Archivi giornalieri: 6 maggio 2013

Canne al vento di G. Deledda capitolo VII°

Capitolo settimo

All’alba Efix s’avviò al villaggio.

Gli usignoli cantavano, e tutta la valle era color d’oro – un oro azzurrognolo per il riflesso del cielo luminoso. Qualche figura di pescatore si disegnava immobile come dipinta in doppio sul verde della riva e sul verde dell’acqua stagnante fra i ciottoli bianchi.

Benché fosse presto, quando arrivò al villaggio, Efix vide l’usuraia filare nel suo cortile, fra i porcellini grassi e i colombi in amore, e la salutò accennandole che sarebbe passato più tardi; ma ella rispose agitando il fuso: ella poteva aspettare, non aveva fretta.

Più su, ecco zia Pottoi, con una ciotola di latte per la colazione dei ragazzi. Efix cercò di passare oltre, ma la vecchia cominciò a parlar alto ed egli dovette fermarsi per ascoltarla.

«Ebbene, che ti ho fatto? Perché i ragazzi si voglion bene, dobbiamo odiarci noi, vecchi?»

«Ho fretta, comare Pottoi.»

«Lo so, c’è chiasso, in casa delle tue padrone. Ma la colpa non è mia. Io ci perdo, in questa occasione. Il tuo padroncino vuole che Grixenda stia a casa, che non vada più scalza, che non vada più a lavare. Io devo fare la serva; ma lo faccio con piacere poiché si tratta di render felici i ragazzi…»

«Signore, aiutaci!», sospirò Efix. «Lasciatemi, comare Pottoi. Pregate Cristo, pregate Nostra Signora del Rimedio…»

«Il rimedio è in noi», sentenziò la vecchia. «Cuore, bisogna avere, null’altro…»

«Cuore, bisogna avere», ripeteva Efix fra se, entrando dalle sue padrone.

Tutto era silenzio e sole nel cortile: fiorivano i gelsomini sopra il pozzo e le ossa dei morti fra l’erba d’oro dell’antico cimitero. Il Monte circondava col suo cappuccio verde e bianco la casa; una colonnina istoriata era caduta dal balcone e giaceva in mezzo ai sassolini come l’avanzo di un razzo. Tutto era silenzio. Efix entrò e vide che il cestino mandato da lui con don Predu era quasi vuoto sopra il sedile, segno che gli ortaggi eran già stati venduti: rimanevano solo i pomini gialli di San Giovanni: gli parve quindi di aver sognato. Sedette e domandò:

«Dove son le altre? Che è accaduto?».

«Ester è a messa, Noemi è su», disse donna Ruth, curva a preparare il caffè.

E non disse altro, finché non arrivarono le sorelle, donna Ester col dito fuori dell’incrociatura dello scialle, Noemi pallida silenziosa con le palpebre violette abbassate.

Efix non osava guardarle; s’alzò rispettoso davanti a loro che prendevano posto sul sedile, e solo dopo che donna Ester ebbe domandato:

«Efix, sai che succede?», egli sollevò gli occhi e vide che Noemi lo fissava come il giudice fissa l’accusato.

«Lo so. La colpa è mia. Ma l’ho fatto a scopo di bene.»

«Tu fai tutto, a scopo di bene! Sarebbe bella che lo facessi a scopo di male, anche! Ma intanto…»

«Ebbene, non era poi un nemico! È un parente, alla fine!»

«Gente tua, morte tua, Efix!»

«Ebbene, non accadrà più, vuol dire!»

«È partito?», domandò allora donna Ester, turbandosi.

«Partito? Don Predu? Dove?»

«Chi parla di Predu? Io parlavo di quel disgraziato.»

Efix guardò il cestino.

«Io volevo dire per don Predu… per quello che ho fatto ieri.»

Noemi sorrise, ma un sorriso che le torse la bocca e l’occhio verso l’orecchio sinistro.

«Efix», disse con voce aspra, «noi parliamo di Giacinto. Tu, quando si trattava di farlo venire, dicesti: “Se si comporta male penso io a mandarlo via”. Hai sì o no detto questo?»

«Lo dissi.»

«E allora tieni la promessa. Giacinto è la nostra rovina.»

Efix abbassò un momento la testa: arrossiva e aveva vergogna di arrossire, ma subito si fece coraggio e domandò:

«Posso dire una parola? Se è mal detta è come non detta».

«Parla pure.»

