Archivi giornalieri: 9 febbraio 2014

Il video del forum con Alexis Tsipras al manifesto

POLITICA

Il video del forum con Alexis Tsipras al manifesto

—Milena Fiore, 8.2.2014

Forum. Quasi due ore di intervista collettiva per iniziare bene il “viaggio in Italia” del candidato della Sinistra europea alla commissione di Bruxelles

↳ Norma Rangeri e Alexis Tsipras al manifesto© Andrea Sabbadini

Un breve video dell’incontro del 7 feb­braio 2014 con Ale­xis Tsi­pras nella reda­zione del manifesto.

http://​youtu​.be/​A​G​5​q​s​_​P​p​-2A

Riprese e mon­tag­gio Milena Fiore

Lista Tsipras

POLITICA

Lo spazio comune della lista Tsipras

Guido Viale


↳ Tsipras al teatro Valle occupato di Roma

© Riccardo Antimiani – Eidon

C’è chia­ra­mente un grande spa­zio, addi­rit­tura mag­gio­ri­ta­rio, poli­tico prima ancora che elet­to­rale, che aspetta di essere occu­pato. È quello com­preso tra l’appiattimento sui vin­coli impo­sti dalla [/ACM_2]gover­nance euro­pea, riba­dito, alle ultime ele­zioni, dalla coa­li­zione «Ita­lia bene comune» e, soprat­tutto, dalla par­te­ci­pa­zione del Pd a ben due governi con­se­cu­tivi che hanno cer­cato in quella obbe­dienza la loro legit­ti­ma­zione, da un lato. E, dall’altro, la riven­di­ca­zione di un recu­pero della sovra­nità nazio­nale che vede nell’abbandono dell’euro la via di uscita dalla crisi.

In realtà l’abbandono dell’euro pre­fi­gura il crollo o un esau­to­ra­mento di tutta la costru­zione dell’Unione Euro­pea. È una riven­di­ca­zione che acco­muna, sep­pur con moti­va­zioni e fina­lità oppo­ste, le spinte popu­li­ste del libe­ri­smo esa­spe­rato come quello del rag­grup­pa­mento tede­sco Alter­na­tive für Deu­tschland, gli schie­ra­menti di estrema destra e raz­zi­sti come quelli lepe­ni­sti in Fran­cia e leghi­sti o ber­lu­sco­niani in Ita­lia, le tema­ti­che agi­tate ripe­tu­ta­mente dal movi­mento Cin­que stelle, ma anche qual­che fran­gia di estrema sini­stra: sia in Ita­lia che in altri paesi europei.

Quello spa­zio è di chi ritiene che le bat­ta­glie deci­sive oggi si com­bat­tono in Europa e non ritraen­dosi da essa e di chi intende bat­tersi per la demo­cra­tiz­za­zione radi­cale dei suoi isti­tuti, per una rine­go­zia­zione del debito dei paesi messi sotto scacco dalle isti­tu­zioni finan­zia­rie dell’attuale gover­nance e per l’abrogazione dei trat­tati che hanno deter­mi­nato que­sta situa­zione.

Quanto ampio sia que­sto spa­zio l’ha mostrato venerdì sera un son­dag­gio pre­sen­tato nel corso della tra­smis­sione Ottoe­mezzo a cui ha par­te­ci­pato Ale­xis Tsi­pras: la mag­gio­ranza del cam­pione con­sul­tato, sia nel suo com­plesso che disag­gre­gato tra orien­ta­menti di sini­stra, cin­que stelle e aste­nuti, è deci­sa­mente favo­re­vole a que­sta terza solu­zione. Lo con­fer­mano d’altronde la rispo­sta ine­dita all’appello per la for­ma­zione di una lista uni­ta­ria e apar­ti­tica a soste­gno della can­di­da­tura di Tsi­pras alla pre­si­denza della com­mis­sione euro­pea (20.000 firme rac­colte in 15 giorni nel più asso­luto silen­zio della stampa main­stream) e l’accoglienza entu­sia­stica che una vera e pro­pria folla con­ve­nuta al tea­tro Valle occu­pato ha tri­bu­tato alla spon­so­riz­za­zione di que­sto pro­getto da parte di Tsi­pras, che ha accet­tato di unirsi ai garanti della lista come suo set­timo — in realtà primo — membro.

