Archivi giornalieri: 4 maggio 2013

Commissione europea

La Commissione europea propone di migliorare l’applicazione del diritto alla libera circolazione dei lavoratori

Il 3% della forza lavoro dell’Ue, ossia 9,5 milioni di persone, vive e lavora in un altro stato membro. Altri 1,2 milioni di persone vivono in un paese dell’UE, ma lavorano in un altro. Fin dalle sue origini, l’Unione europea ha cercato di garantire il diritto alla libera circolazione dei lavoratori, eppure ancora oggi le persone che decidono, o sono costrette, a lavorare in un altro paese sono spesso prive di protezione e di informazioni nello stato membro ospitante e incontrano difficoltà nell’accedere ad un posto di lavoro o ai benefici sociali ad esso collegati.

Un sondaggio Eurobarometro del 2011 aveva già indicato che il 15% dei cittadini Ue non prende in considerazione un lavoro in un altro Stato membro perché ritiene che vi siano ancora troppi ostacoli.

Un altro sondaggio europeo realizzato nel 2012 dall’Inca, nell’ambito del progetto Esopo, ha dimostrato che oltre la metà dei cittadini europei che vivono e lavorano in un altro stato membro, ignorano l’esistenza stessa della normativa europea che dovrebbe garantire loro l’accesso alle prestazioni di sicurezza sociale.

Permane inoltre il problema della scarsa consapevolezza delle norme Ue da parte dei datori di lavoro sia pubblici sia privati, per non parlare del fatto che molto spesso le legislazioni nazionali non sono, nei fatti, del tutto conformi al diritto europeo.  Le persone inoltre lamentano di non sapere a chi rivolgersi nello stato membro ospitante qualora insorgano problemi relativi al loro diritto alla libera circolazione.

Tale scarsa conoscenza, consapevolezza o comprensione delle norme rappresenta una delle fonti principali di discriminazione fondata sulla nazionalità. Per cercare di far fronte a questi ostacoli, la Commissione europea ha proposto quindi in questi giorni alcune misure che dovrebbero garantire una migliore applicazione della normativa Ue in materia di diritti dei cittadini a lavorare in un altro Stato membro.

Il diritto dei cittadini Ue a lavorare in un altro Stato membro, disposto dall’articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, comprende il diritto a non essere oggetto di discriminazione fondata sulla nazionalità, per quanto riguarda l’accesso all’impiego, la retribuzione e altre condizioni di lavoro. Il regolamento Ue 492/2011 elenca dettagliatamente i diritti derivati dalla libera circolazione dei lavoratori e definisce aree specifiche in cui la discriminazione fondata sulla nazionalità è vietata, in particolare per quanto riguarda l’accesso all’occupazione, le condizioni di lavoro, i vantaggi sociali e fiscali, l’accesso alla formazione, l’iscrizione alle organizzazioni sindacali, l’alloggio, l’accesso all’istruzione per i figli dei lavoratori.

Sia l’articolo 45 del Trattato sia il regolamento 492/2011 sono già direttamente applicabili negli Stati membri, ma la nuova proposta, se approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio, dovrebbe obbligare ciascuno stato membro a creare punti di contatto nazionali che forniscano informazioni, assistenza e consulenza, in modo che i lavoratori migranti e i datori di lavoro dell’Ue siano meglio informati dei loro diritti; fornire adeguati mezzi di ricorso a livello nazionale; consentire ai sindacati, alle Ong e ad altre organizzazioni di avviare procedimenti amministrativi o giudiziari per conto di singoli lavoratori nei casi di discriminazione; fornire una migliore informazione ai lavoratori migranti e ai datori di lavoro dell’Ue in generale.

(Carlo Caldarini, aprile 2013)

Per saperne di più:

Comunicato stampa della Commissione europea (IT)

Approfondimento (EN)

Proposta di direttiva (IT)

Il Presidente

ARCHIVIO STORICO

L’istituzione dell’Archivio storico

L’istituzione dell’Archivio storico, nell’ambito del Servizio Archivio storico documentazione e biblioteca, risale al 1996 ed è stata formalizzata con legge dell’anno successivo. Nel dicembre 2007 all’Archivio storico viene conferita autonomia organizzativa, alle dirette dipendenze del Segretario generale. Dal giugno 2009 ha sede nel Palazzo Sant’Andrea.

