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Archivi giornalieri: 8 febbraio 2024
In aumento le risposte del governo alle interrogazioni del parlamento Governo e parlamento
In aumento le risposte del governo alle interrogazioni del parlamento Governo e parlamento
L’attuale esecutivo fa registrare il dato più alto delle ultime legislature per quanto riguarda la risposte agli atti di sindacato ispettivo sottoposti dal parlamento. Il numero delle istanze presentate però è ancora modesto rispetto al passato.
Il governo è legato a un rapporto fiduciario con il parlamento, senza il quale non potrebbe andare avanti nella propria azione. Per questo i componenti dell’esecutivo sono tenuti a rendere conto del proprio operato di fronte alle camere.
Cosa sono i voti di fiducia.
Deputati e senatori possono quindi sottoporre agli esponenti del governo i cosiddetti atti di sindacato ispettivo come interrogazioni e interpellanze. Anche se questi atti non hanno un valore normativo, ne hanno uno di natura politica: consentono ai parlamentari di portare all’attenzione del governo, ma anche dell’opinione pubblica, fatti ritenuti importanti, potendo chiedere conto all’esecutivo delle sue azioni in merito.
Negli ultimi anni i governi non sono mai stati particolarmente puntuali nel fornire le risposte richieste. Soprattutto quando parliamo di atti che non prevedono una risposta immediata. Da questo punto di vista possiamo osservare che l’attuale esecutivo presenta la percentuale di risposta più alta considerando le ultime 3 legislature.
Tale dato peraltro risulta in aumento di oltre 3 punti percentuali rispetto al nostro ultimo aggiornamento sul tema. Un incremento rilevante, anche se va segnalato che questa percentuale di risposta resta comunque inferiore alla metà del totale. Inoltre il numero di atti ispettivi presentati in questa legislatura è ancora limitato, un dato fisiologico considerando che ci troviamo ancora nella sua prima parte. Sarà interessante capire quindi se il governo Meloni manterrà questo livello di risposta nel corso del tempo.
Il governo Meloni a confronto con gli esecutivi precedenti
L’attuale esecutivo risulta quindi al primo posto, nel confronto con quelli delle ultime 3 legislature, se si considera la percentuale di risposta agli atti di sindacato ispettivo presentati dal parlamento (37%). Seguono i governi Renzi (33,2%) e Conte I (33%).
Bisogna però tenere presente che gli atti ispettivi presentanti dall’inizio della XIX legislatura fino al 31 ottobre 2023, data dell’ultimo aggiornamento disponibile, è ancora limitato. Al governo Meloni infatti sono stati sottoposti per il momento 4.096 atti ispettivi, che è il numero più basso in assoluto nel periodo considerato. Il dato più alto è quello relativo al governo Renzi (20.853) che però è anche quello rimasto in carica per più tempo (33 mesi). Al secondo posto c’è invece il governo Draghi (8.710 atti ispettivi sottoposti in 20 mesi).
La rilevanza delle interrogazioni a risposta scritta
Gli atti di sindacato ispettivo possono avere diversa natura. Alcuni prevedono una risposta immediata altri invece no. In questa seconda categoria rientrano le interrogazioni a risposta scritta. È proprio su questa tipologia che è interessante focalizzare l’attenzione. Questo perché è di gran lunga l’atto ispettivo a cui i parlamentari fanno più ricorso e allo stesso tempo quello a cui i governi fanno più fatica a rispondere.
Questa dinamica può avere diverse spiegazioni. Innanzitutto con tale strumento non c’è un limite massimo di questioni che un parlamentare può sottoporre al governo e non ci sono tempi contingentati. Al contrario di quello che avviene invece ad esempio per i cosiddetti question time in cui l’esecutivo risponde immediatamente ma a pochi quesiti. Il tasso di risposta in questi casi risulta essere sempre superiore al 90%.
Sottoponendo al governo atti non urgenti quindi, in teoria, potrebbero esserci maggiori possibilità per i singoli parlamentari di ottenere una risposta su temi di loro interesse, anche se magari più avanti nel tempo. Il rovescio della medaglia però è che il grande numero di atti presentati fa sì che l’esecutivo non riesca replicare a tutti. Anzi, solitamente il tasso di risposta in questi casi risulta essere molto basso.