Que­sta terza pro­spet­tiva non è nata adesso; è stata costruita in anni e anni di lavoro e di lotte, dif­fi­cili e spesso misco­no­sciute o frain­tese –alla ricerca di uno spa­zio poli­tico che con­sen­tisse la rea­liz­za­zione dei loro obiet­tivi e la gene­ra­liz­za­zione delle loro pra­ti­che. Ma aspet­tava le con­di­zioni per essere rac­colta e tra­dotta in un pro­getto che, certo non ne esau­ri­sce né rias­sume le poten­zia­lità ma può rap­pre­sen­tare un primo e impor­tante passo per offrire un punto di rife­ri­mento uni­ta­rio e di valenza euro­pea a milioni di lavo­ra­trici e lavo­ra­tori, di disoc­cu­pati e disoc­cu­pate, di gio­vani pre­cari, di pen­sio­nate e pen­sio­nati come di chi è rima­sto senza lavoro né pen­sione.
Molti passi impor­tanti sono già stati com­piuti per arri­vare a que­sto primo risul­tato; molti altri, ancora più impe­gna­tivi, dovranno ancora essere fatti. Non solo per­ché il com­pito è immane, a par­tire dalla rac­colta delle firme, dal finan­zia­mento della lista con i soli con­tri­buti dei suoi soste­ni­tori, dalla neces­sità di con­vin­cere molti auto­re­voli fir­ma­tari dell’Appello ad accet­tare anche l’onere di una even­tuale candidatura.

Ma anche per­ché il timore di molti e, in realtà, il rischio effet­tivo, che riven­di­ca­zioni iden­ti­ta­rie o la ten­ta­zione di tra­sfor­mare que­sto pro­getto in un sal­va­gente per garan­tire la con­ti­nuità di qual­che orga­niz­za­zione (una inva­riante che è stata all’origine dei molti fal­li­menti della sini­stra nel corso degli ultimi anni,) pos­sono sem­pre ripre­sen­tarsi.
Nei con­fronti di que­sti timori e di que­sto rischio, tut­ta­via, la dispo­ni­bi­lità di Tsi­pras ad aggiun­gere il suo nome a quello dei garanti (Bar­bara Spi­nelli, Andrea Camil­leri, Paolo Flo­res D’Arcais, Luciano Gal­lino, Marco Revelli e il sot­to­scritto) con­di­vi­dendo pie­na­mente lo spi­rito e gli obiet­tivi di que­sto pro­getto, rap­pre­senta un valore aggiunto decisivo.

Alexis Tsipras

POLITICA

«Europa, cambieremo gli equilibri. E al Pse: i piccoli passi non bastano»

Daniela Preziosi

Tsipras a Roma. «I socialdemocratici hanno sempre detto sì all’austerity». Il 10 aprile il vertice sul debito. Il leader greco incontra il premier Letta, il colloquio dura tre quarti d’ora


↳ Alexis Tsipras, il leader della greca Syriza, venerdì mattina nella redazione del manifesto. In mano la ‘prima’ del giornale «Sìpras»

«Vogliamo cam­biare gli equi­li­bri per cam­biare l’Europa. La nostra posi­zione è chiara. Il pro­blema sem­mai è dei social­de­mo­cra­tici che a parole cri­ti­cano l’Europa dell’austerità ma ne hanno con­di­viso tutte le scelte». Ieri, secondo giorno della tappa ita­liana del suo tour elet­to­rale, il lea­der greco Ale­xis Tsi­pras par­te­cipa all’esecutivo del par­tito della sini­stra euro­pea (Se) di cui è vice­pre­si­dente. 29 par­titi, ospiti di Paolo Fer­rero del Prc («Dob­biamo rom­pere la finta alter­na­tiva fra euro­pei­sti libe­ri­sti e destre anti-euro, due forme di oscu­ran­ti­smo. La scom­messa è unire tutti quelli che cre­dono in que­sto pro­getto»); fra gli altri ci sono Pierre Lau­rent del fran­cese Pcf, la spa­gnola Maite Mola del Pce-Izquierda Unida (che lan­cia un’iniziativa comune con­tro la legge anti-aborto del governo Rajoy), i diri­genti della tede­sca Linke e del Bloco de Esquerda por­to­ghese. L’esecutivo torna a riu­nirsi oggi, ma ha già annun­ciato per il 10 aprile un ver­tice a Bru­xel­les sul debito; e nomi­nato il gio­vane Fabio Amato, anche lui del Prc, coor­di­na­tore della cam­pa­gna per le europee.