Cenni storici

Il 2 giugno del 1946 gli italiani sono chiamati a votare per il referendum che porta alla nascita della Repubblica e per l’elezione dell’Assemblea costituente. Dopo la proclamazione dei risultati del referendum, nella notte tra il 12 e il 13 giugno, Alcide De Gasperi, in qualità di Presidente del Consiglio in carica, esercita “ope legis” le funzioni di Capo dello Stato fino al 30 giugno. Il 28 giugno l’Assemblea elegge il Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, che assume la carica il 1° luglio.

Il 27 dicembre 1947 viene promulgata la Costituzione italiana. A norma della prima delle disposizioni finali e transitorie, il Capo provvisorio dello Stato assume la denominazione di Presidente della Repubblica dal 1° gennaio 1948. In questa data entra in vigore la nuova Costituzione che, nel titolo II della Parte II, relativa all’Ordinamento della Repubblica, dedica gli artt. 83-91 al Presidente della Repubblica.

Le prime elezioni politiche si svolgono il 18 aprile 1948. L’11 maggio 1948 Luigi Einaudi viene eletto Presidente della Repubblica dal Parlamento e presta giuramento il giorno successivo. Durante la Presidenza Einaudi il Palazzo del Quirinale diventa sede della Presidenza della Repubblica. Nell’agosto del 1948, con L. 9 agosto, n. 1077, viene istituito il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, in cui “sono inquadrati tutti gli uffici e i servizi necessari per l’espletamento delle funzioni del Presidente della Repubblica e per l’amministrazione della dotazione”.

La formazione dell’Archivio Storico

L’esigenza di conservare e riordinare gli archivi storici si delinea subito dopo l’insediamento della Presidenza nel Palazzo del Quirinale, nel 1948, anche se in concreto inizialmente si deve fare riferimento alla documentazione della Real Casa ancora qui conservata. Successivamente l’archivio della Real Casa è trasferito all’Archivio centrale dello Stato, salvo quelle serie, per lo più attinenti al personale, al patrimonio artistico, agli edifici e alle tenute della Presidenza della Repubblica, necessarie per la prosecuzione dell’attività di gestione amministrativa e tecnica e di conservazione e manutenzione dei beni artistici.

Di fatto, in una prima fase, l’archiviazione dei documenti prodotti e acquisiti dal Segretariato generale, nel corso dello svolgimento delle funzioni del Presidente della Repubblica e della gestione del patrimonio, è venuta a formarsi nell’ambito dei rispettivi uffici, mentre una generica competenza sugli archivi storici è affidata al settore dell’Amministrazione e patrimonio. 
Nel 1978, durante la Presidenza Leone, gli archivi storici risultano inclusi nel Servizio biblioteca, studi e documentazione.

Nel 1981, sotto la Presidenza Pertini, viene istituito l’Archivio di deposito del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, nel quale sarebbero dovuti confluire gli atti di tutti i servizi relativi a pratiche concluse. L’iniziativa, però, non ha seguito. Sotto il profilo formale, le funzioni relative alla conservazione dei documenti e al loro ordinamento risultano affidate al Servizio biblioteca e documentazione, presso cui si costituisce un Ufficio biblioteca e archivi. Inoltre, viene istituita la Commissione di sorveglianza sugli archivi del Segretariato generale, di cui fa parte, tra gli altri, il sovrintendente all’Archivio centrale dello Stato. Il decreto istitutivo della Commissione fa esplicito riferimento alla legge archivistica del 1963 (D.P.R. 30 settembre, n. 1409) e successive integrazioni o modifiche.

Durante la Presidenza Cossiga – in cui viene distinta nettamente l’organizzazione del Segretariato generale in Uffici e Servizi, assegnando ai primi le attività riconducibili alle funzioni del Presidente e ai secondi quelle relative all’amministrazione della dotazione e agli altri compiti amministrativi e tecnici – l’Ufficio biblioteca e archivi diviene Divisione biblioteca e archivi, sempre nell’ambito del Servizio biblioteca e documentazione.

Nel 1996, durante la Presidenza Scalfaro, viene istituito l’Archivio storico e il Servizio assume la denominazione di Servizio archivio storico, documentazione e biblioteca, di cui fa parte la Divisione archivio e documentazione. In base alla L. 13 novembre 1997, n. 395, che modifica in “Archivi storici degli organi costituzionali” il titolo della legge del 1971 con cui erano stati istituiti gli Archivi storici del Senato e della Camera dei deputati, anche la Presidenza della Repubblica “conserva i suoi atti presso il proprio Archivio storico, secondo le determinazioni assunte dal Presidente della Repubblica con proprio decreto, su proposta del Segretario generale”. Viene nominato un consulente del Presidente della Repubblica per l’Archivio storico, cui è affiancato personale specializzato.

