Archivi giornalieri: 28 maggio 2013

Prevenzione

Cgil Milano – Dopo morte a Cernusco, urgente battaglia su prevenzione

“Riteniamo indispensabile e urgente rilanciare una grande battaglia sindacale e sociale a Milano e in tutta la Lombardia per estendere e rafforzare il controllo e la prevenzione sui temi della sicurezza e della difesa della salute nei luoghi di lavoro”. Lo sostengono in una nota la segreteria milanese della Cgil e la Fillea Cgil Milano a commento della notizia del lavoratore che ieri ha perso la vita a Cernusco sul Naviglio per il crollo di un ponteggio.

“Si susseguono in modo impressionante episodi che segnano a lutto il mondo del lavoro, nonostante – proseguono – il silenzio dei media sia calato su questo fenomeno, anche da parte della stampa locale”. E secondo Cgil e Fillea questi infortuni “rischiano di aumentare”. La situazione in cui versa il settore dell’edilizia – spiegano – ha prodotto una “larga fascia di disoccupazione, provocando la perdita di migliaia di posti di lavoro, la cui drammaticita” spesso rischia di oscurare i dati sugli infortuni anche mortali come quello di questa mattina”.

Per questo, nei prossimi giorni, le due sigle sindacali  promuoveranno diverse iniziative “per estendere la rete di controllo delle condizioni di lavoro delle donne e degli uomini, a partire dall’edilizia e in tutti i settori lavorativi”.

Danno esistenziale

Danno esistenziale per lavoro senza interruzioni

La sentenza del Consiglio di Stato n. 7/2013 ha stabilito che va risarcito il danno per usura psicofisica al dipendente pubblico che per anni ha lavorato anche di domenica senza fruire del riposo compensativo (irrinunciabile, in base all’art. 36 della Costituzione).

Sul danno da usura si è affermato che il dipendente pubblico che lamenti un danno per aver prestato attività lavorativa sette giorni su sette deve allegare circostanze e documenti che dimostrino la mancata fruizione del riposo compensativo, protrattasi nel tempo per esigenze aziendali.

Esistono due tipi di danno: quello biologico consistente nella lesione dell’integrità psicofisica; quello esistenziale consistente nell’alterazione delle abitudini, relazioni e scelte di vita.

In questo caso il danno derivante al dipendente attiene alla sfera esistenziale. La pronuncia chiarisce inoltre che il dipendente può agire per il ristoro di tale danno entro 10 anni dalla più antica festività non goduta.

Carceri

Carceri. Ultimatum Strasburgo all’Italia

Un anno di tempo. L’Italia ha solo 12 mesi per trovare una soluzione al sovraffollamento delle carceri e risarcire i detenuti che ne sono stati vittime. I giudici della Corte Europea dei diritti dell’Uomo hanno respinto il ricorso presentato dal nostro Paese contro una sentenza di Strasburgo che l’8 gennaio scorso aveva condannato il sistema carcerario italiano per il trattamento inumano e degradante di alcuni detenuti. La decisione rende dunque definitiva la sentenza di gennaio: significa che l’Italia non potrà più opporsi alla richiesta che le viene dalla Corte europea.

Nella sentenza dell’8 gennaio i giudici di Strasburgo condannarono l’Italia per aver sottoposto sette detenuti del carcere di Busto Arsizio e di Piacenza a condizioni inumane e degradanti. Gli uomini condividevano celle di nove metri quadri con altri due carcerati e non avevano sempre accesso alle docce dove spesso mancava l’acqua calda. La Corte oltre ad aver condannato l’Italia a risarcirli con quasi 90 mila euro, ha anche dato al governo un anno di tempo per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri e introdurre nel proprio ordinamento misure che garantiscano ai detenuti di poter ottenere immediatamente un miglioramento delle loro condizioni oltre che un risarcimento per i danni subiti.  
 
Nella sentenza i giudici sottolineano che spetta al governo italiano trovare le soluzioni più adatte a risolvere la questione. Tuttavia sollevano dubbi sulle misure prese sin dal 2010, in particolare con il piano carceri, e invitano le autorità italiane a mettere in atto misure alternative al carcere e a ridurre al minimo il ricorso al carcere preventivo.

