Cassa integrazione COVID per il 2021: comunicato e nuove istruzioni INPS

Cassa integrazione COVID per il 2021: comunicato e nuove istruzioni INPS

Il punto sulla gestione della Cassa integrazione Covid a seguito dei chiarimenti INPS sull’estensione della CIG “Sostegni” dal 29 al 31 marzo

Il Comunicato stampa INPS del 16 aprile 2021 interviene sul tema della degli ammortizzatori sociali introdotti per le imprese che sospendono o riducono l’attività a seguito dell’emergenza COVID-19. In particolare, l’Istituto fornisce importanti chiarimenti sul rapporto tra le settimane di Cassa previste dalla Manovra 2021 e quelle recentemente riconosciute dal Decreto “Sostegni”.

Nel documento l’INPS precisa che le 12 settimane di Cassa integrazione COVID introdotte dalla Legge di bilancio 2021 decorrono dal 4 gennaio in quanto primo giorno lavorativo dell’anno. Ciò significa che l’accesso continuativo agli ammortizzatori sociali è garantito dal 4 gennaio al 28 marzo 2021.

Sempre l’ente di previdenza rende noto che, con prossima circolare, sarà chiarito (con parere conforme del Ministero del lavoro) che le settimane di Cassa integrazione introdotte dal Decreto Sostegni comprendono i periodi decorrenti dalla settimana in cui è collocato il 1° aprile. Questo equivale ad un’estensione della CIG anche al 29, 30 e 31 marzo.

Di fatto, analizzando nell’insieme le due novità, emerge la copertura degli ammortizzatori sociali anche per il periodo dal 28 al 31 marzo, a rischio di esclusione senza i chiarimenti INPS.

Analizziamo la questione in dettaglio.

Cassa integrazione COVID per il 2021: dodici settimane Legge di Bilancio

La Legge di bilancio 2021 riconosce 12 settimane di ammortizzatori sociali per le aziende che riducono o sospendono l’attività per eventi riconducibili all’emergenza COVID-19:

  • nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 31 marzo 2021 per i trattamenti di Cassa integrazione ordinaria (CIGO);
  • tra il 1° gennaio e il 30 giugno per ASO erogato dal FIS e gli eventi di Cassa integrazione guadagni in deroga (CIGD).

Destinatari della Cassa integrazione sono i lavoratori in forza il 4 gennaio 2021, a seguito di chiarimento INPS arrivato con la circolare n. 28/2021, previsione estensiva rispetto a quanto previsto in Manovra (nello specifico gli assunti al 1° gennaio 2021, data di entrata in vigore della Legge 178).

Di conseguenza, calcolando un ricorso continuativo agli ammortizzatori sociali dal 1° gennaio 2021, le 12 settimane si sono esaurite il 25 marzo 2021.

Al contrario, iniziare la Cassa dal 4 gennaio sposta il termine finale al giorno 28 marzo, con copertura dell’intera settimana lavorativa.

In alternativa, è nella facoltà delle imprese ricorrere alle 12 settimane in maniera non continuativa; a patto che le stesse interessino periodi sino al 31 marzo 2021 (per la CIGO) ovvero al 30 giugno 2021 (per CIGD e ASO).

Leggi anche: UniEmens-Cig: come funzioa

Rapporto con il Decreto Ristori

Come espressamente previsto in Manovra, eventuali periodi di Cassa previsti dal Decreto “Ristori” (Dl 137/2020) nel periodo a partire dal 1° gennaio 2021 sono da imputare alle 12 settimane.

Innanzitutto ricordiamo che il “Ristori” ha concesso 6 settimane di ammortizzatori “COVID-19” dal 16 novembre 2020 al 31 gennaio 2021.

Di conseguenza, i periodi richiesti e autorizzati dal Decreto 137 collocati, anche solo parzialmente, a decorrere dal 1° gennaio 2021 si scomputano dalle 12 settimane.

Ipotizziamo il caso dell’azienda Alfa cui sono state autorizzate 6 settimane del “Ristori” sino al 21 gennaio 2021. La stessa, avrà a disposizione, dal 22 gennaio 12 settimane ex Manovra cui sottrarre le 3 già autorizzate ai sensi del Decreto 137. Di conseguenza, potrà inoltrare domanda di Cassa (continuativa) dal 22 gennaio per 9 settimane sino al 25 marzo 2021.

Ulteriore CIG Decreto Sostegni

Il perdurare dell’emergenza COVID-19 ha spinto l’esecutivo Draghi a licenziare il Decreto legge numero 41 del 22 marzo 2021, cosiddetto Decreto “Sostegni”, con cui sono state introdotte ulteriori settimane di ammortizzatori sociali, a beneficio delle aziende che riducono o sospendono l’attività a causa dell’emergenza epidemiologica.