Nelle ultime 3 legislature, sono stati presentati in totale 63.306 atti di sindacato ispettivo. Più della metà di questi sono interrogazioni a risposta scritta (31.934). Le interrogazioni a risposta non immediata in commissione rappresentano il secondo tipo di atto ispettivo più utilizzato e rappresenta circa il 24% del totale (15.174). Al terzo posto si trovano invece le interrogazioni a risposta immediata in commissione (5.918 pari al 9,4% del totale).
Focalizzando la nostra attenzione sulle interrogazioni scritte possiamo osservare che anche in questo caso il governo Meloni si trova al primo posto come tasso di risposta, anche se la percentuale scende notevolmente.
Le risposte fornite in questo caso sono 314 a fronte di 1.709 interrogazioni presentate. Al secondo posto come tasso di risposta troviamo il governo Renzi (18%) che però ha dato riscontro a 1.924 interrogazioni (su 10.686 totali). Al terzo c’è invece il governo Conte II con il 17,1% (768 risposte fornite a fronte di 4.486 atti di sindacato ispettivo presentati).
Le risposte dei ministri del governo Meloni nel dettaglio
La capacità (e la volontà) di un governo di rispondere alle interrogazioni scritte è quindi uno dei dati più interessanti da analizzare. Osservando il comportamento dei vari esponenti del governo Meloni possiamo notare che il ministro con il tasso di risposta più alto è quello della giustizia Carlo Nordio con il 76,8%. Segue il ministro degli affari esteri Antonio Tajani (58,5%). Questi due esponenti sono gli unici che presentano un tasso di risposta superiore al 50%. Al terzo posto infatti troviamo il ministro per la protezione civile Nello Musumeci con il 32%.
Vedi tutti gli atti di sindacato ispettivo sottoposti al governo.
Da notare che ci sono ben 7 ministri che non hanno risposto nemmeno a una interrogazione scritta. Tra questi anche esponenti di ministeri di primo piano, come quello dell’economia guidato da Giancarlo Giorgetti e quello della salute al cui vertice c’è Orazio Schillaci.
Anche il ministero delle infrastrutture guidato dal vicepresidente del consiglio Matteo Salvini presenta un tasso di risposta particolarmente basso.
Comunicazioni e informative
Le risposte agli atti di sindacato ispettivo non sono le uniche occasioni in cui il governo riferisce al parlamento sul proprio operato. Negli ultimi anni infatti ci siamo abituati a vedere sempre più spesso esponenti dell’esecutivo presentarsi alle camere per rendere comunicazioni e informative. Si tratta di altri atti dovuti da parte del governo che si svolgono in particolari occasioni, come ad esempio alla vigilia dei vertici europei.
Parliamo però di un numero estremamente limitato di interventi rispetto a tutti gli atti di sindacato ispettivo presentati dal parlamento. Dal suo insediamento a palazzo Chigi, il governo Meloni ha reso alle camere in totale 50 tra comunicazioni e informative. In valori assoluti, solo i governi Renzi (93) e Conte II (87) sono andati più spesso in parlamento. C’è da dire però che l’esecutivo Renzi è rimasto in carica per un periodo più che doppio (33 mesi) rispetto all’attuale (14). Mentre il secondo esecutivo di Giuseppe Conte è stato quello che ha affrontato le fasi più concitate dell’emergenza pandemica.
Considerando le dichiarazioni rese in media ogni mese, in modo da poter fare un confronto omogeneo, il governo Meloni si conferma al terzo posto con una media di 3,6. Hanno fatto di più il già citato esecutivo Conte II (5,1) e il governo Letta (4,8).
Quota 103 e Quota 102: assegni in calo
Quota 103 e Quota 102: assegni in calo
Quota 103 e Quota 102, nel 2023 il numero delle uscite con queste misure si è ridotto del 16%. Sta evaporando anche l’effetto di Quota 100. Lo scorso anno sono state erogate 100.000 pensioni in meno rispetto al 2022. Cresce la distanza tra gli importi di uomini e donne. Il quadro completo.
Quota 103 e Quota 102, il numero di pensionamenti è in calo. Sta iniziando a terminare l’effetto delle varie quote che era partito qualche anno fa con l’introduzione di Quota 100. In lieve salita gli importi medi delle pensioni erogate, ma non per le donne. Vediamo nel dettaglio. (scopri le ultime notizie sulle pensioni e su Invalidità e Legge 104. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).