Ancora gior­na­li­sti e ancora domande per il lea­der di Syriza che a Atene nel 2012 ha com­piuto il mira­colo di por­tare in pochi mesi la sua coa­li­zione dal 6 al 27 per cento (ora i son­daggi la danno sopra quota 30). E a Roma ha già com­piuto un altro mira­colo, altret­tanto incre­di­bile, far cor­rere insieme sotto le sue inse­gne le sini­stre ita­liane, par­titi movi­menti e asso­cia­zioni, fino a qui divise e schie­rate su fronti diversi ma chia­mate alla corsa da un gruppo di intel­let­tuali (Spi­nelli, Camil­leri, Gal­lino, Revelli, Viale, Flo­res D’Arcais). Lui ne è con­sa­pe­vole: «Siamo riu­sciti a supe­rare le dif­fe­renze. Ma non sono qui per fon­dare un nuovo par­tito euro­peo. Sono qui per unire e non per dividere».

Ma non evita il tema delle alleanze con i social­de­mo­cra­tici, che in Ita­lia come in Gre­cia come in Ger­ma­nia sosten­gono governi con le destre. Un tema deli­cato, in Ita­lia. La Sel di Nichi Ven­dola, che lo sostiene — oggi i due, Tsi­pras e Ven­dola, si incon­tre­ranno — si augura «il dia­logo con Mar­tin Schulz», il can­di­dato social­de­mo­cra­tico, avver­sa­rio nella corsa euro­pea. Tsi­pras spiega: «La sini­stra, noi, saremo la sor­presa delle euro­pee. Non so cosa intende fare Schulz dopo il voto. Per ora lui e Jun­ker (Jean-Claude, il lus­sem­bur­ghese can­di­dato dei popo­lari, ndr) rap­pre­sen­tano il vec­chio e le poli­ti­che del rigore che stanno distrug­gendo la demo­cra­zia e i diritti. Schulz è sim­pa­tico, so che ha sim­pa­tia verso alcune delle nostre posi­zioni, ma fin qui ha agito come cor­re­spon­sa­bile di que­sta situa­zione. Ora siamo anta­go­ni­sti, vedremo i risul­tati del voto. Aggiungo: è anche pos­si­bile che ora Schulz si muova verso le nostre posi­zioni. Ma non basta fare qual­che pas­setto per acca­par­rarsi la pre­si­denza della com­mis­sione. La situa­zione dell’Europa è dif­fi­cile. Ser­vono scelte radicali».

Oggi Tsi­pras incon­trerà il pre­si­dente del Lazio Nicola Zin­ga­retti (Pd) e il suo vice Sme­ri­glio (Sel).

Ma ieri nel pome­rig­gio il can­di­dato greco segna un altro gol salendo a Palazzo Chigi dove lo acco­glie Enrico Letta, il pre­mier, di ritorno da Sochi e nel pieno di una fibril­la­zione di governo. L’incontro dura tre quarti d’ora, nel salot­tino accanto allo stu­dio del pre­mier, quello dedi­cato ai col­lo­qui uffi­ciali, al primo piano. Letta pre­siede un governo di lar­ghe intese, e da espo­nente Pd si è schie­rato con il governo del con­ser­va­tore Sama­ras soste­nuto dal socia­li­sti del Pasok.

Tsi­pras spiega la sua agenda e le sue pro­po­ste sull’immigrazione per supe­rare il rego­la­mento Dublino 2. Letta, già pre­si­dente dei gio­vani del Ppe, ascolta, con­vinto che la poli­tica euro­pea è «poli­tica interna». Ma l’incontro, per niente scon­tato, segnala l’attenzione di Roma verso il lea­der defi­nito dal tede­sco Der Spie­gel «nemico numero uno dell’Europa» — e che invece pro­prio sull’europeismo ha bat­tuto molto in que­sta visita ita­liana. Un Tsi­pras dun­que per niente «iso­lato» nei paesi dell’Unione, come invece lo descrive Sama­ras. Un gio­vane che del resto ha le carte (e forse anche i voti) per diven­tare pre­sto pre­mier del suo paese.