In particolare l’articolo 8 riconosce:

  • 13 settimane di CIGO dal 1° aprile 2021 al 30 giugno 2021;
  • 28 settimane di CIGD e ASO dal 1° aprile 2021 al 31 dicembre 2021.

L’accesso alla Cassa non è subordinato al pagamento del contributo addizionale all’INPS, al pari di quanto previsto per le 12 settimane ex Legge di bilancio.

Come ricordato dall’Istituto con il messaggio numero 1297 del 26 marzo scorso, i periodi disciplinati dal “Sostegni” si sommano a quelli della Manovra 2021. Ciò significa che:

  • Per le aziende che ricorrono alla CIGO sono disponibili 25 settimane dal 1° gennaio al 30 giugno di cui 12 dal 1° gennaio al 31 marzo e 13 dal 1° aprile al 30 giugno;
  • Al contrario, chi accede a CIGD e assegno ordinario avrà a disposizione 40 settimane dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021, di cui 12 da collocare obbligatoriamente entro e non oltre il 30 giugno 2021.

Destinatari della Cassa introdotta dal “Sostegni” sono i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del Decreto legge, nello specifico il 23 marzo 2021.

Cassa integrazione dal 29 marzo al 1° aprile

A seguito di quanto anticipato dal Comunicato stampa INPS, la circolare di prossima emanazione riconoscerà, in deroga a quanto previsto dal Decreto numero 41, l’accesso alle 13 o 28 settimane a decorrere dal 29 marzo 2021.

In attesa dei chiarimenti dell’Istituto, è opportuno precisare che, in caso di ricorso alle 12 settimane continuative ex Manovra dal 1° gennaio 2021 le stesse, esaurendosi il 25 marzo, lasceranno comunque scoperti i giorni dal 26 al 28 marzo.

Peraltro, si può ipotizzare con tutta probabilità che il conteggio delle settimane del “Sostegni” decorrerà dalla data effettiva di inizio della Cassa. Ad esempio in caso di ricorso dal 29 marzo, i periodi saranno conteggiati a partire dalla medesima data e non dal 1° aprile.

Gestione della busta paga

E’ opportuno sottolineare come l’estensione dei periodi di Cassa al 29, 30 e 31 marzo, è stata comunicata dall’INPS il giorno 16 aprile, quando la maggior parte delle realtà produttive e imprese avevano già elaborato le buste paga relative al mese di marzo applicando, per i giorni scoperti dagli ammortizzatori sociali, altre causali di assenza, ad esempio ferie o permessi.

Una rielaborazione, oggi, dei cedolini, richiesta a seguito del riconoscimento della Cassa per gli ultimi giorni di marzo, comporterebbe notevoli disagi per le aziende e i professionisti chiamati a modificare paghe il cui netto è probabilmente già stato bonificato ai dipendenti.

Cause di esclusione dal regime forfettario: redditi da lavoro dipendente all’estero

 

Il lavoratore dipendente, residente all’estero nel 2021, con redditi  superiori a 35.000 euro, non può accedere al regime forfettario nello stesso anno. Se il rapporto di lavori dipendente cesserà nel 2021 e il contribuente rientra in Italia e sia qui residente ai fini fiscali, potrà applicare il regime forfettario dal 2022. In sostanza, è precluso l’accesso già dal 2021 sia perchè il rapporto di lavoro è ancora in essere sia perché nello stesso anno non è fiscalmente residente in Italia.

Si è espressa in tal senso l’Agenzia delle entrate con la risposta n° 257 del 16 aprile 2021.

Nello specifico, i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate, hanno riguardato la possibilità di accedere al regime forfettario per un residente all’estero, lavoratore dipendente, che intende ritornare in Italia per svolgere un’attività professionale.

I quesiti posti dall’istante mirano ad accertare la possibilità di applicare fin dal 2021, anno di ritorno in Italia, il regime forfetario; pur se per lo stesso anno non risulta ancora fiscalmente residente in Italia.

Le cause di esclusione dal regime forfettario

Non possono accedere al regime forfetario, ex legge 190/2015, comma 57:

  • le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito (lettera a);
  • i non residenti, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente(b);
  • i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi (c);
  • gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte individualmente (d);
  • le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, fatta eccezione per chi inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni(d-bis);
  • coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro, tranne nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato (d-ter).

