Archivi giornalieri: 6 febbraio 2014

Consiglio regionale del lazio

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Consiglio regionale lazio

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    L.R. 29 Novembre 2001, n. 29: Promozione e coordinamento delle politiche in favore dei giovani (1)

    Art. 1 (Finalità)

    1. La Regione riconosce il particolare rilievo che rivestono le problematiche giovanili nell’ambito della programmazione regionale in una prospettiva di sviluppo culturale, sociale ed economico della collettività regionale.

    2. In conformità con quanto previsto al comma 1, la Regione, al fine di acquisire una conoscenza specifica ed approfondita della condizione giovanile e di coordinare gli interventi e le politiche degli enti locali a favore dei giovani nonché di garantire una rappresentanza del mondo giovanile nelle sedi istituzionali, promuove, nel rispetto dei principi costituzionali e nell’ambito delle competenze di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e successive modifiche, azioni tese a :
    a) favorire la partecipazione dei giovani alla vita sociale e politica;
    b) promuovere presso le province ed i comuni forme di consultazione dei giovani, in forma individuale ed associata, al fine di favorire la partecipazione degli stessi, alla vita amministrativa degli enti locali;
    c) analizzare ed approfondire, con il concorso delle associazioni rappresentative del mondo giovanile, le tematiche attinenti alla condizione dei giovani;
    d) promuovere un sistema coordinato di informazioni rivolto ai giovani;
    e) favorire l’inserimento dei giovani nella società e nel mercato del lavoro;
    f) prevenire i percorsi della devianza e contrastare l’emarginazione giovanile;
    g) incentivare lo sviluppo dell’associazionismo giovanile;
    h) coordinare gli interventi rivolti ai giovani in materia di formazione, istruzione, occupazione, servizi sociali e prevenzione sanitaria;
    i) favorire scambi culturali giovanili a carattere interregionale ed internazionale.

    Art. 2 (Forum regionale per le politiche giovanili)

    1. Per le finalità di cui all’articolo 1 è istituito, presso il Consiglio regionale, il Forum regionale per le politiche giovanili, di seguito denominato Forum, di cui fanno parte rappresentanti:
    a) delle organizzazioni giovanili di partiti politici presenti in almeno uno dei due rami del Parlamento;
    b) delle associazioni studentesche ed universitarie;
    c) delle organizzazioni sindacali di categoria dei giovani lavoratori maggiormente rappresentative;
    d) delle associazioni giovanili iscritte nel registro di cui all’articolo 5, purché costituite, come minimo, da un anno ed operanti sul territorio regionale; (2)
    d bis) dei consigli comunali, municipali o sovracomunali dei giovani autonomamente istituiti dagli enti locali. (3)

    2. Il Forum dura in carica quanto il Consiglio regionale ed è convocato almeno due volte l’anno.

    3. Il Forum è presieduto dal Presidente del Consiglio regionale o da un suo delegato.

    4. Entro sessanta giorni dalla data di istituzione della struttura di cui all’articolo 4, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva il regolamento interno del Forum.

    5. Il regolamento di cui al comma 4 disciplina:
    a) la composizione del Forum assicurando il rispetto del pluralismo della rappresentanze di cui al comma 1;
    b) le modalità di costituzione del Forum;
    c) l’organizzazione ed il funzionamento interno del Forum;
    d) le modalità per la costituzione, all’interno dei componenti del Forum, del direttivo con compiti istruttori e preparatori nonché di rappresentanza del Forum nelle sedi istituzionali;
    e) l’eventuale iscrizione nel registro di cui all’articolo 5 di ulteriori associazioni rispetto a quelle previste al comma 2 del medesimo articolo.

    6. Alle riunioni del Forum possono partecipare i consiglieri e gli assessori regionali ed essere invitati rappresentanti degli enti locali ed esperti in materia nonché i rappresentanti delle associazioni iscritte nel registro previsto all’articolo 5, diverse da quelle di cui al comma 1, lettera d).

