Archivi giornalieri: 3 febbraio 2024

Pensione di reversibilita

 
 
 
 
 
 

Pensione ai superstiti indiretta e di reversibilità

 
Il servizio permette di presentare la domanda di pensione indiretta e di reversibilità erogata a favore dei familiari superstiti in seguito alla morte del pensionato o assicurato ed è pari ad una quota percentuale della pensione già liquidata.
 
Rivolto a:
Categorie
Familiari superstiti- Patronati
Cassa di appartenenza
Età

Pubblicazione: 1 aprile 2020 Ultimo aggiornamento: 3 agosto 2023

Cos’è

La pensione ai superstiti è un trattamento pensionistico riconosciuto in caso di decesso del pensionato (pensione di reversibilità) o dell’assicurato (pensione indiretta) in favore dei familiari superstiti.

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A chi è rivolto

Hanno diritto al trattamento pensionistico in quanto superstiti:

  • il coniuge o l’unito civilmente. Il coniuge che passa a nuove nozze perde il diritto alla pensione ai superstiti. Lo stesso ha diritto a un assegno per una volta pari a due annualità (art. 3 del decreto legislativo lgt. 18 gennaio 1945, n. 39) della quota di pensione in pagamento, compresa la tredicesima mensilità, nella misura spettante alla data del nuovo matrimonio (c.d. doppia annualità);
  • il coniuge separato;
  • il coniuge divorziato a condizione che sia titolare dell’assegno divorzile, che non sia passato a nuove nozze e che la data di inizio del rapporto assicurativo del defunto sia anteriore alla data della sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

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Come funziona

QUANTO SPETTA

La pensione ai superstiti è pari ad una quota percentuale della pensione già liquidata o che sarebbe spettata all’assicurato deceduto.

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Domanda

COME FARE DOMANDA

La domanda deve essere presentata online all’INPS attraverso il servizio dedicato.

In alternativa, si può fare domanda tramite:

 Contact center al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164 164 da rete mobile;

 enti di patronato e intermediari dell’Istituto, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.

 

Tempi di lavorazione del provvedimento

Il termine ordinario per l’emanazione dei provvedimenti è stabilito dalla legge n. 241/1990 in 30 giorni. In alcuni casi la legge può fissare termini diversi.

Nella tabella sono riportati i termini superiori ai trenta giorni, stabiliti dall’Istituto con Regolamento.

La tabella, oltre ai termini per l’emanazione del provvedimento, indica anche il relativo responsabile.

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Circolare numero 1 del 02-01-2024 (fonte inps)

Circolare numero 1 del 02-01-2024

Dettaglio

Rinnovo delle pensioni, delle prestazioni assistenziali e delle prestazioni di accompagnamento alla pensione per l’anno 2024

INDICE

 

Premessa

1. Rivalutazione dei trattamenti previdenziali. Criteri di carattere generale

2.   Indice di rivalutazione definitivo per l’anno 2023

3. Indice di rivalutazione provvisorio per l’anno 2024

3.1 Modalità di attribuzione della rivalutazione provvisoria per l’anno 2024 per la generalità delle pensioni

3.2 Incremento per l’anno 2024 delle pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo INPS (art. 1, comma 310, della legge 29 dicembre 2022, n. 197)

3.3 Rivalutazione delle pensioni sulle quali sono attribuiti i benefici di cui alla legge n. 206/2004, e successive modificazioni (vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice)

4. Rivalutazione delle prestazioni assistenziali e a carattere risarcitorio

4.1 Pensioni sociali e assegni sociali

4.2 Prestazioni a favore dei mutilati, invalidi civili, ciechi civili e sordomuti (categoria 044-INVCIV)

4.3 Rivalutazione delle indennità e degli assegni accessori annessi alle pensioni privilegiate di prima categoria concesse agli ex dipendenti civili e militari delle Amministrazioni pubbliche

5. Tabelle

6. Requisiti anagrafici

7. Gestione fiscale

7.1 Conguagli fiscali a consuntivo

7.2 Addizionali all’IRPEF

7.3 Esenzione di 1.000 euro per i superstiti orfani

8. Sistemi integrati

8.1 Rivalutazione delle quote di pensione dovute ad altro beneficiario

8.2 Gestione delle pensioni ai superstiti con contitolari in scadenza o già scaduti

8.2.1  Scadenza del penultimo contitolare nel 2024

8.2.2  Pensioni con tutti i contitolari scaduti

8.3 Sospensione del pagamento dei trattamenti di famiglia

8.4 Azzeramento degli assegni ordinari di invalidità in scadenza per revisione sanitaria

8.5 Impostazione del codice delle ricostituzioni d’ufficio

8.6 Pensioni rinnovate con importo pari a zero

9.   Sistemi proprietari della Gestione pubblica

9.1 Modalità di attribuzione dell’indennità integrativa speciale

9.2 Rivalutazione delle quote di pensione dovute ad altro beneficiario

9.3 Cessazione dei contitolari orfani al compimento del 26° anno di età

9.4 Esenzione fiscale per le vittime del dovere

9.5 Detassazione in applicazione di Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni fiscali

10. Prestazioni assistenziali

10.1 Prestazioni di invalidità civile soggette a revisione sanitaria

10.2 Indennità a favore dei lavoratori affetti da particolari patologie

10.3 Trasformazione delle pensioni di invalidità civile in assegno sociale

11. Prestazioni di accompagnamento a pensione

11.1 Azzeramento delle prestazioni in scadenza nel 2024

12. Periodicità e date di pagamento

12.1 Calendario di pagamento

12.2 Pagamenti annuali e semestrali

13. Certificato di pensione per l’anno 2024

 

 

 

 

 

Premessa

 

L’Istituto ha concluso le attività di rivalutazione delle pensioni e delle prestazioni assistenziali, propedeutiche al pagamento delle prestazioni previdenziali e assistenziali nel 2024. Le lavorazioni effettuate hanno riguardato oltre 20 milioni di posizioni.

Con la presente circolare si descrivono in dettaglio le operazioni effettuate.

 

 

1. Rivalutazione dei trattamenti previdenziali. Criteri di carattere generale

 

Nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 29 novembre 2023 è stato pubblicato il decreto 20 novembre 2023, emanato dal Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, recante “Perequazione automatica delle pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2024. Valore della percentuale di variazione – anno 2023. Valore definitivo della percentuale di variazione – anno 2022” (Allegato n. 1).

Si rammenta che la rivalutazione viene attribuita sulla base del cosiddetto cumulo perequativo, considerando come un unico trattamento tutte le pensioni di cui il soggetto è titolare, erogate sia dall’INPS che dagli altri Enti, presenti nel Casellario Centrale delle Pensioni (art. 34 della legge 23 dicembre 1998, n. 448).

Per la determinazione dell’importo complessivo da prendere a base della perequazione vengono considerate:

–    le prestazioni memorizzate nel Casellario Centrale delle Pensioni, erogate da Enti diversi dall’INPS e per le quali è indicata l’assoggettabilità al regime della perequazione cumulata. Tale informazione è memorizzata nel Casellario Centrale delle Pensioni, nel campo “GP1AV35N” di ciascuna prestazione e assume valore 2 (SI PEREQUAZIONE) ovvero 1 (NO PEREQUAZIONE);

– le prestazioni erogate dall’INPS, a esclusione delle seguenti:

  • prestazioni a carico delle assicurazioni facoltative (VOBIS, IOBIS, VMP, IMP), delle pensioni a carico del Fondo clero ed ex ENPAO (CL, VOST), dell’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale (INDCOM), che vengono perequate singolarmente;
  • prestazioni a carattere assistenziale (AS, PS, INVCIV) e delle pensioni che usufruiscono dei benefici previsti per le vittime di atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, di cui alla legge 3 agosto 2004, n. 206, che vengono rivalutate singolarmente e con criteri propri;
  • prestazioni di accompagnamento a pensione (027-VOCRED, 028-VOCOOP, 029-VOESO, 127–CRED27; 128–COOP28; 129–VESO29; 143–APESOCIAL; 198-VESO33, 199-VESO92; 200-ESPA), che non vengono rivalutate per tutta la loro durata;
  • ·     pensioni di vecchiaia in cumulo a formazione progressiva, per le quali non siano state liquidate le quote relative ad Enti e Casse per mancato perfezionamento del requisito anagrafico-contributivo più elevato (articolo 1, comma 239, dellalegge 24 dicembre 2012, n. 228, come modificata dall’articolo 1, comma 195, della legge 11 dicembre 2016, n. 232).

