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Storia dell’Ucraina

 

 
 

Storia dell’Ucraina

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1leftarrow blue.svgVoce principale: Ucraina.

Preistoria, Antichità e Alto Medioevo[modifica | modifica wikitesto]

 

Popolazioni nel II secolo a.C. Legenda della cartina: I) Mar Nero; II) Mar d’Azov; 1) Neapolis; 2) Panticapaeum; 3) Phanagoria; 4) Theodosia; 5) Kimmerikon; 6) Ermonassa; 7) Tanais; 8) Olbia; 9) Chersonesos; S) Sciti in Crimea; B) Regno del Bosforo; J) Jazigi; R) Rossolani; Sr) Siraces; M) Maeotae (penisola di Taman’); T) Tauri.

La presenza della specie homo sapiens in Ucraina risale al 32.000 a.C. come emerge dai ritrovamenti del Paleolitico superiore Gravettiano nei Monti della Crimea[1][2].

A partire dal 4.500 a.C. fiorì nelle steppe dell’Europa meridionale la cultura di Cucuteni in particolare a Trypillia e nella regione DnieprDniestr.

A partire dall’XI secolo a.C. il territorio fu abitato dai Cimmeri. Nel VII secolo a.C. questo popolo fu cacciato dai nomadi Sciti di ceppo iranico, che vissero nella regione per molti secoli, organizzandosi nel Regno di Scizia e lasciando importanti testimonianze archeologiche. Ad essi si devono, infatti, i cosiddetti kurgan, tumuli funebri, ed i loro celebri corredi di gioielli d’oro[3].

A partire dal II secolo a.C. gli Sciti subirono la pressione di altre stirpi di nomadi iranici, chiamate collettivamente Sarmati, in particolare degli Jazigi e dei Rossolani.

Contemporaneamente, a partire dal VI secolo a.C. sulle coste del Mar Nero furono fondate alcune colonie di Mileto, fra cui OlbiaTyras (odierna Bilhorod-Dnistrovs’kyj) e Borysthenes. Dal I secolo d.C. Tyras godette della protezione dell’Impero Romano.

Intorno al 230 le steppe dell’Europa meridionale furono invase dal popolo germanico orientale dei Goti che rimase nell’area fino a quando ne fu espulso dagli Unni intorno al 370. Gli Unni governarono la regione per circa un secolo.

Intorno al 630 l’attuale Ucraina orientale divenne il territorio del khanato dei Proto-bulgari. Nel 668 i Bulgari vennero a loro volta espulsi dai Cazari, che diedero vita ad un khanato durato alcuni secoli e nell’area dell’ucraina orientale si insediarono i Magiari alleati dei Cazari, provenienti dalle zone uraliche e che chiamarono la zona Levédia. Tuttavia intorno al IX secolo, nell’area dell’attuale Ucraina l’arrivo dei Peceneghi, organizzati in otto principati tribali, provocò due spostamenti del popolo magiaro prima per circa 70 anni nell’area chiamata da loro stessi Etelköz e poi l’attraversamento dei carpazi e la conquista della pianura pannonica.

La Rus’ di Kiev[modifica | modifica wikitesto]

 

Lev I di Galizia Leone, principe di Galizia e Volinia

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Rus’ di Kiev.

Popolazioni slave vivevano nelle foreste dell’Ucraina settentrionale almeno dal VI secolo. Verso la metà del IX secolo si insediarono, sovrapponendosi agli Slavi, anche elementi di un popolo scandinavo, i Rus’, appartenenti al grande gruppo dei Variaghi da cui discesero anche altri ceppi normanni. Un parente di RurikOleg, nell’882 unificò tutte le terre rus’ e pose la capitale del suo regno a Kiev: è lo Stato oggi chiamato Rus’ di Kiev. I Rus formarono per lungo tempo l’élite militare e politica della regione, ma si slavizzarono velocemente, assumendo le stesse tradizioni del resto della popolazione. L’unificazione di un territorio così vasto sotto un’unica autorità conferì per due secoli una grande prosperità alla regione di Kiev, che divenne un punto di passaggio obbligato del commercio lungo il Dnipro, tra il Baltico e il Mar Nero. Lungo il fiume si trasportavano merci pregiate come pellicceceramielezanne di tricheco e schiavi provenienti dall’odierna Bielorussia.

Sviatoslav, figlio di Igor, fu ucciso nel 972 dai Peceneghi, alleati dell’Impero Bizantino, che occupavano la parte meridionale dell’attuale Ucraina.

 

Estensione della Rus’ di Kiev nell’XI secolo

Nel 988 il sovrano Vladimir I del regno della Rus’ di Kiev si convertì con tutto il suo popolo al Cristianesimo di Costantinopoli, sposò Anna, sorella dell’imperatore bizantino Basilio II e iniziò così un periodo di forte influenza bizantina sulla cultura del regno (già iniziata, probabilmente, nel 957). Per diverso tempo la Cristianizzazione della Rus’ di Kiev fu solo “di facciata”, ma la Chiesa ortodossa ebbe l’opportunità di inserire i propri esponenti nell’amministrazione degli insediamenti della Rus’ di Kiev e di condizionarne le vicende.

Jaroslav sconfisse definitivamente i Peceneghi nel 1036. Le steppe furono allora invase dal popolo dei Cumani. La conseguenza delle continue invasioni di popolazioni nomadi di lingua turca (Peceneghi e Cumani), che compivano razzie ai danni dei Rus’, e le popolazioni slave migrarono a nord[4], verso le più sicure foreste ma abitate dalle popolazioni uraliche (ugro-finniche).

All’inizio del XII secolo la regione conobbe un periodo di decadenza: probabilmente a causa di tassazioni troppo elevate, di conflitti tra i nobili ed i reiterati attacchi dei popoli nomadi confinanti, molti abitanti abbandonarono la regione per colonizzare altre terre che si trovavano a nord est, lungo il Volga, abitate da popolazioni (ugro-finniche). I tentativi dei sovrani di arginare il declino demografico introdussero nel territorio le popolazioni delle steppe circostanti che, precedentemente nomadi, iniziarono ad assumere uno stile di vita più stanziale.

A partire dal 1054 la Rus’ di Kiev si disgregò in principati indipendenti. L’odierna Ucraina risultò divisa fra i principati di Halicz o GaliziaVolinia o Vladimir VolinskjiČernigovNovgorod SeverskjiPerejaslav e Kiev. Per la prima volta apparve il nome di Ucraina, usato per indicare il territorio soggetto a Perejaslav[5].

Il periodo mongolo[modifica | modifica wikitesto]

Nel XIII secolo le steppe eurasiatiche furono sconvolte dalla invasione dei Mongoli ed in particolare nel 1240 Kiev fu devastata. I Mongoli non conquistarono direttamente i principati slavi, ma li resero vassalli e li sottomisero al pagamento di un tributo (come nel caso del Principato di Galizia-Volinia). I Cumani furono invece governati direttamente.

Intorno alla metà del secolo la parte europea del dominio mongolo divenne indipendente con il nome di khanato dell’Orda d’Oro. Di esso rimasero tributari i principati ucraini per circa un secolo.

Fra il 1362 e il 1399 i granduchi lituani Algirdas e Vitoldo conquistarono buona parte dell’odierna Ucraina, fino alle coste del Mar Nero, ponendo così fine ai principati eredi della Rus’ di Kiev. Nel frattempo nel 1386 in seguito all’Unione di Krewo la Lituania si univa al Regno di Polonia, il quale si era impossessato della Galizia o Piccola Polonia.

I territori rimasti in mano all’Orda d’Oro avrebbero costituito intorno al 1430 il khanato di Crimea.

Il dominio polacco[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Granducato di Lituania e Confederazione polacco-lituana.

 

Ivan Mazeppa – atamano dello Stato Cosacco (1687—1709)

Intorno alla fine del XV secolo vi fu un’imponente ondata immigratoria da parte di esuli e rifugiati ortodossi, genericamente definiti kozakcosacchi (parola che in turco significava nomade, o libero) che si riunirono in un gruppo di tribù seminomadi lungo i fiumi Don e Dnepr.

Nell’età moderna la maggior parte del territorio dell’attuale Ucraina era ripartito, secondo confini che si sono modificati nel tempo, fra il Granducato di Lituania (che confluirà nella Confederazione polacco-lituana), la Moscovia (dal 1547 Regno russo e dal 1721 Impero Russo) e il khanato di Crimea, vassallo dell’Impero Ottomano.

La porzione polacca era divisa nei palatinati di RuteniaBełzVoliniaPodoliaKievCernigov e Bracław.

Vi erano poi due porzioni dell’odierna Ucraina appartenenti ad altri stati: la Rutenia transcarpatica faceva parte dell’Ungheria e perciò dei domini asburgici; mentre l’odierno Oblast’ di Černivci e la porzione sudoccidentale di quello di Odessa, chiamata Budjak, appartenevano al principato di Moldavia, tributario ottomano.

Fra il 1583 ed il 1657 i Cosacchi Zaporoghi furono soggetti alla corona polacca come parte del palatinato di Kiev. Nel 1648 Bohdan Chmel’nyc’kyj si fece proclamare atamano dei Cosacchi e ne guidò la rivolta contro la Polonia, che terminò con la costituzione di uno stato autonomo cosacco, inizialmente vassallo dei polacchi. Nel 1654 Chmel’nyc’kij stipulò un’alleanza con il Regno russo (trattato di Perejaslav), ma l’Etmanato rimaneva vassallo polacco. In seguito al trattato di Andrusove del 1667 lo stato cosacco si trovò diviso lungo il corso del Dnepr: la metà occidentale era vassalla dei Polacchi, quella orientale dei Russi. Nella parte polacca l’etmanato fu soppresso fra il 1699 ed il 1704.

Nel 1708 l’atamano Ivan Mazeppa si ribellò ai Russi con l’appoggio degli svedesi che avevano invaso l’Ucraina, durante la Grande guerra del Nord. La rivolta fu, tuttavia, ferocemente repressa da Pietro il Grande.

Infine nel 1764 lo stato cosacco fu soppresso da Caterina II di Russia ed annesso al territorio russo.