    Art. 3 (Funzioni del Forum regionale per le politiche giovanili)

    1. Il Forum:
    a) esprime parere sulle iniziative concernenti la condizione giovanile su richiesta della Giunta e del Consiglio regionale nonché degli enti locali;
    b) predispone relazioni, studi, documenti, ed analisi sulla condizione giovanile, anche al fine di sottoporli alla valutazione dei competenti organi regionali;
    c) elegge i propri rappresentanti nelle corrispondenti sedi di consultazione giovanile costituite a livello nazionale ed internazionale.

    Art. 4 (Struttura regionale)

    1. Per l’esercizio delle finalità della presente legge è istituita, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa, un’apposita struttura secondo le modalità previste dalla normativa vigente in materia di organizzazione delle strutture del Consiglio regionale. (4)

    2. La struttura di cui al comma 1, tra l’altro:
    a) svolge attività di supporto al Forum;
    b) effettua un’azione di monitoraggio della condizione giovanile;
    c) valuta l’impatto delle politiche regionali in favore dei giovani;
    d) gestisce servizi informativi e banche dati sulla condizione e sulle politiche per i giovani;
    e) agevola la comunicazione e lo scambio di informazioni tra mondo giovanile e le istituzioni;
    f) svolge attività istruttoria ai fini dell’iscrizione nel registro di cui all’articolo 5 e provvede alla relativa tenuta.

    Art. 5 (Registro regionale delle associazioni giovanili)

    1. E’ istituito presso il Consiglio regionale il registro delle associazioni giovanili, di seguito denominato registro. (4)

    2. Al registro possono iscriversi le associazioni:
    a) studentesche;
    b) di volontariato;
    c) culturali;
    d) ambientaliste;
    e) sportive;
    f) a carattere religioso;
    g) ogni altra associazione, in conformità a quanto previsto dall’articolo 2, comma 5, lettera e).

    3. Ai fini dell’iscrizione nel registro, le associazioni di cui al comma 2 devono presentare domanda alla struttura prevista all’articolo 4 e, oltre ad essere formate in prevalenza da giovani, devono avere:
    a) sede nel territorio regionale;
    b) finalità giovanile indicata chiaramente nella denominazione e contemplata all’interno dello statuto;
    c) statuto improntato ai criteri di democraticità;
    d) assenza di finalità di lucro.

    4. La struttura regionale di cui all’articolo 4, entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, previa verifica dei requisiti di cui al comma 3, provvede all’iscrizione nel registro oppure al diniego dell’iscrizione con provvedimento motivato.

    5. La domanda di cui al comma 3 deve essere corredata dalla seguente documentazione:
    a) copia dell’atto costitutivo e dello statuto;
    b) dettagliata relazione sull’attività che l’organizzazione svolge o che intende svolgere.

    6. La struttura di cui all’articolo 4 provvede con periodicità annuale alla revisione ed all’aggiornamento del registro in relazione al permanere dei requisiti previsti al comma 3.

    Art. 6 (5) (Programma triennale di interventi a favore dei giovani)

    1. La Giunta regionale, sentite le commissioni consiliari competenti, approva il programma triennale di interventi a favore dei giovani, di seguito denominato Programma, contenente gli indirizzi, gli obiettivi ed i progetti dell’azione regionale.

    2. Il Programma contiene:
    a) l’individuazione della tipologia di progetti concernenti la condizione giovanile promossi dalla Regione;
    b) gli indirizzi per il coordinamento delle iniziative degli enti locali in materia;
    c) la determinazione del regime di finanziamento o di incentivazione per tipo di iniziativa;
    d) l’indicazione delle procedure di accesso ai finanziamenti ed agli incentivi.

    3. Il Programma prevede contributi a sostegno di progetti ed iniziative per, tra l’altro:
    a) l’ inserimento sociale e la partecipazione dei giovani;
    b) le politiche attive per l’occupazione;
    c) la prevenzione del disagio giovanile;
    d) la mobilità giovanile, con iniziative di scambio socio-culturale fra paesi europei;
    e) l’aggregazione, l’associazionismo e la cooperazione giovanile nazionale ed internazionale;
    f) l’ informazione e la consulenza per i giovani.

    4. Entro il 30 novembre, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale una relazione annuale sull’andamento del programma e le eventuali correzioni allo stesso.