L’importo di perequazione eventualmente spettante sul trattamento complessivo viene ripartito in misura proporzionale su ciascuna pensione, con le modalità illustrate nella circolare n. 102 del 6 luglio 2004.

Si rammenta che le pensioni vengono rivalutate al lordo delle eventuali trattenute applicate.

Per le pensioni in totalizzazione e in cumulo la perequazione viene ripartita sulle singole quote nella misura percentuale di apporto di ciascuna quota all’intera pensione.

 

2.   Indice di rivalutazione definitivo per l’anno 2023

 

L’articolo 1 del citato decreto interministeriale del 20 novembre 2023 ha stabilito in via definitiva che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2022 è determinata in misura pari a +8,1 dal 1° gennaio 2023.

 

L’articolo 1 del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2023, n. 191, ha previsto che: “Al fine di contrastare gli effetti negativi dell’inflazione per l’anno 2023 e sostenere il potere di acquisto delle prestazioni pensionistiche, in via eccezionale il conguaglio per il calcolo della perequazione delle pensioni, di cui all’articolo 24, comma 5, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, per l’anno 2022 è anticipato al 1° dicembre 2023”.

Tale disposizione ha comportato l’anticipo del conguaglio in argomento sulla mensilità di dicembre 2023 (cfr. il messaggio n. 4050 del 15 novembre 2023).

Si riportano di seguito i valori definitivi per l’anno 2023 e si rammenta che l’importo del trattamento minimo viene preso a base anche per l’individuazione dei limiti di riconoscimento delle prestazioni collegate al reddito per il medesimo anno 2023.

 

Decorrenza Trattamenti minimi

pensioni lavoratori dipendenti e autonomi

Assegni vitalizi
1° gennaio 2023 567,94 € 323,75 €
IMPORTI ANNUI 7.383,22 € 4.208,75 €

3.   Indice di rivalutazione provvisorio per l’anno 2024

 

L’articolo 2 del decreto interministeriale del 20 novembre 2023 ha previsto che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2023 è determinata in misura pari a +5,4 dal 1° gennaio 2024, salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l’anno successivo.

 

Si riportano di seguito i valori provvisori del 2024, e si rammenta che l’importo del trattamento minimo viene preso a base anche per l’individuazione dei limiti di riconoscimento delle prestazioni collegate al reddito per il medesimo anno 2024.

 

Decorrenza Trattamenti minimi pensioni lavoratori dipendenti e autonomi Assegni vitalizi
1° gennaio 2024 598,61 € 341,24 €
IMPORTI ANNUI 7.781,93 € 4.436,12 €

 

3.1 Modalità di attribuzione della rivalutazione provvisoria per l’anno 2024 per la generalità delle pensioni

 

L’articolo 1, comma 135, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 2023, Supplemento Ordinario n. 40/L, dispone che: “Nell’anno 2024 la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta:

 

a) per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento;

 

b) per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi:

 

1) nella misura dell’85 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS […];

 

2) nella misura del 53 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS. […];

 

3) nella misura del 47 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo INPS. […];

 

4) nella misura del 37 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a dieci volte il trattamento minimo INPS. […];

 

5) nella misura del 22 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a dieci volte il trattamento minimo INPS”.

 

Si riporta di seguito la tabella delle fasce di importo dei trattamenti e le relative modalità di rivalutazione per l’anno 2024.

 

Fasce trattamenti complessivi % indice perequazione da attribuire Aumento del Importo trattamenti complessivi
da a Importo di garanzia
Fino a 4 volte il TM 100 5,400% 2.271,76  
Fascia di Garanzia * Importo garantito   2.271,76 2.289,36 2.394,44
Oltre 4 e fino a 5 volte il TM 85 4,590% 2.271,77 2.839,70  
Fascia di Garanzia* Importo garantito   2.839,70 2.887,40 2.970,04
Oltre 5 e fino a 6 volte il TM 53 2,862% 2.839,71 3.407,64  
Fascia di Garanzia * Importo garantito   3.407,64 3.418,41 3.505,17
Oltre 6 e fino a 8 volte il TM 47 2,538% 3.407,65 4.543,52  
Fascia di Garanzia * Importo garantito   4.543,52 4.567,57 4.658,83
Oltre 8 e fino a 10 volte il TM 37 1,998% 4.543,53 5.679,40  
Fascia di Garanzia * Importo garantito   5.679,40 5.724,86 5.792,87
Oltre 10 volte il TM 22 1,188% 5.679,41
* Le fasce di garanzia sono applicate quando, calcolando la perequazione con la percentuale della fascia, il risultato ottenuto è inferiore al limite della fascia.

 

3.2 Incremento per l’anno 2024 delle pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo INPS (art. 1, comma 310, della legge 29 dicembre 2022, n. 197)

L’articolo 1, comma 310, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, stabilisce che “per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo INPS, in via eccezionale con decorrenza 1° gennaio 2023, con riferimento al trattamento pensionistico lordo complessivo in pagamento per ciascuna delle mensilità da gennaio 2023 a dicembre 2024, ivi compresa la tredicesima mensilità spettante, è riconosciuto in via transitoria un incremento, limitatamente alle predette mensilità e rispetto al trattamento mensile determinato sulla base della normativa vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge, di 1,5 punti percentuali per l’anno 2023, elevati a 6,4 punti percentuali per i soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni, e di 2,7 punti percentuali per l’anno 2024″.

 

Pertanto, contestualmente alle operazioni di rivalutazione delle pensioni, si è provveduto a riconoscere l’incremento di cui all’articolo 1, comma 310, della legge n. 197/2022, ove spettante, nella percentuale prevista per il 2024, come indicato nella tabella seguente.

 

 

INCREMENTO MASSIMO MENSILE (art. 1, comma 310, della legge n. 197/2022)
Trattamento Minimo % incremento Incremento

massimo riconosciuto

Importo massimo riconosciuto
598,61 € 2,7% 16,16 € 614,77 €

 

Come illustrato al paragrafo 3 del messaggio n. 2329 del 22 giugno 2023, si rammenta che:

 

  • l’incremento viene applicato sul trattamento mensile in pagamento determinato sulla base della normativa vigente prima della data di entrata in vigore della legge n. 197/2022;
  • per la corresponsione dell’incremento non rilevano i redditi posseduti dal soggetto;
  • nel caso di pensione integrata al trattamento minimo, l’incremento è calcolato con riferimento all’importo integrato al trattamento minimo;
  • nel caso di pensioni non integrate al trattamento minimo, il cui importo a calcolo sia pari inferiore al trattamento minimo INPS, l’incremento viene calcolato sull’importo lordo in pagamento;
  • per le pensioni in convenzione internazionale, l’incremento è calcolato sull’importo complessivo lordo in pagamento e pertanto sul pro-rata italiano.