Se l’Italia non dovesse riuscire a risolvere la questione entro un anno la Corte di Strasburgo ricomincerà a esaminare le centinaia di ricorsi per sovraffollamento già arrivati e a multare l’Italia per il non rispetto dei diritti dei detenuti. E fonti sottolineano che dalla sentenza dell’8 gennaio la Corte riceve in media 10-15 richieste di informazioni sulle procedure per fare ricorso provenienti da tutti i carceri italiani. 

Disoccupazione

Ok a staffetta generazionale, ma con modifiche …

”La volontà del governo di  intervenire a favore dell’occupazione dei giovani è molto positiva – dice Cesare Damiano, presidente della Commissione lavoro della Camera -. La strada fondamentale, che richiede molte risorse, è
quella della diminuzione del costo del lavoro per facilitare l’assunzione a tempo indeterminato di giovani e di ultra cinquantenni in cerca d’impiego. Su questo punto mi pare che ci sia una convergenza tra tutti i partiti”.

”Altrettanto interessante – aggiunge – è l’idea della “staffetta generazionale” caldeggiata dal ministro Giovannini. L’idea, sulla quale si era già intervenuti al tempo del primo e del secondo Governo Prodi, si è arenata sulla clausola che prevedeva il passaggio del lavoratore dal tempo pieno al part-time, a causa della conseguente drastica riduzione a metà dello stipendio.
Per tradurre in pratica l’idea della “staffetta” si potrebbe, per ovviare a questo inconveniente, immaginare due possibili strade. La prima, quella di utilizzare i contratti di solidarietà ”espansivi” che non riducono il salario in proporzione alla riduzione delle ore lavorate: questo favorirebbe la sostanziale salvaguardia del reddito”. 

”La seconda soluzione – prosegue Damiano – potrebbe essere quella di inserire rapidamente nel sistema un principio di flessibilità nell’uscita verso la pensione. Se si rendesse possibile andare in pensione a partire dai 62 anni con una leggera penalizzazione, avendo maturato almeno 35 anni di contributi, il lavoratore potrebbe utilizzare tale opportunità continuando a lavorare par-time e percependo la metà della pensione; anche in questo modo ci sarebbe una sostanziale invarianza del reddito”.    

”Se, a fronte di queste scelte, le aziende assumessero un giovane a tempo pieno, utilizzando, ad esempio, il contratto di apprendistato, potremmo dare un segnale positivo e di speranza al Paese, anche attraverso una sperimentazione temporanea”, conclude.

Ilva

L’Ilva non può chiudere

“L’Ilva è un’azienda strategica, che non può chiudere. E che deve operare nel rigoroso rispetto dell’Aia e, quindi, dell”ambiente e della salute pubblica – si legge in un comunicato Ansa -. Il Governo è preoccupato dopo il sequestro dei beni della famiglia Riva, che mette a rischio la continuita” aziendale. E, insieme alle istituzioni locali, conferma “l’impegno, nell’ambito delle proprie competenze, affinché l’attività dell’Ilva, nel quadro di una rigorosa attuazione dell’Aia, si svolga nel massimo rispetto dell”ambiente e della tutela della salute”. Intanto, Riva Fire ricorre contro il provvedimento firmato dal Tribunale di Taranto.

La riunione tenuta presso il ministero dello Sviluppo economico ha consentito di acquisire ulteriori informazioni sulla situazione aziendale. Ma non sblocca la situazione.

“Quello stabilimento non si può fermare, perché se si ferma quello stabilimento, a cascata, abbiamo conseguenze negative per il grosso degli impianti siderurgici in Italia”, rileva il segretario del Pd Guglielmo Epifani, ieri, durante il suo intervento all’assemblea aperta sulla vertenza Thyssen.

