Archivi giornalieri: 12 febbraio 2014

Un sistema carcerario inaccettabile

 

· I vescovi brasiliani dopo gli incidenti in un istituto nel Maranhão ·

11 febbraio 2014

  

In Brasile è quanto mai «urgente» una riforma del sistema carcerario per evitare che il sovraffollamento degli istituti di pena possa scatenare nuovi sanguinosi episodi di violenza e possano quindi ripetersi episodi come quelli avvenuti nel complesso di Pedrinhas, nello Stato del Maranhão, dove sessantatré detenuti sono stati uccisi nel corso dell’ultimo anno. È quanto si legge in un comunicato dell’episcopato brasiliano nel quale si sottolinea come sia «deplorevole» che lo Stato e la società si occupino della situazione carceraria quando accadono vicende spaventose, come appunto quelle del Maranhão.

Secondo i presuli, le «soluzioni d’emergenza» proposte dalle autorità, come per esempio il trasferimento dei detenuti più pericolosi in strutture federali di massima sicurezza, «non affrontano il problema alle radici e non portano a quelle riforme strutturali richieste dall’attuale sistema di giustizia penale». Secondo il documento, «il fallimento del nostro sistema di giustizia penale è dovuto dalla politica dell’incarcerazione di massa ed è dimostrato da condizioni di detenzione disumane», con pratiche che si avvicinano alla «tortura» e una «mancanza di preparazione dei funzionari carcerari». Incontrando i giornalisti, il vescovo ausiliare di Brasília e segretario generale dell’episcopato, monsignor Leonardo Ulrich Steiner, ha spiegato che il 40 per cento dei cinquecentomila detenuti del Paese è ancora in attesa di giudizio, mentre migliaia di altri hanno già scontato la loro pena, ma incredibilmente restano in carcere. «Le nostre prigioni, così come sono, non sono fatte per una vita dignitosa, né per il reinserimento sociale dei detenuti», ha aggiunto il vescovo. Secondo l’episcopato è dunque «urgente una riforma del sistema carcerario» e ciò comporta l’individuazione di «chiari obiettivi» per la soluzione del problema, nonché «la creazione di un gruppo o di un programma di monitoraggio sull’attuazione di questi obiettivi».

A messa senza orologio

 

· Il Pontefice celebra a Santa Marta ·

10 febbraio 2014

  

Alla messa non si va con l’orologio in mano, come se si dovessero contare i minuti o assistere ad una rappresentazione. Si va per partecipare al mistero di Dio. E questo vale anche per quanti si recano a Santa Marta alla messa celebrata dal Papa, che, ha detto infatti il Pontefice proprio questa mattina, lunedì 10 febbraio, ai fedeli presenti nella cappella della sua residenza, “non è una gita turistica. No! Voi venite qui e ci riuniamo qui per entrare nel mistero. E questa è la liturgia”.

Per spiegare il senso di questo incontro ravvicinato con il mistero, Papa Francesco ha ricordato che il Signore ha parlato al suo popolo non solo con le parole. “I profeti – ha detto – riferivano le parole del Signore. I profeti annunziavano. Il grande profeta Mosè ha dato i comandamenti, che sono parola del Signore. E tanti altri profeti dicevano al popolo quello che il Signore voleva”. Tuttavia “il Signore – ha aggiunto – ha parlato anche in un’altra maniera e in un’altra forma al suo popolo: con le teofanie. Quando cioè lui si avvicina al popolo e si fa sentire, fa sentire la sua presenza proprio in mezzo al popolo”. Ed ha ricordato, oltre all’episodio proposto dalla prima lettura (1 Re 8,1-7.9-13) alcuni passaggi riferiti ad altri profeti.

“Succede lo stesso anche nella Chiesa – ha spiegato il Papa –”. Lo fa attraverso la sua Parola raccolta nel Vangelo e nella Bibbia; ci parla attraverso la catechesi, l’omelia. Non solo ci parla, ma “si fa anche presente – ha precisato – in mezzo al suo popolo, in mezzo alla sua Chiesa. E’ la presenza del Signore. Il Signore che si avvicina al suo popolo; si fa presente e condivide con il suo popolo un po’ di tempo”. Questo è ciò che avviene durante la celebrazione liturgica che certamente “non è un buon atto sociale – ha spiegato ancora il vescovo di Roma – e non è una riunione di credenti per pregare insieme. E’ un’altra cosa” perchè “nella liturgia eucaristica Dio è presente” e, se possibile, si fa presente in modo ancor “più vicino”. La sua, ha detto ancora il Papa, “è una presenza reale”. E “quando parlo di liturgia – ha puntualizzato il Pontefice – mi riferisco principalmente alla santa messa. Quando celebriamo la messa, non facciamo una rappresentazione dell’Ultima Cena”. La messa “non è una rappresentazione; è un’altra cosa. E’ proprio l’Ultima Cena; è proprio vivere un’altra volta la passione e la morte redentrice del Signore. E’ una teofania: il Signore si fa presente sull’altare per essere offerto al Padre per la salvezza del mondo”.

Quindi Papa Francesco ha riproposto, come spesso è solito fare, un comportamento usuale nei fedeli: “Noi sentiamo o diciamo: ‘ma, io non posso adesso, devo andare a messa, devo andare a sentire messa’. La messa non si sente, si partecipa. E si partecipa in questa teofania, in questo mistero della presenza del Signore fra noi”. E’ qualcosa di diverso da altre forme della nostra devozione, ha precisato ancora portando a esempio il presepio vivente “che facciamo nelle parrocchie a Natale, o la Via Crucis che facciamo nella Settimana Santa”. Queste, ha spiegato, sono rappresentazioni; l’eucaristia è “una commemorazione reale, cioè è una teofania. Dio si avvicina ed è con noi e noi partecipiamo del mistero della redenzione”.