 

 

3.3 Rivalutazione delle pensioni sulle quali sono attribuiti i benefici di cui alla legge n. 206/2004, e successive modificazioni (vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice)

 

L’articolo 3, comma 4-quater, del decreto–legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ha stabilito che, dal 1° gennaio 2018, ai trattamenti diretti dei pensionati vittime di atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, dei loro superstiti, nonché dei familiari di cui all’articolo 3 della citata legge n. 206/2004è assicurata, ogni anno, la rivalutazione automatica:

 

a) in misura pari alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati;

 

o, in alternativa,

 

b) un incremento annuale in misura pari, nel massimo, all’1,25% calcolato sull’ammontare dello stesso trattamento per l’anno precedente, secondo l’articolazione indicata dall’articolo 69 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, da riferire alla misura dell’incremento medesimo.

 

Si rammenta che le pensioni sulle quali sono attribuiti i benefici di vittima del terrorismo non sono assoggettate alla disciplina del cumulo perequativo e vengono, pertanto, rivalutate sempre singolarmente.

 

Poiché l’indice di perequazione ordinario per il 2024 è risultato superiore all’1,25%, la rivalutazione è stata riconosciuta nella misura indicata alla lettera a) sull’intero importo.

 

 

4. Rivalutazione delle prestazioni assistenziali e a carattere risarcitorio

 

4.1 Pensioni sociali e assegni sociali

 

L’indice di rivalutazione definitivo per l’anno 2023 e quello provvisorio per l’anno 2024, di cui, rispettivamente, ai precedenti paragrafi 2 e 3, si applicano anche alle prestazioni a carattere assistenziale.

Gli importi e i limiti reddituali sono inseriti nella tabella allegata alla presente circolare (Allegato n. 2).

 

 

4.2  Prestazioni a favore dei mutilati, invalidi civili, ciechi civili e sordomuti (categoria 044-INVCIV)

 

La misura della perequazione definitiva per l’anno 2023 e previsionale per l’anno 2024 è stata applicata anche alle pensioni e agli assegni a favore dei mutilati, invalidi civili, ciechi civili e sordomuti.

 

I limiti di reddito per il diritto alle pensioni in favore dei mutilati, invalidi civili totali, ciechi civili e sordomuti, sono aumentati dell’8,6% rispetto all’anno 2023.

 

Il limite di reddito per il diritto all’assegno mensile degli invalidi parziali e delle indennità di frequenza è quello stabilito per la pensione sociale (art. 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 412).

 

Tali limiti si applicano anche agli assegni sociali sostitutivi dell’invalidità civile.

 

Gli importi e i limiti reddituali sono inseriti nelle tabelle di cui all’Allegato n. 2 alla presente circolare.

 

 

4.3  Rivalutazione delle indennità e degli assegni accessori annessi alle pensioni privilegiate di prima categoria concesse agli ex dipendenti civili e militari delle Amministrazioni pubbliche

 

La variazione percentuale dell’indice delle retribuzioni contrattuali degli operai dell’industria, esclusi gli assegni familiari, calcolati al netto delle variazioni del volume di lavoro (come disposto dalla legge 3 giugno 1975, n. 160) tra il periodo agosto 2022 – luglio 2023 e il periodo precedente agosto 2021 – luglio 2022 è risultata del +2,01%.

 

Pertanto, la quota perequabile delle indennità a favore dei mutilati, invalidi civili, ciechi civili e sordomuti è stata aumentata del 2,01%. Si rammenta che la rivalutazione delle indennità viene attribuita sulla sola quota individuata dall’articolo 2, comma 1, della legge 21 novembre 1988, n. 508, e successive modificazioni e integrazioni.

 

L’indice del 2,01% si applica anche alle indennità e agli assegni accessori annessi alle pensioni privilegiate di prima categoria concesse agli ex dipendenti civili e militari delle Amministrazioni pubbliche. Le relative tabelle saranno pubblicate dal Ministero dell’Economia e delle finanze.

 

5. Tabelle

 

Nell’Allegato n. 2 si forniscono le tabelle con gli importi del trattamento minimo, delle prestazioni assistenziali e i limiti di reddito per il diritto alle diverse prestazioni collegate al reddito, costruiti come multipli dell’importo del trattamento minimo degli anni 2023 e 2024.

 

Nel medesimo allegato è riportata, inoltre, la tabella utile al calcolo della “trattenuta teorica massima” applicabile sui trattamenti pensionistici in caso di recupero per indebiti “propri”.

 

6.  Requisiti anagrafici

 

Si rammenta che per l’anno 2024 l’età di accesso alla pensione di vecchiaia e all’assegno sociale è pari a 67 anni. Tale limite è stato applicato in sede di rinnovo alle fattispecie interessate.

 

7.  Gestione fiscale

 

Ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314, la tassazione opera con riferimento al “soggetto”. La ritenuta IRPEF viene, quindi, determinata sull’ammontare complessivo delle pensioni, erogate dall’INPS o da altri Enti, registrate nel Casellario Centrale delle Pensioni e assoggettate alla tassazione ordinaria, e di altre prestazioni eventualmente corrisposte dall’INPS al soggetto.

 

Analogamente, le detrazioni di imposta operano sull’imponibile complessivo e sono ripartite sulle diverse prestazioni con il criterio della proporzionalità.

 

Per l’anno 2024 sono state attribuite le stesse detrazioni per familiari a carico in essere nel mese di dicembre 2023.

 

La richiesta di tassazione a maggiore aliquota (aliquota fissa), così come quella di non usufruire delle detrazioni personali, deve essere rinnovata ogni anno, come rammentato con il messaggio n. 3607 del 16 ottobre 2023. Le relative procedure sono disponibili on line, accedendo al servizio dedicato “Detrazioni fiscali – domanda e gestione”, disponibile sul portale www.inps.it.

 

Inoltre, anche la dichiarazione dei pensionati residenti all’estero che intendono fruire delle detrazioni spettanti per carichi di famiglia (art. 12 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, c.d. TUIR), in base alla normativa vigente, deve essere presentata annualmente; la dichiarazione contenente anche l’atto sostitutivo notorio relativo alla sussistenza dei requisiti previsti per poter fruire delle suddette detrazioni può essere resa direttamente dai pensionati accedendo al servizio on line dedicato presente nel Fascicolo previdenziale del cittadino, denominato “Detr. Fiscale pens residenti estero”, disponibile sul portale www.inps.it, oppure, in alternativa, per il tramite degli Istituti di Patronato (che offrono assistenza gratuita) o le Strutture territoriali dell’Istituto.

 

Per i soggetti per i quali nel 2023 era applicata la tassazione a maggiore aliquota (aliquota fissa) o tassazione lorda senza alcuna detrazione personale:

 

  • se alla data di lavorazione della pensione per le operazioni di rinnovo era stata effettuata la richiesta per l’anno 2024, è stata applicata anche da gennaio 2024 la tassazione a maggiore aliquota (aliquota fissa) ovvero tassazione lorda senza alcuna detrazione personale;
  • se alla data di lavorazione della pensione per le operazioni di rinnovo non era stata effettuata la richiesta per l’anno 2024, è stata, invece, impostata la tassazione ordinaria, con applicazione della detrazione personale.

 

7.1  Conguagli fiscali a consuntivo

 

Ove le ritenute erariali relative all’anno 2023 (IRPEF) siano state effettuate in misura inferiore rispetto a quanto dovuto su base annua, le differenze a debito saranno recuperate, come di consueto, sulle rate di pensione di gennaio 2024 e febbraio 2024.

 

Per i pensionati con importo annuo complessivo dei trattamenti pensionistici fino a 18.000 euro e conguagli a debito di importo superiore a 100 euro è stata applicata la rateazione di legge fino a novembre 2024 (art. 38, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122).

 

Le somme conguagliate vengono certificate ai fini fiscali nella CU2024.