Epifani ha ricordato che ”la Corte costituzionale, con grande saggezza, ha stabilito che non c’è gerarchia tra diritto all’occupazione e diritto alla salute, perché sono entrambi diritti primari”. ”Io mi permetto anche di aggiungere – ha continuato – che non ho mai visto in Italia chiudere uno stabilimento e dal giorno dopo cominciare a bonificare l’area, ma ho visto sempre il contrario. Per questo – ha concluso Epifani – bisogna continuare a produrre a Taranto, anche e soprattutto per continuare a investire nel risanamento ambientale, quello che la proprietà non ha fatto”.

Thyssen

La Thyssen non poteva non sapere …

Arrivano le motivazioni della sentenza d’appello per l’incidente alla Thyssen di Torino, e ogni parola pesa come un macigno: “estrema pesantezza della colpa”, “comportamenti reiterati e protratti nel tempo”, “gravissima imprudenza”

Il processo è quello per il rogo avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 nello stabilimento torinese della multinazionale dell’acciaio in cui persero la vita sette operai. Secondo i giudici, gli imputati sapevano: “Ciò che colpisce in massima misura è la estrema pesantezza della colpa da parte degli imputati, che più volte furono messi sull’avviso del rischio che correvano gli operai e, ciò nonostante, perseverarono nella loro condotta”. E’ quanto si legge nelle motivazioni. La colpa degli imputati “si accompagnò a comportamenti reiterati e protratti nel tempo; tali comportamenti ebbero il risultato di elevare a potenza, sommandosi fra di loro, i rischi cui gli operai furono esposti”.

Quanto agli operai nelle motivazioni si sottolinea che “vennero incaricati di affrontare le fiamme senza essere stati avvertiti del rischio specifico di cedimento dei flessibili che era invece ben noto a tutti gli imputati e che essi deliberatamente occultarono”.

 “Ma la gravità dei reati non si ferma qui – si legge ancora – Si è infatti dimostrato che si omise di approntare le misure prevenzionali per risparmiare, ma non per mancanza di fondi”. Nella sentenza, in cui vengono anche riportate le affermazioni di uno degli imputati, che esortava gli operai a non fare gli eroi si legge anche che le vittime invece agirono da eroi. “C’è qui da condividere il giudizio di eroismo che è stato espresso dalla prima Corte nei loro confronti, sottolineando come era diventato assolutamente normale che persone, ignare dei veri rischi e senza alcuna formazione antincendio, si sobbarcassero il compito di affrontare le fiamme con mezzi inidonei (estintori a corta gittata, con estinguente non adeguato alla combustione della carta, e comunque inefficace perche’ non sedo’ il focolaio) e con il divieto di chiamare i vigili del fuoco”.

Tutti gli imputati “confidarono con gravissima imprudenza che non si sarebbe verificato l’evento che produsse” la morte dei 7 operai. “Essi accettarono tutti il rischio che si verificassero eventi diversi: cioè fenomeni di focolaio non diffusivo (che si provocavano tutti i giorni nello stabilimento) – spiegano i giudici – ma confidarono con gravissima imprudenza che gli operai sarebbero riusciti, come avveniva sempre, a sedarli”, e contando sul fatto che i “focolai non trasmodassero in incendi diffusivi”.

E ancora: l’amministratore delegato della Thyssenkrupp, Harald Espenhahn, “sapeva che la linea di ricottura e decapaggio” dell’acciaieria di Torino era “a rischio incendio”, ma era anche “imprenditore esperto, abituato a ponderare le proprie decisioni nel tempo, anche confrontandosi con altri collaboratori specializzati, e’ impensabile che egli abbia agito in maniera tanto irrazionale”.

La Corte di appello di Torino lo scorso 28 febbraio aveva riformato la sentenza di primo grado nei confronti di Espenhahn, riducendone la pena da 16 a 10 anni per omicidio colposo “con colpa cosciente” e non per omicidio volontario. 

Welfare

Welfare sociale: i numeri del declino

Se avete un anziano non autosufficiente in famiglia, organizzatevi da soli. Idem se avete un bambino in età da nido, o un figlio disabile o un parente che è in povertà. La famiglia, in Italia è sempre stata il principale sostegno in situazioni del genere, ma dalla metà degli anni ’90 una nuova consapevolezza aveva generato la crescita del welfare sociale, cioè quell’insieme di interventi pubblici dedicati alle persone con ridotta autonomia o in condizione di povertà. Molto ci sarebbe ancora da fare in un settore che rimane la cenerentola del welfare italiano e non ha recuperato il forte ritardo rispetto al resto d’Europa. E proprio ora che ce ne sarebbe ancora più bisogno, assistiamo al suo declino. Lo dicono i numeri.