Il Pontefice si è poi riferito ad un altro comportamento assai comune tra i cristiani: “Quante volte – ha notato infatti – contiamo i minuti… ’ho appena mezz’ora, devo andare a messa…’”. Questo “non è l’atteggiamento proprio che ci chiede la liturgia: la liturgia è tempo di Dio e spazio di Dio, e noi dobbiamo metterci lì nel tempo di Dio, nello spazio di Dio e non guardare l’orologio. La liturgia è proprio entrare nel mistero di Dio; lasciarsi portare al mistero ed essere nel mistero”

E, rivolgendosi proprio ai presenti alla celebrazione ha così proseguito: “Per esempio, io sono sicuro che tutti voi venite qui per entrare nel mistero. Forse però qualcuno ha detto ’io devo andare a messa a Santa Marta, perché nella gita turistica di Roma c’è da andare a visitare il Papa a Santa Marta tutte le mattine…. No! Voi venite qui, noi ci riuniamo qui, per entrare nel mistero. E questa è la liturgia, il tempo di Dio, lo spazio di Dio, la nube di Dio che ci avvolge tutti”.

Quindi Papa Francesco ha condiviso con i presenti alcuni ricordi della sua infanzia: “Io ricordo che bambino, quando ci preparavano alla prima Comunione, ci facevano cantare ’O santo altare custodito dagli angeli’ e questo ci faceva capire che l’altare era custodito dagli angeli, ci dava il senso della gloria di Dio, dello spazio di Dio, del tempo di Dio. E poi, quando ci facevano fare la prova per la comunione, portavano le ostie per fare la prova e ci dicevano: ’guardate che queste non sono quelle che voi riceverete; queste non valgono niente, perché poi ci sarà la consacrazione’. Ci facevano distinguere bene una cosa dall’altra: il ricordo dalla commemorazione”. Dunque celebrare la liturgia significa “avere questa disponibilità per entrare nel mistero di Dio”, nel suo spazio, nel suo tempo.

E, avviandosi a conclusione, il Pontefice ha invitato i presenti a “chiedere oggi al Signore che ci dia a tutti questo senso del sacro, questo senso che ci faccia capire che una cosa è pregare a casa, pregare in chiesa, pregare il rosario, pregare tante belle preghiere, fare la via crucis, leggere la bibbia; e un’altra cosa è la celebrazione eucaristica. Nella celebrazione entriamo nel mistero di Dio, in quella strada che noi non possiamo controllare: lui soltanto è l’unico, lui è la gloria, lui è il potere. Chiediamo questa grazia: che il Signore ci insegni ad entrare nel mistero di Dio”.

Ore 9,45: Montecassino è rasa al suolo

Ore 9,45: Montecassino è rasa al suolo

 Settant’anni fa, il 15 febbraio 1944, il bombardamento alleato ·

12 febbraio 2014

Mariano Dell’Omo ricostruisce il bombardamento dell’abazia di Montecassino. Settant’anni fa scrive, il 15 febbraio 1944 alle ore 9,45. Montecassino è ormai rasa al suolo, anche se i bombardamenti, con più ondate di aerei, durano fino alle 15,45.

Nel suo proclama di protesta il comandante supremo di tutte le forze tedesche dislocate in Italia, maresciallo Albert Kesselring, annunciava subito dopo che da quel momento le rovine di Montecassino sarebbero state utilizzate a fini militari.

Due giorni dopo il bombardamento, il 17 febbraio, l’ottantenne abate Gregorio Diamare abbandonava incolume il monastero insieme ad alcuni monaci e civili; di lì nella tarda serata, accompagnato da dom Martino Matronola, futuro abate, era condotto a Castelmassimo nei pressi di Veroli, dov’era il quartier generale del tenente generale Fridolin von Senger und Etterlin, e trascorsa qui la notte, il giorno dopo, venerdì 18, l’abate e il suo segretario giungevano finalmente a Roma. Il 20 febbraio, alle 9 del mattino, l’anziano successore di san Benedetto era ricevuto in udienza da Papa Pio xii, al quale ripetutamente assicurava — come ci informano fonti diplomatiche del tempo — che «nell’interno dell’Abazia non vi furono mai né soldati tedeschi, né nidi di mitragliatrici, né cannoni, né posti di osservazione».

Un nuovo modo di guardarsi

12 febbraio 2014

 
 

 A trent’anni dalla firma del nuovo concordato tra Italia e Santa Sede ·

 

All’indomani della firma dell’Accordo che apporta modificazioni al Concordato lateranense, avvenuta a Villa Madama il 18 febbraio 1984, l’attenzione di molti fu richiamata dall’articolo 1, per il quale «La Repubblica Italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese».

Un momento della firma con il segretario di Stato, cardinale Agostino Casaroli, e il presidente del Consiglio, Bettino Craxi (18 febbraio 1984)

Nella seconda parte del primo articolo i commentatori colsero l’espressione di un nuovo modo nel reciproco riguardarsi tra Stato e Chiesa: non più sospettosamente, come nel 1929, ma in maniera amichevole, aperta, leale, secondo lo spirito della Costituzione repubblicana da un lato e degli insegnamenti del concilio Vaticano II dall’altro. La collaborazione «per il bene del Paese» acquisiva, tra l’altro, un particolare significato in un’Italia non ancora uscita dalla vicenda terroristica, nella quale il mondo cattolico aveva pagato un altissimo prezzo con il sacrificio di suoi esponenti impegnati nelle pubbliche istituzioni; una vicenda che aveva messo in evidenza preoccupanti fattori degenerativi del tessuto sociale e pericolosi allentamenti dei vincoli di solidarietà, che avevano in qualche modo contribuito alla formazione del “brodo di coltura” della violenza eversiva.