Leggi anche: Regime forfettario 2021: requisiti, adempimenti e percentuali di tassazione

La risposta n° 257 del 16 aprile 2021

La risposta n° 257 del 16 aprile 2021  è incentrata proprio sulle cause di esclusione. In particolare, l’istanze, iscritto all’AIRE, svolge l’attività di lavoro dipendente all’estero. Il reddito di lavoro dipendente percepito annualmente è superiore a 30.000,00 Euro. Tale rapporto di lavoro dipendente cesserà nel 2021.

 

Essendo intenzionato a rientrare in Italia e intraprendere una propria attività professionale, ha chiesto chiarimenti al Fisco sulla possibilità di applicare il regime forfettario già dal 2021.

Il dubbio riguarda i seguenti aspetti ossia cause di esclusione.

I quesiti posti all’Agenzia delle entrate

Nello specifico è stato chiesto all’Agenzia se:

  1. la causa di esclusione del “non residente” ( lettera b) – sia riferita solo a quei soggetti che intendano intraprendere un’attività d’impresa o di lavoro autonomo professionale in Italia, pur continuando a risiedere e dimorare all’estero (sempre iscritti all’AIRE) per più di 183 giorni, o anche a coloro che, facendo rientro in Italia negli ultimi mesi dell’anno (come nel caso in esame), vi trasferiscano stabilmente la residenza e la dimora, risultando però presenti, nel primo anno d’imposta, per un periodo inferiore ai 183 giorni;
  2. se il limite dei 30.000 euro di cui alla lettera d-ter) si applichi anche al contribuente che, in corso d’anno, cessi il rapporto di lavoro all’estero da cui percepisce redditi superiori a tale soglia e trasferisca la residenza in Italia.

Ulteriore dubbio è rappresentato dal fatto che i principia committenti dell’attività professionale che andrà a svolgere saranno committenti esteri.

Il contribuente forfettario può avere rapporto con altri paesi UE o extra UE?

L’istante ritiene di poter applicare il regime forfettario già dal 2021. Questo perchè, a suo dire, lo status di non residente per l’anno d’imposta 2021, non dovrebbe essere una causa di esclusione. Il legislatore incentiva il rientro degli italiani all’estero. L’istante si riferisce alle agevolazioni previste per i lavoratori impatriati che rientrano in Italia per svolgere attività di lavoro dipendente, di impresa o professionale, ex art.16 del D.Lgs 147/2015 e ss.mm.ii.

Il parere dell’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle entrate ritiene che nel 2021 l’istante non può accedere al regime forfettario. Questo perché nello stesso anno manterrà l’iscrizione all’AIRE e continuerà a risiedere all’estero per la maggior parte del 2021 ossia per un periodo di almeno 183 giorni.

A tal proposito, è fiscalmente residente in Italia chi per la maggior parte dell’anno (almeno 183 giorni l’anno, 184 in quelli bisestili):

 
  • è iscritto nell’Anagrafe delle persone residenti in Italia, oppure
  • ha il proprio domicilio o la propria dimora abituale in Italia.

Attenzione, come specificato dall’Agenzia delle entrate sul proprio portale istituzionale: sono, inoltre, considerati residenti in Italia i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con il decreto del Ministro delle Finanze 4 maggio 1999 e successive modifiche ed integrazioni.

In caso di trasferimenti in corso d’anno, se il soggetto risiede in Italia per meno di 183 giorni (184 per anni bisestili), la suddivisione in due parti del periodo d’imposta è riconosciuta solo nelle Convenzioni internazionali contro la doppia imposizione:

  • con la Svizzera (articolo 4, Convenzione tra Italia e Confederazione svizzera, firmata a Roma il 9 marzo 1976, e ratificata con la Legge n. 943/1978) e
  • con la Germania (punto 3 del Protocollo alla Convenzione tra Italia e Repubblica federale di Germania, firmata a Bonn il 18 ottobre 1989, e ratificata con la Legge n. 459/1992),come specificato dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 471/E del 03/12/2008 – pdf.

Conclusioni

Ulteriore condizioni che determina l’esclusione dal regime forfetario è rappresentata dal fatto che il contribuente percepisce un reddito lordo da lavoro dipendente superiore a 30.000 euro. Non incide il fatto se il datore di lavoro sia straniero o nostrano. Tuttavia, il monte reddituale percepito, non rileva se nel corso dell’anno ossia nell’anno precedente l’acceso al forfettario l’attività di lavoro dipendente è cessata.

Sulla base della ricostruzione fatta finora, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che se il rapporto di lavoro dipendente cesserà nel 2021 e il contribuente rientra in Italia e sia qui residente ai fini fiscali, potrà applicare il regime forfettario dal 2022. In sostanza, è precluso l’accesso già dal 2021 sia perchè il rapporto di lavoro è ancora in esser sia perché nello stesso anno l’istante non è fiscalmente residente in Italia.