Quota 103 e Quota 102: meno 16,92%
Per Quota 103 e Quota 102 c’ una netta inversione di tendenza: lo scorso anno si è registrata una riduzione del 16,92% nel numero di pensionamenti, un dato che sottolinea un cambiamento importante. Ma non solo: le proiezioni per il 2024, per Quota 103, lasciando intendere una ulteriore diminuzione. Per gli analisti il dato è scontato, anche perché le restrizioni alla misura imposte nell’ultima legge di bilancio rendono questa prestazione previdenziale molto poco attrattiva.
Analisi dei dati
I dati forniti dall’INPS rivelano che nel 2023, sono state liquidate 764.907 nuove pensioni. Un calo dell’11,07% rispetto alle 865.948 pensioni erogate nel 2022. Questo decremento è particolarmente rilevante se confrontato con i tassi precedenti, indicando una tendenza verso una minore propensione al pensionamento anticipato. O meglio: le uscite in anticipo si sono ridotte rispetto al passato, mentre sono aumentate le penalizzazioni per chi decide di smettere di lavorare prima dell’età standard per la pensione di vecchiaia.
Un andamento che dovrebbe essere replicato anche nei prossimi anni. Stanno andando in pensione lavoratori che hanno molti anni di versamenti calcolati con il contributivo (che esce quest’anno ne ha potenzialmente 28), e che quindi sono già penalizzati rispetto al passato. Se si aggiungono le decurtazioni imposte con le uscite anticipate i conti sono semplici. Chi può preferisce attendere i 67 anni prima di chiudere definitivamente con l’attività lavorativa.
Il report dell’INPS mette in luce una riduzione specifica del 16,09% negli assegni anticipati che sono stati liquidati lo scorso anno. Una differenza sostanziale quindi e non un calo estemporaneo.
Considerazioni sulle pensioni femminili
Un altro aspetto da considerare sono gli importi delle pensioni femminili. Mentre gli importi medi delle pensioni sono leggermente aumentati, passando da 1.135 euro a 1.140 euro, per le donne si è verificato un calo: gli assegni mensili medi sono scesi da 963 euro a 950 euro. Significa, tradotto in cifre, che le pensioni femminili sono inferiori del 30% rispetto a quelle maschili, una discrepanza che anche per il governi richiede attenzione e interventi specifici.
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Nel 2023 più di 100.000 pensioni in meno
Rispetto all’anno precedente, ci sono state dunque oltre 100.000 pensioni in meno. Il monitoraggio dell’INPS ha registrato che nel 2023 sono state erogate 794.907 pensioni. Un numero che include diverse tipologie di pensioni: vecchiaia, assegni sociali, pensioni anticipate, invalidità e ai superstiti. Confrontando con le 865.948 pensioni del 2022, il calo è evidente e significativo.
Calo specifico nelle pensioni di vecchiaia
Particolarmente interessante è anche il calo nelle pensioni di vecchiaia, che hanno registrato una riduzione del 2,38% rispetto al 2022.
Fine dell’effetto Quota 100 e calo delle pensioni anticipate
Il 2023 è anche l’anno che ha decretato la fine dell’effetto Quota 100, negli ultimi anni era stato un aspetto chiave nelle dinamiche pensionistiche del nostro Paese. Ma non solo: Quota 100 ha anche rappresentato una perdita secca di molti miliardi per le casse della previdenza.
Si allunga l’età pensionabile
Quota 100, introdotta come un canale di uscita anticipata, si è dunque notevolmente ridimensionata. Così come le misure ponte che sono state proposte dai governi per cercare di andare oltre quella prestazione, ovvero Quota 103 e Quota 102. Nel 2023, gli assegni anticipati liquidati sono stati 218.584, il 16,09% in meno rispetto all’anno precedente. Un trend che segnala l’allungamento dell’età pensionabile.
Impatto su pensioni ai superstiti e di invalidità
Il report dell’INPS mostra anche una riduzione significativa nelle pensioni ai superstiti, con un calo del 17,98%, e nelle pensioni per invalidità, diminuite del 13,55%. Anche questi sono due dati che meritano una attenta analisi. In particolare la diminuzione delle prestazioni legate all’invalidità. Da tempo il governo, e non solo, ritiene che la spesa assistenziale sia troppo alta. Al punto che spesso si immagina di separare la spesa previdenziale da quella assistenziale. Il motivo: senza le prestazioni di assistenza il sistema previdenziale italiano, nonostante le difficoltà, è ancora in equilibrio.