L’impegno alla collaborazione appariva come una nuova, felice opportunità, a fronte della necessità e dell’urgenza di ricostruire un tessuto valoriale nella società.

In effetti, una affermazione di reciproca collaborazione tra lo Stato e la Chiesa era del tutto assente nel testo del 1929. In questo ci si limitava a dichiarare, nella Premessa, che il Concordato era «inteso a regolare le condizioni della Religione e della Chiesa in Italia».

Nel primo articolo poi, alla luce del principio confessionista presente nello Statuto albertino, era precisato che «l’Italia (…) assicura alla Chiesa Cattolica il libero esercizio del potere spirituale, il libero e pubblico esercizio del culto, nonché della sua giurisdizione in materia ecclesiastica», col limite della «conformità alle norme del presente Concordato».

Già di qui, insomma, si coglieva lo spirito dell’accordo di allora: quello di una Chiesa in difesa che cercava di conquistare alcuni spazi della libertà, che è necessaria alla sua missione; quello, di uno Stato e di una Chiesa, che nella reciproca diffidenza guardano all’accordo come actio finium regundorum.

Del resto, nello stesso discorso tenuto alla Camera il 13 maggio 1929, in occasione della ratifica ed esecuzione dei Patti Lateranensi, Benito Mussolini manifestava pienamente detta diffidenza, laddove in apertura veniva ad affermare che tra lo Stato italiano e la Città del Vaticano «vi sono (…) due sovranità ben distinte, ben differenziate, perfettamente e reciprocamente riconosciute. Ma, nello Stato, la Chiesa non è sovrana e non è nemmeno libera».

Nel complesso, il mondo cattolico colse nell’articolo 2 sulla libertà della Chiesa la grande novità e, in qualche modo, il senso profondo dell’opera di revisione. Nel testo della disposizione, ancor più che il riferimento costituzionale percepì l’eco evidente degli insegnamenti del concilio Vaticano II, in particolare di quel paragrafo 76 della Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, nel quale si afferma che «la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra»; che entrambe «anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane»; che esse «svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti, in maniera tanto più efficace quanto meglio coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo».

Proprio nel riferimento alla collaborazione per il bene dell’uomo e della società civile si vide il riflesso della grande ecclesiologia del secondo concilio Vaticano, esposta nella Costituzione dogmatica sulla ChiesaLumen gentium, ma anche in documenti quali il decreto sull’apostolato dei fedeli laici Apostolicam actuositatem. Una ecclesiologia che aveva messo in evidenza la Chiesa non solo come gerarchia, come istituzione, ma anche come un popolo — il popolo di Dio, come lo definisce Lumen gentium — pellegrinante nella storia; un popolo chiamato ad animare la società secondo ciò che è buono e giusto. Il concilio ravvivava così l’antica consapevolezza, bene espressa in quel gioiello della letteratura cristiana antica che è la l’epistola A Diogneto, secondo cui «i cristiani svolgono nel mondo la stessa funzione dell’anima nel corpo» (vi, 1).

In definitiva, la percezione era che con l’accordo di Villa Madama si voltava decisamente pagina rispetto ai concordati del passato. In particolare ci si allontanava sensibilmente dalla tradizione novecentesca, che era stata profondamente segnata dal confronto della Chiesa con Stati totalitari o autoritari e dal ricorso allo strumento pattizio, al fine di conquistare spazi di libertà all’azione ecclesiastica.

In effetti nuova risultava l’architettura complessiva dell’accordo, con l’introduzione dell’inedito modello dell’“accordo-cornice”, caratterizzato dalla fissazione dei principi fondamentali e dal rinvio per le disposizioni di dettaglio ad ulteriori accordi applicativi, in cui coinvolgere la Conferenza episcopale italiana; nuova struttura dell’articolato, più asciutto, più snello, essenziale; ma soprattutto nuova la “filosofia” ispiratrice e giustificatrice dell’accordo, non più espressione dello ius cavendi, non più visto nella reciproca preoccupazione di porre in essere una actio finium regundorum, ma inteso come strumento espressione di libertà e di collaborazione per il bene comune. Con gli occhi della storia, si può dire che l’accordo di Villa Madama costituì il prototipo delle convenzioni concordatarie postconciliari.

A considerare in una prima lettura la disposizione contenuta nell’articolo 1, laddove le parti si impegnano alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese, non sfugge una certa problematicità dal punto di vista ermeneutico.

È da domandarsi, infatti, se quel duplice riferimento finalistico non costituisca una inutile endiadi, nella misura in cui il bene della comunità politica non può che risultare dal perseguimento del bene della persona umana, che pertanto va promosso. A ben guardare a tale doppio riferimento è sottesa una antropologia, che è propria della dottrina sociale della Chiesa ma che si riscontra anche nella Costituzione italiana, la quale, superando una mera concezione individualistica, guarda alla persona inserita nella fitta trama di relazioni sociali in cui effettivamente è immersa, che costituisce infine il tessuto della società, cioè di quanto viene indicato con il riferimento al Paese. Per la dottrina sociale della Chiesa, la persona non può trovare compimento solo in se stessa, ma nel suo essere con gli altri e per gli altri: dunque bene della persona e bene della società non si identificano né si contrappongono. L’uno e l’altro confluiscono in quel bene comune che non è la sommatoria dei beni individuali, bensì è il bene di ciascuno ma al tempo stesso di tutti, nella misura in cui soltanto insieme è possibile perseguirlo e raggiungerlo (Gaudium et spes, 26).

