalle posizioni da conquistare nelle istituzioni militari e civili del regno sabaudo e dalla conservazione di una forza economica fondata non più tanto sul possesso della terra, quanto delle cartelle del debito pubblico, e « le cedole di Sardegna – come afferma il Baudi di Vesme – colla riunione delle due finanze [avrebbero acquistato]  il dieci e più per cento di valore commerciale, ed il capitale che dava cinque lire di entrata, e [che si vendeva ] a lire  108 sarebbe immediatamente salito alle 120 e più» 1

Comunque, se le stesse Manifestazioni contengono una serie di ambiguità, specie rispetto agli obiettivi che si proponevano, in ogni caso ben altre e diverse erano le aspirazioni delle masse popolari, urbane come quelle dei pastori e contadini e difforme l’atteggiamento verso il Piemonte.

Scrive ancora Girolamo Sotgiu:”Che gli orientamenti più largamente diffusi fossero diversi è dimostrato da molti fatti. L’ostilità contro i piemontesi era forte come non mai, e le riforme erano viste anche come strumento per alleggerire il peso di un regime di sopraffazione politica che era tanto più odioso in quanto esercitato dai cittadini diun’altra nazione; per ottenere cioè non una fusione ma quanto più possibile di separazione”. 2

Tanto che lo storico piemontese Carlo Baudi di Vesme scrive che “correvano libelli sediziosi forieri della tempesta e quasi ad alta voce si minacciava un rinnovamento del novantaquattro”.3

Ovvero una nuova cacciata dei piemontesi, considerati i responsabili principali della drammatica situazione economica aggravata dalla crisi delle campagne (fallimento dei raccolti) e dall’esosità del fisco. Lo stesso Vesme ricorda ancora che “un sarto, per nome Manneddu, sollevò il grido di Morte ai Piemontesi in teatro, nel colmo delle manifestazioni di esultanza per la concessione delle riforme”. 4

E sulla Torre dell’Elefante, a Cagliari, il giorno della partenza per Torino di alcuni membri degli Stamenti, il 24 novembre, per chiedere la sciagurata fusione, apparve un manifesto con la scritta:Viva la lega italiana/e le nuove riforme/Morte ai Gesuiti e ai piemontesi/Concittadini:ecco il momento disiato/della sarda rigenerazione.

Giovanni Siotto Pintor inoltre scrive che nei giorni delle dimostrazioni “Moltissimi contadini di Teulada traevano a Cagliari credendo a una rivolta” per sostenerla e rafforzarla e che “cinquecento armati del vicino paese di Selargius stavano pronti a venire al primo avviso” e che “v’erano uomini di Aritzo, d’Orgosolo, di Fonni mandati per sapere se [c’era] mestieri d’aiuto nel qual caso [sarebbero venuti] otto centinaia di uomini armati”. 5

Con la Fusione Perfetta con gli stati del continente, la Sardegna perderà ogni forma residuale di sovranità e di autonomia statuale per confluire nei confini di uno stato più grande e il cui centro degli interessi risultava naturalmente radicato sul continente. L’Unione Perfetta non apportò alcun vantaggio all’Isola, né dal punto di vista economico, né da quelli politico, sociale e culturale. Tale esito fallimentare fu ben chiaro sin dai primi anni  con l’aggravamento fiscale e una maggiore repressione che sfociò nello stato d’assedio, – che divenne sistema di governo –  sia con Alberto la Marmora (1849) che con il generale Durando (1852)

Gli stessi sostenitori della Fusione, ad iniziare da Giovanni Siotto-Pintor, parlarono difollia collettiva, riconoscendo l’errore. Errammo tutti, ebbe a scrivere Pintor.

Gianbattista Tuveri sostenne che dopo la Fusione “La Sardegna era diventata una fattoria del Piemonte, misera e affamata di un governo senza cuore e senza cervello”.

 

Note Bibliografiche

1. Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna sabauda, Edizioni Laterza, Roma.Bari, 1984, pag. 306.

2. Ibidem, pagg. 307-308

3. Carlo Baudi di Vesme, Considerazioni politiche ed economiche sulla Sardegna, Stamperia reale, Torino 1848 pag.181.

4. Ibidem, pag. 189.

5. Giovanni Siotto Pintor, Storia civile dei popoli sardi dal 1798 al 1848, Casanova, Torino, 1877, pag. 518.

Patronati

Tagli ai patronati: il 27 novembre incontro a Roma con i Parlamentari

Mentre è in corso l’esame della legge di Stabilità in commissione Bilancio della Camera,prosegue l’azione di mobilitazione di  Acli, Inas, Inca e Ital contro i tagli ai patronati contenuti nella manovra finanziaria.

Il 27 novembre, a Roma, dalle 10.30 alle 13, a Montecitorio, presso il Capranichetta è previsto un incontro con i parlamentari del Lazio. All’iniziativa, promossa da Acli, Inas, Inca e Ital, insieme a Cgil, Cisl e Uil, hanno aderito altri patronati: Enasco, del commercio, Itaco, della Confesercenti, Epasa, della Confederazione nazionale artigiani e Inac, della Confederazione italiana agricoltori.

Patronati

Tagli ai patronati – Inps regionale Sardegna, no ad un vero e proprio prelievo fiscale

Il Comitato regionale Inps della Sardegna assume e condivide gli ordini del giorno approvati dai Comitati provinciali di Cagliari, Sassari e Nuoro contro i tagli alle risorse dei patronati, proposti dal Governo nella legge di stabilità 2015 in discussione in Parlamento.

“La norma non solo – si legge nel documento – si configura come un vero e proprio prelievo fiscale a carico di tutti i lavoratori, ma mette in discussione la funzionalità ed esistenza de patronati, che oggi assicurano ai cittadini pari opportunità di accesso a prestazioni previdenziali e assistenziali essenziali”.

Il Comitato regionale Inps Sardegna auspica, pertanto, che l’Istituto a livello centrale intervenga autorevolmente presso il Governo per cancellare le disposizioni contenute nell’articolo 26 comma 10 della legge di stabilità 2015.

jobs act

Giovani Cgil, jobs act fa acqua da tutte le parti

I giovani della Cgil criticano le misure contenute nel Jobs Act e oggi alle 12 daranno vita a un flash mob dal titolo “Il Jobs Act fa acqua da tutte le parti”. I ragazzi si sono dati appuntamento alle ore 12 in via del Corso, all’altezza della Galleria Alberto Sordi in piazza Colonna, “per smascherare i veri contenuti” del disegno di legge delega sul lavoro. L’iniziativa rientra nell’ambito della campagna ”Xtutti”.

Dopo l’approvazione ieri alla Camera del Jobs Act, e il prossimo via libera definitivo da parte del Senato, i giovani del sindacato guidato da Susanna Camusso saranno oggi in piazza, nei pressi di palazzo Chigi, sede del governo, ”approfittando della pioggia”: “perché sia visibile a tutti – spiegano – come il provvedimento sul lavoro ”faccia acqua” da tutte le parti”. Sarà quest’ultimo, infatti, il tema sul quale ”giocheranno” i giovani Cgil per dare vita al Flash mob.

Ma quella di oggi, fanno sapere i giovani del sindacato, “sarà soltanto la prima delle tante iniziative che metteremo in campo in vista dello sciopero generale del prossimo 12 dicembre. La mobilitazione infatti non si esaurirà con l’approvazione della legge delega, né tantomeno con lo sciopero generale, ma continuerà anche oltre, parallelamente al varo dei decreti delegati, contro le politiche del governo, a partire dai temi del lavoro, e perché ci sia un vero e positivo cambiamento”.

26/11/2014 10.43