«Il ragazzo a me non sembra cattivo. È stato finora mal guidato: ha perduto i genitori nel peggior tempo per lui, ed è rimasto come un bambino solo nella strada e s’è perduto. Bisogna ricondurlo nella buona via. Adesso, qui, in paese, non sa che fare; ha la febbre, s’annoia, va perciò a giocare e a fare all’amore. Ma ha idee buone, è beneducato. Vi ha mancato mai di rispetto?…»

«Questo no…», proruppe donna Ester, e anche donna Ruth fece cenno di no. Ma Noemi disse con voce amara, stringendo lentamente i pugni e stendendoli verso Efix:

«Dacché è venuto non ha fatto altro che mancarci di rispetto. Già, è venuto senza dir nulla… Appena arrivato ha fatto relazione con tutta la gente che ci disprezza. Poi s’è messo a far all’amore con la ragazza della peggior razza di Galte. Una che va scalza al fiume! Ed è stato ozioso, e vive nel vizio, tu stesso lo dici. Se questo non è mancare di rispetto a noi, alla casa nostra, che cos’è? Dillo tu, in tua coscienza…».

«È vero», ammise Efix. «Ma è un ragazzo, ripeto. Bisognerebbe aiutarlo, cercargli un’occupazione. Poi vorrei dire un’altra cosa…»

«E parla pure!», disse Noemi, ma con tale disprezzo ch’egli si sentì gelare. Tuttavia osò:

«Io credo che gli gioverebbe aver famiglia propria. Se ama davvero quella ragazza… perché non lasciargliela sposare?…».

Noemi balzò su, appoggiando le gambe tremanti al sedile.

«Ti ha pagato, per parlare così?»

Allora egli ebbe il coraggio di guardarla negli occhi, e una risposta sola: «io non sono avvezzo a esser pagato» gli riempì la bocca di saliva amara; ma ringhiottì parole e saliva perché vedeva donna Ester tirar la giacca di Noemi, e donna Ruth pallida guardarlo supplichevole, e capiva ch’esse tutte indovinavano la sua risposta, e sapevano che non era un servo da esser pagato lui; o meglio, sì, un servo, ma un servo che nessun compenso al mondo poteva retribuire.

«Donna Noemi! Lei dice cose che non pensa, donna Noemi! Suo nipote non ha denari, per potermi pagare, e quando anche ne avesse non gli basterebbero!», disse tuttavia, vibrante di rancore, e Noemi tornò a sedersi, posando le mani sulle ginocchia quasi per nascondere il tremito.

«In quanto a denari ne ha! Non suoi, ma ne ha.»

«E chi glieli dà?»

Sei occhi lo fissarono meravigliati: Noemi tornò a sogghignare; ma donna Ester posò una mano sulla mano di lei e parlò con dolcezza.

«Egli prende i denari da Kallina. Noi credevamo che tu lo sapessi, Efix! Prende i denari da Kallina, a usura, e Predu gli ha firmato qualche cambiale perché spera di toglierci il poderetto. Comprendi!»

Egli comprendeva. A testa curva, a occhi chiusi, livido, apriva e chiudeva i pugni spaventato e non gli riusciva di rispondere.

«E loro credevano ch’io sapessi? E come?… e perché?…», si domandava.

«Sì», disse Noemi con crudeltà. «Noi credevamo che tu lo sapessi, non solo, ma che gli facessi garanzia presso la tua amica Kallina…»

«La mia amica?», egli gridò allora aprendo gli occhi spauriti. E vide rosso. Gridò ancora qualche parola, ma senza sapere quel che diceva, e corse via agitando la berretta come andasse a spegnere un incendio.

Si trovò nel cortiletto dell’usuraia.

Tutto era pace là dentro come nell’arca di Noè. Le colombe bianche tubavano, con le zampe di corallo posate sull’architrave della porticina sotto un tralcio di vite che gettava una ghirlanda d’oro sulla sua ombra nera; e in questa cornice l’usuraia filava, coi piccoli piedi nudi entro le scarpette ricamate, il fazzoletto ripiegato sulla testa.

Lo spasimo di Efix turbò la pace del luogo.

«Dimmi subito come va l’affare di don Giacinto.»

L’usuraia sollevò le sopracciglia nude e lo guardò placida.

«Ti manda lui?»

«Mi manda il boia che ti impicchi! Parla, e subito, anche.»

Con un gesto minaccioso le fermò il fuso ed ella ebbe paura ma non lo dimostrò.