    Art. 7 (Conferenza regionale per le politiche giovanili)

    1. E’ istituita la Conferenza regionale per le politiche giovanili, di seguito denominata Conferenza che, ripartita in ambiti territoriali provinciali, ha lo scopo di coordinare gli interventi in favore dei giovani e di scambiare le esperienze amministrative sviluppate in tema di politiche giovanili.

    2. La Conferenza è composta, per ciascun ambito provinciale, dagli assessori provinciali e comunali competenti in materia di politiche giovanili.

    3. Al fine di coordinare e raccordare l’attività della Conferenza, il Presidente della Giunta regionale, o l’assessore da lui delegato, convoca, almeno due volte l’anno, la Conferenza stessa.

    4. Alla seduta della Conferenza di cui al comma 3 partecipano gli assessori provinciali e tre rappresentanti per ogni ambito provinciale designati da ciascun ambito stesso nonché il presidente del Forum, il presidente ed i due vice presidenti della commissione consiliare, permanente o speciale, competente in materia di politiche giovanili.

    Art. 8 (Disposizioni finanziarie)

    1. Per l’attuazione della presente legge è autorizzata la spesa per l’importo di lire 200 milioni per l’anno 2001 che viene prevista nel bilancio pluriennale al capitolo numero 28186 di nuova istituzione, denominato “Fondo regionale per i giovani”.

    2. Alla copertura della spesa di cui al comma 1 si provvede mediante la riduzione di pari importo dello stanziamento di cui al capitolo numero 16310 del bilancio pluriennale 2001.

    Note:

    (1) Pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 19 dicembre 2001, n. 34, S.O. n. 6

    (2) Lettera sostituita dall’articolo 20, comma 1, della legge regionale 24 dicembre 2008, n. 32

    (3) Lettera aggiunta dall’articolo 8, comma 2 della legge regionale 7 dicembre 2007, n. 20

    (4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 172 della legge regionale 24 dicembre 2010, n. 9

    (5) Vedi disposizione transitoria di cui all’articolo 102 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
    Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l’efficacia degli atti legislativi originari.

 

Lingua sarda nelle scuole

Alcuni motivi (didattici, culturali, civili) per introdurre la lingua sarda nelle scuole

Alcuni motivi (didattici, culturali, civili) per introdurre la lingua sarda nelle scuole

 

ROMA – La Questione del Bilinguismo a scuola entra prepotentemente nella campagna elettorale n vista delle elezioni regionali sarde del prossimo 16 febbraio. Dopo decenni di discussioni, pare che finalmente anche le forze politiche si siano accorte della necessità e dell’urgenza, non più rinviabile, di introdurre la lingua sarda, come materia curriculare, nelle scuole di ogni ordine e grado.

 

Pedagogisti come linguisti e glottologi, psicologi come psicoanalisti e perfino psichiatri, ritengono infatti che la presenza della lingua materna e della cultura locale nel curriculum scolastico si configurino non come un fatto increscioso da correggere  e controllare ma come elementi indispensabili di arricchimento, di addizione e non di sottrazione, che non “disturbano” anzi favoriscono lo sviluppo comunicativo degli studenti perché agiscono positivamente nelle psicodinamiche dello sviluppo. In particolare la lingua materna (quella sarda per noi) serve: per allargare le loro competenze degli studenti, soprattutto comunicative, di riflessione e di confronto con altri sistemi; per accrescere il possesso di una strumentalità cognitiva che faciliti l’accesso ad altre lingue; per prendere coscienza della propria identità  etno-linguistica ed etno–storica, come giovane e studente prima e come persona adulta e matura poi; per personalizzare l’esperienza scolastica, umana e civile, attraverso il recupero delle proprie radici;

per combattere l’insicurezza ambientale, ancorando i giovani a un humus di valori alti della civiltà sarda: la solidarietà e il comunitarismo in primis; per superare e liquidare l’idea del “sardo“ e di tutto ciò che è locale come limite, come colpa, come disvalore, di cui disfarsi e , addirittura, “vergognarsi“; per migliorare e favorire, soprattutto a fronte del nuovo “analfabetismo di ritorno“, viepiù trionfante, soprattutto a livello comunicativo e lessicale, lo status linguistico. Che oggi risulta essere, in modo particolare nei giovani e negli stessi studenti, povero, banale, improprio, “gergale“.Con un numero di parole ormai ridotto al minimo.