Per la sua posizione geografica, l’Ucraina ha giocato un ruolo importante nelle guerre fra l’Europa orientale e l’impero Ottomano, che a seguito di ripetute guerre con l’Impero Russo, fra il 1774 ed il 1784 dovette cedere il canato di Crimea alla Russia. Circa negli stessi anni, in seguito alle spartizioni della Polonia, fra il 1772 ed il 1795, i territori polacchi abitati da Ruteni furono divisi fra Austria (la Galizia e Lodomiria con Leopoli) e Russia (Volinia e Podolia).

L’Impero Russo[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Impero Russo.

All’interno dell’Impero russo l’odierna Ucraina era divisa fra la Piccola Russia (i governatorati di KievCharkovPoltava e Černigov), la Russia Meridionale (i governatorati di EkaterinoslavChersonTauride e parte della Bessarabia) e la Russia Occidentale (i governatorati di Volinia e Podolia).

Gli ucraini sudditi dell’Impero austriaco (poi austroungarico) erano detti ruteni ed erano divisi fra il Regno di Galizia e Lodomiria la Bucovina e l’Ungheria[6].

Nonostante le promesse di autonomia contenute nel Trattato di Perejaslav, l’élite ucraina e i cosacchi non ricevettero mai le libertà che attendevano dall’Impero Russo. Tuttavia, entro l’Impero, gli ucraini poterono arrivare ai gradi più alti della gerarchia e della Chiesa ortodossa russa.

Nell’ultimo periodo, il regime zarista portò avanti una politica di russificazione delle terre ucraine, sopprimendo l’uso della lingua ucraina nella stampa e in pubblico. Nell’impero asburgico vi era maggiore tolleranza per i Ruteni[7].

Nello stesso periodo l’Ucraina divenne il “granaio d’Europa” e Odessa, porto d’imbarco del grano, era la più grande città ucraina e la quarta dell’Impero russo[6]. Kiev e Kharkov erano centri dell’industria tessile. Dal canto suo, Leopoli era la quarta città dell’Impero Austroungarico[6].

La Rivoluzione e il periodo sovietico[modifica | modifica wikitesto]

 

Moneta da 5 grivnie in commemorazione dell’Holodomor.

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica popolare ucrainaRepubblica Nazionale dell’Ucraina OccidentaleRepubblica socialista sovietica ucrainaRepubblica di Lemko-Rusyn e Repubblica huzula.

 

Repubblica popolare ucraina

Fra il 1917 e il 1922, in seguito alla Rivoluzione Russa, vi fu un lungo periodo di guerra civile e di anarchia con continui cambi di fazioni al potere; questo periodo fu segnato dall’esistenza di più entità statali separate: nei territori austroungarici di lingua ucraina fu proclamata la Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale, mentre nell’area appartenuta all’Impero Russo si scontrarono la Repubblica popolare ucraina con capitale Kiev e la Repubblica socialista sovietica ucraina con capitale Charkov. La Repubblica Popolare di Kiev fu riconosciuta dall’Impero Germanico, che ne impose il riconoscimento ai Bolscevichi nel trattato di Brest-Litovsk. Dal 1918 fu un centro dell’Armata Bianca[7].

Ponendo termine ad un periodo di aspre lotte, la Pace di Riga assegnò la Galizia e la Volinia alla Polonia, i sovietici ottennero il resto del paese e nel 1922 l’Ucraina entrò ufficialmente a far parte dell’URSS come Repubblica socialista sovietica ucraina. Quanto ai territori di lingua rutena dell’Impero Austro-ungarico, dopo l’esperienza effimera delle repubbliche indipendenti (Repubblica di Lemko-RusynRepubblica huzula), furono divisi fra Polonia, (attuali Oblast’ di LeopoliVoliniaRovnoIvano-Frankivs’k, e Tarnopol), Cecoslovacchia (Oblast’ di Transcarpazia) e Romania (l’odierno Oblast’ di Černivci). Questi territori furono assegnati all’Ucraina (e quindi all’Unione Sovietica) solo dopo la Seconda guerra mondiale.
Fra il 1941 ed il 1944 l’Ucraina fu occupata dalle forze dell’Asse nell’ambito della campagna di Russia. Oltre 30.000 ucraini si arruolarono nelle Waffen-SS in funzione antibolscevica e antirussa. In questo contesto si inserì anche l’attività nazionalista ed indipendentista dell’Esercito Insurrezionale Ucraino contro l’Armata Rossa.

Nel 1954, per celebrare “i 300 anni di amicizia tra Ucraina e Russia” (fatti coincidere con la pace di Perejaslav), l’U.R.S.S. decise di annettere la Crimea all’Ucraina, togliendola alla Federazione Russa. Tutto ciò all’interno dell’Unione Sovietica, durante la presidenza di Nikita Sergeevič Chruščëv.

Nel periodo sovietico ebbe grande sviluppo industriale il bacino carbonifero del Donbass e ciò spostò l’equilibrio economico dell’Ucraina a favore delle aree più orientali e russofone[8].

Il 26 aprile 1986 ebbe luogo il disastro di Černobyl’, che ebbe conseguenze devastanti in termini di morti, malati, menomati, sfollati, nonché in termini di danni economici.

L’Ucraina indipendente[modifica | modifica wikitesto]

 

Cerimonia di deposizione di una corona a Babi Yar, dove i Nazisti uccisero approssimativamente 100.000 persone, 1991

La dissoluzione dell’Unione Sovietica e l’indipendenza dell’Ucraina[modifica | modifica wikitesto]

Il 16 luglio 1990, durante la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il nuovo Parlamento adottò la Dichiarazione di sovranità dell’Ucraina[9]. La dichiarazione stabilì i principi di autodeterminazione dell’Ucraina, la democrazia, l’economia politica e l’indipendenza, la priorità della legge ucraina sul territorio ucraino rispetto al diritto sovietico. Un mese prima, una simile dichiarazione fu adottata dal Parlamento della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. Iniziò un periodo di confronto fra il Soviet centrale e le nuove autorità repubblicane. Dopo il fallito golpe di agosto, il 24 agosto 1991 il Parlamento ucraino adottò l’Atto d’indipendenza dell’Ucraina attraverso il quale il Parlamento dichiarò l’Ucraina uno Stato indipendente e democratico[10].

Un referendum e la prima elezione presidenziale ebbero luogo il 1º dicembre 1991. Quel giorno, più del 90% dell’elettorato espresse il proprio consenso all’Atto d’Indipendenza, e venne eletto come presidente del Parlamento Leonid Kravčuk, per servire come primo Presidente del Paese. Con un meeting a Brest, in Bielorussia l’8 dicembre, seguito dall’incontro di Alma Ata del 21 dicembre, i leader di Bielorussia, Russia e Ucraina dissolsero formalmente l’Unione Sovietica e formarono la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI)[11].

Le presidenze Kravčuk e Kučma[modifica | modifica wikitesto]

I rapporti con la Russia furono inizialmente molto tesi, restavano da risolvere la questione degli armamenti nucleari sul territorio ucraino e il controllo della flotta del Mar Nero ancorata a Sebastopoli.

L’economia del paese conobbe un periodo di crisi dovuto alla mancanza di riserve energetiche, si ebbero tassi elevatissimi di inflazione e le tensioni interne aumentarono. Kravčuk fu sconfitto nel 1994 da Leonid Kučma, riformatore filo-russo rieletto poi nel 1999. Alla fine degli anni novanta i rapporti fra Ucraina e NATO furono causa di nuove tensioni con la Russia.

Nel 2000 venne formato un governo riformista con a capo Viktor Juščenko. Nell’aprile 2001 la maggioranza parlamentare si dissolse e il Primo ministro Viktor Juščenko venne destituito, dando inizio a un periodo di instabilità. Dopo il breve mandato di Anatolij Kinakh, dal 21 novembre 2002 fu nominato primo ministro Viktor Janukovyč.

La rivoluzione arancione e la presidenza Juščenko[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Rivoluzione arancione e Crisi del gas tra Russia e Ucraina (2006).

 

Julija Tymošenko insieme al Presidente Viktor Juščenko

I risultati delle elezioni presidenziali dell’ottobre/novembre 2004, dopo proteste popolari per sospetti di brogli a favore del primo ministro Janukovyč (sostenuto dal presidente uscente moderato Kučma) e la cosiddetta “Rivoluzione arancione” da parte dei sostenitori di Juščenko, vennero sospesi dalla corte suprema.

Le elezioni si ripeterono il 26 dicembre 2004 e il nuovo presidente risultò Viktor Juščenko, entrato in carica il 23 gennaio 2005. Tale rivoluzione vide il forte sostegno degli Stati Uniti e dell’Unione europea, che salutarono con favore la caduta di un’altra autocrazia post-sovietica.[senza fonte] Con l’ascesa al potere di Juščenko ed il conseguente spostamento politico dell’Ucraina verso l’Unione europeaGazprom iniziò a tariffare il gas all’Ucraina al prezzo di 230 dollari per 1000 m³, aumentando considerevolmente la precedente tariffa di 50 dollari, da sempre un prezzo di favore della Russia verso l’Ucraina.

In seguito alle elezioni per la Verchovna Rada, il parlamento ucraino, tenutesi il 26 marzo 2006 e vinte dal Partito delle Regioni di Janukovyč col 32,14% dei voti, la “coalizione arancione” presieduta da Juščenko uscì notevolmente ridimensionata[rispetto a quando?] a causa del voltafaccia di una parte della coalizione, il Partito Socialista. Janukovyč, eletto primo ministro, riuscì poi a modificare la costituzione per via parlamentare riducendo i poteri del presidente. Ciò spinse Juščenko, il 2 aprile 2007, a firmare un decreto per sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni legislative; il decreto venne bocciato in parlamento, fra le proteste del premier Janukovyč e dei suoi sostenitori nelle piazze.

Il 30 settembre 2007 la crisi sfociò in elezioni parlamentari anticipate, frutto di un accordo tra Juščenko, Janukovič ed il presidente del parlamento, Oleksandr Moroz. L’esito fu controverso: se il Partito delle Regioni di Janukovič si riconfermò come primo partito, la coalizione tra il Blocco Elettorale Julija Tymošenko di Julija Tymošenko e il Blocco Nostra Ucraina-Autodifesa Popolare di Juščenko ottenne la maggioranza dei seggi. Julija Tymošenko fu pertanto nominata Primo ministro il 18 dicembre 2007.