 

7.2 Addizionali all’IRPEF

 

Le addizionali all’IRPEF vengono trattenute in rate del medesimo importo, con le consuete modalità che si riepilogano di seguito:

 

  • addizionale regionale a saldo 2023: da gennaio 2024 a novembre 2024;
  • addizionale comunale a saldo 2023: da gennaio 2024 a novembre 2024;
  • addizionale comunale in acconto 2024: da marzo 2024 a novembre 2024.

 

L’importo delle addizionali è determinato in funzione delle aliquote stabilite dalle Regioni e dai Comuni e comunicate entro la data in cui è stata effettuata la lavorazione di rinnovo. Qualora gli Enti territoriali deliberino modifiche alle aliquote, gli importi delle addizionali a saldo saranno rideterminati a partire dal mese di marzo 2024.

 

7.3 Esenzione di 1.000 euro per i superstiti orfani

 

L’articolo 1, comma 249, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di Stabilità 2017), ha previsto che le pensioni corrisposte ai superstiti orfani di assicurato e pensionato, nell’ambito del regime dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme esclusive o sostitutive di tale regime, nonché della Gestione separata, concorrono alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del D.P.R. n. 917/1986, per l’importo eccedente 1.000 euro.

Il conguaglio fiscale a credito eventualmente spettante agli interessati sarà corrisposto dalla mensilità di marzo 2024.

 

8. Sistemi integrati

 

Si illustrano le ulteriori attività effettuate per le pensioni gestite nei sistemi integrati contestualmente alle operazioni di rivalutazione.

 

 

8.1  Rivalutazione delle quote di pensione dovute ad altro beneficiario

 

In considerazione di quanto riportato nel paragrafo 3, è stato attribuito un tasso di rivalutazione pari a +5,4% anche alle quote di pensione dovute al beneficiario diverso dal pensionato, in presenza di un piano di “Pagamenti ridotti o disgiunti” individuato da uno dei seguenti codici:

 

  • M4 Assegno divorzile per ex coniuge superstite;
  • M5 Assegno alimentare per figli;
  • M6 Assegno alimentare per ex coniuge.

 

Analogamente, è stato perequato l’importo “Altra pensione” memorizzato dalle Strutture territoriali per i piani di recupero N1 – Trattenuta Fondo Clero.

Si rinvia in proposito al messaggio n. 382 del 14 novembre 2003.

 

 

8.2 Gestione delle pensioni ai superstiti con contitolari in scadenza o già scaduti

8.2.1 Scadenza del penultimo contitolare nel 2024

 

Dal mese di scadenza dell’ultimo contitolare è stato impostato il pagamento della sola quota del contitolare in essere.

 

Come noto, dal momento in cui resta in essere un solo contitolare, è necessario disporre dei redditi per verificare la spettanza delle prestazioni collegate al reddito.

 

Nel caso in cui tali redditi non risultino dichiarati, la posizione viene evidenziata con il valore 997 nel campo “CIDEMIN”.

 

È stato comunque considerato, ai fini della concessione delle eventuali prestazioni collegate al reddito sulla pensione, l’eventuale reddito da Casellario Centrale delle Pensioni dell’anno in corso.

 

8.2.2 Pensioni con tutti i contitolari scaduti

 

Per le pensioni ancora vigenti, ma con tutti i contitolari scaduti in data anteriore al 2024 (GP3CK02Z < 202402), il campo “CIDEMIN” è stato valorizzato con il codice 998 sia per le pensioni dell’AGO sia dei Fondi speciali ed ex ENPALS.

 

8.3 Sospensione del pagamento dei trattamenti di famiglia

 

I trattamenti di famiglia non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 35, comma 10-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14. Per evitare il pagamento di trattamenti non dovuti, qualora sulla pensione del richiedente siano assenti redditi successivi al 2019, il pagamento viene sospeso da gennaio 2024.

 

Per le posizioni in questione, il reddito presunto del 2023 è stato registrato con il valore 6 al quarto byte nel campo “GP2KF11” e il campo “CIDEMIN” è stato valorizzato con il codice 907.

 

 

8.4 Azzeramento degli assegni ordinari di invalidità in scadenza per revisione sanitaria

 

Gli assegni ordinari di invalidità delle Gestioni AGO, dei Fondi Speciali Telefonici, Elettrici, Autoferrotranvieri ed ex ENPALS con data revisione sanitaria nel corso del 2024 (GP1AF06), nonché con scadenza del triennio nel 2024, sono stati azzerati dal mese successivo alla data indicata.

 

Per il Fondo volo (categoria 045), il pagamento è stato localizzato presso la Cassa Sede da gennaio 2024.

 

 

8.5 Impostazione del codice delle ricostituzioni d’ufficio

 

Come di consueto, le pensioni per le quali in sede di rinnovo le procedure hanno individuato variazioni d’importo da data anteriore a gennaio 2024 sono state poste in pagamento per l’anno 2024 con l’importo aggiornato e sono state contraddistinte con il codice (da ricostituire a credito) ovvero (da ricostituire a debito) nell’ultimo carattere del campo “GP1AF05R”.

 

Tali posizioni verranno trattate a livello centrale, come previsto al paragrafo 1.2 del messaggio n. 870 del 14 gennaio 2011.

 

Le pensioni non rivalutate poste in pagamento con lo stesso importo del 2023 sono state contraddistinte con il codice nell’ultimo carattere del campo “GP1AF05R”.

 

Per i Fondi Speciali, le posizioni con GP1AF05R = 4/5/7 saranno elencate in apposita lista pensioni da verificare (PENS0052) per la gestione da parte delle Strutture territoriali.

 

Sono state altresì rinnovate con lo stesso importo del 2023 le pensioni contraddistinte con il codice nell’ultimo carattere del campo “GP1AF05R” e il valore 004 in GP1CIDEMIN. Si tratta in particolare di pensioni per le quali i dati reddituali presenti in archivio non hanno consentito il calcolo ai sensi della normativa in materia.

 

L’informazione relativa al tipo rinnovo presente in “GP1AF05R” viene riportata anche nel campo “CPRD” della riga di movimentazione relativa al rinnovo.

 

 

8.6 Pensioni rinnovate con importo pari a zero

 

 

L’elenco delle pensioni rinnovate per l’anno 2024 con importo pari a “zero” è disponibile nella intranet fra le liste parametriche, dal percorso: “Processi” > “Assicurato pensionato” > “Servizi al pensionato” > “Procedure di gestione della pensione” > “Reporting Operativo – Liste Parametriche”.

 

Per queste posizioni, le Strutture territoriali devono disporre le necessarie verifiche e provvedere alla ricostituzione, se del caso, o alla eliminazione.

9. Sistemi proprietari della Gestione pubblica

9.1 Modalità di attribuzione dell’indennità integrativa speciale

 

Per effetto dell’applicazione delle percentuali di variazione della perequazione automatica, la misura mensile dell’indennità integrativa speciale dal 1° gennaio 2024 è pari a 916,70 euro; l’importo della stessa indennità sulla tredicesima mensilità è determinato in 896,70 euro.

 

Nei casi di cumulo di due o più pensioni corrisposte dall’INPS e da altri Enti previdenziali, si fa rinvio alle disposizioni impartite con la nota operativa INPDAP n. 49 del 23 dicembre 2008.

 

In ogni caso per tutti i cumuli intervenuti dal 1° gennaio 2023 si è provveduto a bloccare l’importo dell’indennità integrativa speciale in pagamento alla suddetta data, attribuendo la percentuale di perequazione, calcolata sulla pensione annua lorda e sull’indennità integrativa speciale, sull’importo mensile della sola voce pensione.

 

Tali situazioni sono state contraddistinte con il codice “E3”.