 

E poiché tra il pensiero e il linguaggio c’è un’interazione ne deriva che il pensiero si è anchilosato, come il linguaggio.

Inoltre, premesso che la sollecitazione delle capacità linguistiche deve partire dall’individuazione del retroterra linguistico, culturale, personale, familiare, ambientale dell’allievo e del giovane, non per fissarlo e inchiodarlo a questo retroterra ma, al contrario, per arricchire il suo patrimonio linguistico, l’educazione bilingue svolge delle funzioni che vanno al di là e al di sopra dell’insegnamento della lingua: si pone infatti anche come strumento per iniziare a risolvere i problemi dello svantaggio culturale, dell’insuccesso scolastico e della stessa “dispersione” e mortalità come della precaria alfabetizzazione di gran parte della popolazione, evidente e diffusa a livello di scolarità di base ma anche superiore. Ma lo studio della lingua sarda, va al di là di questi pur importanti obiettivi.

 

Lo studio e la conoscenza della lingua sarda, può essere uno strumento formidabile per l’apprendimento e l’arricchimento della stessa lingua italiana e di altre lingue, lungi infatti dall’essere “un impaccio“, “una sottrazione”, sarà invece un elemento di “addizione”, che favorisce e non disturba l’apprendimento dell’intero universo culturale e lo sviluppo intellettuale e umano complessivo. Ciò grazie anche alla fertilizzazione e contaminazione reciproca che deriva dal confronto sistemico fra codici comunicativi delle lingue e delle culture diverse, perchè il vero bilinguismo è insieme biculturalità, e cioè immersione e partecipazione attiva ai contesti culturali di cui sono portatrici, le due lingue e culture di appartenenza, sarda e italiana per intanto, per poi allargarsi, sempre più inevitabilmente e necessariamente, in una società globalizzata come la nostra, ad altre lingue e culture, europee e mondiali. La lingua sarda infatti in quanto concrezione storica complessa e autentica, è simbolo di una identità etno-antropologica  e sociale, espressione diretta di una comunità e di un radicamento  nella propria tradizione e nella propria cultura. Una lingua che non resta però immobile – come del resto l’identità di un popolo – come fosse un fossile  o un bronzetto nuragico, ma si “costruisce”  dinamicamente nel tempo, si confronta e interagisce, entrando nel circuito della innovazione linguistica, stabilendo rapporti di interscambio con le altre lingue. Per questo concresce all’agglutinarsi della vita culturale e sociale. In tal modo la lingua, non è solo mezzo di comunicazione fra individui, ma è il modo di essere e di vivere di un popolo, il modo in cui tramanda la cultura, la storia, le tradizioni.

 

La Lingua sarda infine, essendo la più forte ed essenziale componente del patrimonio ricchissimo di tradizioni e di memorie popolari, sta a fondamento – per usare l’espressione dell’archeologo Giovanni Lilliu – dell’Identità della Sardegna e del diritto ad esistere dei Sardi, come nazionalità e come popolo, che affonda le sue radici nel senso profondo della sua storia, atipica e dissonante rispetto alla coeva storia e cultura mediterranea ed europea.

Assume cioè un valore etico, etnico-nazionale e antropologico e, se si vuole, anche politico, nel senso di riscatto dell’Isola e del suo diritto-dovere all’Autodeterminazione e all’Indipendenza.

 

Il che non significa che l’Identità debba tradursi in forme di chiusura autocastrante o di separazione: essa deve invece essere accettata e riconosciuta come la condizione base del nostro modo di situarci nel mondo e di dialogare con gli orizzonti più diversi, senza cedere alla tentazione – come osserva acutamente il filosofo sardo Placido Cherchi – di usare la nostra differenza come ideologia o di caricarla, a seconda delle fasi, ora di arroganze etnocentriche ora di significati autodepressivi .