Nel 2008 si verificò un’altra crisi politica, causata dalle reazioni alla guerra in Ossezia del Sud; il presidente Viktor Juščenko sciolse, dopo circa un anno dalle precedenti elezioni, la Verchovna Rada e indisse nuove elezioni, poi annullate a causa della formazione di una nuova coalizione di governo, sempre guidata da Julija Tymošenko. Le sempre maggiori tensioni innescate dalla Russia sulla comunità russofona dell’Est dell’Ucraina e fatti gravi quali l’avvelenamento del premier Viktor Juščenko che rimarrà sfigurato, con tutta una serie di attacchi personali alla coalizione, segneranno la fine dell’esperienza arancione.

 

Slavek & Slavko, i due gemelli scelti come mascotte di Euro 2012

L’Ucraina, assieme alla Polonia, ha ospitato i Campionati europei di calcio del 2012. Il Presidente della Commissione europea Barroso e la Commissaria europea alla giustizia Viviane Reding hanno annunciato il boicottaggio della manifestazione per protesta contro i maltrattamenti in carcere dell’ex premier ucraina Julija Tymošenko.[12] L’UEFA e le autorità ucraine sono state inoltre accusate da associazioni animaliste[13] del sistematico sterminio, anche con metodi atroci,[14][15] di migliaia di animali randagi in vista della preparazione all’evento[16] – una pratica definita “consueta” che dal 2010 si è intensificata con finanziamenti a supporto della “soluzione ultima” al randagismo.[17] Dal novembre 2011 le autorità sono passate ad adottare la sterilizzazione e altre forme di contenimento del problema.[18]

La presidenza Janukovyč e la rivolta di Maidan[modifica | modifica wikitesto]

 

Manifestanti con bandiere a Kiev, 19 febbraio 2014

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Manifestazioni pro-europee nel 2013 in Ucraina e Rivoluzione ucraina del 2014.

Nel 2010 alle elezioni presidenziali fu eletto Presidente della Repubblica Viktor Janukovyč, che sconfisse Julija Tymošenko di stretta misura. Nel 2011 la Tymosenko venne coinvolta in un procedimento penale per malversazione di fondi pubblici, con l’accusa di aver siglato con la compagnia russa Gazprom un contratto per la fornitura di gas naturale giudicato inutilmente oneroso per il paese. Il 29 agosto 2012 la Corte Suprema dell’Ucraina nell’ultimo grado di giudizio ha confermato la condanna a sette anni di reclusione per abuso d’ufficio. A favore dell’ex Primo Ministro ucraino è arrivata la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che il 29 aprile 2013 ha decretato “illegale” la detenzione di Tymošenko[19].

Nonostante l’Ucraina sia rimasta, come altri paesi compresi in passato nell’Unione Sovietica, in parte dipendente dalla Russia, ha ultimamente manifestato un distacco da quest’ultima con l’avvenire nel paese di rivolte sempre più numerose di stampo filo-occidentale e scontri fra manifestanti e la polizia speciale Berkut istituita nell’era Janukovyč, che hanno portato il 22 febbraio 2014 alla fuga del presidente filo-russo. Quest’evento ha contribuito ad allargare la tensione fra i due paesi con ripercussioni sul lato economico, nonché politico: la Russia ha aumentato notevolmente il costo del gas che prima veniva fornito all’Ucraina ad un prezzo amichevole, e le relazioni diplomatiche tra i due paesi si sono inasprite considerevolmente.[senza fonte]

Nel corso del 2013 iniziarono forti proteste pro-europee contro il presidente Janukovyč, politicamente filo-russo, che esplosero in novembre quando il governo sospese un accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione europea. Tali proteste sfociarono nel corso di gennaio e febbraio 2014 in feroci e violenti scontri con feriti e morti, culminati con stragi nei giorni 18-19-20 febbraio. Prima deIl’alba del 22 febbraio il presidente Janukovyč scappò via da Kiev, ed il 22 mattina si dimise (solo) il Presidente del Parlamento Volodymyr Rybak, un fedelissimo di Janukovyč. Immediatamente il Parlamento si riunì in seduta plenaria, e fu eletto Oleksandr Turčynov quale nuovo Presidente, ricoprendo da subito anche la carica di premier ad interimArsen Avakov fu invece eletto nuovo ministro dell’Interno ad interim. Nella stessa giornata avvenne la scarcerazione di Julija Tymošenko. Dopo qualche giorno fu formato anche il nuovo governo dell’Ucraina, con Arsenij Jacenjuk come Primo Ministro.

La Presidenza Porošenko, la crisi della Crimea e la guerra in Donbass[modifica | modifica wikitesto]

Il governo Jacenjuk ha gestito le successive elezioni presidenziali che, tra il 25 maggio 2014 (1º turno) ed il 15 giugno (2º turno), hanno portato Petro Porošenko a divenire il nuovo presidente dell’Ucraina.

Il 27 giugno 2014 il presidente ucraino Petro Porošenko a Bruxelles ha firmato l’Accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione europea[20].

Nell’ottobre del 2014 si sono tenute le elezioni parlamentari che hanno aumentato i consensi (43,96%) per i due partiti coalizzati di Poroshenko e Jacenjuk (132 + 82 seggi dei 450 totali).

L’annessione russa della Crimea[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi della Crimea del 2014.

Manifestazioni filo-russe si tennero in Crimea il 22 e 23 febbraio 2014. Il 26 febbraio militari russi senza insegne (come ammesso in seguito) presero il controllo della penisola di Crimea, e il giorno successivo occuparono le istituzioni politiche (parlamento e governo locale) e installarono come nuovo leader locale il filo-russo Sergej Aksënov, il quale annunciò l’intenzione di indire un referendum per una maggiore autonomia da Kiev. Nel frattempo, in tutta la penisola le bandiere ucraine venivano sostituite da quelle russe. Il 28 febbraio l’ex presidente Janukovyč, dalla città russa di Rostov, invitò Putin a “ristabilire l’ordine” in Ucraina – pur specificando che un intervento militare sarebbe stato “inaccettabile”. Lo stesso fece Aksënov. Il 1º marzo le due camere della Duma russa autorizzavano il presidente Putin ad utilizzare le truppe russe in Crimea.

La nuova leadership filorussa in Crimea dichiarò unilateralmente l’indipendenza l’11 marzo 2014[21] ed organizzò un referendum sull’autodeterminazione il 16 marzo, a seguito del quale la penisola venne annessa alla Russia tramite un trattato firmato due giorni dopo.

Il governo ucraino dichiarò sciolto il parlamento regionale il 16 marzo 2014[22], e dal 20 marzo viene considerato dall’Ucraina “territorio temporaneamente occupato dalla Federazione Russa”[23]. Dall’8 settembre 2014 le guardie di frontiera ucraine presenti nell’Oblast’ di Cherson richiedono ai cittadini ucraini il passaporto o la carta d’identità ucraina se si recano nella penisola[24].

Il 27 marzo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò una risoluzione non vincolante che dichiarò il referendum della Crimea appoggiato da Mosca non valido. La risoluzione venne approvata con 100 voti a favore, 11 contrari e 58 astensioni tra le 193 nazioni membri ONU.

La guerra del Donbass[modifica | modifica wikitesto]

 

Manifestanti filo-russi a Donec’k, 8 marzo 2014

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra del Donbass.

Con l’aumentare del malcontento tra le popolazioni dell’est dell’Ucraina, anche a causa di una crescente crisi economica e la sempre maggiore instabilità politica all’interno del paese dopo Euromaidan filo-europeo, la popolazione ribelle dell’est, appoggiata politicamente e militarmente dalla Russia (definiti omini verdi), si è detta contraria al nuovo governo di Kiev e in segno di protesta ha occupato diversi edifici governativi, militari e non, in particolare nelle zone del Donbass e dintorni. In Ucraina dell’est si è dunque andata creando una vera e propria invasione del territorio da parte di ribelli paramilitari e militari di stampo russofono, aiutati da volontari e militari russi.[senza fonte]

Il 7 aprile 2014 anche l’Oblast’ di Donec’k ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza dall’Ucraina in seguito a un referendum e pochi giorni dopo l’autonominato presidente della Repubblica Popolare di Donetsk Pavel Gubarev ha dichiarato la futura annessione alla Russia.

La crisi ucraina ha risuonato anche fuori dal paese inasprendo le relazioni tra Russia e Occidente, in particolare gli Stati Uniti, i quali si sono scambiati accuse a vicenda sul lato politico: se da un lato l’Occidente accusa la Russia di appoggiare in ambito militare i ribelli dell’est dell’Ucraina contribuendo a fomentare le rivolte, la Russia ribadisce le violazioni da parte di quello che definisce come illegittimo governo di Kiev nel sopprimere le rivolte con la violenza, non curandosi dei diritti umani e bombardando i civili nella parte russofona del paese senza fare nulla per distendere la tensione. Da parte sua, la Russia ha intensificato lo schieramento di truppe militari al confine con l’Ucraina, fatto che è stato denunciato più volte dalla NATO come atto d’aggressione[25].

La liberalizzazione dei visti Schengen[modifica | modifica wikitesto]

Dal 21 dicembre 2007, in seguito all’estensione dell’area Schengen, arrivata fino alla Polonia, sono aumentate le pressioni ucraine sull’Unione europea per un’accelerazione del processo di integrazione. Schengen, infatti, comporta un notevole inasprimento del regime dei visti fra i paesi che vi aderiscono e gli altri e ciò ha reso molto difficile i passaggi di frontiera dall’Ucraina alla Polonia, che erano prima circa 6,5 milioni l’anno. Questo è un problema soprattutto per le circa centomila persone che si stima vivessero di traffici transfrontalieri e per gli abitanti della Galizia, inclusa nella Polonia dal XV al XVIII secolo, poi governata dall’Austria e di nuovo unita alla Polonia dal 1921 al 1941, dove pertanto molti abitanti hanno parenti oltreconfine. Per questo Polonia e Ucraina hanno sottoscritto un accordo secondo cui gli abitanti a meno di 50 km dal confine non avranno bisogno dei visti, se l’UE approverà[26].