Inps circolari e messaggi

 


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Le inviamo gli ultimi Messaggi Hermes pubblicati sul sito www.INPS.it >Informazioni > INPS comunica > normativa INPS: circolari e messaggi

 

>>> Titolo:  Circolare numero numero 21 del 06-02-2014
Contenuto:  Scioglimento del Patronato FAMIGLIA ITALIANA
Tipologia:  CIRCOLARE

>>> Titolo:  Circolare numero numero 20 del 06-02-2014
Contenuto:  Determinazione per l’anno 2014 del limite minimo di retribuzione giornaliera ed aggiornamento degli altri valori per il calcolo di tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza ed assistenza sociale.
Tipologia:  CIRCOLARE

>>> Titolo:  Circolare numero numero 19 del 04-02-2014
Contenuto:  Artigiani ed esercenti attività commerciali: contribuzione per l?anno 2014
Tipologia:  CIRCOLARE

>>> Titolo:  Messaggio numero numero 2072 del 04-02-2014
Contenuto:  Legge 27 dicembre 2013 n. 147, art.1 comma 612: emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all?eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa. Interventi a favore dell?isola di Lampedusa ? proroga della sospensione contributiva al 31 dicembre 2013 e ripresa dei versamenti.
Tipologia:  MESSAGGIO

>>> Titolo:  Messaggio numero numero 2031 del 04-02-2014
Contenuto:  Contribuzione sindacale aggiuntiva D.Lg. 564/96 riferita a lavoratori ex Ipost
Tipologia:  MESSAGGIO

>>> Titolo:  Circolare numero numero 18 del 04-02-2014
Contenuto:  Gestione separata di cui all?art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Aliquote contributive, aliquote di computo, massimale e minimale per l?anno 2014.
Tipologia:  CIRCOLARE

Lo staff di NewsLetter Hermes

Michela Murgia

MICHELA MURGIA scrittrice*

murgia

La vincitrice del Premio Campiello che sogna una Sardegna indipendente (1972-)