Viene poi da domandarsi: quale uomo? Quale bene? Come sovente accade, anche qui il diritto positivo parte da presupposti pregiuridici, che si hanno per dati. Si tratta in questo caso di presupposti che risultano condivisi dalla Chiesa e dalla Repubblica italiana: la persona umana nella sua originaria ed inalienabile dignità; le spettanze di cui essa stessa è portatrice, che danno luogo a diritti fondamentali riconosciuti e non attribuiti, a cominciare dai diritti di libertà; il suo realizzarsi all’interno di formazioni sociali, le quali vanno promosse e rispetto alle quali la persona va — se necessario — difesa; l’eguaglianza di tutti senza distinzioni; il compito delle istituzioni pubbliche di rimuovere gli ostacoli, di diritto o di fatto, che impediscono in concreto la realizzazione dell’eguaglianza.

Di particolare rilievo, nel caso dell’accordo in esame, il diritto di libertà religiosa, riconosciuto dall’articolo 19 della Costituzione italiana e proclamato dal Vaticano II nella Dichiarazione Dignitatis humanae.

Una libertà religiosa intesa come diritto non solo negativo ma anche positivo, come diritto non solo individuale e collettivo, ma anche istituzionale. Perché nel diritto di libertà religiosa, che storicamente e logicamente è la matrice di tutti gli altri diritti di libertà, appare con evidenza la ragione profonda della collaborazione fra Chiesa e Stato.

Al riguardo si deve considerare che i compiti di benessere spirituale sono propri della Chiesa — così come delle altre confessioni religiose — mentre i compiti di benessere temporale sono propri dello Stato; ma a quest’ultimo compete creare le condizioni normative e materiali perché le istituzioni ecclesiastiche possano effettivamente rispondere, secondo quanto ad esse compete, ai bisogni spirituali della persona.

Detto in altre parole, spetta allo Stato rimuovere gli ostacoli, giuridici o fattuali, che limitino o addirittura impediscano l’esercizio del diritto di libertà religiosa, e sull’impegno in questo senso è la vera misura della autentica laicità.

D’altra parte è sempre più evidente che il moderno Stato pluralista e democratico, che necessariamente non può non essere laico, ha necessità di presupposti che non è in grado di forgiare e garantire, pena il venir meno della sua neutralità o imparzialità. È troppo noto il paradigma di Böckenförde per dover essere qui richiamato; certo è che lo Stato ha bisogno di valori di base, di quell’ethos che fonda e fa da collante della società. Si tratta di valori che la Chiesa, così come le altre comunità religiose ed in genere le forme strutturate della vita sociale, può trasmettere.

C’è una duplice modalità di collaborazione tra la Chiesa e lo Stato: una, più tradizionale, di carattere istituzionale; l’altra invece di carattere personale, che cioè fa leva sull’impegno individuale o associato dei fedeli, in particolare di quei fedeli laici cui il Vaticano II ha conferito specifico mandato nelle relazioni tra Chiesa e mondo.

Si può dire che l’impegno, bilateralmente sottoscritto, a collaborare per la promozione dell’uomo ed il bene del Paese costituisce la norma-base, cioè la disposizione che giustifica l’accordo. Ricorrente è in dottrina l’osservazione per cui i concordati hanno una ragione d’essere nel caso di Stati totalitari, nei quali le libertà sono ristrette o negate, perché la Chiesa ha bisogno di libertà per lo svolgimento della propria missione. Dunque in tale contesto la negoziazione è diretta all’obbiettivo di assicurare ad essa spazi — più o meno ampi — di libertà. Di qui la conclusione della ritenuta inutilità del ricorso al concordato nel caso di Stati democratici, nei quali le libertà — e segnatamente la libertà religiosa — sono assicurate, ed ampiamente, a tutti.

In realtà la ratio di un concordato nelle democrazie esiste, ma è diversa: attiene proprio alla opportunità di forgiare strumenti di collaborazione, diretti a regolare le modalità di esercizio dei pur riconosciuti diritti di libertà, nel rispetto dei due distinti ordini, temporale e spirituale. Ed a ben vedere proprio in questo senso si muove nel complesso l’accordo di Villa Madama.

L’articolo 1 del testo concordatario vigente non ha solo un contenuto immediatamente precettivo. Esso ha anche un contenuto programmatico che, per certi aspetti, assume un rilievo ancora maggiore del primo. Di tale contenuto è certamente espressione quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 13 dell’accordo di Villa Madama, dove è previsto che «Ulteriori materie per le quali si manifesti l’esigenza di collaborazione tra la Chiesa cattolica e lo Stato potranno essere regolate sia con nuovi accordi tra le due Parti sia con intese tra le competenti autorità dello Stato e la Conferenza episcopale italiana». Dunque un impegno a definire in forma convenuta la regolamentazione di materie che il divenire della società dovesse, nel tempo, portare in evidenza per un duplice rilievo: sul piano temporale e al contempo su quello spirituale.

Ma, al di là della prospettiva propriamente giuridica, di norme via via negoziate, la sostanza della disposizione in esame, col suo richiamo alla collaborazione, conduce più avanti e più in alto. Essa indica una cultura, uno spirito, un modo di approccio ai problemi contingenti, un atteggiamento di apertura amichevole e confidente, un senso di impegno nei confronti della persona umana e dell’intera società che chiama ciascuno alle proprie, distinte responsabilità.

È quello stile che, nei decenni che separano dal momento della firma dell’accordo, ha segnato, nelle parole e soprattutto nei fatti, il convergente servizio di Chiesa e Stato a favore dell’uomo, integralmente considerato.

Concludendo, si possono richiamare le espressioni con cui Giovanni Paolo II indicava, dopo l’accordo di revisione del Concordato lateranense, il passaggio ad una nuova fase dei rapporti tra Chiesa e Stato in Italia.