Nel 2017 l’Unione europea ha approvato la liberalizzazione del regime dei visti Schengen per tutti i cittadini ucraini dotati di passaporto biometrico.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Sandrine Prat, Stéphane C. Péan, Laurent Crépin, Dorothée G. Drucker, Simon J. Puaud, Hélène Valladas, Martina Lázničková-Galetová, Johannes van der Plicht e Alexander Yanevich, The Oldest Anatomically Modern Humans from Far Southeast Europe: Direct Dating, Culture and Behavior, plosone, 17 giugno 2011. URL consultato il 21 giugno 2011.
  2. ^ Jennifer Carpenter, Early human fossils unearthed in Ukraine, BBC, 20 giugno 2011. URL consultato il 21 giugno 2011.
  3. ^ Scythian, su Encyclopædia Britannica (fee required). URL consultato il 12 settembre 2007 (archiviato dall’url originale il 30 settembre 2007).
  4. ^ Vasily Klyuchevsky, The course of the Russian history, v.1, “Myslʹ, 1987, ISBN 5-244-00072-1.
  5. ^ Atlante Storico, TCI
  6. ^ Salta a:a b c Almanach de Gotha pour l’an 1869
  7. ^ Salta a:a b Atlante Universale, La Stampa, 2002
  8. ^ STEPHEN VELYCHENKO, The Bureaucracy, Police, and Army in Twentieth-Century Ukraine: A Comparative Quantitative Study, Harvard Ukrainian Studies, Vol. 23, No. 3/4 (December 1999), pp. 63-103.
  9. ^ Declaration of State Sovereignty of Ukraine, su Verkhovna Rada of Ukraine, 16 luglio 1990. URL consultato il 12 settembre 2007 (archiviato dall’url originale l’11 gennaio 2010).
  10. ^ Verkhovna Rada of Ukraine Resolution On Declaration of Independence of Ukraine, su Verkhovna Rada of Ukraine, 24 agosto 1991. URL consultato il 12 settembre 2007 (archiviato dall’url originale il 30 settembre 2007).
  11. ^ Soviet Leaders Recall ‘Inevitable’ Breakup Of Soviet Union, in Radio Free Europe, 8 dicembre 2006. URL consultato il 12 settembre 2007.
  12. ^ (ENTymoshenko case: Europe pressure on Ukraine intensifies, su www.bbc.co.uk, 30 aprile 2012. URL consultato il 15 giugno 2016.
  13. ^ Cani uccisi in Ucraina per far posto agli Europei di calcio Archiviato l’8 febbraio 2012 in Internet Archive.
  14. ^ Stray Dogs and Cats Being Burned Alive in Ukraine, su care2.com. URL consultato il 20 dicembre 2017 (archiviato dall’url originale il 22 dicembre 2017).
  15. ^ Ukraine: poisoning, shooting and even burning stray animals alive…the preparations for Eurofoot 2012 are running at full swing! Archiviato il 6 febbraio 2012 in Internet Archive.
  16. ^ Ucraina, lo sterminio dei randagi per Euro 2012
  17. ^ Ukraine’s stray dogs ‘sacrificed’ for Euro 2012, su observers.france24.com. URL consultato il 20 dicembre 2017 (archiviato dall’url originale l’11 giugno 2015).
  18. ^ http://rt.com/news/animal-cruelty-ukraine-euro-2012-929/
  19. ^ “Timoscenko, la detenzione è illegale”, su lastampa.it, La Stampa, 30 aprile 2013. URL consultato il 30 aprile 2013.
  20. ^ Link, su repubblica.it.
  21. ^ Crimea – Parlamento proclama l’indipendenza dall’Ucraina
  22. ^ Kiev scioglie il parlamento regionale della Crimea, su it.euronews.com, 15 marzo 2014. URL consultato il 24 marzo 2014.
  23. ^ (ENUkraine’s Rada passes bill declaring Crimea ‘temporarily occupied territory’, su en.itar-tass.com, ITAR-TASS, 20 marzo 2014. URL consultato il 24 marzo 2014.
  24. ^ Kiev, per andare in Crimea i cittadini ucraini dovranno avere il passaporto
  25. ^ http://www.nato.int/cps/en/natohq/photos_112202.htm
  26. ^ Mathilde Goanec, L’Ucraina bussa alla porta dell’EuropaLe Monde diplomatique – il manifesto, giugno 2008.

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Ucraina1

UCRAINA, UNA STORIA E UNA COABITAZIONE DIFFICILI

di Massimo Iacopi –

L’Ucraina ospita sullo stesso territorio popoli dalle molteplici identità e dalle memorie contraddittorie. Una storia che rende problematica la loro coabitazione in un unico Stato.

La guerra civile scoppiata in Ucraina non è il frutto del caso o delle circostanze, ma affonda le sue radici nella sua storia. La crisi deriva essenzialmente da tre fattori: uno Stato di recente formazione, contestato e corrotto; una popolazione divisa, all’ovest in maggioranza greco-cattolica, a favore dell’Ucraina, simpatizzante dei “valori occidentali”, e all’est maggioritariamente ortodossa, russofona, favorevole alle concezioni virili della Russia di Putin; vicini ambiziosi che cercano di allargare la loro sfera di influenza, e cioè l’Unione Europea e la NATO, in nome della prosperità condivisa e dei valori democratici, e la Russia, in ricordo della tradizione imperiale della Grande Russia e della defunta URSS.
In definitiva, una serie di elementi che sono il frutto di una storia millenaria. Tracciare la storia dell’Ucraina, compresa nelle frontiere attuali, è un compito arduo. Terra quasi sempre sprovvista di stato nazionale, mosaico di popoli diversi, crocevia di ambizioni di vicini, l’Ucraina non ha mai smesso di essere teatro di scontri. Contrariamente alla maggior parte dei Paesi europei, essa non è stata il frutto di una paziente costruzione consolidata nel corso dei secoli. Essa scompare regolarmente e rinasce, altrettanto regolarmente, come per incanto.
Nell’antichità, l’Ucraina è stata la culla di brillanti civiltà guerriere, quella degli Sciti, poi quella dei Sarmati che hanno meravigliato il mondo con la loro oreficeria, e quindi quella dei Goti, che avrà ragione della pax romana. A partire dal IV secolo della nostra era, le sue grandi pianure costituiscono un magnifico terreno di invasione per i popoli ugro-finnici e turcofoni: Unni, Avari, Kazari e Magiari e per le tribù protoslave, in particolar modo gli Anti, che ne costituiscono la base. Solo nel IX secolo la regione entra veramente nella storia con i Vareghi o Variaghi, tribù vichinghe del Baltico.

Il battistero degli Slavi

Il battesimo di Vladimiro

Il battesimo di Vladimiro

Oleg il Saggio, parente di Rurik o Riurik, principe di Novgorod, culla della Russia, dopo essere riuscito a federare le tribù slave si impadronisce della città di Kiev nell’anno 882 e fonda una nuova dinastia, quella dei Riurichidi. Il regno di Kiev si denomina, a quel punto, “Paese dei Rus”, vale a dire il “Paese dei rematori” nella lingua protoslava, e si estende da una parte e dall’altra del fiume Dniepr. Il principe arriva a dominare tutta l’Ucraina centrale, la Podolia, il sud della Bielorussia e l’ovest dell’attuale Russia. Nel 988 Vladimiro il Grande (980-1015), il principe di Kiev, si converte al Cristianesimo e sposa Anna Porfirogenita, la sorella dell’imperatore bizantino Basilio II. Vladimiro riesce a mettere fine ai particolarismi territoriali e per avversione a Roma fa la sua scelta in direzione di Costantinopoli.
Da quel momento e per sempre, nell’immaginario collettivo, Kiev diventa il battistero degli Slavi ortodossi e la città madre di tutte le città del Paese. Sotto il regno di Iaroslav I il Saggio (1019-1054), prosegue la politica di unificazione degli Slavi e viene organizzata l’amministrazione dello Stato; vengono edificati molti conventi e la cattedrale di Santa Sofia, radicando nella pietra e negli spiriti delle popolazioni la fede ortodossa, con i suoi campanili a bulbo, le sue icone e le sue voci corali. Questo periodo rappresenta l’età d’oro dello Stato di Kiev, che si estende, a quel tempo, fino alle rive del Baltico. Appare per la prima volta, nelle Cronache di Kiev, pubblicate nel 1187, il termine di Ukraina per indicare le terre del Dniepr inferiore.
Per i fautori dell’identità ucraina, l’esistenza di due branche distinte della famiglia dei Riurichidi fornisce la prova che l’Ucraina è stata, all’origine, un’entità distinta dalla Russia di Novgorod. Fare di San Vladimiro il fondatore di una identità collettiva russa (come lo presenta, ad esempio, Vladimir Volkoff nella sua biografia romanzata di Vladimiro, il sole rosso) sarebbe, secondo loro, un mito abusivo. Per i loro avversari, invece, la comune base riurichide risulta sufficiente a giustificare l’unità del mondo russo.