Nasce a Cabras nel 1972. Di formazione cattolica è stata educatrice[ ed animatrice nell’Azione Cattolica, ricoprendo il ruolo di Referente Regionale del settore Giovani. Ha ideato uno spettacolo teatrale rappresentato nella piana di Loreto al termine del pellegrinaggio nazionale dell’Azione Cattolica del settembre 2004, al quale ha assistito anche Papa Giovanni Paolo II.Ma rispetto alla sua vita, ecco quanto lei stessa scrive nel suo Sito ufficiale: “Sono nata in Sardegna e per quanti indirizzi abbia cambiato in questi anni, dentro non ho mai smesso di abitarla, sognandola indipendente in ogni accezione del termine. Mi sono diplomata in una scuola tecnica e dopo ho fatto studi teologici, ma questo non ha fatto di me una teologa, almeno non più di quanto studiare filosofia faccia diventare la gente filosofa. Non mi piace essere definita giovane, a 37 anni essere considerati adulti dovrebbe essere un diritto. Non fumo, non porto gioielli preziosi, detesto i graziosi cadaveri dei fiori recisi, i giornalisti che mi chiedono quanto c’è di autobiografico e gli aspiranti pubblicatori che mi mandano da valutare romanzi che non leggerò mai, perché preferisco di gran lunga i saggi. Sono vegetariana, ma so riconoscere le occasioni in cui si può fare uno strappo. Per etica politica mi definisco di sinistra, e nel mio ordine interiore quella parola ha ancora senso. Sono sposata, e questo mi ha resa una persona più trattabile, anche se mi rendo conto che a leggere questa biografia non si direbbe”.Nel 2006 ha pubblicato Il mondo deve sapere, la tragicomica storia di una ragazza al lavoro in un call center che ha poi ispirato il film di Paolo Virzì, Tutta la vita davanti.  Dal libro è stata anche tratta un’opera teatrale per la regia di David Emmer.Michela Murgia racconta, con tono esilarante e con ironia,  la storia una ragazza laureata, Camilla, che trova impiego come telefonista presso il call-center di un’azienda che vende elettrodomestici porta a porta, offrendo una versione del precariato vissuto in prima persona, sulla propria pelle e dunque visto dall’interno.Nel 2008 ha pubblicato Viaggio in Sardegna. Undici percorsi nell’isola che non si vede: ovvero oltre l’Isola oleografica delle cartoline e dei depliant turistici, rivelandone la storia, le leggende, i riti e le scaramanzie, il carattere della sua gente: una sorta di guida insomma ai luoghi meno esplorati di un’Isola. dai mille misteri a cominciare dai suoi abitanti, così diversi e dissonanti rispetto agli italiani.Questa storia – scrive Murgia –  è un viaggio in compagnia di dieci parole, dieci concetti alla ricerca di altrettanti luoghi, più uno. Undici mete, perché i numeri tondi si addicono solo alle cose che possono essere capite definitivamente. Non è così la Sardegna, dove ogni spazio apparentemente conquistato nasconde un oltre che non si fa mai cogliere immediatamente, conservando la misteriosa verginità delle cose solo sfiorate.Nel maggio 2009 ha pubblicato il romanzo Accabadora, una storia che intreccia nella Sardegna degli anni cinquanta i temi dell’eutanasia e dell’adozione. Il romanzo è uscito in traduzione tedesca nel 2010 per l’editore Wagenbach. Con questo libro ha vinto la sezione narrativa del Premio Dessì nel settembre 2009, il SuperMondello nell’ambito del Premio Mondello nel maggio 2010 e nel settembre dello stesso anno il Premio Campiello.A proposito di Accabadora Angiola Codacci-Pisanelli, sul Settimanale L’espresso del 05-06-2009  scrive: “Sarebbe bello leggere ‘Accabadora’ di Michela Murgia (Einaudi) senza sapere cosa vuol dire il titolo, e scoprire insieme alla protagonista, Maria, qual è la professione segreta della sua madre adottiva, Tzia Bonaria Urrai. Sarebbe bello ma non si può: la quarta di copertina lo spiega subito. ‘Acabar’ in spagnolo significa finire, e nella Sardegna di ieri – e forse di oggi – ‘accabadora’ è ‘colei che finisce’, colei che porta al moribondo e alla famiglia stremati dall’agonia la ‘dolce morte’. Ma non è un libro sull’eutanasia, questo romanzo della Murgia, un’altra esordiente che la febbre di nomi nuovi lancia nelle librerie in questo 2009. Malgrado la foto funerea in copertina, c’è più amore che morte in queste pagine, e c’è uno stile che disegna ogni personaggio, ogni scena, ogni frase con l’accuratezza con cui Tzia Bonaria Urrai cesella le asole. Maria nasce, quarta figlia femmina non voluta, in una famiglia poverissima, cresce come “filla de anima” di una vecchia sarta che cuce per i clienti i vestiti della festa e, quando serve l’ultimo ‘cappotto’: lo dice lei stessa ridendo tra sé, con un umorismo che corre sottotraccia per tutto il libro. Quando intuisce di cosa la sua madre “de anima” vorrebbe farla erede, Maria fugge. Ma neanche Torino è abbastanza lontana, anche lì ci sono drammi segreti, amori impossibili, e il richiamo di un destino che diventa tale solo quando lo si accetta”.Nel 2011 ha pubblicato Ave Mary, il libro, come ci tiene a sottolineare l’autrice, non è un saggio ma una conversazione con le donne e sulle donne. Contrariamente al titolo, non è un libro su Maria, ma proprio da Maria – madre di Gesù – trae spunto per discutere delle condizioni impari con cui la donna, attraverso i secoli, ha sempre dovuto combattere. 

Presentazione di Accabadora, Ed. Einaudi, Torino, 2009.