«Ti mandano le tue dame, allora? Ebbene, dirai loro che non si prendano pensiero. C’è tempo, a pagare, non ho fretta. In tutto ho dato quattrocento scudi, al ragazzo. Egli cominciò a chiedermi i quattrini quando eravamo alla festa. Voleva far bella figura. Diceva che aspettava denari dal Continente. Mi rilasciò una cambiale firmata da don Predu. Come potevo dire di no? Dopo, ritornò, qui. Mi disse che i denari del Continente li aveva giocati col Milese e li aveva perduti. Io gli dissi che portavo la cambiale da don Predu: allora si spaventò e me ne portò un’altra firmata da donna Ester. Allora gli diedi altri denari. Come potevo dire di no? Tu non sapevi nulla?», ella concluse riprendendo a filare.

Efix era annientato. Ricordava che donna Ester aveva di nascosto scritto a Giacinto di venire; di nascosto poteva anche aver firmato la cambiale. Come avrebbero pagato? Gli pareva di non potersi più muovere, d’aver le gambe gonfie, pesanti di tutto il sangue che gli calava giù lasciandogli vuoto il cuore e la testa e le mani inerti. Come avrebbero pagato?

E l’usuraia filava e le colombe tubavano, e le galline beccavano le mosche sulla pancia rosea dei porcellini stesi al sole: tutto il mondo era tranquillo. Lui solo spasimava.

«Ah, dunque non lo sapevi? Io credevo che parte del denaro l’avessero tenuto loro, le dame, per pagarti. Anzi volevo proporre a don Giacinto di scontare i dieci scudi che tu mi devi, ma in fede mia poi ho pensato che non andava bene: se però, rinnovando la cambiale, vogliamo fare tutto un conto…»

Efix fece uno sforzo per muoversi: si strappò di nuovo la berretta dal capo e cominciò a sbattergliela sul viso, pazzo di disperazione.

«Ah, maledetta tu sii… ah, che il boia t’impicchi… ah, che hai fatto?»

Nel cortiletto fu tutto un subbuglio; le colombe volarono sul tetto, i gatti s’arrampicarono sui muri; solo la donna taceva per non far accorrere gente, ma si curvò per sfuggire ai colpi e si difese col fuso, balzando, indietreggiando, e quando fu dentro la cucina si volse verso l’angolo dietro la porta, afferrò con tutte e due le mani un palo di ferro e si drizzò, ferma contro la parete, terribile come una Nemesi con la clava.

E fu lei allora a far indietreggiare l’uomo, dicendogli sottovoce, minacciosa:

«Vattene, assassino! Vattene…».

Egli indietreggiava.

«Vattene! Che vuoi da me, tu? Vengo io, a cercarvi, forse? Venite voi tutti, da me, quando la fame o i vizi vi spingono. È venuto don Zame, son venute le sue figlie, è venuto suo nipote. Sei venuto anche tu, assassino! E quando avete bisogno siete buoni, e poi diventate feroci come il lupo affamato. Vattene…»

Efix era sulla porta: ella lo incalzava.

«Anzi ti devo dire che non voglio più pazientare, giacché mi trattate così. O alla scadenza, in settembre, mi pagate, o protesto la cambiale. E se la firma è falsa, metto il ragazzo in prigione. Va’!»

Egli se ne andò. Ma non tornò a casa; andava andava per il paesetto deserto sotto il sole: inciampava nelle pietre vulcaniche sparse qua e là, e gli pareva che il terremoto ricordato dalla tradizione fosse avvenuto quella mattina stessa.

Egli s’aggirava tra le rovine; e gli sembrava di aver l’obbligo di scavare, di ritrarre i cadaveri dalle macerie, i tesori di sottoterra, ma di non potere, così solo com’era, così debole, così incerto sul punto da incominciare.

Passando davanti alla Basilica vide ch’era aperta ed entrò. Non c’era messa, ma la guardiana puliva la chiesa, e s’udiva il frusciar della scopa, nel silenzio della penombra, come se le antiche castellane vi passassero coi loro vestiti di broccato dallo strascico stridente.

Efix s’inginocchiò al solito posto sotto il pulpito, appoggiò la testa alla colonna e pregò. Il sangue tornava a circolargli nelle vene, ma caldo e pesante come lava; la febbre lo pungeva tutto, i raggi obliqui di polviscolo argenteo che cadevano dal tetto in rovina gli parevano buchi bianchi sul pavimento nero, e le figure pallide dei quadri guardavano tutte giù, si curvavano, stavano per staccarsi e cadere.

La Maddalena si spinge in avanti, affacciata alla sua cornice nera sul limite dell’ignoto. L’amore, la tristezza, il rimorso e la speranza le ridono e le piangono negli occhi profondi e sulla bocca amara.