Principati indipendenti

Ivan IV il Terribile

Ivan IV il Terribile

Le dispute dinastiche non tardano, però, a rovinare la struttura dello Stato di Kiev che, alla fine del XII secolo, risulta notevolmente indebolito. L’aristocrazia del regno, rifugiandosi ad ovest sotto la forte pressione mongola, dà vita a diversi principati indipendenti, fra i quali quello di Kiev, della Galizia e della Volinia ed è proprio in questo periodo che i destini dei popoli ucraini e russi divergono nettamente. Nel 1190, Romano, principe di Volinia (nord ovest dell’Ucraina), fonda un nuovo stato, incorporando la Galizia e Kiev. Un periodo fasto che culmina con il regno di Daniele I di Galizia, vincitore dei cavalieri Teutonici e dei Tatari (dal turco Tha-ta, “banditi”). Nel 1240 Kiev viene conquistata: i Mongoli diventano padroni dell’area, fondano l’impero dell’Orda d’Oro e molti sovrani locali, per salvare il loro trono sono costretti a piegarsi alle esigenze del Khan.
Malgrado la sottomissione, il periodo fra il IX e il XIV secolo costituisce, per gli storici locali, la base d’appoggio delle rivendicazioni di differenzazione etnica e il fondamento della cultura ucraina. Da parte sua, la storiografia sovietica, poi russa, ha sempre propugnato una teoria radicalmente diversa, quella dell’unità delle “tre Russie”, secondo la quale i popoli, russo, ucraino e bielorusso sono derivati dalla stessa base, la Rus di Kiev.
In ogni caso, i principati più occidentali, divisi e esposti ai raid delle orde delle steppe, specialmente da parte dei Tatari di Crimea, non tardano a sottomettersi alle potenze vicine, la Polonia e la Lituania. Nel 1362 il granducato di Lituania annette Kiev, la Volinia e la maggior parte della Podolia. Qualche anno più tardi, la Polonia fa la stessa cosa con la Galizia. L’unione dinastica della Polonia e della Lituania, conclusa nel 1385, si concreta con la fusione dei due stati con il Trattato di Lublino del 1569.
Ormai è la Polonia che domina la maggior parte dell’Ucraina e all’assimilazione delle elites, integrate nella nobiltà polacca, aggiunge una politica di cattolicizzazione del Paese. Il Concilio di Brest Litovsk, nel 1569, consacra l’allineamento su Roma del Metropolita di Kiev, che si sottomette al pontefice, pur conservando le particolarità liturgiche del rito greco e dando così nascita alla Chiesa Uniate di Ucraina.
Se la maggior parte degli strati superiori della popolazione opera la scelta in favore della Polonia, il popolino resta in gran parte fedele alla religione dei padri. Una minoranza attiva, guidata dal principe Ostrozky, si sforza di rianimare la fede ortodossa, fondando delle confraternite, sostenute dal Patriarcato di Costantinopoli. La Bibbia di Ostrih, pubblicata nel 1581, è il primo testo liturgico in lingua ucraina.
I contadini ruteni, ma anche parte delle popolazioni contadine dei guerrieri del Dniepr inferiore, i cosiddetti Cosacchi Zaporoghi, iniziano a sollevarsi contro i Polacchi. Il loro movimento diventa ancora più forte quando il granduca della Moscovia, Ivan IV il Terribile, si erge a protettore di tutti gli ortodossi. Di fatto, utilizzando l’omonimia fra “Rus” e Russia ed invocando il battesimo di San Vladimiro, Ivan si proclama nel 1547 zar di tutte le Russie; per lui l’Ucraina è ormai diventata la “Piccola Russia” e Mosca continua ad essere la “Terza Roma”, così come l’aveva già definita il suo predecessore Ivan III il Grande (1440-1505), che aveva sposato una nipote dell’ultimo imperatore di Bisanzio (1472).

Rinascita cosacca

Carta della «Tartaria d'Europa» del 1684, contenente «le due Ukraine, una abitata da Cossachi Tanaiti soggetti al Moscouita, l'altra da Cossachi di Zaporowa, ora liberi e già dipendenti dalla Polonia»

Carta della «Tartaria d’Europa» del 1684, contenente «le due Ukraine, una abitata da Cossachi Tanaiti soggetti al Moscouita, l’altra da Cossachi di Zaporowa, ora liberi e già dipendenti dalla Polonia»

Ha inizio, a quel punto e per due secoli, una lotta accanita durante la quale si concatenano rovesciamenti di alleanze e combattimenti dall’esito incerto. In quel periodo numerosi Ucraini per sfuggire al dominio della nobiltà polacca si insediano nelle steppe disabitate che circondano i territori polacco e tataro. Questi uomini, organizzati in unità militari, chiamate “cosacche” (dal turco Quzzak, “avventuriero”), vengono considerati i difensori della fede ortodossa e del popolo ucraino. Essi arrivano a fondare intere città, come Kharkov, intorno al 1655. I Cosacchi, giocando sulle rivalità fra Polacchi, Russi, Svedesi, Tatari e Turchi, si sforzano di far rinascere uno stato “ortodosso” ucraino e la cosaccheria diventa, col passare del tempo, un esercito regolare di 40 mila uomini, famosa in Europa per le sue campagne contro i Tatari e i Turchi. Comunque sia, dopo numerose ribellioni, la Polonia riesce a ridurre il loro numero e a esercitare direttamente il loro comando. La reazione che covava nell’aria non si fa attendere: nel 1648, alleato ai Tatari, l’atamano (hetman in polacco) Bogdan Khmelnitsky, sconfigge i Polacchi a Jovti Vody e a Korsun, ma viene poi vinto a Berestechko. Nel 1654 ottiene la rivincita alleandosi con i Russi. Il Trattato di Pereslav, che ne consegue, instaura di fatto un protettorato russo, pur concedendo ai Cosacchi il diritto di costituirsi in stato indipendente con una propria struttura socio-politica. Si tratta del secondo stato ucraino, ovvero l’Atamanato ucraino, ma la sponda sinistra del Dniepr e il bacino di Kiev gravitano ormai nell’orbita di Mosca.
Sono anni di progressiva russificazione, tanto più che l’identità cosacca era ben lungi dall’essere unicamente ucraina. I Cosacchi Zaporoghi mantenevano, in effetti, dei legami molto stretti con quelli del Don e del Volga, in grande maggioranza orientati verso la Russia. Ma il gioco delle ambizioni polacche e moscovite finisce per portare alla scissione dell’atamanato ucraino, sancito dal Trattato di Andrussivo, nel 1667. L’atamanato della riva destra del Dnieper, entrato nel girone della Polonia, viene soppresso nel 1699.
Miscuglio di democrazia semi-diretta e di feudalità arcaica, con il suo folklore e le sue mitologie, l’atamanato moscovita conosce, da parte sua, diverse fortune. Nel 1685 il Metropolita di Kiev viene annesso al Patriarcato di Mosca. Nel 1708 l’atamano Mazepa tenta di riconquistare un’autentica indipendenza, alleandosi a Carlo XII di Svezia nella guerra del Nord. La loro sconfitta nella battaglia della Poltava nel 1709 segna, de facto, la fine dello Stato cosacco e l’assoggettamento dell’Ucraina alla Russia prosegue nel corso del XVIII secolo.
Ormai l’Ucraina orientale viene amministrata a San Pietroburgo dal Collegio “piccolo russo”, creato da Pietro il Grande nel 1722. Essa è ormai parte integrante dello spazio doganale russo. Il “monastero” di Kiev perde il diritto di editare testi profani e, soprattutto, viene introdotto il “servaggio”, un uso mai esistito nel mondo cosacco. Le aristocrazie vengono assimilate all’aristocrazia russa e, sotto Caterina II, l’atamanato scompare de jure.
Il nord dell’Ucraina viene diviso in tre governatorati. Il sud, per lungo tempo sotto la dominazione ottomana, viene integrato alla nuova Russia, che amministra Kharkhov, Odessa e la Crimea, annessa nel 1783. La parte occidentale, ancora sotto dominio polacco, la Galizia e la Rutenia vengono attribuite all’impero austro-ungarico in occasione della spartizione della Polonia del 1772. Nel 1774, la Bucovina riconquistata agli Ottomani, subisce la stessa sorte e, fino al 1917, gli Asburgo e i Romanov regneranno senza interruzioni sui popoli ucraini.

Rinnovamento nazionale

Taras Shevchenko nel 1840

Taras Shevchenko nel 1840

In tutta Europa il XIX secolo è il secolo della questione delle nazionalità. Nell’impero degli zar l’università di Kharkhov, fondata nel 1805, e quella di Kiev, istituita nel 1834, diventano il fulcro del rinnovamento nazionale ucraino. Il poeta Taras Sevcenko (1814-1861) è la figura più significativa. Il suo poema epico Kozbar (1840), stimola la memoria del popolo cosacco. Egli fonda, con l’aiuto di qualche amico, la Confraternità di Cirillo e Metodio, che pubblica una Genesi del popolo ucraino. Ma, a prescindere dalla determinazione di questi attivisti, la loro effettiva influenza non supera l’ambito di una piccola cerchia di intellettuali.
L’Ucraina viene quasi totalmente risparmiata dalla rivoluzione del 1905 e i deputati eletti alla Duma si accontentano di reclamare una maggiore autonomia amministrativa e la “soppressione delle restrizioni alla pubblicazione in lingua piccolo-russa”. Una delle spiegazioni è dovuta, senza dubbio, al fatto che l’Ucraina approfitta largamente della sua integrazione allo spazio economico russo, possiede le sue miniere, le sue industrie e le sue ferrovie, che gli aprono un ampio mercato di esportazione. L’altro elemento dipende dal fatto che la popolazione cambia nel tempo. L’esodo rurale e il dinamismo economico attirano operai russi provenienti da tutto l’Impero zarista che, anche se vivono nell’Ucraina orientale, non si sentono per nulla ucraini. Infine, è soprattutto in Occidente che la causa ucraina incontra dei sostenitori come, ad esempio, lord Byron, che immortala la figura di Mazepa nel suo poema omonimo.
Per contro, nella parte austro-ungarica dell’Ucraina, in Galizia e Bucovina, l’ucrainofilia risulta più viva e più popolare. Il potere locale è quasi esclusivamente controllato dall’aristocrazia polacca, che rappresenta l’85% dei deputati alla Dieta di Lemberg (Lvov in russo, Lwow in polacco, Lviv in ukraino o Leopoli all’occidentale).
Nelle province più agricole e più povere della duplice monarchia cova però la frustrazione. I contadini ruteni, guidati dal clero, iniziano ad organizzarsi. Nel 1914 si contano più di 5 mila sale di lettura, centinaia di associazioni di ginnastica, i “sokols” e una cinquantina di periodici; poco a poco vengono creati dei partiti politici. Nel 1890 il partito radicale ucraino di Drahomanov formula per la prima volta la rivendicazione dell’indipendenza ucraina.
Il fervore nazionalista viene ulteriormente accentuato dall’evoluzione istituzionale dell’impero austro-ungarico che, nel 1907, adotta il suffragio universale diretto. I deputati ruteni, sebbene poco numerosi, fanno l’apprendistato della vita parlamentare e democratica. L’ovest dell’Ucraina sperimenta in tal modo una pratica politica completamente diversa da quella dell’Est del paese, ancora alle prese con l’autocrazia zarista e dove la Duma, eletta nel 1905, risulta ben lontana dal disporre delle prerogative abituali di un parlamento moderno.
La semplice osservazione del paesaggio appare sufficiente per capire che, ormai, ci sono due Ucraine. A Lemberg, nei territori della duplice monarchia, con le facciate neobarocche e colori pastello, si osserva un mondo uscito direttamente da un romanzo di Joseph Roth. E’ d’altronde in Galizia che cade l’ultimo dei Trotta, eroe della Marcia di Radetsky. A Kiev, o intorno al Donez, sembra di essere, invece, nel mondo di Tolstoi o di Turgenev, con chiese ortodosse costellate di bulbi e semplici isbe.