Maria «la quarta» femmina di una madre vedova, Anna Teresa Listru, per cui rappresenta un problema, un’ulteriore bocca da nutrire, l’errore dopo tre cose giuste più che una figlia da amare.  finisce a vivere in casa di Bonaria Urrai. Diventa così fill’ e anima  di Tzia Bonaria: una vecchia da quando era giovane, vestita di nero, vedova di un marito che non l’aveva mai sposata. Ma, per fortuna ricca. Perché se non fosse nata ricca, Bonaria Urrai avrebbe fatto la fine di tutte quelle rimaste senza uomo, altro che prendersi una fill’e anima.Ma perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che si fa fatica a comprendere a Soreni, di qui i commenti malevoli della gente, che accompagnano le loro camminate in quelle strade del paese che sembrano emerse dalle case stesse come scarti sartoriali, ritagli, scampoli sbilenchi, ricavate una per una dagli spazi casualmente sopravissuti al sorgere irregolare delle abitazioni, che si tenevano in piedi l’una all’altra come vecchi ubriachi dopo la festa del patrono.Ma il mistero è presto svelato: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, per farla crescere e farne la sua erede, sottraendola alla povertà estrema della sua vera famiglia, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Maria abituata a pensarsi, lei per prima, come «l’ultima», è  sorpresa dal rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo.Ma c’è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c’è un’aura misteriosa che l’accompagna, insieme a quell’ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce. Quello che tutti sanno è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa a chi è stremato dall’agonia. Ma Maria, inizialmente non lo immagina e non lo sospetta neppure. Quando lo scopre e se ne avvede segue il consiglio della maestra Luciana: Ti serve un’altra vita, dove nessuno sappia chi sei, di chi o di cosa sei figlia. Per ricominciare altrove, tagliarsi il cordone in un momento preciso dell’esistenza seclto da lei, senza levatrici né debiti apparenti.E Maria fugge a Torino. Ma ritorna. Come richiamata da un destino che si accetta.

 

 

Giudizi critici

Valeria Parrella  nel Settimanale Grazia scrive: “Michela Murgia, attingendo alla potenza della letteratura, traspone il dibattito attuale su testamento biologico ed eutanasia in un universo mitico, donandoci la possibilità di tornare a pensarvi senza urlare, con la giusta forza e delicatezza”.

Mentre Paola Pittalis sul Quotidiano La Nuova Sardegna sostiene:”È lei, l’accabadora, la protagonista del primo romanzo di Michela Murgia. Sullo sfondo una questione etica, tra le più delicate e drammatiche che la modernità abbia prodotto. Senza che mai Michela Murgia, con grande eleganza, cavalchi il dibattito sull’eutanasia riferendosi a episodi della cronaca recente. […] Nel romanzo la scommessa etica diventa una scommessa narrativa e linguistica. Una narrazione senza idillio e senza retorica, senza luoghi comuni. Una lingua nitida, densa di aforismi e di ossimori, di immagini che colgono il segreto legame fra vita e morte”.

A sua volta Natalia Aspesi su la Repubblica a proposito di Ave Mary commenta: “Da un paio d’anni per fortuna c’è stato un risveglio di brontolii femminili colti, intelligenti, creativi, appassionati, impeccabili, sottoforma di saggi di successo […]. In questo fervore di scrittura femminile molto terrena, che chiama in causa i poteri contemporanei, la politica, la televisione, la pubblicità, le escort e le ministre con il tacco a spillo, appare finalmente il personaggio più inaspettato, umano e celestiale, antico ed eterno, celebre e sconosciuto, mitico e universale, da imitare e inimitabile: la Madonna. […] Ave Mary intreccia sapienza e ironia, Sacre Scritture e vita, non dando tregua a tutti gli e errori che credenti chic e atei devoti hanno scritto e soprattutto diffuso attraverso la televisione.