Ma il problema poi sarebbe un altro: dove trovare le risorse per le misure assistenziali?
Aumenta la differenza tra le pensioni di uomini e donne
Nel 2023, è aumentata la differenza tra le pensioni di uomini e donne è aumentata, un divario di genere preoccupante che caratterizza il sistema pensionistico italiano.
Importo medio delle pensioni
Nel dettaglio, l’importo medio mensile delle pensioni è stato di 1.140 euro, un lieve aumento rispetto ai 1.135 euro del 2022. Nonostante questo incremento le donne hanno visto una riduzione dei loro assegni pensionistici, che sono scesi da 963 euro a 950 euro. La differenza di genere è oggi del 30%, le pensioni maschili sono infatti aumentate da 1.353 euro a 1.366 euro mensili.
Calo della propensione al pensionamento in tutte le gestioni
Un altro aspetto fondamentale del 2023 è stato il calo generale della propensione al pensionamento in tutte le categorie di lavoratori.
Dettagli sulle variazioni per categoria di lavoratori
L’INPS ha rilevato una diminuzione nel numero di pensioni in diverse categorie:
- Il Fondo lavoratori dipendenti (Fpld) ha registrato un calo da 376.753 pensioni nel 2022 a 327.558 nel 2023.
- Per i dipendenti pubblici, il numero è sceso da 148.544 a 116.952.
- Gli artigiani hanno visto una diminuzione da 92.141 a 83.900.
- I commercianti hanno registrato un calo da 82.140 a 73.503.
- Anche per i parasubordinati c’è stato un lieve calo da 42.425 a 41.431.
- I coltivatori diretti, coloni e mezzadri hanno mostrato una riduzione da 39.872 a 33.024.
- Curiosamente, gli assegni sociali hanno visto un aumento, passando da 84.073 nel 2022 a 88.539 nel 2023.
FAQ (domande e risposte)
Quanto è diminuito il numero di pensionamenti con Quota 103 e 102?
Nel 2023, il numero di pensionamenti sotto le regole di Quota 103 e Quota 102 ha visto un calo significativo. Comparando i dati, si osserva che le nuove pensioni liquidate dall’INPS sono state 764.907, segnando un decremento dell’11,07% rispetto alle 865.948 erogate nel 2022. Questo dato evidenzia un trend in discesa nel numero di pensionamenti anticipati sotto queste due quote.
Qual è stata la riduzione percentuale degli assegni anticipati nel 2023?
Nel 2023, gli assegni anticipati liquidati hanno subito una riduzione del 16,09%. Questo calo si riferisce alle pensioni anticipate, una categoria che era stata significativamente influenzata dalla Quota 100. La riduzione è un indicatore del calo generale nell’opzione di pensionamento anticipato, specialmente nel passaggio da Quota 103 a Quota 102.
Come è cambiato l’importo medio delle pensioni nel 2023?
L’importo medio delle pensioni nel 2023 ha registrato un lieve aumento, passando da 1.135 euro nel 2022 a 1.140 euro. Tuttavia, questa crescita non è stata uniforme tra i generi: per le donne, l’importo medio degli assegni pensionistici è sceso da 963 euro a 950 euro, mentre per gli uomini è aumentato da 1.353 euro a 1.366 euro mensili.
Qual è la differenza tra le pensioni di uomini e donne nel 2023?
Nel 2023, è emersa una differenza significativa tra le pensioni di uomini e donne. Mentre l’importo medio mensile delle pensioni maschili è salito a 1.366 euro, quello femminile è diminuito a 950 euro. Questo porta a una discrepanza del 30%, con le pensioni femminili che risultano significativamente più basse rispetto a quelle maschili.
Come ha influenzato Quota 103 le pensioni ai superstiti e invalidità?
Le pensioni ai superstiti e per invalidità hanno subito un calo marcato nel 2023. Le pensioni ai superstiti sono diminuite del 17,98%, mentre quelle per invalidità sono scese del 13,55%. Questi numeri indicano un impatto diretto delle modifiche apportate con l’introduzione di Quota 103 sulle pensioni in queste categorie.
Quali sono state le variazioni nelle pensioni per categoria di lavoratori?