La prima repubblica

L'atamano Skoropadsky (con il colbacco nero)

L’atamano Skoropadsky (con il colbacco nero)

La guerra del 1914 trasforma l’Ucraina occidentale in un campo di battaglia. Fino al 1917 eserciti russi e austro-tedeschi vi si affrontano per il controllo della Galizia. Spinti dai generali austriaci, che vi intravvedono un modo per indebolire il nemico russo, alcuni intellettuali ucraini creano a Lemberg un Consiglio Supremo ucraino e a Vienna un Consiglio Generale ucraino, che reclama la creazione di uno stato ucraino indipendente. Essi riescono a creare un corpo di volontari che affronta l’esercito zarista.
L’abdicazione dello zar Nicola II, il 15 marzo 1917, dà il via al movimento che sfocerà nella creazione del terzo stato ucraino. Il 17 marzo 1917 i rappresentati dei movimenti costituzionali-democratici, menscevichi e socialisti rivoluzionari si riuniscono a Kiev e creano la Rada centrale ucraina. La Rada centrale chiede inizialmente solo un regime federativo con la Russia, l’introduzione di riforme democratiche e la nazionalizzazione della terra. Nello stesso tempo, viene creato un comitato militare, diretto da Simon Petliura. Le relazioni della Rada e del governo Kerensky rimangono relativamente buone.
Tutto cambia con la Rivoluzione d’Ottobre. Gli Ucraini non si fidano di Lenin. Nel novembre, a Kiev, i Bolscevichi vengono schiacciati nel sangue e il 20 dello stesso mese, viene proclamata la Repubblica nazionale ucraina. Essa è immediatamente riconosciuta dalle nazioni dell’Intesa, che mettono tutta la loro influenza affinché il nuovo Stato non partecipi ai negoziati di pace fra la Russia bolscevica e le potenze centrali. La Francia e la Gran Bretagna vogliono a tutti i costi evitare che la Germania ponga fine alla guerra all’est. Fatica inutile! Le realtà geopolitiche risultano più forti. Dal dicembre 1917, l’Armata Rossa, comandata dal generale Antonov-Ovseienko invade l’Ucraina. Per salvare il Paese, la Rada si allea con la Germania. Il 9 febbraio 1918 firma il Trattato di Brest Litowsky e chiede l’aiuto dell’esercito tedesco.
L’intera Ucraina, in cambio di consegne massicce di grano agli imperi centrali affamati dal blocco, viene liberata alla fine dell’aprile 1918 dalle divisioni dei generali von Eichhorn e Groener. Gli ambienti conservatori, che temono la riforma agraria, spingono il generale Pavlo Skoropadsky a tentare un colpo di stato e il 29 aprile, questi si dichiara “Atamano d’Ucraina”, chiudendo la Rada.
L’atamanato durerà fino alla sconfitta degli imperi centrali, nel novembre 1918. Abbandonato dai suoi protettori tedeschi, la cui arroganza esaspera la popolazione, l’atamano viene rovesciato il 14 dicembre 1918 da un direttorio che riunisce la maggior parte dei partiti non bolscevichi.
La terza fase dell’effimero stato ucraino è anche l’ultima. I Bolscevichi ripartono all’attacco e le truppe del direttorio si ritirano ovunque. Gli alleati tentano di aiutarla. Alla fine del dicembre 1918 sbarca a Odessa un corpo di spedizione franco-britannico che realizza la giunzione con le truppe russo bianche del generale Ivan Denikin.
Ma essi non sanno che gli Ucraini preferiscono combattere sia contro i Bolscevichi sia contro Denikin, che, ai loro occhi, incarna l’imperialismo grande russo. Nel febbraio 1919, il direttorio abbandona Kiev. Il caos incombe. La flotta francese si ammutina nel Mar Nero e Parigi richiama i suoi uomini. Si tratta dell’inizio di una terribile guerra, nella quale si affrontano di volta in volta, a seconda delle alleanze di comodo, l’esercito del direttorio di Petliura, gli eserciti russo bianchi, il corpo degli anarchici ucraini e l’Armata Rossa.
Agli inizi del 1920 l’esercito bolscevico riesce ad avere la meglio su tutti i fronti e il direttorio deve prendere la via dell’esilio. L’Ucraina russa diventa così la Repubblica socialista sovietica d’Ucraina ed il 30 dicembre 1922 essa viene integrata all’URSS.

L’Est e l’Ovest

06 Manifesto commemorativo dell'Holomor - Leonid Denysenko

Manifesto commemorativo dell’Holomor – Leonid Denysenko

Per gli Ucraini dell’ovest la situazione è meno tragica. L’indipendenza costituisce ormai un lontano ricordo. Nel 1918, alla caduta della monarchia austro-ungarica, essi avevano proclamato una Repubblica nazionale dell’Ucraina occidentale. Ma i trattati di pace di Versailles, San Germano e Sevres suonano il rintocco funebre delle loro speranze. La Galizia viene annessa alla Polonia, la Bucovina alla Romania e la Rutenia sub carpatica alla Cecoslovacchia. Sebbene essi non siano sfuggiti a dirigenti poco propensi al rispetto dei diritti delle minoranze e abbiano subito, a volte, una feroce repressione, come in Polonia (dove, con la “pacificazione” di Pilsduski, nel 1930 viene vietata qualsiasi organizzazione culturale ucraina), perlomeno a loro è stato risparmiato il terrore bolscevico.
Questo, però, non è il caso dei loro fratelli dell’Est. Dopo le purghe che chiudono la guerra civile, fino al 1927, il regime repressivo in Ucraina è paragonabile a quello delle altre repubbliche dell’URSS. Ma la volontà di collettivizzazione di Stalin, la famosa “dekulakizzazione”, diventa, dal 1927 al 1933, l’occasione di una tragedia senza precedenti. 30 mila attivisti bolscevichi si abbattono sul Paese per confiscare le riserve di cibo dei contadini e per forzarli a lavorare nei Kholkoz. La disorganizzazione, le esecuzioni sommarie, la volontà di distruggere la piccola e media classe contadina “in quanto classe” e la carestia, scientificamente organizzata, causeranno la morte di 4-7 milioni di persone. Si tratta di un vero e proprio “sterminio per fame”, l’Holodomor, il martirio del popolo ucraino, che da allora entra nella memoria storica di quel popolo. Nel 2008 un voto solenne del parlamento europeo ha ufficialmente attribuito il suo vero nome all’evento, dichiarandolo, crimine contro l’umanità.

L’alleanza con il diavolo

Stephan Bandera

Stephan Bandera

A partire dal 1939, il patto germano-sovietico e l’invasione della Polonia da parte dell’Armata Rossa permette di annettere all’URSS la maggior parte della Galizia; i capi ucraini si rifugiano a Cracovia, sede del “Governo generale” tedesco. Le autorità tedesche, tenendo certamente presente il prossimo rovesciamento di alleanze e senza autorizzarlo ufficialmente, lasciano agli Ucraini in esilio la facoltà di organizzarsi. Nel novembre 1939 viene creata l’Unione nazionale ucraina (UNO) ripartita in due branche, quella del colonnello Melnyk e quella di un attivista nazionalista, Stephan Bandera.
Nel momento dell’inizio dell’operazione “Barbarossa”, nel giugno 1941, Stephan Bandera proclama a Lvov la creazione di un “Governo dello stato ucraino”, mentre Melnyk, da parte sua, crea a Kiev il 5 ottobre seguente, un consiglio nazionale ucraino. Per i Tedeschi si tratta di una formidabile carta politica da giocare. Dopo gli orrori staliniani, i Tedeschi vengono accolti come liberatori e come restauratori della fede cattolica. La riapertura della cattedrale di Santa Sofia di Kiev dà luogo a manifestazioni di grande gioia. Ma Alfred Rosemberg, ministro dei territori occupati dell’Est, e il suo delegato Erich Koch, (Reichkomissar in Ucraina), accecati dai loro pregiudizi sugli Slavi, giudicati “razza inferiore”, trattano gli Ucraini come manodopera servile al servizio del Reich. Nonostante la pressione della Wehrmacht, che intravvede i frutti che potrebbe ricavare da un vero partenariato, non viene messa in opera nessuna cooperazione politica seria. Stephan Bandera viene arrestato e internato in campo di concentramento fino al 1944 e la divisione regna incontrastata nel campo ucraino fra banderisti e melnykisti.
A partire dal 1942, bande armate cominciano ad operare sul territorio. Queste affrontano sia i Tedeschi, sia i partigiani sovietici, senza tralasciare di affrontarsi reciprocamente. L’esercito insurrezionale ucraino di Bandera, l’UPA, anche privato del suo capo, risulta la principale forza militare, riunendo quasi 50 mila partigiani. Alla fine del 1943, pur continuando a combattere contro i bolscevichi, riesce ad organizzare dei movimenti di resistenza nei Carpazi e a cacciare i Tedeschi dalla Volinia, attraverso un’alternanza di imboscate e di battaglie campali.
In conclusione, non c’è stata una collaborazione politica spinta fra il partito indipendentista ucraino ed i Tedeschi.
Ma per i Russi, il solo per il fatto di essersi opposti alle loro forze costituisce un tradimento, un tradimento tanto più facile da utilizzare per fini di propaganda, proprio perché una cooperazione militare è comunque esistita, anche se non supportata da accordi politici. Diverse decine di migliaia di Ucraini, per ostilità all’egemonia russa, si sono effettivamente arruolati, come hiwis (volontari), ausiliari della Wehrmacht, che hanno seguito su tutti i fronti, fino in Normandia. Un corpo cosacco, guidato dal colonnello von Pannwitz, diventato, poi 15° corpo SS di cavalleria cosacca, opererà nei Balcani. La 14a Divisione SS “Galizia”, composta per la gran parte di uniati, si è battuta accanitamente contro l’Armata rossa a Brody, non senza aver partecipato ad alcuni pogrom. Queste unità si sono spesso comportate con una crudeltà paragonabile a quella dei loro omologhi tedeschi, specie in Polonia.
Questi percorsi, chiaramente provati, sono stati inoltre ingranditi smisuratamente e abilmente sfruttati dalla propaganda sovietica. Essi contribuiranno a fissare, fra i Russi, la convinzione dell’esistenza di un amalgama fra indipendentisti e collaboratori dei nazisti. Mosca renderà responsabile di tutto questo l’UPA che, dopo aver combattuto contro la Germania nazista ha continuato la lotta contro l’occupante sovietico fino al 1954, dopo la morte del suo ultimo generale, Roman Shoukhevytch, caduto in combattimento nel 1950, nei pressi di Lvov. L’epurazione degli anni 1946-1947, condotta da parte dell’URSS, si concretizzerà in 500 mila arresti.