ANALISI

Sbaglia chi pensasse che Accabadora sia un romanzo sull’eutanasia. Il tema del fine vita è collaterale, ha affermato la scrittrice in una intervista. Il tema centrale è invece la comunità. Che, nella sua scrittura torna sempre.Credo – è sempre la Murgia ad affermarlo – che alla letteratura spetti il compito di restituire la realtà desiderata. Siccome vivo in un contesto in cui si tenta di isolare il singolo, reagisco raccontando storie in cui la comunità, al contrario, lo sostiene.Storie emotivamente molto forti in cui  mette in stretto rapporto – come ha scritto Angiola Codacci- Pisanelli sull’Espresso – la modernità/attualità di relazioni e sentimenti con le tradizioni ancestrali di una terra, un’isola, che sembra ancora mantenere intatte usanze arcaiche e superstizioni antiche che sopravvivono ad ogni forma di progresso. Fra queste ataviche usanze e tradizioni la scrittrice di Cabras rievoca e descrive, almanaccando, l’accabadora e il suo gesto amorevole e finale che pone fine alle sofferenze dei malati terminali, quasi fosse un ultima madre per chi invoca una morte liberatoria. Ma quando Maria intuisce una delle attività della sua madre de anima, Tzia Bonaria Urrai, scappa. Ma ritorna.Come succede ai personaggi di molti scrittori sardi: pensiamo ai Diavoli di Nuraiò di Flavio Soriga, un universo di personaggi e figure, soprattutto di giovani, che, incatenati al villaggio, “a sa bidda” e alla “prigione” Sardegna, non vedono l’ora di evadere. E si allontanano ma poi ritornano.Così Maria. Perché molte cose che credeva di aver lasciato sulla riva da cui la nave per Genova si era staccata a suo tempo,ritornavano una dopo l’altra, come pezzi di legno sulla spiaggia dopo una mareggiata…lentamente tornarono a uno a uno visi, voci e luoghi dell’infanzia in cui era cresciuta, e Maria si scoprì ad abitarli, senza chiedere permesso.Il  rientro di Maria in Sardegna non aveva stupito nessuno. Perché «E’ il debito del fill’e anima», dicevano a Soreni come fosse un destino a cui era impossibile sottrarsi.E per la madre carnale, Anna Teresa Listru quella figlia frutto del suo più grosso errore era ora mutata nel migliore dei suoi investimenti.Accabadora è un romanzo bello e avvolgente, di grande impatto emotivo, incarnato dentro un contesto storico e ambientale preciso: la Sardegna degli anni ’50, ma insieme senza tempo. Un romanzo forte e drammatico, elegiaco e poetico, scritto con cura e accuratezza, con un lessico semplice e scabro, inframezzato da locuzioni in lingua sarda, che riesce a rapirti, emozionarti e incantarti. A tal punto che, segnatamente quando riesce a evocare storia e tradizioni, con i colori, i sapori e i profumi dell’infanzia, il lettore sperimenta e vive un’impressione di letizia, come se avesse attraversato un paese amabile e felice.

Madonna sovversiva

“In un’estate dove curiosamente scarseggiano i libri cult, compresi quelli da spiaggia, c’è un passaparola che corre fra le lettrici, in particolare quelle che hanno trovato (o ritrovato) il gusto di analizzare la condizione femminile, cioè la loro, e i suoi numerosi disastri. E forse per catturare l’attenzione ci voleva un’autrice insolita come Michela Murgia, entrata nell’olimpo letterario con la super premiata, «Accabadora», ma che si tiene alla larga da ogni star system e se apre bocca in qualche talk show riesce anche a dire qualcosa di intelligente. E intelligente, oltre che coraggiosa da parte di una “credente organica e non marginale” come lei stessa si definisce, è la scelta di “Ave Mary”, (Einaudi Stile Libero, pp. 166, e 16), rilettura dell’icona cattolica per eccellenza, la Madonna.
Mitizzata fino a farne scomparire l’umanità, è la tesi di Michela Murgia, Maria è stata usata dalla Chiesa attraverso i secoli per giustificare il dominio maschile, anche se non erano stati i preti ad inventarlo. Nella narrazione ecclesiastica la ragazza di Nazareth che accetta l’annuncio dell’Angelo diventa lo stereotipo della “donna che dice sì”, creatura docile e ubbidiente a quel che le viene chiesto: come moltitudini di sue simili dovranno fare nei confronti della famiglia e della religione. Ma di Maria e della sua vita ricca di sorprese c’è un’altra narrazione possibile. Proprio con quel sì a una gravidanza misteriosa, inaccettabile secondo l’ordine sociale dei tempi, la ragazza compiva una scelta sovversiva, proprio come sarà il messaggio del Cristo. Non è una Madonna in chiave femminista quella della Murgia, quanto una figura storica riletta attraverso i Vangeli e altri testi dimenticati da una chiesa che nel ‘900 aveva poi trasformato Maria «in una statuina da nicchia»“.