Efix la guarda, la guarda, e gli sembra di ricordare una vita anteriore, remotissima, e gli sembra che ella gli accenni di accostarsi, di aiutarla a scendere, di seguirla…

Chiuse gli occhi. La testa gli tremava. Gli pareva di camminare con lei sulla sabbia lungo il fiume, sotto la luna: andavano, andavano, silenziosi cauti; arrivavano allo stradone accanto al ponte. Laggiù la sua visione si confondeva. C’era un carro su cui Lia sedeva, nascosta in mezzo a sacchi di scorza. Il carro spariva nella notte, ma sul ponte, sotto la luna, rimaneva don Zame morto, steso sulla polvere, con una macchia gonfia violetta come un acino d’uva sulla nuca. Efix s’inginocchiava presso il cadavere e lo scuoteva.

«Don Zame, padrone mio, su, su! Le sue figliuole l’aspettano.»

Don Zame restava immobile.

E singhiozzò così forte che la guardiana s’accostò a lui con la scopa.

«Efix, che hai? Stai male?»

Egli spalancò gli occhi spauriti e gli parve di vedere ancora Kallina col palo che gli gridava: «Assassino!».

«Ho la febbre… mi par di morire. Vorrei confessarmi…»

«E vieni proprio qui? Se non ti confessi col Cristo!», mormorò la guardiana sorridendo ironica; ma Efix appoggiò di nuovo la fronte alla colonna del pulpito e con gli occhi sollevati verso l’altare cominciò a balbettare confuse parole; grosse lagrime gli cadevano lungo il viso, deviavano verso il mento tremulo, cadevano goccia a goccia fino a terra.

Giacinto lo aspettava sdraiato davanti alla capanna.

Appena lo vide venir su, con in mano il cestino che sebbene vuoto pareva lo tirasse giù verso la terra, capì che si sapeva tutto. Meglio! Così poteva liberarsi d’una parte del peso che lo schiacciava, la più vergognosa: il silenzio.

«Raccontami», disse mentre Efix sedeva al solito posto senza abbandonare il cestino. «Racconta!», ripeté più forte, poiché l’altro taceva. «Adesso?» Efix sospirò.

«E adesso? Le mie padrone si sono un po’ calmate perché ho promesso di cacciarti via, intendi? Esse credono che le cambiali son davvero firmate da don Predu ed io non ho avuto il coraggio di dir loro la verità perché le firme sono false, vero? Ah, sì, è vero? Ah, Giacinto, anima mia, che hai fatto! E adesso? Andrai a Nuoro? Lavorerai? Pagherai?»

«È tanto… è una somma grossa, Efix… Come fare?»

Ma Efix gli parlava sottovoce, curvo su lui delirante:

«Va’ figlio di Dio, va’! Io avrei voluto che tu non andassi, ma se io stesso ti dico d’andartene è perché non c’è altra salvezza. Ricordati le cose belle che dicevi, l’altra sera. Dicevi: voglio che le zie stian bene, voglio che la casa risorga… Queste cose le pensavo anch’io, quando tu dovevi venire. E invece! Invece, se tu non paghi, l’usuraia metterà all’asta il poderetto o ti caccerà in carcere per le firme false; e loro dovranno domandare l’elemosina… Questo hai fatto tu, questo! So che non l’hai fatto per male. Tu che promettevi, l’altra sera, tante cose belle, tu, figlio di Dio…».

La spalla di Giacinto ricominciò a tremare. Sollevò il viso, sotto il viso reclinato di Efix, e si guardarono disperati.

«Non l’ho fatto per male. Volevo guadagnare. Ma come si fa, in questo paese? Tu lo sai, tu che sei rimasto così… così… miserabile…»

«Le zie non rimetteranno un soldo», riprese, dopo un momento di silenzio ansioso. «C’è, sì, anche la firma di zia Ester; l’ho dovuta far io perché… l’usuraia non mi dava credito. Ma io pagherò, vedrai: e se no, andrò in carcere. Non importa.»

«Tu, dunque, Efix, hai denari?»

«Se ne avessi non sarei qui spezzato! Avrei già ritirato le cambiali…»

«Che fare, Efix, allora? Che fare?»

«Ebbene, senti: tu andrai ancora dall’usuraia e ti farai dare cento lire per recarti a Nuoro. Là cercherai il posto. L’importante è di cambiar strada, adesso; di sollevarti una buona volta. Intendi?»