Nel discorso pronunciato il 3 giugno 1985, in occasione dello scambio degli strumenti di ratifica, il Pontefice notava che, come «strumento di concordia e collaborazione, il Concordato si situa ora in una società caratterizzata dalla libera competizione delle idee e dalla pluralistica articolazione delle diverse componenti sociali: esso può e deve costituire un fattore di promozione e di crescita, favorendo la profonda unità di ideali e di sentimenti, per la quale tutti gli italiani si sentono fratelli in una stessa Patria». Ed aggiungeva che nell’esercizio del suo servizio all’uomo «la Chiesa intende operare nel pieno rispetto dell’autonomia dell’ordine politico e della sovranità dello Stato. Parimenti, essa è attenta alla salvaguardia della libertà di tutti, condizione indispensabile alla costruzione di un mondo degno dell’uomo, che solo nella libertà può ricercare con pienezza la verità e aderirvi sinceramente, trovandovi motivo ed ispirazione per l’impegno solidale ed unitario al bene comune».

Con questo spirito si è venuta sviluppando in Italia, nel trentennio che separa dall’accordo di Villa Madama, un’esperienza significativa di collaborazione tra Stato e Chiesa che non confonde ordini, ma che esprime felicemente l’idea, più volte enunciata dal recente magistero pontificio, di “laicità positiva”.

di Pietro Parolin

 

Afghanistan, la legge permetterà ai mariti di picchiare le mogli senza essere puniti

 

Una nuova legge del parlamento afghano permetterà agli uomini di picchiare mogli, figlie e sorelle senza paura di poter finire in prigione.

Afghanistan, la legge permetterà ai mariti di picchiare le mogli senza essere puniti.

Essere picchiata dal marito o da altri suoi familiari maschi senza poter denunciare l’accaduto, è quanto potrà accadere a tutte le donne in Afghanistan se verrà definitivamente approvata una nuova legge appena varata delle due camere del Parlamento. L’organo legislativo afghano, infatti, ha approvato una piccola modifica al codice di procedura penale che introduce il divieto per i parenti di una persona accusata di violenza o di matrimoni forzati di testimoniare nei processi a suo carico. Una legge, estesa anche a medici e bambini, che in sostanza mette a tacere qualsiasi denuncia visto che la maggior parte delle violenze nel Paese avvengono dentro le mura domestiche. Se la legge entrerà in vigore non si potranno più vedere in tribunale casi come quello di Sahar Gul, la sposa bambina incatenata dai suoceri e lasciata morire di fame e poi bruciata perché si rifiutava di prostituirsi, o quello di Sitara, che ha testimoniato in tribunale contro il marito che le aveva tagliato il naso e le labbra.

Appello a Karzai – Perché la legge entri in vigore definitivamente manca solo la firma del presidente Hamid Karzai. Per questo tutte la associazioni umanitarie come Human Rights Watch si sono rivolte a lui in un accorato appello affinché rigetti quella legge che farebbe piombare il Paese indietro di decenni. “Quello che sta accadendo è una farsa” ha commentato al Guardian Manizha Naderi, direttore di un gruppo che da anni si batte per la tutela delle donne afgane, ricordando: “La legge renderà impossibile punire i casi di violenza contro le donne. Le vittime non avranno mai giustizia”.

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ULTIMISSIME LAVORO – FISCALE12/02/2014

GIURISPRUDENZA

CORTE DI CASSAZIONE

ORDINANZA

CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 febbraio 2014, n. 3077FISCALE

Riscossione – Procedimento esecutivo – Espropriazione forzata di crediti – Compentenza – Giudice del luogo di residenza del debitore – Persona giuridica – Possibilità di ricorrere al foro della sede legale o di uno stabilimento

CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 febbraio 2014, n. 3080FISCALE

Tributi – Imposta di registro – Agevolazioni fiscali sulla prima casa – Zona destinata a ville – Limiti

CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 febbraio 2014, n. 3082FISCALE

Tributi – Imposta di registro – Imposta ipotecaria – Agevolazioni prima casa – Assenza del certificato al rogito – Rimborso dell’imposte – Termine triennale di prescrizione – Certificato d’ispettorato provinciale

SENTENZA

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 febbraio 2014, n. 2885LAVORO

Lavoro autonomo e lavoro subordinato – Disponibilità di veicolo e telefono cellulare di proprietà del datore – Configurabilità della subordinazione

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 febbraio 2014, n. 3026LAVORO

Lavoro subordinato – Licenziamento illegittimo – Tutela reale – Prova

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 febbraio 2014, n. 3027LAVORO

Lavoro – Contratto a tempo determinato – Illegittima apposizione – Indennità omnicomprensiva di cui al cd. “collegato lavoro” – Interessi legali e rivalutazione monetaria – Decorrenza.

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 febbraio 2014, n. 3034LAVORO

Lavoro – Pubblico impiego – Contestazione disciplinare – Principio

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 febbraio 2014, n. 6370LAVORO

Sicurezza sul lavoro – Qualifica di datore di lavoro – Ispezione – Impianto elettrico non a norma – Dirigente del servizio di manutenzione – Mancata disponibilità di budget di spesa – Responsabilità penale

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 febbraio 2014, n. 6378LAVORO

Omissione contributiva – Mancata notifica dell’accertamento – Ex amministratore – Inps

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 dicembre 2013, n. 27986LAVORO, FISCALE

Contratto di agenzia – Scioglimento del contratto – Credito per provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia – Privilegio ex art. 2751 – Bis, numero 3), cod. civ. – Estensione alle provvigioni per attività di agente esercitata da società di capitali

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 dicembre 2013, n. 28398FISCALE

Tributi – Riscossione – Rimborsi – Ufficio competente – Art. 40, DPR n. 633/72 – Dichiarazione IVA – Domicilio del contribuente al momento della presentazione – Irrilevanza – Successiva variazione del domicilio – Istanza di rimborso – Domicilio del contribuente – Decisività – Tutela della collaborazione e della buona fede – Art.10, L. n.212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente) – Rilevanza

