Archivi giornalieri: 10 ottobre 2021

il manifesto

ITALIA

Dal Vajont al ponte Morandi, giustizia per le stragi del profitto

La ricorrenza. A Roma la protesta dei comitati delle vittime dei disastri ambientali e sul lavoro

Famigliari della vittime della Moby Prince
Famigliari della vittime della Moby Prince

La chiamarono, in modo sprezzante, la Cassandra del Vajont. Invece, Tina Merlin, coraggiosa e inascoltata giornalista de L’Unità, che per prima denunciò i rischi della mega-diga, aveva ragione. E il suo appello, scritto all’indomani della madre delle stragi – verificatasi, con quasi 2 mila morti, il 9 ottobre del 1963 tra Veneto e Friuli –, vale tuttora: «Oggi tuttavia non si può soltanto piangere. È tempo di imparare qualcosa». Ma non lo abbiamo imparato in 58 anni. Le stragi del profitto sono proseguite senza sosta. Moby Prince, Viareggio, ThyssenKrupp, Rigopiano, Eternit, Ponte Morandi, Mottarone, Terra dei Fuochi sono solo alcune di esse, senza contare i 772 i morti sul lavoro, in base ai dati dell’Inail, nei primi otto mesi del 2021.

IERI, A ROMA, PER DIRE «BASTA» alle morti per il profitto economico, ma anche per chiedere, senza retorica, che la giustizia non dimentichi e la politica lavori perché queste tragedie non accadano più, sono scesi in piazza Santi Apostoli oltre 60 associazioni di familiari di vittime di oltre cinquant’anni di stragi dell’ambiente e del lavoro.

PARENTI, AMICI, compagni e compagne di lavoro e di sventura si sono radunati attorno al comitato «Noi, 9 Ottobre» – nato un anno fa a Longarone (Belluno), città martire del Vajont – che ha organizzato la manifestazione in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri industriali, istituita nel 2011.

VOGLIONO UN PROCESSO GIUSTO e, soprattutto, che lo Stato non si dichiari impotente quando di mezzo ci sono la sicurezza, la vita delle persone e delle comunità. E chiedono un vero riconoscimento dei diritti delle vittime delle stragi causate da attività economiche finalizzate al profitto (come, per esempio, il diritto di essere ascoltati in Tribunale come parte del procedimento) e portano avanti, con competenza, proposte per rendere migliore la giustizia in Italia, come sottolineato da Lucia Vastano dell’Associazione Cittadini per la Memoria del Vajont. I manifestanti sono scesi in piazza anche «per evitare l’esito inaccettabile della prescrizione» per reati di questo tipo. Un timore che testimonia la distanza che si frappone tra gli ostacoli, le peripezie e gli ostracismi della realtà da un lato e la realizzazione della giustizia e la ricerca della verità, dall’altro.

I PROMOTORI DEL COMITATO «Noi, 9 ottobre» sostengono, infatti, che la legge Cartabia non faccia «giustizia per nessuno e mette a rischio prescrizione molti processi», come, per esempio, quello di Rigopiano o quello per l’incidente ferroviario di Andria e Corato, o i tanti processi per l’amianto o gli incidenti sul lavoro.

«IL MANDANTE DI TUTTE queste stragi è il profitto – dichiara Daniela Rombi la vicepresidente dell’associazione «Il mondo che vorrei» che riunisce i parenti delle vittime della strage di Viareggio – perché i padroni vogliono guadagnare e risparmiano sulla sicurezza». E uno degli striscioni esposti durante il nutrito presidio recitava appunto: «Stop alle stragi del profitto. Questa economia uccide». In un altro: «Per ricordare tutti i lavoratori uccisi nel nome del profitto». E ancora: «La morte sul lavoro non è una fatalità ma un crimine contro l’umanità». Un concetto ribadito da Moni Ovadia, presente al sit-in, che ha sottolineato: «I morti sul lavoro non sono incidenti ma una mattanza. La dignità del lavoratore non può essere negoziata». In piazza anche Medicina Democratica e i familiari delle vittime del sisma che colpì Amatrice e altri comuni del centro Italia.

NEL POMERIGGIO, sempre nel centro di Roma, ma questa volta vicino piazza Campo de’ Fiori, hanno organizzato una assemblea stilando una mozione da sottoporre all’attenzione dei politici ma soprattutto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel documento preparato dal comitato «Noi, 9 Ottobre», oltre alla riforma delle norme che regolano i tempi della prescrizione per i disastri ambientali e sul lavoro, viene chiesta la modifica delle norme del Codice penale sul reato di disastro. E rivendicano la creazione di una Procura nazionale unica, una sorta di Superprocura come per la mafia, altamente specializzata per i disastri che riguardano reati sulla sicurezza del lavoro, ambientali, calamitosi e anche alimentari.