 

Qualora l’indennità integrativa speciale fosse già bloccata all’importo in pagamento al 31 dicembre 1997 per effetto dell’articolo 59, comma 13, della legge 23 dicembre 1997, n. 449, al 31 dicembre 2007 per effetto dell’articolo 1, comma 19, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, al 31 dicembre 2011 per effetto dell’articolo 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, o al 31 dicembre 2013 per effetto dell’articolo 1, comma 483, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, tali blocchi restano confermati. Le situazioni sopra individuate sono state contraddistinte rispettivamente dai codici “B7”, “B8”, “B9”, “B0”, “B2”, “B3”, “B4”, “B5”, “B6”, “C7”, “C8”, “C9”, “C0”, “D1”, “D2”, “D3”, “D4”, “D5”, “D6”, “D7”, “D8”, “D9”, “E1” e “E2”.

 

Si conferma che anche per l’anno 2023, in presenza di due o più pensioni corrisposte dalla Gestione pubblica, la procedura informatica sulla base dei dati relativi al codice fiscale del titolare delle prestazioni ha provveduto con modalità automatica all’abbinamento dei codici che identificano la pensione c.d. “principale” e “secondaria” attribuendo l’incremento della perequazione in misura proporzionale.

 

Ai fini del cumulo delle pensioni ai superstiti con i redditi del beneficiario (art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335), si precisa che per i titolari di pensioni dirette e ai superstiti a carico della Gestione pubblica, si è provveduto ad adeguare l’importo della pensione indiretta/reversibile in pagamento al 1° gennaio 2024, considerando l’importo della pensione diretta in pagamento alla stessa data a condizione che la stessa sia di importo maggiore rispetto al reddito già memorizzato in banca dati.

 

9.2 Rivalutazione delle quote di pensione dovute ad altro beneficiario

 

La corresponsione degli aumenti perequativi descritti trova applicazione anche nel caso di un unico trattamento pensionistico, indiretto o di reversibilità, attribuito in quota parte al coniuge superstite e al coniuge divorziato, titolare di assegno divorzile.

 

Si ricorda che l’adeguamento annuale degli assegni di mantenimento riconosciuti all’ex coniuge superstite e/o ai figli di iscritto o pensionato, dovrà essere disposto, secondo le modalità stabilite dal giudice nel provvedimento di assegnazione, direttamente dagli operatori delle Sedi – Gestione Pubblica.

 

 

9.3 Cessazione dei contitolari orfani al compimento del 26° anno di età

 

Il pagamento della pensione ai contitolari di pensione ai superstiti qualificati come orfani viene cancellato dal mese successivo a quello del compimento del 26° anno di età.

 

 

9.4 Esenzione fiscale per le vittime del dovere

 

Per la trattazione delle domande di esenzione fiscale per le vittime del dovere da applicare nell’anno 2024 si rinvia al messaggio n. 1768 del 27 aprile 2017.

 

Si precisa che le Strutture territoriali dovranno provvedere al rimborso dell’IRPEF e dell’eventuale acconto dell’addizionale comunale solo se di competenza dell’anno solare 2024.

 

Per quanto riguarda, invece, il rimborso delle somme già trattenute allo stesso titolo, di competenza dell’anno 2023:

 

  • nel caso in cui la pensione sia già stata classificata come vittima del dovere (microqualifica T425) nel corso del 2023 (entro la rata dicembre 2023), il conguaglio a credito verrà applicato centralmente sulle rate successive a marzo 2024;
  • nel caso in cui la pensione venga, invece, classificata come vittima del dovere a partire da gennaio 2024, la rettifica fiscale dovrà essere effettuata nel sistema di piattaforma fiscale, come una rettifica CU.

 

 

9.5 Detassazione in applicazione di Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni fiscali

 

Le Strutture territoriali dovranno provvedere al rimborso dell’IRPEF e dell’eventuale acconto dell’addizionale comunale solo se di competenza dell’anno solare 2024.

 

Per le modalità operative di gestione si rinvia ai messaggi n. 2205 del 29 maggio 2017, n. 3830 del 5 ottobre 2017 e n. 580 del 14 febbraio 2020.

 

 

10. Prestazioni assistenziali

 

10.1 Prestazioni di invalidità civile soggette a revisione sanitaria

 

L’articolo 25, comma 6-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, stabilisce che nelle more dell’effettuazione delle eventuali visite di revisione e del relativo iter di verifica, i minorati civili e le persone con handicap, in possesso di verbali in cui sia prevista rivedibilità, conservano tutti i diritti acquisiti in materia di benefici, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura.

 

Pertanto, per le prestazioni a favore di invalidi civili per le quali a decorrere dall’entrata in vigore della legge n. 114/2014 risulti memorizzata nel database una data di revisione sanitaria, il pagamento è stato confermato nelle more della visita di revisione calendarizzata dall’Istituto.

 

 

10.2 Indennità a favore dei lavoratori affetti da particolari patologie

 

Le indennità previste dall’articolo 39, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, a favore dei lavoratori affetti da talassemia major (c.d. morbo di Cooley) e drepanocitosi, dall’articolo 3, comma 131, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, a favore dei lavoratori affetti da talasso drepanocitosi e a favore dei lavoratori affetti da talassemia intermedia in trattamento trasfusionale o con idrossiurea, liquidate come prestazioni di categoria INVCIV con fascia 70, 71, 72 e 73, sono state rinnovate per l’anno 2023 adeguandone l’importo al trattamento minimo.

 

 

10.3 Trasformazione delle pensioni di invalidità civile in assegno sociale

 

L’articolo 18, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, modificando l’articolo 12 del decreto legge n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010, stabilisce che il requisito anagrafico minimo per il conseguimento dell’assegno sociale, nonché dell’assegno sociale sostitutivo della pensione di inabilità civile, dell’assegno mensile di assistenza agli invalidi parziali e della pensione non reversibile ai sordi, deve essere adeguato all’incremento della speranza di vita.

 

Il requisito anagrafico per il diritto all’assegno sociale per il periodo dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2024 è pari a 67 anni.

 

Conseguentemente, in occasione del rinnovo sono state ricalcolate, attribuendo l’importo dell’assegno sociale a decorrere dal mese successivo al compimento dell’età prevista, le prestazioni spettanti ad invalidi civili e sordi che compiono sessantasette anni di età entro il 30 novembre 2024 e per le quali risultano memorizzati negli archivi i dati reddituali necessari all’accertamento del diritto e della misura all’assegno sociale.

 

In assenza di informazioni aggiornate, a partire dal mese successivo al compimento di sessantasette anni è stato attribuito l’importo dell’assegno sociale senza gli aumenti di cui all’articolo 67 della legge n. 448/1998 (già 100.000 lire), e all’articolo 52 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (già 18.000 lire).

 

Le Strutture territoriali dovranno provvedere alla ricostituzione delle pensioni per le quali non sono presenti le informazioni reddituali, segnalando i dati aggiornati del titolare e, per i soggetti coniugati, anche del coniuge.

 

 

11. Prestazioni di accompagnamento a pensione

Le prestazioni di accompagnamento alla pensione corrisposte ai sensi del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, e dell’articolo 4 della legge 28 giugno 2012, n. 92, di categoria 027-VOCRED, 028-VOCOOP, 029-VOESO, 127–CRED27; 128–COOP28; 129–VESO29; 143–APESOCIAL; 198-VESO33, 199-VESO92; 200-ESPA, non avendo natura pensionistica, conservano per tutta la loro durata l’importo stabilito alla decorrenza.

 

Si rammenta, inoltre, che il pagamento delle suddette prestazioni viene sempre effettuato con separata disposizione anche nei confronti dei titolari di altra prestazione previdenziale o assistenziale, per consentire la quantificazione della provvista a carico delle aziende esodanti.