LEGISLAZIONE

AGENZIA DELLE ENTRATE

PROVVEDIMENTO

AGENZIA DELLE ENTRATE – Provvedimento 07 febbraio 2014, n. 18173/2014LAVORO, FISCALE

Provvedimento di individuazione dei rimborsi da eseguire mediante procedure automatizzate e di determinazione delle relative modalità di esecuzione

AUTORITA’ VIGILANZA LAVORI PUBBLICI

DETERMINAZIONE

AUTORITA’ VIGILANZA LAVORI PUBBLICI – Determinazione 15 gennaio 2014, n. 1LAVORO, FISCALE

Linee guida per l’applicazione dell’articolo 48 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163

DECRETO LEGISLATIVO

DECRETO LEGISLATIVO 28 gennaio 2014, n. 7LAVORO

Disposizioni in materia di revisione in senso riduttivo dell’assetto strutturale e organizzativo delle Forze armate ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettere a), b) e d) della legge 31 dicembre 2012, n. 244

DECRETO LEGISLATIVO 28 gennaio 2014, n. 8LAVORO

Disposizioni in materia di personale militare e civile del Ministero della difesa, nonché misure per la funzionalità della medesima amministrazione, a norma degli articoli 2, comma 1, lettere c) ed e), 3, commi 1 e 2, e 4, comma 1, lettera e), della legge 31 dicembre 2012, n. 244

DECRETO MINISTERIALE

MINISTERO INFRASTRUTTURE – Decreto ministeriale 05 dicembre 2013LAVORO, FISCALE

Aggiornamento delle misure unitarie dei canoni annui relativi alle concessioni demaniali marittime, per l’anno 2014

MINISTERO INTERNO – Decreto ministeriale 03 febbraio 2014LAVORO

Certificazione relativa alla richiesta del contributo erariale per l’aspettativa sindacale concessa al personale dipendente

MINISTERO SVILUPPO ECONOMICO – Decreto ministeriale 31 gennaio 2013LAVORO, FISCALE

Aggiornamento del tasso da applicare per le operazioni di attualizzazione e rivalutazione ai fini della concessione ed erogazione delle agevolazioni a favore delle imprese

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

DECRETO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – Decreto 17 dicembre 2013LAVORO

Autorizzazione ad assumere a tempo indeterminato, a riassumere e trattenere in servizio, a reclutare per mobilità, per le esigenze del Consiglio di Stato e autorizzazione ad assumere a tempo indeterminato a favore dell’Agenzia dell’entrate

DELIBERA

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – Delibera 31 gennaio 2014LAVORO, FISCALE

Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi alluvionali verificatisi nei giorni dal 17 al 19 gennaio 2014, nel territorio della provincia di Modena

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – Delibera 31 gennaio 2014LAVORO, FISCALE

Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nei giorni dal 25 al 26 dicembre 2013, dal 4 al 5 e dal 16 al 20 gennaio 2014, nel territorio della regione Liguria

PRASSI

AGENZIA DELLE ENTRATE

CIRCOLARE

AGENZIA DELLE ENTRATE – Circolare 12 febbraio 2014, n. 1/EFISCALE

Mediazione tributaria – Modifiche apportate dall’articolo 1, comma 611, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 – Chiarimenti e istruzioni operative

AUTORITA’ VIGILANZA LAVORI PUBBLICI

COMUNICATO

AUTORITA’ VIGILANZA LAVORI PUBBLICI – Comunicato 29 gennaio 2014LAVORO, FISCALE

Utilizzo dei lavori subappaltati ai fini della qualificazione-annullamento dell’articolo 85, comma 1, lett. b), numeri 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 207/2010.

FASDAPI

CIRCOLARE

FASDAPI – Circolare 30 dicembre 2013, n. 46LAVORO

Fasdapi – Contribuzione anno 2014 per le garanzie e le tutele previste dall’art. 15 sezione prima del c.c.n.l. dirigenti e quadri superiori p.m.i.: “responsabilità civile e/o penale connessa alla prestazione, anche in riferimento ai casi di colpa grave”.

FASDAPI – Circolare 30 dicembre 2013, n. 48LAVORO

FASDAPI – Contribuzione anno 2014 per le garanzie previste dall’art. 12 sezione prima del c.c.n.l. dirigenti e quadri superiori p.m.i..

FASDAPI – Circolare 30 dicembre 2013, n. 50LAVORO

FASDAPI – Contribuzione anno 2014 – Area Quadri.

FASDAPI – Circolare 30 dicembre 2013, n. 51LAVORO

PROGRAMMA DI ASSISTENZA SANITARIA INTEGRATIVA – Contribuzione anno 2014

INAIL

CIRCOLARE

INAIL – Circolare 10 febbraio 2014, n. 11LAVORO

Comunicazione nominativo Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Denuncia nominativa soci/collaboratori/coadiuvanti artigiani e non artigiani. Dismissione fax.

INPS

MESSAGGIO

INPS – Messaggio 11 febbraio 2013, n. 2467LAVORO

Incumulabilità del riscatto del congedo parentale fuori dal rapporto di lavoro con il riscatto del periodo di corso legale di laurea

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

COMUNICATO

MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Comunicato 11 febbraio 2014LAVORO

Lavoro: vigilanza, irregolari quasi il 65% delle imprese ispezionate nel 2013

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

CIRCOLARE

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO – Circolare10 febbraio 2014, n. 4567LAVORO, FISCALE

Termini e modalità di presentazione delle domande per la concessione e l’erogazione del contributo di cui all’articolo 6 del decreto interministeriale 27 novembre 2013, recante la disciplina dei finanziamenti per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte di piccole e medie imprese.