UN VECCHIO PALLINO del magistrato Raffaele Guariniello che guidò l’accusa nei processi contro l’Eternit e la ThyssenKrupp. I manifestanti riuniti nel comitato chiedono, infine, di modificare la legge n.101/2011 che istituisce la «Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali» eliminando la parola «incuria», che «minimizza le responsabilità». Sarebbe un primo passo verso la verità.

No vax e neofascisti in corteo, assalto alla Cgil e Montecitorio

ITALIA

No vax e neofascisti in corteo, assalto alla Cgil e Montecitorio

Marci su Roma. Manifestanti no Green pass danneggiano la sede del sindacato e tentano di arrivare a Palazzo Chigi. Alla Bocca della Verità il sit-in del movimento «Forza del popolo» contro la «dittatura sanitaria»

Scontri a via del Corso
Scontri a via del Corso

«Noi siamo il popolo, noi siamo il popolo». Mentre, a sera, dopo aver assaltato la sede della Cgil, migliaia di persone urlano queste parole a pochi metri da Palazzo Chigi, fermati nel loro ennesimo tentativo violento della giornata da due cordoni di polizia in assetto antisommossa, con cariche di alleggerimento, idranti e diversi lacrimogeni, a un paio di chilometri di distanza, alla Bocca della Verità, qualche centinaio di persone davanti a un mega schermo lancia una nuova formazione politica, «Forza del Popolo». Stesse parole d’ordine, stessi contenuti, stessa aggressività. La contrarietà al Green Pass (e al vaccino, naturalmente) li accomuna, ma davanti allo schermo si invoca Dio e si snocciolano rosari; la platea è decisamente più matura e sventola i simboli del nuovo movimento che sul sito mette in mostra il logo «La nuova Norimberga» e che dice di perseguire la «progressiva destrutturazione del “potere dello stato” e la contestuale ricostruzione del sistema istituzionale in “organi a servizio del cittadino”». In corteo non autorizzato, invece, una decina di migliaia di giovani e giovanissimi, partiti da Piazza del Popolo nel pomeriggio, urla cori da stadio e sventola bandiere tricolori ma senza altri simboli di partito.


Logo della manifestazione del movimento «Forza del Popolo»

Camuffati, mescolati con tanta gente comune e forse in parte strumentalizzata, centinaia di attivisti di Forza nuova e altre formazioni di estrema destra fomentano la manifestazione. Tra gli organizzatori l’attentatore del manifesto, Andrea Insabato. Come da tradizione, in clima elettorale la piazza violenta trova sempre un motivo per riempirsi.

«ASSASSINI, ASSASSINI», «libertà, libertà», «giornalisti terroristi», «No Green pass, no vaccini, sì cure, sì brain pass». Cartelli scritti a mano e tanta inutile foga. «Siamo 100 mila. Oggi fermiamo il certificato verde. La forza della piazza contro la tirannia sanitaria, la forza della gente contro le emergenze inventate», commentava il leader romano di Forza Nuova Giuliano Castellino prima che un manifestante salisse sul tetto di un blindato della polizia dando inizio ai disordini. Dapprima si sono riversati in piazzale Flaminio bloccando il traffico, poi si sono divisi, con la maggior parte che si è diretta verso Piazza San Silvestro, ha lanciato fumogeni su via del Tritone e ha tentato di raggiungere Montecitorio, attraendo così la parte più consistente delle forze dell’ordine. E un altro gruppo di manifestanti che è riuscito ad assaltare la sede della Cgil ed entrare negli uffici di Corso d’Italia al grido «Landini dimettiti», perché «Nessuno può toglierci il lavoro che ci siamo conquistati onestamente e duramente». Hanno divelto una tapparella, i portoni sono stati aperti con l’allarme che ha continuato a suonare ininterrottamente. Tra i manifestanti, oltre a Castellino, anche il fondatore di Forza nuova, Roberto Fiore. Molti però protestano perché non hanno un lavoro, molti si sono misurati (forse) solo con il precariato. Non hanno molti argomenti, solo tanta voglia di rompere tutto.

Fino a tarda sera il corteo che ha attraversato via del Corso ha tentato di forzare i cordoni di polizia attorno al Parlamento, lanciando bombe carta e armandosi di sampietrini divelti dal selciato di Piazza San Lorenzo in Lucina. Anche a Milano, per il dodicesimo sabato consecutivo i No Pass sono scesi in piazza organizzati, tra gli altri, dal leader di Italexit, Gianluigi Paragone. Anche qui un corteo non autorizzato ha attraversato la città, ma senza l’impatto che si è visto nel centro di Roma, dove la città è rimasta paralizzata per ore.