Quarto stato ucraino

La cattedrale di Santa Sofia a Kiev

La cattedrale di Santa Sofia a Kiev

Finita la guerra, una fitta cappa ricade sull’Ucraina. Viene accelerata la russificazione, attraverso l’adozione di una politica programmata di ripopolamento delle terre devastate, che accresce vieppiù il peso delle popolazioni russofone a sudest di Kiev e con l’annessione al paese della Crimea, avvenuta nel 1954 – sprovvista di conseguenze concrete, in assenza di una reale autonomia di Stato, che esisteva solo sulla carta.
Il 24 agosto 1991 la nuova indipendenza dell’Ucraina viene dichiarata quasi per caso. Mentre alcune repubbliche sovietiche si sono battute per ottenerla, come le Repubbliche baltiche, che si sono emancipate a costo di un notevole spargimento di sangue, l’Ucraina approfitta semplicemente del crollo dell’URSS. Il primo movimento indipendentista, il Roukh, si organizza solo nel 1989 e, una volta crollato il sistema sovietico, la popolazione segue a ruota. Il 1° dicembre 1991 un referendum popolare approva l’indipendenza con una schiacciante maggioranza: 90,5%.
Nasce così il quarto stato ucraino. Il suo tormentato presente e il suo incerto avvenire dipendono dalla risposta che daranno gli stessi Ucraini a questa domanda: in assenza di tradizione statale consolidata, che forza possiede uno stato di appena 20 anni, per riuscire a far vivere insieme sullo stesso territorio delle popolazioni dalle molteplici identità e dalle memorie contraddittorie?

Per saperne di più:

Lami G., La Questione Ucraina fra ’800 e ’900 – Milano, CUEM, 2005.
Lami G., Ucraina 1921-1956 – Milano, CUEM, 2008.
Boeckh K., Völkl E., Ucraina. Dalla rivoluzione rossa alla rivoluzione arancione – Trieste, Beit, 2009.
Riabtchouk M., De la Petite-Russie à l’Ukraine – L’Harmattan, 2003.
De Laroussilhe O., L’Ukraine – Presses universitaires de France, 1998.

Ucraina

Breve storia dell’Ucraina, aggiornata fino a un momento fa

Il suo nome significa “sul confine”, ma si trova al centro dell’Europa ed è nella sua capitale Kiev che nacque la Russia

di Francesco M. Cataluccio

 
 

Spesso le parole contengono, appena celato, il vero significato delle cose, e anche il loro destino. “Ucraina” significa “sul confine” (u krajna). Uno spazio di frontiera, sempre conteso e conquistato dai potenti vicini: Russia, a est, e Polonia, a ovest (e anche, quando c’era, l’Impero Austro-ungarico). Ancora oggi, un piccolo monumento vicino al confine con la Slovacchia ha un’epigrafe in latino che la Società Geografica di Vienna fece apporre nel 1911: «Grazie a un sistema di meridiani e paralleli, in questo punto è stato fissato il centro dell’Europa».

 

L’Ucraina è quindi una vasta frontiera proprio al centro del nostro continente. Un grande territorio (il paese più esteso d’Europa, dopo la Russia: 603.700 chilometri quadrati; il quinto per numero di abitanti: 48 milioni) per lo più pianeggiante, se si escludono le verdi montagne dei Carpazi a sud, e quindi senza grandi difese naturali: distese di fertili campi; steppe che arrivano fino al mare; colline ondulate; immensi boschi; molti laghi e gonfi fiumi; un sottosuolo ricco soprattutto di carbone (cfr. il miglior libro di introduzione all’Ucraina di oggi: M. Pasquale, Ucraina. Terra di confine. Viaggi nell’Europa sconosciuta, il Sirente, Fagnano Alto 2012, qui un video dell’autore).

 
 

Un paese pieno di paradossi. Non soltanto perché lì sta (molto più a est di quanto comunemente si creda) il centro del nostro continente, ma perché lì nacque la Russia. Quando, nell’882 dC, il principe scandinavo Oleg conquistò Kiev (Kyiv), uccise i signori della città (appartenenti alla tribù slava dei Poliani) e dichiarò: «Questa città sarà la madre di tutte le città dei Rus’». I Rus’ erano il potente clan vichingo della città. In poco tempo, quella città commerciale, attraversata dal grande fiume Dnepr (che i romani chiamavano Danaper) divenne il centro di un grande e potente impero che andava dal Mar Baltico al Mar Nero.

 

Negli inizi di una nazione stanno iscritti, come il nome, i suoi caratteri e le sue contraddizioni (che saranno portatrici, fino al nostro presente, di conflitti e incertezze). Il fatto saliente, che mutò la storia della Rus’ di Kiev, fu quando, nel 988, il principe Vladimir convertì tutto il suo popolo, che era pagano, alla religione cristiano ortodossa. I principi di Kiev presero molto sul serio la religione bizantina come strumento di potere: furono eretti rapidamente un gran numero di chiese ed edifici sacri, tanto che il vescovo sassone Ditmaro di Merseburgo, visitando Kiev, nel 1018, testimoniò che, in città, il loro numero superava le trecento unità. La testimonianza ancora visibile di quella manifestazione architettonica della fede è il bellissimo Pečerska Lavra, conosciuto anche come Monastero delle grotte di Kiev: un antico monastero, fondato nel 1051 dai monaci Antonio e Teodosio, diventato un luogo di culto sempre più importante nel medioevo e che ospita oggi la residenza del Metropolita di Kiev. La storia di quel mondo ucraino antico, già sovraccarico di violenze, è narrata nell’epopea del Cantare di Igor’ (XII sec.), il primo testo letterario russo, dove si narrano le imprese del principe Igor’ Svjatoslaviç (1151–1202).

Sul fiorente regno della Rus’ si abbattè, nel 1240, l’orda dei conquistatori mongoli guidati da Baty Khan. Kiev fu rasa al suolo e i suoi abitanti sterminati. In seguito, il territorio della Rus’ fu diviso in tre principati: Galizia, Volynia e Moscovia (che in seguito divennero: Polonia, Lituania e Russia).
Gli ebrei giocarono, loro malgrado, un ruolo assai importante in Ucraina. Le prime testimonianze della loro presenza nella regione di Kiev risalgono al 1018. Nella lotta sanguinosa tra contadini ucraini e proprietari terrieri polacchi, gli ebrei furono sempre dalla parte dei polacchi e quindi costantemente oggetto di manifestazioni ostili da parte dei contadini e dei cosacchi. Il re Sigismondo I di Polonia e Lituania (1506-1548) e il suo successore, Sigismondo Augusto (1548-1572), protessero gli ebrei, garantendo loro eguali diritti e la possibilità di insediarsi liberamente in Polonia e in Ucraina. La situazione peggiorò tragicamente in seguito alle rivolte dei servi della gleba ucraini, guidati dall’atamano cosacco Bohdàn Chmel’nitskij (1596-1657), e alla Guerra russo-polacca (1654-1667), detta Guerra di Ucraina, che si concluse con una significativa espansione territoriale russa e segnò l’inizio della grande potenza politica e militare russa nella regione. Il conflitto fu generato dalla ribellione dei cosacchi ucraini contro i polacchi. Il cosacco Chmel’nitskij ottenne, sin dall’inizio, un importante aiuto da Alessio I di Russia, in cambio della sua alleanza, sancita, nel 1654, dal Trattato di Pereyaslav che unì di fatto l’Ucraina alla Russia (per festeggiare degnamente il trecentesimo anniversario del Trattato, nel 1954, l’allora segretario del PCUS, Nikita Sergeevič Chruščëv, regalò all’Ucraina la penisola di Crimea, e oggi i russi se ne pentono molto).

 

Nel XVIII secolo, sorsero i più importanto movimenti di rinascita mistica e risveglio devozionale, che mutarono la vita quotidiana, la cultura e la filosofia delle comunità ebraiche dell’Ucraina. Israel ben Eliezer, meglio noto come Ba’al Shem Tov (1699-1760), fu il fondatore del Hassidismo (hassidim =“uomini devoti”). I suoi adepti (che si distinguono ancora oggi per i lunghi pastrani neri, gli ampi cappelli di feltro o di pelliccia, le barbe e le basette arricciolate) anteponevano alla conoscenza del Talmud l’amore sincero per Dio e l’idea di una comunione dell’uomo con il divino, pienamente realizzata attraverso la preghiera e la vita gioiosa.
Con l’editto di Caterina II del dicembre 1791 (che rimase in vigore fino al marzo 1917) le autorità russe stabilirono delle “zone di residenza” per gli ebrei, al di fuori delle quali non avevano il diritto di abitare e lavorare in maniera permanente. Le autorità inoltre incoraggiarono i pogròmy (persecuzioni): linciaggi e incendi delle case degli gli ebrei. In nessun’altra zona d’Europa, fino all’avvento del nazismo, l’antisemitismo fu così spietato. Anche per questo, a partire dal 1897, molti iniziarono ad abbracciare la causa sionista e a immaginare il loro futuro in Palestina, fuori dall’ “inferno russo-ucraino”. Altri intrapresero la difficile strada dell’emigrazione verso l’America (come si vede anche nel film animato, prodotto da Spilberg, Fievel sbarca in America, del 1986).