ULTIMISSIME EDILIZIA – COOPERATIVE12/02/2014

 

GIURISPRUDENZA

CORTE DI CASSAZIONE

SENTENZA

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 febbraio 2014, n. 2885COOPERATIVE, EDILIZIA

Lavoro autonomo e lavoro subordinato – Disponibilità di veicolo e telefono cellulare di proprietà del datore – Configurabilità della subordinazione

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 febbraio 2014, n. 3026COOPERATIVE, EDILIZIA

Lavoro subordinato – Licenziamento illegittimo – Tutela reale – Prova

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 febbraio 2014, n. 3027COOPERATIVE, EDILIZIA

Lavoro – Contratto a tempo determinato – Illegittima apposizione – Indennità omnicomprensiva di cui al cd. “collegato lavoro” – Interessi legali e rivalutazione monetaria – Decorrenza.

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 febbraio 2014, n. 6370COOPERATIVE, EDILIZIA

Sicurezza sul lavoro – Qualifica di datore di lavoro – Ispezione – Impianto elettrico non a norma – Dirigente del servizio di manutenzione – Mancata disponibilità di budget di spesa – Responsabilità penale

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 febbraio 2014, n. 6378COOPERATIVE, EDILIZIA

Omissione contributiva – Mancata notifica dell’accertamento – Ex amministratore – Inps

LEGISLAZIONE

AGENZIA DELLE ENTRATE

PROVVEDIMENTO

AGENZIA DELLE ENTRATE – Provvedimento 07 febbraio 2014, n. 18173/2014COOPERATIVE, EDILIZIA

Provvedimento di individuazione dei rimborsi da eseguire mediante procedure automatizzate e di determinazione delle relative modalità di esecuzione

AUTORITA’ VIGILANZA LAVORI PUBBLICI

DETERMINAZIONE

AUTORITA’ VIGILANZA LAVORI PUBBLICI – Determinazione 15 gennaio 2014, n. 1EDILIZIA

Linee guida per l’applicazione dell’articolo 48 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163

PRASSI

AUTORITA’ VIGILANZA LAVORI PUBBLICI

COMUNICATO

AUTORITA’ VIGILANZA LAVORI PUBBLICI – Comunicato 29 gennaio 2014EDILIZIA

Utilizzo dei lavori subappaltati ai fini della qualificazione-annullamento dell’articolo 85, comma 1, lett. b), numeri 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 207/2010.

FASDAPI

CIRCOLARE

FASDAPI – Circolare 30 dicembre 2013, n. 46EDILIZIA

Fasdapi – Contribuzione anno 2014 per le garanzie e le tutele previste dall’art. 15 sezione prima del c.c.n.l. dirigenti e quadri superiori p.m.i.: “responsabilità civile e/o penale connessa alla prestazione, anche in riferimento ai casi di colpa grave”.

FASDAPI – Circolare 30 dicembre 2013, n. 48EDILIZIA

FASDAPI – Contribuzione anno 2014 per le garanzie previste dall’art. 12 sezione prima del c.c.n.l. dirigenti e quadri superiori p.m.i..

FASDAPI – Circolare 30 dicembre 2013, n. 50EDILIZIA

FASDAPI – Contribuzione anno 2014 – Area Quadri.

FASDAPI – Circolare 30 dicembre 2013, n. 51EDILIZIA

PROGRAMMA DI ASSISTENZA SANITARIA INTEGRATIVA – Contribuzione anno 2014

INAIL

CIRCOLARE

INAIL – Circolare 10 febbraio 2014, n. 11COOPERATIVE, EDILIZIA

Comunicazione nominativo Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Denuncia nominativa soci/collaboratori/coadiuvanti artigiani e non artigiani. Dismissione fax.

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

COMUNICATO

MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Comunicato 11 febbraio 2014COOPERATIVE, EDILIZIA

Lavoro: vigilanza, irregolari quasi il 65% delle imprese ispezionate nel 2013

ISTAT

Disagio sociale: l’istantanea dell’Istat

Secondo l’indagine condotta dall’Istat “Noi, Italia, 100 statistiche per capire il Paese con cui viviamo”, nel nostro Paese si parla ormai di allarme povertà, soprattutto al Sud con in media oltre un quarto delle famiglie povere, mentre per il Centro e il Nord l’incidenza è molto più contenuta(rispettivamente7,1% e 6,2%).

Ma il problema italiano, stando all’indagine dell’Istat, non riguarda soltanto la povertà sempre più diffusa, ma anche le condizioni disagiate in cui si trovano a vivere milioni di ragazzi, cioè il futuro della nostra società. Sono, infatti oltre 2 milioni i giovani tra i 15 e i 29 anni non inseriti in un percorso scolastico e/o formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa. Un valore fra i più elevati in tutta Europa … e che l’Italia non aiuti molto lo sviluppo dei giovani risulta chiaro anche dai dati sull’incidenza della spesa in istruzione e formazione sul Pil, pari al 4,2 per cento, valore ampiamente inferiore a quello dell’UE (5,3 per cento).

Welfare

Sommerso in calo?

Il ministero del Welfare traccia un bilancio dei risultati delle ispezioni nei luoghi di lavoro effettuate nel 2013. Una discesa evidente (17%) rispetto all’anno precedente riguardano le somme effettivamente finite nelle casse del ministero dovuto sia al momento particolarmente difficile delle imprese che, una volta sanzionate, hanno preferito rateizzare i pagamenti e sia per lo stop all’attività produttiva.

Contratti non conformi alle regole per 239.000 lavoratori, 86.125 scoperti completamente in nero e 1.091 extracomunitari clandestini in servizio condensati più che altro nel terziario e nell’industria, col numero più elevato di violazioni sulla manodopera straniera rilevato in Toscana, dove sono attivi i molti laboratori tessili gestiti da cinesi, poi in Lombardia, Campania e in Emilia Romagna.