«LA NOSTRA SEDE nazionale, la sede delle lavoratrici e dei lavoratori, è stata attaccata da Forza Nuova e dal movimento no vax. Abbiamo resistito allora, resisteremo ora e ancora», è la reazione della Cgil nazionale che torna a chiedere di sciogliere le «organizzazioni che si richiamano al fascismo». «È un atto di squadrismo fascista. Un attacco alla democrazia e a tutto il mondo del lavoro che intendiamo respingere», scandisce Maurizio Landini convocando d’urgenza per questa mattina l’assemblea generale della Confederazione «per decidere tutte le iniziative necessarie».

IL PRESIDENTE Mattarella telefona personalmente al segretario della Cgil mentre il premier Draghi afferma in una nota che «i sindacati sono un presidio fondamentale di democrazia e dei diritti dei lavoratori. Qualsiasi intimidazione nei loro confronti – aggiunge – è inaccettabile e da respingere con assoluta fermezza». Solidarietà anche dalla Cisl e dalla Uil che parla di «attacco fascista compiuto da squadristi che gridano libertà e usano la violenza. Non ci faremo intimorire», twitta Pierpaolo Bombardieri. «La realtà si è incaricata di smentire chi sostiene che il fascismo sia solo folklore o nostalgia», fa notare Enrico Borghi della segreteria nazionale del Pd. Mentre Gianni Letta sollecita: «Il Paese tutto risponda unito a queste degenerazioni intollerabili». Per il ministro della Salute, Roberto Speranza si tratta di «squadrismo inaccettabile», e Luigi Di Maio attacca: «Questi non sono manifestanti, sono delinquenti». Il leader del M5S invita tutta la politica a condannare «senza se e senza ma».

LA CONDANNA è effettivamente unanime, o quasi. Matteo Salvini a sera balbetta un timido: «Solidarietà alla Cgil per l’attacco subito, sono vicino a lavoratrici e lavoratori che difendono, pacificamente, i loro diritti e le loro libertà». Giorgia Meloni è più decisa nel definire «immagini vergognose» quelle di Roma sotto attacco, ma esprime anche solidarietà alle «migliaia di manifestanti scesi in piazza per protestare legittimamente contro i provvedimenti del governo e di cui nessuno parlerà per colpa di delinquenti che usano ogni pretesto per mettere in atto violenze gravi e inaccettabili»

San Daniele Comboni

San Daniele Comboni


Nome: San Daniele Comboni
Titolo: Vescovo
Nascita: 15 marzo 1831, Limone sul Garda
Morte: 10 ottobre 1881, Khartum, Sudan
Ricorrenza: 10 ottobre
Tipologia: Commemorazione
Patrono di:Gonnoscodina

Dopo anni di oblio, nell’Ottocento le terre africane sono percorse da esploratori, mercanti e agenti commerciali delle potenze europee. Con loro viaggiano spesso dei missionari desiderosi di portare l’annuncio di Cristo alle popolazioni indigene.

San Daniele, che fin da giovane scelse di diventare missionario in Africa, fu a sua volta un viaggiatore instancabile nel continente nero. Ordinato sacerdote nel 1854, tre anni dopo Daniele sbarca in Africa.

Il primo viaggio missionario finisce presto con un fallimento: l’inesperienza, il clima avverso, l’ostilità dei mercanti di schiavi lo costringono a tornare a Roma. Mentre alcuni suoi compagni si lasciano vincere dallo scoramento, egli progetta un piano globale di evangelizzazione dell’Africa. Mette poi in atto un’incisiva opera di sensibilizzazione a Roma e in Europa e fonda diversi istituti maschili e femminili oggi chiamati comboníani.

Di nuovo in Africa nel 1868, Daniele può finalmente dare avvio al suo piano. Con i sacerdoti e le suore che l’hanno seguito lotta contro la tratta degli schiavi, si dedica all’educazione della gente di colore e si impegna perché la fede cristiana metta radici profonde nella cultura africana.

San Daniele Combini

Spirito aperto e intraprendente, scrive numerose opere di animazione missionaria e fonda la rivista Nigrizia, attiva fino ad oggi. Negli anni 1877-78 Daniele visse insieme con i suoi missionari e missionarie a tragedia di una siccità e carestia senza precedenti. Era l’anticipazione della morte sopraggiunta nel 1881.

Nel 2003, nel giorno della canonizzazione, Giovanni Paolo II lo definì un «insigne evangelizzatore e protettore del continente nero». Se cristianesimo in Africa ha oggi un futuro di speranza, lo si deve in parte alla sua opera.

MARTIROLOGIO ROMANO. Nella città di Khar m in Sudan, san Daniele Comboni, vescovo, che fondò l’Istituto per le Missioni Africane e, nominato vescovo in Africa, si prodigò senza mai lesinare energie nel predicare il Vangelo in quelle regioni e nel prendersi in tutti i modi cura della dignità degli esseri umani.