 

La tassazione delle prestazioni assoggettate alla tassazione ordinaria viene, invece, effettuata con le generali regole del cumulo fiscale.

 

11.1 Azzeramento delle prestazioni in scadenza nel 2024

 

Le prestazioni con scadenza nel 2024 sono state azzerate al mese indicato nel campo dedicato (“GP1AF06”).

 

Il pagamento dell’eventuale rateo di tredicesima è stato impostato unitamente all’ultima mensilità.

 

 

12. Periodicità e date di pagamento

12.1 Calendario di pagamento

 

Si rammenta che i pagamenti dei trattamenti pensionistici, degli assegni, delle pensioni e delle indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili, nonché delle rendite vitalizie dell’INAIL sono effettuati, ordinariamente, il primo giorno bancabile di ciascun mese, o il giorno successivo se si tratta di giornata festiva o non bancabile, con un unico mandato di pagamento,fatta eccezione per il mese di gennaio, nel quale il pagamento viene eseguito il secondo giorno bancabile (art. 1, comma 302, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come sostituito, dall’art. 1, comma 184, della legge 27 dicembre 2017, n. 205).

 

Si riporta di seguito il calendario mensile dei pagamenti per l’anno 2024.

 

Mese Giorno disponibilità valuta
  Poste Banche
gennaio 3
febbraio 1
marzo 1
aprile 2
maggio 2
giugno 1 3
luglio 1
agosto 1
settembre 2
ottobre 1
novembre 2 4
dicembre 2

 

12.2 Pagamenti annuali e semestrali

 

Come stabilito dal D.M. 25 marzo 1998 in materia di periodicità mensile di pagamento delle pensioni, i pagamenti di importo mensile fino al 2% del trattamento minimo sono effettuati in rate annuali anticipate. I pagamenti di importo mensile eccedente il 2% e fino al 15% del trattamento minimo sono effettuati in rate semestrali anticipate.

 

I limiti sono arrotondati a 5 euro per difetto.

 

Si riportano, pertanto, di seguito i limiti e le scadenze dei pagamenti annuali e semestrali per l’anno 2024:

 

 

Importo mensile lordo Mensilità Data pagamento
 

Da 0,01 € a 10,00 €

 

Da gennaio a dicembre (compresa la tredicesima) 3 gennaio

 

 

Da 10,01 € a 85 €

 

Da gennaio a giugno 3 gennaio

 

Da luglio a dicembre (compresa la tredicesima) 1° luglio

 

13. Certificato di pensione per l’anno 2024

 

Per le prestazioni previdenziali e assistenziali il certificato di pensione per il 2024 sarà pubblicato tra i servizi on line disponibili sul sito istituzionale www.inps.it.

 

 

Il Direttore Generale
Vincenzo Caridi

Un terzo dei comuni italiani è distante dalle stazioni dei treni Trasporto su rotaia

Un terzo dei comuni italiani è distante dalle stazioni dei treni Trasporto su rotaia

Il sistema ferroviario è fondamentale per la mobilità tra regioni, la vita delle comunità e per l’ambiente. L’accesso e la prossimità non sono tuttavia garantite equamente in tutte le aree del paese.

 

La mobilità è un aspetto fondamentale per la vita di un cittadino e favorire l’accesso al trasporto pubblico porta a una riduzione degli impatti sull’ambiente. È ormai dato per assunto nel dibattito e nelle politiche pubbliche che il presente e il futuro della mobilità, soprattutto a medio e lungo raggio, debba essere garantito principalmente dai sistemi ferroviari. Lo spostamento attraverso i treni, infatti, rappresenta il tipo di spostamento più sostenibile dal punto di vista ambientale, e può rappresentare anche un importante fattore di inclusione sociale.

La presenza di una stazione su un determinato territorio ha un ruolo anche dal punto di vista socio-economico. Si tratta di un aspetto evidente anche all’interno della classificazione delle aree interne dove una delle caratteristiche chiave dei comuni polo risulta proprio la stazione dei treni che deve essere almeno di tipo silver, ovvero con impianti di dimensioni medie dotate unicamente di servizi regionali caratterizzati da elevate frequentazioni oppure stazioni e fermate con passaggi consistenti e servizi per la lunga, media e breve percorrenza.

L’accessibilità delle stazioni ferroviarie è infatti un tema importante, strettamente connesso alla marginalità di migliaia di comuni italiani. Come per altri mezzi di spostamento, si tratta di aspetti rilevanti sul piano della pianificazione territoriale e la facilità di accesso incide in modo importante sulla qualità della vita di una comunità e sulla competitività del suo settore produttivo.

Accessibilità e prossimità sono le caratteristiche chiave per il raggiungimento delle infrastrutture su rotaia.

La facilità con cui si possono raggiungere le infrastrutture di mobilità è data da due elementi principali: l’accessibilità (la capacità di arrivare alla stazione entro un tempo massimo) e la prossimità (la presenza o meno di un’infrastruttura entro un certo tempo).

Queste due caratteristiche sono legate a differenti interventi di politica pubblica che possono essere messi in atto sul territorio. Nel primo caso infatti è necessario un potenziamento dei collegamenti di rete stradale con la stazione stessa mentre nell’altro risultano cruciali investimenti sulla costruzione dell’infrastruttura.

In un’analisi sull’accessibilità, Istat ha preso in considerazione 258 stazioni ferroviarie in cui è previsto il servizio passeggeri e in cui passano treni regionali o a lunga percorrenza. Sono state considerate soltanto le infrastrutture in cui i treni al giorno sono almeno 3 (5 nel caso della Sardegna).

32,8% i comuni italiani in cui la stazione ferroviaria risulta sia accessibile che prossima.

35,7 milioni di italiani vivono in zone del paese in cui è sia facile che rapido il raggiungimento dell’infrastruttura su rotaia. Parliamo del 61% della popolazione italiana. Sono invece il 17,2% le amministrazioni distanti ma molto ben collegate alla rete (accessibili ma non prossime).

Le aree più critiche nel paese sono però quelle in cui la ferrovia non è né accessibile né prossima. Sono 2.599 i comuni, il 32,8% circa delle amministrazioni italiane. In quei territori vivono circa 6,8 milioni di persone, pari all’11,6% della popolazione.

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DA SAPERE

La facilità con cui si possono raggiungere le infrastrutture di mobilità è data da due elementi principali: l’accessibilità (la capacità di arrivare alla stazione entro un tempo massimo) e la prossimità (la presenza o meno di un’infrastruttura entro un certo tempo).

L’analisi dell’accessibilità a livello comunale è stata effettuata da Istat su dati del 2022. Sono state prese in considerazione 258 stazioni ferroviarie in cui è previsto il servizio passeggeri e in cui passano treni regionali o a lunga percorrenza. Inoltre, si considerano soltanto le infrastrutture in cui i treni al giorno sono almeno 3 (5 nel caso della Sardegna).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(consultati: lunedì 22 Gennaio 2024)

 

Sono 4 le regioni italiane in cui più della metà dei comuni risulta in zone in cui la ferrovia non è né accessibile né prossima. Si tratta di Abruzzo (53,8%), Molise (53,7%), Valle d’Aosta (52,7%) e Basilicata (52,7%). Si verifica un’incidenza minore invece in Lombardia (20,7%), Veneto (18,8%) e Umbria (13%).

Se invece si considera la popolazione, è l’area lucana quella con la percentuale maggiore di abitanti distanti dalle ferrovie (29,2%, pari a circa 158mila persone), seguita dal molisano (25%) e dalla Valle d’Aosta (24,7%). A riportare i valori minori sono Friuli-Venezia Giulia (4,7%), Umbria (3,2%) e Liguria (2,1%).