Con la Presidenza Ciampi il Demanio consegna in uso alla Presidenza della Repubblica il Palazzo Sant’Andrea, individuato su suggerimento del consulente prof. Giuliana Limiti come sede idonea per l’Archivio storico.

Durante la Presidenza Napolitano vengono affrontate secondo un progetto organico le questioni inerenti all’ordinamento e alla sede dell’Archivio storico. Con decreto presidenziale 31 dicembre 2007, n. 17/N, l’Archivio storico, scorporato dal Servizio Archivio storico documentazione e biblioteca, assume la denominazione di Archivio storico della Presidenza della Repubblica, posto alle dirette dipendenze del Segretario generale. La direzione è affidata a un sovrintendente nominato con decreto presidenziale. Con decreto in pari data, n. 18/N, è approvato il nuovo regolamento. Il 25 giugno 2009 viene inaugurata la nuova sede nel Palazzo Sant’Andrea.

Le funzioni

Il regolamento che stabilisce le funzioni dell’Archivio storico, sostituendo quello approvato nel 1998, è stato emanato con decreto presidenziale 31 dicembre 2007, n. 18/N. In base a tale regolamento l’Archivio storico provvede alla conservazione, inventariazione, fruizione e valorizzazione di tutti gli archivi e singoli documenti, su qualsiasi supporto, prodotti o ricevuti nell’ambito dell’attività della Presidenza della Repubblica e relativi ad affari conclusi.

L’Archivio storico promuove l’acquisizione in originale o in copia di fondi conservati in altri Archivi, pubblici o privati, di rilevante interesse per la storia dei Capi dello Stato italiano. Il regolamento istituisce una Commissione archivistica, nominata e presieduta dal Segretario generale, con funzioni consultive; la Commissione decide altresì in merito alle proposte di scarto e approva i massimari di conservazione. L’Archivio storico è aperto al pubblico e svolge anche funzioni di supporto all’attività del Presidente della Repubblica e all’attività interna del Segretariato generale. Con decreto del Segretario generale 26 febbraio 2009, n. 48, è stato approvato il regolamento di ammissione del pubblico all’Archivio storico.

Il patrimonio documentario

La documentazione versata dagli Uffici e dai Servizi riflette, nel processo di produzione e di ordinamento, l’evoluzione dell’organizzazione interna del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica. L’Archivio storico conserva la documentazione relativa sia alle funzioni istituzionali svolte dal Presidente della Repubblica sia alla gestione del patrimonio.

Il patrimonio documentario più significativo attiene alle seguenti funzioni del Presidente della Repubblica sancite dalla Costituzione.

Il Presidente è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. Nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di quest’ultimo, nomina i ministri.Può inviare messaggi alle Camere. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione; può convocare in via straordinaria ciascuna Camera; può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse, salvo che negli ultimi sei mesi del suo mandato.

Il Presidente autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo; promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti; prima di promulgare una legge, può, con messaggio motivato alle Camere, chiedere una nuova deliberazione. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.

Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti, nei casi previsti dalla Costituzione, lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta. Il Presidente nomina un terzo dei membri della Corte costituzionale e, nei casi previsti dalla legge, i funzionari dello Stato; accredita e riceve i rappresentanti diplomatici; ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorre, l’autorizzazione delle Camere.

Con legge ordinaria sono determinati gli atti amministrativi da adottarsi nella forma di Decreto del Presidente della Repubblica. Il Presidente ha il comando delle Forze armate; presiede il Consiglio supremo di difesa e dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Presiede il Consiglio superiore della magistratura e può, a norma di legge, decretarne lo scioglimento. Può concedere grazia e commutare le pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica. Può nominare cinque senatori a vita; chi è stato Presidente della Repubblica è di diritto senatore a vita. Il Presidente della Repubblica, prima di assumere la carica, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.