Chiara Valentini, L’espresso, 05/08/2011]

La femina agabbad6ri : sacerdotessa del mistero

“C’è a Luras, in Gallura, un museo: Galluras. Il nome vorrebbe richia­mare «le Gallure», cioè le diverse parti di questa ampia cuspide della Sardegna che, pur omogenea nei costumi e nel linguaggio, si differen­zia nella configurazione geografica e nella dimensione storico-tradi­zionale. Tra gli altri oggetti del museo, su un cuscino ricamato fa bella (!) mostra di sé un martello di legno.Era lo strumento di morte, il mazzuolo che la femina agabbad6ri (dallo spagnolo acabar,  «terminare»), usava per finire una persona sofferente che «non riusciva a morire».Probabilmente l’arnese esposto nel museo è un modello, una copia di quello che era in realtà lo strumento di morte, ben più solido e pesan­te: chi scrive lo ha visto, più di una trentina di anni fa nelle mani di un centenario, nipote di una vera femina agabbad6ri. Era un rustico maz­zuolo di legno di olivastro stagionato, reso lucido dall’uso per essere passato negli anni in tante mani. Non un martello costruito da un arti­giano, ma un corto spezzone di ramo, lungo poco meno di trenta centi­metri, con una conferenza di circa 45. Il manico, corto e robusto, con­sentiva la presa sicura per assestare un unico colpo, pesante e deciso. Veniva usato, si dice, soltanto da donne forti, sempre e solo donne, vere «benefattrici» della piccola umanità dei paesi e delle campagne galluresi, quando sembrava che la morte, dispensatrice di quiete ma anche di estenuanti agonie, si divertisse a utilizzare tutta la sua trista cattiveria prolungando il tempo dello strazio. E allora, eccola lì, la donna della notte che accorreva al capezzale dei sofferenti per «mi­gliorare le condizioni del moribondo» favorendone il passaggio a  «miglior vita» , come affermano gli studiosi Alessadro Bucarelli (pre­maturamente scomparso qualche anno fa) e Carlo Lubrano, docenti all’Università di Sassari, nella loro opera Eutanasia ante litteram in Sardegna. Sa femmina acabbadora. Di questi riti tribali come le accabadoras (o femina agabbadori, in gallurese) rimangono memorie e anche tracce. Queste “terminator” al femminile, si pensa abbiano agito fino alla metà del secolo XIX, anche se alcuni studiosi sostengono che in qualche parte dell’isola abbiano operato in data a noi più vicina.Il filologo Zenodoto (vissuto nel III secolo a.C., ebbe da Tolomeo Fi­ladelfo l’incarico di bibliotecario e si occupò soprattutto di studi ome­rici) parla di una colonia di Cartaginesi, nominata da Eschilo, che, ve­nuta in Sardone (Sardegna), sacrificava a Saturno i vecchi ultrasettan­tenni. Il sacrificio veniva consumato mentre tutt’intorno la gente si ab­bracciava sorridendo come durante una festa: in simili occasioni pian­gere e disperarsi sarebbe stato per i Cartaginesi quantomeno disdicevo­le, se non addirittura sacrilego. Pare che proprio da queste lontane usanze derivi anche l’espressione “riso sardonico”: il riso forzato dei Sardi, il riso amaro dei vinti, per dirla con il poeta Francesco Masala,Anche per lo storico Timeo di Siracusa (vissuto all’incirca tra il 356 e il 260 a.C.) sarebbe stato costume dei Sardonii far precipitare i parenti più stretti, diventati vecchi e sofferenti, dall’ alto di una rupe o dall’ orlo di una tomba già scavata, mentre i figli ridevano enfatizzando la finta felicità che provavano nel togliere la vita a chi l’aveva loro donata.A questo punto, nell’impossibilità di datare con esattezza la fine di cotanta barbarie, non resta che prendere per buone, sempre restando nello statuto indefinito dell’ipotesi, le parole del «mio»  testimone cen­tenario che verrà presentato fra poco. Dalle sue dichiarazioni e da un conteggio all’indietro fino agli anni in cui la sua antenata   «avrebbe esercitato», si può approssimativamente desumere che l’opinione co­mune sulla datazione di questa pratica può coincidere con quella che risulta dalle affermazioni del centenario. E che l’«eutanasia nuragica»  – sempre negata – avveniva, in tempi non troppo remoti, anche nella civilissima Gallura. Così risulta dalla confessione sofferta del cente­nario cui ci si riferiva poc’anzi e che ripeto pari pari com’era avvenu­ta; già annotata, peraltro, nel mio Antica terra di Gallura”.

[Franco FresiLa Sardegna dei misteri, Ed. Newton compton, Roma, 2010, pagine 101-102].

*Tratto da Letteratura e civiltà della Sardegna” di Francesco Casula , volume II, Edizioni Grafica del Parteolla, Dolianova 2013, pagine 187-196

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