Ma Giacinto, che fino all’ultimo momento aveva sperato nell’aiuto del servo, non rispose, non parlò più. Ripiegato su se stesso come una bestia malata, sentiva le cavallette volare crepitando tra le foglie secche e seguiva con uno sguardo stupido lo sbattersi delle loro ali iridate. Due gli caddero sulla mano, intrecciate, verdi e dure come di metallo. Egli trasalì. Pensò a Grixenda, pensò che doveva partire e non rivederla più, così povero da rinunziare anche a una creatura così povera. E affondò il viso tra l’erba, singhiozzando senza piangere, con le spalle agitate da un tremito convulso.


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GIG

Cgil- Cresce la Cig, si va oltre il miliardo di ore

Il ricorso alla Cig aumenta ”senza freni”, registra – indica la Cgil – ”una continua crescita che, senza adeguati e urgenti contromisure, ci porterà a sforare quota un miliardo di ore anche per il 2013”. 

Peggiora infatti gravemente, commenta il segretario confederale della Cgil, Elena Lattuada ”il trend della richiesta di ore di cassa integrazione: con le 100 milioni di ore registrate ad aprile, ben oltre le 80 milioni di ore mediamente registrate ogni mese, si raggiunge un monte ore complessivo da inizio anno pari a 365 milioni”.

I dati di oggi, aggiunge la dirigente sindacale, ”ci mostrano per l’ennesima volta quali sono le vere urgenze dalle quali ripartire: servono risposte che mettano al centro il lavoro e che affrontino da subito il tema del  rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga”. Preoccupa ”l’aumento delle richieste di intervento sulle crisi di grandi gruppi industriali. Situazioni davvero complesse, che non trovano
risposte soddisfacenti e che rappresentano un ulteriore e inequivocabile segnale della profondità della crisi e della necessità dell’adozione di una politica industriale a tutela dei settori manifatturieri e dell’occupazione”.

ISTAT

Istat: spesa famiglie? -1,6% …

”La caduta del reddito disponibile, l’elevato clima di incertezza percepito dai consumatori e il tentativo di ricostituire livelli di risparmio precedentemente erosi continuerebbero a penalizzare i consumi privati”, spiega l’Istituto nazionale di statistica. E, aggiunge, ”le persistenti difficoltà nel mercato del lavoro e l’orientamento restrittivo delle politiche di bilancio, limiterebbero la possibilità di un aumento significativo dei consumi nel 2014”.

Il prossimo anno, infatti, evidenzia l’Istat, si registrerebbe solo ”una lieve ripresa” della spesa privata per consumi (+0,4%), ”inferiore alla crescita del Pil”.    Insomma nel 2013 le famiglie continuerebbero a sperimentare un’ulteriore riduzione del reddito disponibile, con inevitabili conseguenze negative sulla spesa.

La fase di deterioramento del potere d’acquisto dovrebbe arrestarsi solo nel 2014. Inoltre, sottolinea l’Istituto, ”il miglioramento delle condizioni di liquidità derivante dalle misure recentemente adottate per favorire il pagamento dei debiti delle amministrazioni pubbliche nei confronti dei creditori privati, sarebbe destinato prevalentemente a ricostituire i livelli di risparmio”. Tanto che ormai l’incidenza delle famiglie in grado di effettuare risparmi è ai livelli della crisi del 2009.

UE

UE, libera circolazione dei lavoratori

La Commissione europea propone di migliorare l’applicazione del diritto alla libera circolazione dei lavoratori. Il 3% della forza lavoro dell’Ue, ossia 9,5 milioni di persone, vive e lavora in un altro stato membro. Altri 1,2 milioni di persone vivono in un paese dell’UE, ma lavorano in un altro. Fin dalle sue origini, l’Unione europea ha cercato di garantire il diritto alla libera circolazione dei lavoratori, eppure ancora oggi le persone che decidono, o sono costrette, a lavorare in un altro paese sono spesso prive di protezione e di informazioni nello stato membro ospitante e incontrano difficoltà nell’accedere ad un posto di lavoro o ai benefici sociali ad esso collegati.

Un sondaggio Eurobarometro del 2011 aveva già indicato che il 15% dei cittadini Ue non prende in considerazione un lavoro in un altro Stato membro perché ritiene che vi siano ancora troppi ostacoli.

Un altro sondaggio europeo realizzato nel 2012 dall’Inca, nell’ambito del progetto Esopo, ha dimostrato che oltre la metà dei cittadini europei che vivono e lavorano in un altro stato membro, ignorano l’esistenza stessa della normativa europea che dovrebbe garantire loro l’accesso alle prestazioni di sicurezza sociale.