A livello provinciale, la provincia con la quota maggiore di comuni lontani dall’accesso ferroviario è Nuoro (82,4%), seguita da Chieti (73,1%), Rieti (71,2%) e Enna (70%). Se si considera la quota di popolazione, la prima provincia rimane sempre Nuoro (l’87,3% vive in comuni distanti da stazioni) a cui seguono Enna (64%), Agrigento (43,3%) e Rieti (42,5%).

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DA SAPERE

La facilità con cui si possono raggiungere le infrastrutture di mobilità è data da due elementi principali: l’accessibilità (la capacità di arrivare alla stazione entro un tempo massimo) e la prossimità (la presenza o meno di un’infrastruttura entro un certo tempo).

L’analisi dell’accessibilità a livello comunale è stata effettuata da Istat su dati del 2022. Sono state prese in considerazione 258 stazioni ferroviarie in cui è previsto il servizio passeggeri e in cui passano treni regionali o a lunga percorrenza. Inoltre, si considerano soltanto le infrastrutture in cui i treni al giorno sono almeno 3 (5 nel caso della Sardegna). Per il comune di Roma, il dato è disponibile a livello di municipio.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(consultati: lunedì 22 Gennaio 2024)

 

Esaminando gli accessi alle stazioni ferroviarie, le zone con più collegamenti si trovano nel nord, tra le città di Torino, Milano, Bologna e Venezia.

Pure nelle zone del centro e del mezzogiorno ci sono zone in cui è più agevole lo sfruttamento dell’infrastruttura su rotaia però vi è una minore continuità territoriale. Di conseguenza è più difficile creare collegamenti ad alta accessibilità tra le regioni.

 

L’Italia è tra i paesi Ue con i divari di reddito più ampi Europa

L’Italia è tra i paesi Ue con i divari di reddito più ampi Europa

Le disuguaglianze economiche sono tutt’altro che in calo e l’Ue non costituisce un’eccezione. Tra i paesi più popolosi, l’Italia è quello dove l’1% più ricco detiene la quota più elevata di reddito nazionale e dove dal 1980 è più aumentato l’accentramento.

 

Globalmente le disuguaglianze sono tutt’altro che in calo, anzi tendono ad aumentare. Come evidenzia un recente report di Oxfam, le 5 persone più ricche del mondo hanno raddoppiato le proprie fortune dal 2020, mentre 4,8 miliardi di persone (ben più della metà della popolazione) sono più povere oggi rispetto al 2019. Purtroppo nemmeno l’Europa costituisce un’eccezione a questa allarmante dinamica.

Nonostante l’aumento della ricchezza complessiva infatti non tutte le persone hanno migliorato le proprie condizioni materiali di vita. Soprattutto se consideriamo la questione in termini relativi, ovvero qual è lo stato della distribuzione delle risorse economiche all’interno di un singolo paese, tra le varie classi sociali.

Il world inequality lab, un laboratorio di ricerca che studia il fenomeno della disuguaglianza sia tra paesi che all’interno dei paesi stessi, mostra come le disparità nella ripartizione sia del reddito che delle ricchezze sia in realtà aumentata.

In un recente approfondimento abbiamo raccontato come il 10% più benestante possieda più un terzo della ricchezza nazionale (mediamente, il 35,5%). Se ci avviciniamo ulteriormente agli estremi emergono dati ancora più preoccupanti. Nel 2022 l’1% più ricco della popolazione europea deteneva l’11,4% del reddito totale e l’Italia era il sesto paese dell’Unione con il divario più ampio.

Le disuguaglianze di reddito nei paesi dell’Ue

Nonostante le disuguaglianze nella distribuzione siano marcate a livello di ricchezza, in questo approfondimento ci concentriamo sul reddito. Il world inequality lab opera anche questa rilevazione, determinando la quota di reddito nazionale posseduta dall’1% più ricco.

Con reddito nazionale si intende la somma di tutti i redditi percepiti dagli individui residenti nel paese nel corso dell’anno di riferimento. Sono comprese due tipologie di reddito: quella derivante dal lavoro (i salari) e quella derivante dalla ricchezza individuale (interessi e dividendi).

National income is the sum of all incomes received by individuals residents in a given country over a year. Incomes takes various forms and we typically distinguish two broad sources: incomes stemming from individuals’ labor (e.g. wages or salaries) and incomes stemming from individuals’ wealth (e.g. interest and dividends).

18,7% del reddito nazionale è nelle mani dell’1% più ricco, in Bulgaria (2022).

Bulgaria e Danimarca sono i due paesi dove l’1% più ricco detiene la quota maggiore del reddito nazionale, con rispettivamente il 18,7% e il 18,6%. Percentuali inferiori all’8% si riscontrano invece in Repubblica Ceca, Belgio e Slovacchia. L’Italia, con il 13,6%, è il sesto paese con per ampiezza del divario.

Le risorse si concentrano sempre di più

Mediamente negli anni la quota di reddito nelle mani delle persone più ricche è lievemente aumentata. Il picco è stato toccato nel 2007, quando il valore si è attestato al 12,6%. Solo in 5 paesi si è invece registrato un calo: Austria, Spagna, Cipro, Belgio e Lussemburgo.

I maggiori aumenti si sono registrati nell’ex blocco sovietico e in Scandinavia.

Gli incrementi maggiori, dagli anni ’80 a oggi, hanno invece interessato i paesi dell’ex blocco sovietico, che hanno adottato in tempi più recenti il libero mercato. In Bulgaria (il paese che registra anche il divario più pronunciato) la quota è aumentata di oltre 15 punti percentuali, passando dal 3% nel 1980 al 19% nel 2022. Anche in Estonia la quota è cresciuta di 10 punti. Notevoli anche i casi di alcuni paesi scandinavi: la Danimarca (seconda dopo la Bulgaria per entità del divario) registra un aumento di 12 punti percentuali e la Svezia di 7.

D’altronde anche l’Italia, al pari di Ungheria e Lituania, ha visto un aumento pari a 7 punti percentuali. Si tratta del dato più elevato tra i paesi più popolosi dell’Ue (Francia, Germania e Spagna). Inoltre, per l’Italia stessa, si tratta del record assoluto.

L’Italia è, tra i principali stati membri dell’Ue, quello che riporta il divario più ampio (l’1% detiene il 13,6% di tutto il reddito nazionale) e anche quello che ha registrato il più marcato accentramento delle ricchezze: +7,4 punti percentuali tra 1980 e 2022. In entrambi i casi, segue la Francia.

Mentre la Spagna ha visto un miglioramento graduale e la Germania un accentramento marcato fino al 2020, cui poi è seguito un netto calo. In Italia e Francia si è verificata la dinamica contraria e l’aumento più pronunciato si è registrato proprio dopo il 2020.

Foto: Claudio Poggio – licenza

 

Il fondo per le pari opportunità: un’iniziativa positiva ma insufficiente Disparità di genere

Il fondo per le pari opportunità: un’iniziativa positiva ma insufficiente Disparità di genere

Abbiamo analizzato la distribuzione regionale del fondo per le pari opportunità, i suoi obiettivi e le sue criticità. Ribadendo ancora una volta la necessità di un cambio di strategia nella lotta alla violenza di genere.

 

Negli anni lo stato ha attivato diversi strumenti normativi ed economici, per contrastare il grave fenomeno della violenza di genere. Tra questi, il fondo nazionale per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Istituito nel 2006, viene rinnovato ogni anno e dalla sua entrata in vigore a oggi è aumentato notevolmente.

55 milioni € il fondo per le politiche su diritti e pari opportunità per il 2024. Nel 2006 ammontava a soli 6 milioni.