Le variazioni nelle pensioni per categoria di lavoratori nel 2023 mostrano un trend uniforme di calo. Il Fondo lavoratori dipendenti (Fpld) ha registrato una riduzione da 376.753 pensioni nel 2022 a 327.558 nel 2023. Anche per i dipendenti pubblici, artigiani, commercianti, parasubordinati e coltivatori diretti, coloni e mezzadri si è verificata una diminuzione. L’unica eccezione è rappresentata dagli assegni sociali, che hanno visto un incremento da 84.073 nel 2022 a 88.539 nel 2023.
Ecco gli articoli preferiti dagli utenti sulle pensioni:
L’ Uccisione del viceré Camarassa
L’uccisione del viceré Camarassa.
di Francesco Casula
Durante la loro esistenza vi furono tentativi ricorrenti degli Stamenti di rivendicare e di assumere più ampi poteri. Come in tutta Europa del resto, i Parlamenti lottavano contro i re/principi che invece tentavano di instaurare il loro potere assoluto.
L’episodio di maggiore frizione e conflitto fra il Parlamento sardo e il sovrano spagnolo avvenne nel 1655, quando gli Stamenti posero al sovrano una condizione secca: noi approviamo il donativo quando e se voi approvate le nostre richieste.
Fino ad allora il Parlamento che si riuniva ogni dieci anni, aveva posto il problema delle richieste ma slegate dall’approvazione del donativo. Ora invece è intransigente: senza l’accoglimento di ben 25 richieste, il donativo non verrà approvato.
Protagonisti di quel Parlamento sono l’arcivescovo di Cagliari (che era anche capo della Chiesa sarda) e soprattutto il marchese di Laconi, don Agustin de Castelvì, «prima voce » dello stamento militare, che viene inviato a Madrid per spiegare (e convincere) il re in relazione alle richieste del Parlamento.
Contrariamente all’uso dell’invio di un rappresentante per ogni stamento, don Agustin fu mandato lui solo a capo della delegazione, a riprova della fiducia che l’intero Parlamento, finalmente unito, salvo un gruppo nettamente minoritario, riponeva in lui.
Rimarrà per un anno a Madrid: resistendo a ricatti, minacce e lusinghe. Tentò anche forti mediazioni, riducendo le richieste da 25 a 5: una di queste non era altro che l’habeas corpus, cioè il principio secondo il quale nessuno può essere imprigionato senza il mandato di un giudice e sulla base di un reato definito; l’altra, molto più rilevante ai fini economici e sociali delle classi privilegiate che il Marchese di Laconi rappresentava, era quella della riserva ai residenti in Sardegna di tutte le cariche, civili, religiose e militari.
Il Governo di Madrid, naturalmente, respinse le richieste, non solo per una questione di merito ma di principio: non poteva accettare la tesi dello scambio (donativo per approvazione richieste) perché in qualche modo avrebbe significato mettere in una situazione di parità il regno di Sardegna con quello di Spagna.
Di più: al suo ritorno in Sardegna agli inizi del 1668 il viceré Emanuel Gomez de los Cobos marchese di Camarassa, destituì il marchese di Laconi e il 24 maggio sciolse il Parlamento stesso. Circa un mese dopo, nella notte fra il 20 e il 21 giugno il marchese di Laconi fu ucciso. Il delitto, fu fatto ricadere sulla corte viceregia. E comunque un mese dopo fu assassinato anche il viceré Camarassa. Furono accusati la moglie e il suo amante, Salvatore Aymeric, cadetto dei conti di Villamar.
Uno scontro fra il viceré, il suo autoritarismo e il parlamento? E in particolare con il Marchese di Laconi, invero un po’ ribelle e bandolero ma caduto per la difesa degli interessi dei naturales sardi, di tutti indistintamente? Addirittura redemptor y restaurador de la Patria? Padre del Pueblo o amparador de los pobres, espressioni che risultano da alcuni documenti dei giorni seguenti il delitto? Questo è il don Agustín che si vuole accreditare presso l’opinione pubblica. In realtà si tratta di un conflitto fra gli interessi delle classi privilegiate sarde e il Governo di Madrid che non vuole rinunciare minimamente al centralismo del suo potere e del suo dominio.