Permane inoltre il problema della scarsa consapevolezza delle norme Ue da parte dei datori di lavoro sia pubblici sia privati, per non parlare del fatto che molto spesso le legislazioni nazionali non sono, nei fatti, del tutto conformi al diritto europeo.  Le persone inoltre lamentano di non sapere a chi rivolgersi nello stato membro ospitante qualora insorgano problemi relativi al loro diritto alla libera circolazione.

www,osservatorioinca.org

ISTAT

Istat: disoccupazione nel 2013 al ll’11,9%, nel 2014 al 12,3%.

Il tasso di disoccupazione salirebbe anche nel 2014 a causa del ritardo con il quale il mercato del lavoro è previsto rispondere alla lenta ripresa dell’economia. Insomma, spiega l’Istituto nazionale di statistica, il mercato del lavoro continua a mostrare segnali di debolezza. La caduta dell’occupazione, misurata in termini di input di lavoro, proseguirà per tutto il 2013 (-1%), mentre nel 2014, è prevista una graduale ripresa (+0,1%) a seguito del moderato miglioramento delle condizioni generali dell’economia. 

L’aumento delle persone in cerca d’occupazione determinerà una crescita sostenuta del tasso di disoccupazione nel 2013 (+1,2 punti percentuali rispetto al 2012, raggiungendo il livello dell’11,9% in media d’anno). Ciò avrà inevitabili effetti di trascinamento anche nel 2014 con il tasso di disoccupazione previsto al 12,3% nonostante la crescita positiva del Pil. Tale persistenza è, appunto, associata al ritardo con il quale il mercato del lavoro si adeguerebbe alla ripresa
economica e ai fenomeni di allungamento della durata della disoccupazione.

Inoltre, fa sapere l’Istat, date le condizioni di debolezza del mercato del lavoro, le retribuzioni per dipendente mostrerebbero una dinamica moderata (+1%, nel 2013 e +1,3% nel 2014). Come risultato di questi andamenti la produttività del lavoro diminuirebbe ulteriormente nel 2013 per tornare a crescere debolmente nel 2014. In base a questo scenario il costo del lavoro per unità di prodotto risulterebbe in decelerazione durante l’intero periodo di previsione. (ANSA).

Cassazione

Cassazione – Non si può ridurre l’indennità di maternità

Ai sensi del Testo Unico su maternità e paternità le lavoratrici gestanti devono obbligatoriamente assentarsi dal lavoro per un periodo che va dai due mesi precedenti il parto ai tre mesi dopo il parto (astensione obbligatoria).

E’ però possibile prolungare la permanenza al lavoro sino all’ottavo mese di gravidanza, fruendo di un mese di astensione in più nel periodo successivo al parto. E’ evidente che la prosecuzione è concessa solo in presenza della necessaria certificazione del medico aziendale competente che deve attestare l’assenza di rischi. Una volta autorizzata la prosecuzione dell’attività il datore di lavoro non eroga più la retribuzione e l’Inps paga l’indennità di maternità.

Nel caso deciso dalla Corte di Cassazione la donna giunta all’ottavo mese di gravidanza aveva continuato a lavorare pur non avendo presentato la certificazione medica necessaria e l’Inps aveva rifiutato di pagare l’indennità per il periodo successivo al terzo mese dopo la nascita. L’Inps aveva dunque rifiutato di riconoscere il diritto al congedo flessibile.

Tale decisione, secondo la suprema Corte non poteva essere adottata in quanto non è possibile ipotizzare alcuna conseguenza di carattere sanzionatorio a carico della lavoratrice che è destinataria della tutela prevista dalla legge, ma non delle sanzioni.

La sentenza si conclude con un’osservazione molto dura a carico dell’Istituto di previdenza affermando che la riduzione di maternità operata dall’Inps non ha fondamento legislativo e si risolve in una sanzione a carico del lavoratore estranea alle regole e alle finalità delle norme che tutelano la maternità.

Disoccupazione giovanile

Fondo contro la disoccupazione giovanile

La Commissione affari sociali del parlamento Ue ha dato il via alla nuova proposta in favore dell’occupazione giovanile che si concentrerà sui ragazzi di età compresa tra i 15 e i 30 anni che non studiano e non lavorano e che vivono in regioni con un tasso di disoccupazione superiore al 20% come Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Europa dell’Est.

L’obiettivo del fondo, che sarà rinnovato per gli anni 2014-2010, è quello di avviare la cosiddetta “garanzia per i giovani” uno strumento in grado offrire uno stage, un lavoro o una formazione promuovendo così l’inclusione sociale e il lavoro.