Quanto alle attività del Segretariato generale, le norme esecutive del decreto istitutivo risalgono al D.P.R. 21 aprile 1949, n. 412, mentre già nel novembre dell’anno precedente era stato approvato il primo provvedimento per l’organizzazione degli uffici del Segretariato generale. Successivi decreti, emanati nell’ambito di ogni mandato presidenziale, hanno introdotto, nel corso degli anni, parziali modifiche all’assetto originario. Nella sostanza, è consolidata la distinzione in Uffici, cui sono preposti i consiglieri scelti dal Presidente per coadiuvarlo nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali, e in Servizi, diretti dal personale di ruolo, per l’amministrazione della dotazione e degli altri compiti amministrativi e tecnici.

Il Segretario generale, che rappresenta l’Amministrazione della Presidenza della Repubblica e sovrintende a tutti gli Uffici e Servizi, è nominato e revocato con decreto del Presidente della Repubblica, controfirmato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri.

Le serie documentarie, a parte quelle residue dell’archivio della Real Casa, che risalgono ovviamente a data anteriore, partono dal 1948, con precedenti dal 1946 relativi all’attività del Capo provvisorio dello Stato. Si segnalano, tra le serie relative alle funzioni istituzionali del Presidente, quelle dell’Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, dell’Ufficio per gli affari diplomatici, dell’Ufficio per la stampa e l’informazione e del Servizio del cerimoniale.

Quantitativamente molto consistente è la documentazione sui rapporti con i cittadini, come ad esempio la serie “adesioni, patronati e premi”, o quella che attesta, nel corso degli anni, l’attività di assistenza e beneficenza, poi confluita in un più generale concetto di solidarietà sociale. Normalmente, la documentazione viene versata dagli Uffici fino al settennato precedente a quello del Presidente in carica, mentre quella versata dai Servizi arriva a due settennati precedenti a quello del Presidente in carica. Per alcune serie il termine del versamento è di venti anni dall’esaurimento degli affari.

L’Archivio storico conserva, inoltre, carteggi personali di Enrico De Nicola, Giovanni Colli e Augusto Monti. Include audiovisivi (6.000 audiocassette e 1.550 videocassette) e un cospicuo patrimonio fotografico. Vi si trova, infine, una collezione completa dei francobolli emanati dallo Stato italiano dal 1945 al 1997.

L’Archivio storico conserva, attualmente, circa 6 km di documentazione. La documentazione riordinata è consultabile mediante inventari ed elenchi.

L’accesso

I documenti conservati sono liberamente consultabili ad eccezione di quelli riservati relativi alla politica interna ed estera dello Stato, che diventano liberamente consultabili 50 anni dopo la loro data, e di quelli che contengono dati sensibili, che diventano liberamente consultabili 40 anni dopo la loro data; il termine è di 70 anni nei casi previsti dalla normativa generale (Codice dei beni culturali e del paesaggio, d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modifiche, Codice di deontologia e di buona condotta per la ricerca storica, allegato al Codice in materia di protezione dei dati personali, d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196).

Il Presidente della Repubblica, su proposta del Segretario generale, sentita la Commissione archivistica, può autorizzare la consultazione anticipata dei documenti riservati.

Informazioni utili:

Archivio storico della Presidenza della Repubblica
Palazzo Sant’Andrea, Via del Quirinale, 30 – 00187 Roma
Telefono: 06 46992681; 06 46992386
Fax: 06 46993087

Orario di apertura al pubblico: dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 18

Sovrintendente dell’Archivio storico della Presidenza della Repubblica, prof. Paola Carucci
Telefono: 06 46993332

Rodotà

Istituire subito una Convenzione per avviare il percorso delle riforme istituzionali. Questa l’idea di Letta e Napolitano. A presiederla? Al momento, l’unico candidato è Berlusconi. Difronte a questa realtà, Rodotà ha espresso il suo parere: 

“Non sono assolutamente disponibile a guidare la Convenzione per le riforme istituzionali, un organismo cherappresenta un rischiosissimo attacco ai principi costituzionali”. Poi ha proseguito: “La Convenzione è un cattivo servizio alla politica costituzionale, esattamente all’opposto di quello che si dovrebbe fare: rimettere al centro dell’attenzione il Parlamento”. Rodotà spiega che “non è vero che il Parlamento non è in grado di fare riforme costituzionale. Ha già riformato il Titolo V della Costituzione, l’articolo 81, il processo penale. E quando Berlusconi ha voluto approvare una riforma istituzionale lo ha fatto. Poi – conclude – ci sono stati 16 milioni di cittadini che gli hanno detto di no”.