Le risorse sono distribuite e affidate alle regioni, affinché rafforzino servizi e iniziative sul territorio, per contrastare la violenza sulle donne e favorire la parità di genere. Si tratta sicuramente di un’iniziativa positiva che, puntando soprattutto sui finanziamenti a centri anti violenza e case rifugio, aiuta le vittime a uscire dal circuito della violenza, sostenendole da un punto di vista innanzitutto economico e abitativo.

Tuttavia abbiamo riscontrato alcune criticità. In primis il fatto che in anni recenti queste risorse siano state destinate solo a strutture già esistenti e non alla creazione di nuove. Nonostante in Italia i centri che offrono questi servizi non siano così diffusi, rispetto alla portata del fenomeno.

Inoltre questo tipo di interventi si inserisce in un quadro normativo più ampio sul tema della violenza di genere che, come abbiamo spiegato in precedenza, è più rivolto al supporto delle vittime, che al contrasto del fenomeno alla radice. E per quanto siano necessari e cruciali gli interventi di sostegno, al fine di contrastare un fenomeno così ampio e complesso bisogna necessariamente, in modo parallelo, investire in un cambiamento culturale e sociale di lungo periodo. A partire dalla formazione e l’educazione alla parità, al rispetto nelle relazioni affettive e sessuali, sia a scuola che sul lavoro.

La distribuzione del fondo

Il 28 dicembre 2023 è entrato in vigore il decreto di riparto contenente i dettagli sulle risorse e la loro distribuzione. Prevede 55 milioni di euro, di cui:

  • 20 milioni per i centri antiviolenza pubblici e privati già esistenti;
  • 20 milioni a favore delle case rifugio pubbliche e private già esistenti:
  • milioni per l’attuazione del piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne. In particolare a sostegno di percorsi di fuoriuscita dal circuito di violenza, dagli interventi per il sostegno abitativo al reinserimento lavorativo;
  • 9 milioni per realizzazione di ulteriori interventi delle regioni a favore dell’empowerment femminile.

Queste risorse sono distribuite tra le regioni in base a determinati criteri. Per i primi due punti in particolare, vengono considerati il numero di strutture presenti in ciascun territorio e la popolazione residente.

Con circa la metà delle risorse, Sicilia (5,9 milioni) e Campania (5,4) seguono la Lombardia tra le regioni che ricevono gli importi più alti. Mentre con meno di un milione ciascuna troviamo Basilicata (421mila euro), Molise (355,7) e Valle d’Aosta (135,2).

La Campania riceve più fondi per i centri anti violenza.

Osservando nel dettaglio le 4 voci di spesa elencate in precedenza, la Lombardia riceve più risorse per tutte tranne per quella dedicata ai centri anti violenza. È evidente comunque come il riparto rispecchi in gran parte la popolosità delle diverse regioni. È possibile in un certo senso individuare un’eccezione solo per il Lazio: seconda per numero di residenti (5,7 milioni) dopo la Lombardia, ma quinta per risorse ricevute (4,4 milioni). In effetti, come vedremo più avanti, il Lazio è tra le regioni con minore diffusione di centri anti violenza e case rifugio rispetto alla popolazione.

Non è ancora sufficiente

L’esistenza di un fondo mirato al rafforzamento di strutture e iniziative a favore dell’emancipazione femminile è senz’altro positiva. Così come è positivo che questo fondo sia aumentato nel corso degli anni. Tuttavia ci sono delle criticità che riteniamo utile sottolineare.

Per contrastare la violenza di genere sono necessari interventi formativi.

La prima è che nessuna delle azioni previste dal fondo riguarda interventi culturali, educativi, formativi rivolti alla popolazione. Su questo fronte, dalla relazione del 2022 sullo stato di utilizzo delle risorse del fondo, emerge che negli anni passati sono stati finanziati interventi perlopiù mirati alla formazione solo degli operatori del settore. E iniziative informative e comunicative. Tuttavia questo approccio, che rispecchia quello del quadro normativo vigente in Italia sul tema, non è sufficiente. La violenza di genere si può contrastare efficacemente solo intaccando il paradigma sociale e culturale in cui è radicata. Per farlo serve una strategia a lungo termine, che miri a un cambiamento profondo. Con interventi formativi sul lavoro, negli spazi pubblici e soprattutto rivolti all’educazione nelle scuole. Per insegnare a bambini e ragazzi un approccio sano e rispettoso alle relazioni affettive e sessuali. E gli strumenti per proteggere sé stessi e gli altri.

Con questo non vogliamo dire che le iniziative previste dal fondo non siano cruciali, tutt’altro. Lo sono per aiutare tutte le donne che vivono quotidianamente situazioni di violenza, a uscirne attraverso un supporto economico, psicologico, sociale. Tuttavia questo tipo di interventi non è efficace nel contrastare questo fenomeno alla radice.

In passato i fondi erano destinati anche a nuove strutture.

Un altro aspetto critico poi riguarda la decisione di destinare 20 milioni ai centri anti violenza e altrettanti alle case rifugio, ma solo alle strutture già esistenti. È dal 2020 che il fondo non viene utilizzato per creare nuovi presidi sul territorio. Non è sempre stato così: in anni passati gli importi affidati alle regioni sono stati investiti anche nelle creazione di nuove strutture.

Quanto sono diffusi centri anti violenza e case rifugio

Smettere di sostenere la fondazione di nuovi centri e concentrarsi solo su quelli già esistenti avrebbe senso in un contesto in cui queste strutture fossero già sufficientemente presenti sul territorio. Questo però purtroppo non sembra essere il caso del nostro paese.

0,3 centri anti violenza e case rifugio, ogni 10mila donne in Italia.

Per una corretta osservazione di questi servizi sarebbe necessario ridurre la popolazione a una fascia d’età rappresentativa delle donne più esposte al rischio di violenze. O ancora meglio, sarebbe utile avere dati precisi per circoscrivere con più precisione il numero di donne vittime di violenza. Si tratta però di informazioni che a oggi non sono disponibili, anche per la natura in sé di questi fenomeni, perlopiù sommersi.

In ogni caso, l’analisi che segue può comunque aiutare ad avere un’idea della scarsità di case rifugio e centri antiviolenza rispetto alla popolazione, che riguarda tutte le regioni italiane anche se con alcune variazioni.

Umbria, Friuli, Lombardia e Sicilia sono prime con circa 0,4 strutture totali ogni 10mila donne. Mentre agli ultimi posti troviamo Lazio (0,20), Marche (0,18), Piemonte (0,16) e Basilicata (0,15).

857 le strutture in Italia, di cui 396 centri anti violenza e 461 case rifugio.

La regione con più centri anti violenza è la Campania (65) che, come abbiamo visto in precedenza, è anche il territorio che riceve più risorse per questo servizio. Allo stesso modo, quella con più case rifugio e maggiori finanziamenti è la Lombardia (148).

Anche considerando i numeri assoluti tuttavia è piuttosto chiaro che parliamo di servizi numericamente insufficienti a far fronte a un fenomeno che potenzialmente riguarda una larga fetta di popolazione. Nonostante l’indagine sia datata al 2014, è significativo su questo il dato Istat secondo cui il 31,5% delle donne comprese tra i 16 e 70 anni (all’epoca 6 milioni e 788mila) ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Una percentuale elevata, che tra l’altro esclude tutte quelle forme di violenza psicologica ed economica per cui ugualmente si rende necessario supporto, aiuto e rifugio.

Per contrastare efficacemente la violenza di genere è necessario continuare a investire sulla diffusione nei territori di presidi e servizi. E parallelamente lavorare su una strategia di lungo periodo, che miri a intaccare il fenomeno dalle radici, attraverso l’educazione nelle scuole, la formazione sul lavoro e le iniziative culturali e sociali.

Foto: Unsplash Rosie Sun – Licenza