Nell’UE circa un giovane su quattro è oggi disoccupato. In alcuni Paesi la proporzione sale addirittura a 2 su 3 come in Spagna, Grecia e Irlanda. In base alla fotografia scattata dalla Commissione sulla situazione occupazionale in Europa, inoltre il 42% dei giovani lavoratori è assunto con contratto a tempo determinato, mentre un altro 37% dispone di un contratto part time.

Il Fondo sociale europeo rappresenta dunque il principale strumento utilizzato per sostenere l’occupazione, aiutare i cittadini a trovare posti di lavoro migliori e assicurare opportunità lavorative più eque per tutti.

Boldrini

Boldrini – La libertà, anche la libertà dal bisogno va continuamente conquistata …

”La libertà, anche la libertà dal bisogno, va continuamente conquistata. Questa è oggi la principale missione delle istituzioni, per ridurre la distanza con il Paese, grande, profonda, per non tradire il
sacrificio di chi ci ha consegnato la democrazia”. Lo ha detto la presidente della Camera, Laura Boldrini, intervenuta  alla commemorazione dell’eccidio nazista di Monte Sant’Angelo, il massacro di 70 fra partigiani e civili che li avevano ospitati.

Boldrini ha ricordato che ”democrazia e lavoro sono un binomio inscindibile. Quando la crisi sociale produce disoccupazione e quest’ultima disperazione – ha aggiunto Boldrini – si creano le condizioni per il sostegno popolare ad avventure autoritarie di vario segno”.

”Accadde così – ha continuato –  con il fascismo, che fece leva sulla disoccupazione di massa successiva alla Prima guerra mondiale. Accadde così con il nazismo, risposta totalitaria alla grande crisi del ’29. Sta accadendo ora, in diverse parti d’Europa, con l’insorgenza di movimenti neo-nazisti e xenofobi”.

”Per questo – ha concluso la presidente della Camera – il lavoro è la priorità assoluta. Per una esigenza di giustizia sociale, certo, ma anche per difendere e rafforzare la democrazia”.

Carceri

Strasburgo – Emergenza carceri

Le carceri italiane sono tra le più sovraffollate dei 47 Paesi del Consiglio d’Europa e tra quelle in cui c’è il maggior numero di detenuti in attesa di primo giudizio. La situazione, riferita al settembre 2011, viene fotografata in un rapporto pubblicato da Strasburgo, che evidenzia anche come nel nostro paese la spesa giornaliera per carcerato sia più alta di quella media europea, poco meno di 117 euro contro 93.

L’Italia è terza, dopo Serbia e Grecia, per sovraffollamento: per ogni 100 posti effettivi ci sono 147 detenuti. Un tasso che Patrizio Gonnella presidente dell’associazione Antigone, in prima linea per i diritti nelle carceri, definisce ”indecente per un paese civile” e a cui il neo sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Berretta, dice che bisogna porre rimedio ”incentivando, ove possibile, l’ampliamento delle alternative alla detenzione e favorendo misure supportate da progetti volti al reinserimento sociale”.

Ma l’Italia è al terzo posto, dopo Ucraina e Turchia, anche per numero di detenuti in attesa di primo giudizio: sono 14.140 su un totale di 67.104, pari al 21,1%. L’Ucraina ne ha quasi 18 mila ma su un totale di oltre 158mila, mentre in Turchia sono quasi 36 mila su 127 mila circa.

E se le carceri scoppiano, anche la spesa giornaliera per detenuto è superiore alla media europea. Dal rapporto risulta infatti che l’Italia nel 2010 ha speso – spese mediche escluse – 116,68 euro contro i 96,12 di Francia ed i 109,38 della Germania (in questi casi le spese mediche sono incluse nella cifra).

Vittime di mafia

Cgil: risarcire i familiari delle vittime di mafia

Con una lettera a firma Susanna Camusso e Stefania Crogi, la Cgil e la Flai hanno chiesto al presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, di prendere provvedimenti per il riconoscimento dei benefici concessi ai familiari delle vittime della mafia e del terrorismo anche ai parenti di chi è caduto sotto i colpi della mafia tra gli anni 1944 e 1960. “È una ferita che va sanata quanto prima – hanno scritto le segretarie generali di Cgil e Flai – con l’intento di onorare fino in fondo la memoria di chi ha perso la vita in una stagione così rilevante per il movimento democratico siciliano”.