 

Sono pari al 20% le famiglie di bambini ammessi all’asilo nido, che rinunciano perché non sono in grado di pagare la retta; sono solo il 4,1% le persone con almeno 65 anni che ricevono l’assistenza domiciliare integrata; sono pari allo 0% i diritti ai servizi di welfare sociale garantiti nel nostro Paese; è pari al -75% la distanza tra la spesa pubblica media contro la povertà dell’Europa e quella italiana; è pari al -92% le riduzioni dei fondi per le politiche sociali attuati tra il 2008 e il 2014. E, infine sono solo 2 i Paesi dell’Europa a 15 che non hanno realizzato alcune delle riforme nazionali sul welfare sociale (Italia e Grecia).

da Sole24ore

Parkinson da pesticidi

La Francia riconosce l’origine professionale del Parkinson da pesticidi

Un decreto di revisione ed aggiornamento delle tabelle delle malattie professionali in agricoltura ha introdotto alla voce 58 la malattia di Parkinson provocata dai pesticidi.

Nel decreto si legge che la voce è stata inserita alla luce delle conoscenze che permettono di stabilire nell’uomo  un rapporto di causalità fra la malattia di Parkinson ed i pesticidi.
Da circa un decennio erano disponibili, infatti, studi epidemiologici che dimostravano che gli agricoltori e le popolazioni rurali più in generale, hanno un rischio più elevato di sviluppare la malattia di Parkinson.

Uno studio statunitense pubblicato dalla rivista “Occupational and environmental medicine” rileva che gli agricoltori che utilizzano i pesticidi presentano un rischio due volte superiore agli altri lavoratori di sviluppare un tumore cerebrale e addirittura tre volte superiore di contrarre un glioma. Lo studio rileva che gli agricoltori e quanti vivono presso campi coltivati hanno un maggiore rischio rispetto al resto della popolazione di sviluppare una malattia di Parkinson.

n 16° 2013 numero newsletter.doc

Giovani CGIL

Giovani Cgil lanciano campagna contro stage truffa

A poco più di due mesi dal termine previsto per l’approvazione da parte delle Regioni di normative specifiche per regolare i tirocini, parte la campagna promossa dai ”Giovani NON + disposti a tutto della Cgil” per fare dello ”stage un’opportunità e non una truffa”. Entro luglio, infatti, tutte le Regioni sono chiamate a regolamentare i tirocini, seguendo le linee guida dell”accordo Stato-Regioni del 24 gennaio scorso. Tirocini che,spiega la responsabile politiche giovanili della Cgil Nazionale, Ilaria Lani, ”sono diventati per una buona parte di giovani il percorso obbligato per accedere al lavoro e purtroppo questo avviene in condizioni di abuso, senza garanzie nè diritti”.

Un tema cruciale, quindi, per i giovani. ”Dopo il successo della ”campagna ”NON + stage truffa” che lanciammo due anni fa è arrivato il momento di riattivarsi affinché gli stage possano trasformarsi da truffa legalizzata in un”importante opportunità di formazione e inserimento nel mercato del lavoro”, ricorda Lani. Ecco perché, aggiunge, ”non possiamo limitarci al confronto con le Regioni, ma dobbiamo coinvolgere i giovani in questa battaglia”, a partire da una campagna nazionale promossa su www.nonpiu.it e da una giornata di azione prevista per il 29 maggio a sostegno delle proposte della Cgil.

Le richieste di Corso Italia sulla regolamentazione degli stage infatti prevedono: il bando defintivo per quelli gratuiti rivendicando dignità ed equo compenso; la garanzia di un progetto formativo concreto; il controllo per impedire che lo stagista sostituisca personale dipendente o che sia impiegato attività ripetitive ed esecutive; l’incentivo per controlli e sanzioni per chi fa il furbo.