Con il XX secolo la storia dell’Ucraina prese un nuovo indirizzo, in un’alternanza di speranze, rivoluzioni e violenze. La Rivoluzione del 1905 e poi la Rivoluzione Bolscevica del 1917 coinvolsero direttamente il paese e portarono alla nascita della Repubblica socialista ucraina. Già nel 1922 la regione (che era stata uno dei granai d’Europa) fu investita dalla prima terribile carestia, dovuta al collasso dell’ammiistrazione statale e alle continue guerre che l’avevano dilaniata negli ultimi sette anni (Prima guerra mondiale; Rivoluzione; Guerra civile tra rossi e bianchi; Guerra russo-polacca del 1920). Poi, quando il Partito comunista prese il controllo del paese tentò di imporre a una massa di contadini la collettivizzaione delle terre. Interi villaggi contadini si opposero al progetto di collettivizzazione delle campagne, previsto dal Primo piano quinquennale del 1929. Perciò tutti i contadini (piccoli, grandi e medi) che non accettarono di sottomettersi alla collettivizzazione, vennero bollati, con una campagna di denigrazione molto violenta, come “kulaki” (proprietari), e vennero trattati come dei veri e propri nemici: caricati a forza sui treni e deportati lontano, con il risultato di impoverire ancor di più le campagne. La politica di collettivizzazione forzata di Stalin non portò nessun risultato economico, ma morte per fame ed eccidi di massa.

 

“Holodomor”, deriva dall’espressione ucraina moryty holodom, che significa “infliggere la morte attraverso la fame”, ed è il nome attribuito alla carestia, non generata da cause naturali, che si abbatté sul territorio dell’Ucraina negli anni dal 1929 al 1933 e che causò circa 7 milioni di morti (Cfr. A. Graziosi (a c.), Lettere da Kharkov. La carestia in Ucraina e nel Caucaso del Nord nei rapporti dei diplomatici italiani, 1932-33, Einaudi, Torino 1991; G. Sokoloff (a c.), 1933, L’année noire. Témoignage sur la famine en Ukraine, Albin Michel, Paris 2000 e G. De Rosa e F. Lomastro, La morte della terra. La grande “carestia” in Ucraina nel 1932-33, Viella, Roma 2004). Un disegnatore italiano della “scuola bolognese”, è riuscito a farci vedere, con un graphic novel, questa tragedia inimmaginabile: Igort, Quaderni ucraini. Memorie dai tempi dell’Urss (Mondadori, Milano 2010).

Questo spiega perché quando i tedeschi, nel 1941, invasero l’Ucraina, molte persone li accolsero salutandoli con il pane e il sale, come dei “liberatori” (numerosi furono gli episodi di collaborazionismo: 30.000 ucraini combatterono assieme ai tedeschi, nella famigerata 14esima divisione Halychyna e alcuni dei più crudeli guardiani dei lager nazisti erano ucraini). In realtà l’occupazione tedesca fu, in quella regione, di una ferocia particolarmente spietata, non soltanto contro gli ebrei, ma contro tutta la popolazione civile considerata complice di un movimento di resistenza partigiana sembre più forte ed eroico.

Alla fine della guerra, l’Ucraina contò 8 milioni di morti (di cui: 1,5 milioni ebrei) e 2 milioni di deportati come schiavi (200.000 rimasero in Occidente). Se ad essi si aggiungono i 7 milioni di morti tra deportazioni, fucilazioni e fame, si ha un quadro del costo enorme di vite che furono spezzate durante quindici anni in quella regione. Dopo la guerra mondiale, si protrasse fino al 1950 una strisciante, e violenta, guerra condotta dall’esercito e le forze di sicurezza russe contro le formazioni clandestine dell’UPA, l’ala militare dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, fondata il 14 ottobre del 1942, guidata dal generale antisemita Roman Shukhevich. Dalla fine della guerra alla morte di Stalin (1953) 500.000 ucraini vennero deporti in prigioni o in campi di lavoro (Gulag).
Il 26 aprile del 1986 una nuova tragedia si abbattè sull’Ucraina: esplose il reattore 4 della centrale atomica di Chernobyl (cfr. F. M. Cataluccio, Chernobyl, Sellerio, Palermo 2011, qui un video con la storia). I morti come risultato diretto dell’incidente  furono diecimila, ma quelli per le conseguenze delle radiazioni sono milioni (anche se la Russia ha sempre contestato i dati forniti da Greenpeace e dalle organizzazioni internazionali). Da questo episodio, che mostrò tutta l’inefficienza del potere sovietico, iniziarono a svilupparsi vari movimenti di opposizione che si raggrupparono, nel 1990, nel Rukh (Movimento Popolare per la Perestrojka) che ebbe un notevole risultato nelle elezioni locali e preparò la strada al distacco dall’URSS.

Il 24 agosto 1991 l’Ucraina proclamò l’indipendenza, passando da “membro della famiglia delle nazioni sovietiche” a stato sovrano e iniziando un lungo, e non privo di intoppi, cammino verso la democrazia. Nel 1996, l’ala riformatrice del Parlamento (Verhovna Rada), impose una nuova Costituzione: nel dicembre del 2004 l’Ucraina divenne una Repubblica parlamentare.
L’Ucraina divenne così, nel bene e nel male, un paese “normale e democratico”. Però, pochi individui, appartenenti per lo più alla vecchia oligarchia del Partito Comunista, si impadronirono delle ricchezze del paese e riuscirono in pochi anni, grazie anche alla dilagante corruzione, ad accumulare enormi fortune economiche. Come molte altre città dell’Est europeo, frustrate e umiliate per lungo tempo, Kiev si è riappropriata negli ultimi anni della vita, intesa nel senso più abbagliante, superficiale ed effimero: esteriorità e trionfo del denaro, col quale pare di poter ottenere qualsiasi cosa. Il risultato è spesso piuttosto volgare, sfacciato, con un sentore di falso. Malinconicamente vitalistico. Il carnevale del sesso facile post sovietico, oltre che un rapido mezzo per far soldi, rappresenta anche un diffuso desiderio di oblio: si dimenticano le tragedie del passato in una sorta di orgia che esclude però la maggioranza della popolazione, che continua a impoverirsi (anche se in misura minore che in passato).

Esonero contributivo artigiani e commercianti

Esonero contributivo artigiani e commercianti: nuovo modulo di domanda

Come già precisato nel messaggio 23 dicembre 2021, n. 4620, per gli iscritti alla Gestione Artigiani e alla Gestione Commercianti beneficiari dell’esonero contributivo previsto dalla legge di bilancio 2021, le eccedenze dei versamenti del 2021 conseguenti all’applicazione dell’esonero vengono automaticamente utilizzate a copertura di quanto dovuto per la tariffazione 2021, senza necessità di presentazione di modelli F24 o domande di compensazione.

Con il messaggio 11 febbraio 2022, n. 688, l’INPS comunica che è online una nuova versione del modello di domanda di rimborso e/o compensazione ed è accessibile dal Cassetto previdenziale artigiani e commercianti (seguendo il percorso: “Domande Telematizzate” > “Rimborso e/o compensazione contributiva”).

Questo nuovo modello deve essere utilizzato anche dai contribuenti ai quali è stato concesso l’esonero parziale dei contributi previdenziali per la richiesta di compensazione per eventuali ulteriori eccedenze di versamento, rispetto alla capienza dell’emissione 2021 (vedi paragrafo 2 del messaggio 4620/2021).

In ogni caso sono valide le domande già presentate tramite le “Comunicazioni bidirezionali” in presenza del riferimento “Esonero legge n. 178/2020 domanda di compensazione” nell’oggetto.

Santi Faustino e Giovita

 

Santi Faustino e Giovita


Nome: Santi Faustino e Giovita
Titolo: Martiri
Ricorrenza: 15 febbraio
Tipologia: Commemorazione
I Ss. Faustino e Giovita nacquero a Brescia da nobile famiglia, e fin dalla più tenera età furono educati cristianamente. Durante la persecuzione di Adriano, si consacrarono alla visita ed al conforto dei confessori della fede cristiana. In premio della loro costanza in questo apostolato, Apollonio, allora vescovo della città, li ammise agli ordini sacri: Faustino fu fatto sacerdote e Giovita diacono.

Dopo la consacrazione i santi fratelli raddoppiarono lo zelo e procurarono ai prigionieri, oltre che la parola di conforto, la grazia dei Ss. Sacramenti.

In pari tempo si dedicarono alla predicazione ottenendo abbondante frutto di conversioni. Ma tanto zelo non poteva restare a lungo nascosto: un certo Giuliano li denunziò e li fece arrestare.

Condotti dinanzi ad Adriano imperatore, di passaggio in quei giorni per Brescia, furono invitati a sacrificare agli dèi dell’impero.

“Noi giammai sacrificheremo ai vostri dèi bugiardi, perchè uno solo è il Dio vero: Gesù Cristo il quale si fece uomo e mori sulla croce per la nostra salvezza!” risposero con coraggio.

“Ed io vi costringerò colle torture” disse l’imperatore.

E noi non vogliamo offendere il nostro Dio con simile atto di idolatria!

Io vi farò scorticare vivi, vi taglierò le mani se non getterete una manata d’incenso sul turibolo del tempio; vi taglierò la lingua se non griderete « Evviva gli da dell’impero! » e poi vi butterò alle fiere!

Ma noi non ti ubbidiremo ugualmente! Le tue minacce, o imperatore, non ci fanno tremare, perché. senza il permesso del nostro Dio, non ci puoi torcere un sol capello!

Adriano, viste inutili le minacce, li condannò alle fiere.

“Oh, quanto dolce è il patire e morire per il Signore!” cantavano i santi fratelli mentre venivano condotti al circo.

Furono dati in pasto alle fiere. Queste uscirono saltelloni con alti ruggiti, ma giunti vicine ai due Santi, si accovacciarono ai loro piedi lambendoli dolcemente. A nulla valsero le urla, le istigazioni dei domatori e del popolo, a nulla valse il prolungato digiuno delle belve: non era ancora scoccata l’ora di Dio.

Tratti fuori dal circo, furono tradotti a Milano e da Milano a Roma; quindi a Napoli, sempre fatti segno al ludibrio della plebaglia e assoggettati a tormenti d’ogni specie. Ma gli invitti confessori di Cristo pregavano e tacevano, e il Signore dava loro la forza per resistere e vincere.

Da Napoli furono rimandati a Brescia, ove si compi il loro lungo martirio, colla decapitazione.

PRATICA. Impariamo a professare la nostra fede con rispetto umano.

PREGHIERA. O Signore, pei meriti dei tuoi santi martiri Faustino e Giovita che oggi celebriamo, concedici, te ne preghiamo, la grazia di imitare la loro costanza nel praticare senza rispetto umano la tua fede.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Brescia, santi Faustino e Giovíta, martiri, che, dopo molte lotte sostenute per la fede di Cristo, ricevettero la vittoriosa corona del martirio.