Anche di questo si è parlato il 4 maggio, all’Auditorium San Francesco di Sciacca, nel corso della “Prima giornata della memoria e della legalità” organizzata dalla Cgil, dalla Flai Sicilia e dalla Fondazione Accursio Miraglia alla quale ha partecipato anche il nuovo segretario della Cgil, Pagliaro.

“È importante – ha affermato il dirigente sindacale – coltivare la memoria collettiva e onorare le vittime innocenti nell’ambito dell’impegno antimafia. A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, i caduti per mano della mafia e del terrorismo agrario sono più di sessanta e molti di loro non hanno ottenuto giustizia sotto il profilo processuale né dovuto riconoscimento è stato dato al dolore dei familiari, cose cui occorre porre rimedio”.

Nei mesi scorsi Cgil e Flai regionali hanno anche chiesto la riapertura dei processi contro i mandanti degli omicidi di capilega e dirigenti contadini del periodo 1944-1964, con l’obiettivo di giungere alla celebrazione di un grande processo storico su quegli anni per far luce su una strage continua che ha mietuto vittime persone come Nicolò Azoti, Accursio Miraglia, Pacido Rizzotto, Salvatore Carnevale e tanti altri.

“Le donne cambiano…”

Filtcem Cgil, 7 maggio assemblea “Le donne cambiano…”

“Le donne cambiano…” è il titolo dell’ Assemblea nazionale delle delegate Filctem Cgil che si svolgerà a Roma il prossimo martedì 7 maggio presso la sede nazionale Cgil in Corso d’Italia 25 con inizio alle ore 10. Al centro dei lavori dell’importante assise, una riflessione e un approfondimento – novità assoluta – sulla contrattazione di genere, spesso considerata una “cenerentola” all’interno della contrattazione di secondo livello, nonostante oltre il 40% degli addetti (su circa 1.500.000) nei settori chimico-farmaceutico, tessile, dell’energia e delle manifatture siano donne.

L’assemblea sarà introdotta da Delia Nardone, segretaria nazionale Filctem, e da due comunicazioni: la prima, curata da Linda Laura Sabbadini, direttrice Statistiche sociali e ambientali dell’Istat; la seconda, di Sara Corradini, ricercatrice di “Ares 2.0”. Seguirà un dibattito al quale hanno assicurato l’intervento diverse delegate della Bridgestone, Gucci, Luxottica, l’Oreal, Itc Farma. Nel corso dei lavori, previsto il contributo del segretario generale Filctem, Emilio Miceli. Concuderà Serena Sorrentino, segretaria confederale Cgil.

L’iniziativa si preannuncia interessante, soprattutto per le proposte che verranno avanzate in quella sede: l’elaborazione di vere e proprie linee-guida sulla contrattazione di genere (organizzazione del lavoro, flessibilità orari, estensione e utilizzo part-time, telelavoro, tempi di vita e di lavoro); una campagna straordinaria di formazione a sostegno di nuove modalità di contrattazione che tengano conto delle differenze di genere. I lavori saranno seguiti in diretta streaming da RadioArticolo1.

Suicidi – crisi –

Crisi, boom di suicidi negli ultimi due anni

“Poche migliaia di euro in alcuni casi, debiti milionari in altri: a innescare i pensieri di morte e la soffocante sensazione di non farcela più possono essere problemi economici di entità molto diversa”. Lo spiega all’Adnkronos Salute il  direttore del Servizio per la prevenzione del suicidio dell’ospedale S.Andrea di Roma, che dopo gli ultimi dati statunitensi, stima per l’Italia un “+10-15% di suicidi legati alla crisi negli ultimi due anni, concentrato nella popolazione in età lavorativa: soprattutto uomini dai 25 ai 69 anni”.

“Il nostro Paese vive un momento particolarmente difficile, e lo testimonia l’aumento del 40% delle richieste di aiuto che abbiamo ricevuto nei primi tre mesi del 2013 al Centro. Richieste che arrivano da dipendenti che hanno perso il lavoro o rischiano di perderlo, e che non sono più in grado di mantenere la famiglia. Ma anche imprenditori che devono affrontare un fallimento e il peso che questo avrà sulla vita di altre persone”.

Finora nei primi tre mesi del 2013 al Centro di prevenzione suicidi del Sant’Andrea sono state fatte 140 visite, per un totale di 7-800 interventi nel 2012. “A chiamarci sono familiari preoccupati, ma anche i survivors, i sopravvissuti a chi si è dato la morte. E proprio da queste telefonate emerge che a far saltare l’equilibrio di persone magari più vulnerabili in un particolare momento della loro vita possono essere piccole, come grandi cifre: da poche migliaia di euro a milioni di debiti”.