In altre parole, comunque: ”Non è certo possibile ricondurre questi episodi a un consapevole progetto di affermazione autonomistica e ‘nazionale’ dell’isola nei confronti della Spagna, ma essi sono comunque il segno di una monarchia non più vincente sul teatro politico e militare europeo in piena decadenza economica e civile, e che non ha più argomenti sufficienti per far accettare senza reazione le sue pretese centralistiche. E non può più offrire alle aspirazioni di affermazione delle élites, e forse dell’intera società sarda, un orizzonte di adeguato appagamento.”*
*A. Brigaglia A.Mastino G.G. Ortu, Storia della Sardegna 3, Editori Laterza, Roma-Bari 2002, pagina 31.
Le Monde
Ticket di licenziamento: massimale NASpI 2024
Pubblicazione: 8 febbraio 2024
La legge 28 giugno 2012, n. 92 stabilisce che, in caso di interruzione dal 1° gennaio 2013 di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che darebbe diritto alla NASpI, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41% del massimale mensile di NASpI per ogni dodici mesi di anzianità negli ultimi tre anni.
Con il messaggio 7 febbraio 2024, n. 531, l’Istituto fornisce indicazioni in merito all’importo del contributo del ticket di licenziamento, al quale si applicano le regole richiamate nella circolare INPS 17 settembre 2021, n.137.
La base di calcolo del contributo è costituita dal massimale NASpI, che per l’anno 2024 è determinato in 1.550,42 euro.
Dipendenti Alitalia: proroga CIGS per ulteriori dieci mesi
Pubblicazione: 8 febbraio 2024
Prorogata di dieci mesi la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) per i dipendenti di Alitalia Società aerea italiana SPA e di Alitalia Cityliner SPA.
L’articolo 12, decreto–legge 104/2023 (decreto Asset) prevede infatti la possibilità che il trattamento straordinario di integrazione salariale possa proseguire anche dopo la conclusione dell’attività del commissario, per il periodo dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre 2024.
Con la circolare INPS 7 febbraio2024, n. 32, l’Istituto illustra le disposizioni di proroga della CIGS e fornisce le istruzioni operative e contabili.
Tenendo presente che le imprese sottoposte a procedura di amministrazione straordinaria non sono tenute al versamento del contributo addizionale, vengono precisate:
- le modalità e i termini di trasmissione dei flussi UNIEMENS-CIG;
- le modalità di esposizione delle prestazioni da porre a conguaglio, relative agli interventi di CIGS autorizzati.
Sono inoltre affrontate le tematiche inerenti:
- all’integrazione salariale straordinaria e la maturazione del diritto utile alla decorrenza della pensione;
- ;all’integrazione del trattamento di CIGS a opera del Fondo di solidarietà per il trasporto aereo.
Assegni familiari e quote di maggiorazione di pensione per il 2024
Pubblicazione: 8 febbraio 2024
Dal 1° gennaio 2024 sono rivalutati sia i limiti di reddito familiare da considerare per la cessazione o riduzione degli assegni familiari e per le quote di maggiorazione di pensione, sia i limiti di reddito mensili per il riconoscimento del diritto agli assegni stessi.
Le disposizioni si applicano alle persone escluse dalla normativa sull’Assegno per il Nucleo Familiare:
- coltivatori diretti, coloni, mezzadri e piccoli coltivatori diretti (cui continua ad applicarsi la normativa sugli assegni familiari);
- pensionati delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi (cui continua ad applicarsi la normativa delle quote di maggiorazione di pensione).
La circolare INPS 7 febbraio 2024, n. 31 riporta gli importi delle prestazioni e, in allegato, le tabelle dei limiti di reddito da applicare per la cessazione o riduzione degli assegni familiari e delle quote di maggiorazione di pensione per il 2024.
Indennità una tantum part-time ciclico: riesame delle domande
Pubblicazione: 7 febbraio 2024
Con il messaggio 5 febbraio 2024, n. 491, l’Istituto specifica le regole per il riesame delle istanze respinte, relativamente alla indennità una tantum in favore dei lavoratori dipendenti di aziende private titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico nel 2021 e nel 2022.
In caso di esito negativo della domanda, è possibile presentare istanza di riesame entro il termine, non perentorio, di 120 giorni dal 5 febbraio 2024 ovvero dalla conoscenza della reiezione se successiva, al fine di consentire l’eventuale supplemento di istruttoria, anche mediante produzione da parte dell’interessato di utile documentazione.