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Da LIbERAZIONE del 5.2.2014

Camusso chiede “la testa” di Landini

 

Non ha precedenti, in tutta la storia della Cgil pur densa di confronti politici anche aspri, in particolare fra confederazione e sindacato dei metalmeccanici, che il capo di quest’ultima chieda la testa del segretario generale della propria più forte e combattiva categoria. E’ questo un segno drammatico dello stato di confusione, di deriva politica, culturale e ormai anche morale, che sta minando nelle fondamenta il sindacato di Corso d’Italia, tanto impotente nell’imbastire uno straccio di iniziativa contro la crisi, quanto violento nel gestire il dissenso interno attraverso la clava dei provvedimenti amministrativi. E’ impensabile che in un contesto di rapporti politici e personali così logorato possa resistere l’alleanza fra Confederazione e Fiom nella mozione congressuale di maggioranza. Un paradosso che rischia di mettere all’angolo soprattutto il sindacato di Landini che ha sin qui cercato di mimetizzare negli emendamenti al documento di Camusso un contrasto che diviene ogni giorno più acuto.
di D.G.

Progetti di legge

Progetti di legge approvati non promulgati o pubblicati

  • Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n.136, recante disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate

    Testo definitivamente approvato dal Senato il 5 Febbraio 2014

    Iter e lavori preparatori
    C.1885 31 gennaio 2014:
    approvato
    S.1275 5 febbraio 2014:
    approvato definitivamente, non ancora pubblicato

Esodati

Esodati ammessi alla contribuzione volontaria: nuovo messaggio Inps

I lavoratori ammessi alla contribuzione volontaria che abbiano già ricevuto la lettera di certificazione del diritto al pensionamento, non devono presentare ulteriori istanze per essere ammessi al pensionamento, anche nel caso in cui abbiano cessato il rapporto di lavoro in base ad accordi individuali o collettivi.

Lo afferma l’Inps, con il Messaggio n. 1684 del 30 gennaio 2014, nel quale si invitano le sedi territoriali dell’istituto a esaminare eventuali richieste presentate da persone autorizzate alla contribuzione volontaria, che tuttavia non abbiano ancora ricevuto la certificazione del diritto di accesso al pensionamento.
 


Inps, Messaggio n. 1684 del 30 gennaio 2014
Roma, 30-01-2014
Messaggio n. 1684
OGGETTO: Salvaguardia ai sensi dell’articolo 1, commi da 231 a 234, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (c.d. salvaguardia dei 10.130). Ulteriori chiarimenti.

In riferimento alla Salvaguardia “10130” di cui all’ art. 1, comma 231 e ss., della legge n. 228 del 2012 e’ stato evidenziato, da parte delle  Strutture periferiche, che taluni lavoratori appartenenti alla categoria dei prosecutori volontari di cui al richiamato art. 1, comma 231, lettera b), della legge n. 228 del 2012 –  il cui contingente numerico è stato incrementato di 6.000 dall’art. 1, comma 191, della legge n. 147/2013 -, hanno chiesto alle predette Strutture  se è possibile  accedere alla salvaguardia in oggetto anche in qualità di lavoratori cessati in base ad accordi individuali o collettivi ai sensi della lettera c) del predetto comma 231.

 

Relativamente  ai  comportamenti da adottare  in tali situazioni si precisa quanto segue.

 

a)   Soggetti che hanno già ricevuto la lettera di certificazione del diritto all’accesso alla salvaguardia come prosecutori volontari

 

In tali situazioni risulta inutile la presentazione di ulteriori istanze per la certificazione in altra categoria in quanto soggetti già salvaguardati.

Nel caso in cui siano state  già presentate  tali richieste, le stesse devono essere archiviate.

 

b)   Soggetti che non hanno ricevuto la lettera di certificazione del diritto all’accesso alla salvaguardia come prosecutori volontari

 

In tali fattispecie, si interessano le Strutture territoriali ad esaminare le predette richieste e, in presenza del provvedimento di accoglimento adottato dalle DTL nonché dei requisiti di legge per il diritto alla salvaguardia nella categoria dei  “lavoratori cessati”, ad inserire tali soggetti tra i beneficiari della salvaguardia prevista per quest’ultima categoria.

 

Il Direttore Generale
Nori