UE

Ue, “dalla libera circolazione dei lavoratori più benefici che costi”

E’ stato pubblicato proprio il giorno dopo i risultati del referendum svizzero che mette a rischio la libertà di circolazione dei cittadini UE e dei transfrontalieri italiani, uno studio della Commissione Europea che dimostra come la mobilità dei lavoratori fra Stato e Stato sia molto più un valore aggiunto di quanto non rappresenti un problema.

Fra le sei città prese in esame dall’esecutivo di Bruxelles c’è anche Torino, in cui si stima che il gettito fiscale dei contribuenti comunitari (per il 91,8% rumeni) frutti alle casse del comune ben un miliardo e mezzo di euro e sia molto maggiore ai costi che ospitare i nuovi arrivati comporta. Le altre città oggetto di studio sono Amburgo, Barcellona, Dublino, Lille e Praga, tutte scelte per la composizione multinazionale della propria popolazione, sebbene Torino abbia ad esempio un’immigrazione di cittadini comunitari di carattere relativamente più recente rispetto a Lille e Amburgo.

In tutte le sei città, si è rilevato come il rapporto costi benefici della libertà di circolazione sia di gran lunga a vantaggio dei secondi. Nel capoluogo piemontese, sottolinea lo studio, i nuovi arrivati contribuiscono a colmare le lacune nel mercato del lavoro accettando lavori poco qualificati e aiutano a creare nuove attività imprenditoriali (lo stesso si può dire per Amburgo). Nel caso di Dublino, invece, i cittadini stranieri danno un grande impulso alla crescita del settore Hi-Tech.

A Torino, i cittadini comunitari vengono impiegati per la maggior parte nei lavori domestici (il 49,1%) e nelle costruzioni (15,3%). La relazione rileva come la ragione principale per la mobilità dei cittadini dell’UE sia quella di cercare un nuovo lavoro e come quelli che si muovono siano, in media, più giovani ed economicamente più attivi della popolazione locale delle città in cui si trasferiscono. Di conseguenza, questo afflusso di lavoratori più giovani contribuisce a combattere i problemi causati dall’invecchiamento demografico e a evitare la contrazione della forza lavoro.

Restano comunque diverse problematiche, prima fra tutte il fatto che i cittadini che si trasferiscono in un altro stato tendono ad essere iperqualificati rispetto al lavoro che trovano, e questo comporta uno spreco di risorse umane e riduce i benefici potenziali della mobilità. Inoltre, in alcuni casi sono emerse disparità salariali fra i nuovi arrivati e i cittadini già residenti. Infine i cittadini che si trasferiscono non sempre godono delle stesse opportunità abitative e di integrazione scolastica dei figli, sebbene lavorino e paghino le tasse.

Interessante, per noi italiani,  è il caso di Barcellona, in cui il 31,6% dei cittadini comunitari vengono dal Bel paese. Lo studio elenca anche una serie di buone pratiche messe in atto nelle città analizzate: nel caso di Torino, la relazione  individua l’iniziativa della Camera di Commercio, dell’INPS locale e dell’ufficio delle entrate  per aiutare i cittadini comunitari a fondare una nuova impresa, fornendo loro adeguata formazione.

E Viviane Reding, vice presidente della Commissione e commissario alla Giustizia, ai Diritti Fondamentali e alla Cittadinanza, pur non riferendosi direttamente alla Svizzera, ha commentato: “La libera circolazione è benefica per l’Europa, per i suoi cittadini e per le sue economie. Certo comporta delle sfide per alcune città, sfide che vanno affrontate, ma sarebbe sbagliato mettere in discussione il diritto alla libera circolazione. Sono fermamente convinta che dobbiamo lavorare insieme — a livello europeo, nazionale e locale — per far sì che queste sfide si trasformino in opportunità. Gli esempi di Barcellona, Dublino, Amburgo, Lille, Praga e Torino ci dimostrano che questa trasformazione è possibile”.

da Redattore sociale

INPS

Inps: Camusso, senza nuova governance, Commissario poco “provvisorio”

Se non si metterà mano, in questi sei mesi di commissariamento dell’Inps ad una nuova governance il rischio è che il nuovo commissario che il governo sembra aver individuato resti ai vertici dell’Ente a lungo. E’ il leader Cgil, Susanna Camusso, a rinnovare la proposta del sindacato per una revisione della governance dell’Inps alla luce della possibile nomina di Vittorio Conti a nuovo commissario.

“Valuteremo la nomina quando sarà formalizzata. Il ministro ci ha detto che occorrerà qualche giorno. Ma la nostra richiesta è che a fianco della nomina si apra la discussione sulla governance perché senza un progetto di governo un commisario rischia di essere come tutti gli altri commissari negli enti italiani: lungo nel tempo e poco provvisorio”, spiega al termine di un seminario sulla sicurezza e salute.  L’attenzione del sindacato, infatti, è focalizzata sulla necessità di equilibrare i poteri di vertice.

“Siamo preoccupati che invece di definire una nuova governance si torni alla logica dei Cda e a forme di occupazioni di enti per noi importanti. Vedremo se il governo presenterà questa proposta in queste ore, ma non mi sembra probabile”, aggiunge. Il timore della Cgil, infatti, come ribadisce ancora Camusso è che in realtà “si cerchi una scorciatoia come sento invocare da tanti più che correggere quello sbilanciamento dei poteri che affligge il modello attuale”.

Da qui la proposta, ripete ancora il leader Cgil: “Bisogna mantenere una modalità di governance istituzionale, con presidente e direttore, ma bilanciata da poteri di controllo delle parti sociali”.

AdnKronos