 

Inoltre, la presenza di committenti stranieri non è da ostacolo al regime forfettario. Infatti non vi è alcuna disposizione legislativa che ai forfetari la possibilità di intraprendere rapporti commerciali con altri paesi UE o extra UE.


Certificato di vaccinazione Covid: cos’è, come funziona e finalità. I dettagli
 

Nella bozza del decreto legge sulle riaperture a partire dal 26 aprile, trova spazio anche il cosiddetto certificato verde di avvenuta vaccinazione. Detto certificato sarà utile per quanto attiene alle nuove regole sugli spostamenti tra regioni, di cui al prossimo provvedimento del Governo.

Il funzionamento della novità inclusa nella bozza del nuovo decreto si trova all’articolo 10 del documento, che a breve sarà oggetto di discussione in Consiglio dei Ministri.

Molto se ne sta parlando in questi giorni e così sarà presumibilmente anche nell’immediato futuro. D’altronde il certificato di vaccinazione Covid o, più in generale, certificazione verde costituisce un vero e proprio ‘pass‘, che consentirà di muoversi liberamente tra regioni di colore differente. Attenzione però a non confonderlo con il passaporto vaccinale, ossia il green pass europeo, su cui le Istituzioni UE stanno lavorando in queste settimane e del quale è stata annunciata la piena operatività a partire dal primo luglio.

Qui di seguito, però, vogliamo focalizzarci sul certificato di vaccinazione Covid, e sul rilievo che ha a livello interno. Cerchiamo di individuarne i tratti essenziali, come funziona e come si ottiene. Facciamo chiarezza.

 

Certificato di vaccinazione Covid: di che si tratta?

A partire dal 26 aprile, in virtù delle attese novità normative, ritornano le zone gialle nella penisola. Ciò si lega alla previsione della proroga dello stato d’emergenza, fino al 31 luglio 2021.

In queste aree la circolazione delle persone sarà libera, per un progressivo ritorno alla normalità della routine quotidiana. Sempre a partire dal 26 aprile sarà data precedenza alle attività all’aperto, in primis la ristorazione con tavoli fuori, sia per le ore di pranzo che per quelle di cena.

Chi invece, sempre dal 26 aprile, intende spostarsi in regioni di diverso colore, ossia zone arancioni e rosse, o vorrà assistere ad uno spettacolo (ad es. al teatro) dovrà essere munito di  green pass, vale a dire il certificato vaccinazione Covid o certificazione verde. Detto documento rappresenta una sorta di permesso per poter oltrepassare la soglia delle regioni con i livelli di pericolo di contagio più alti.

Il certificato di vaccinazione Covid è rilasciato già alla somministrazione della prima dose di vaccino. Come risulta dalla bozza di decreto, l’interessato potrà ottenerlo o in formato cartaceo o in quello digitale. Inoltre, saranno i medici della struttura presso la quale è stato compiuto il vaccino, ad occuparsi della fase di redazione. Ma tutti gli opportuni dettagli saranno resi noti con l’ufficializzazione del decreto riaperture. 

 

Leggi anche: Chi non si vaccina può essere licenziato?

A cosa serve il certificato di vaccinazione?

Non solo: nel documento, che sarà in seguito incluso nel fascicolo sanitario elettronico dell’interessato –  oltre ai necessari dati anagrafici – troverà spazio anche il numero di dosi somministrate, rispetto al numero di dosi previste. Per i soggetti guariti dal coronavirus, il certificato sarà rilasciato dalla struttura in cui vi è stato il ricovero del paziente; mentre per i non ricoverati, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta. Attenzione però a questo dettaglio: il pass in oggetto perde validità se l’interessato risulti in seguito di nuovo positivo al coronavirus.

La funzione della certificazione verde Covid è quella di fare chiarezza sulla situazione sanitaria del possessore, per consentirgli di svolgere un viaggio o di partecipare ad un evento musicale, ad esempio. Pertanto, tramite questo pass sarà possibile attestare una delle seguenti condizioni:

  • il cittadino è stato vaccinato;
  • ha già avuto il coronavirus;
  • o ha effettuato un tampone risultato negativo nelle ultime 48 ore, prima di intraprendere un nuovo viaggio.

Leggi anche: Vaccinazione covid in azienda: siglato il protocollo. Al via da maggio

Le finalità del ‘green pass’ italiano sono più d’una

Il nuovo decreto legge è ormai prossimo al varo: siamo infatti ai dettagli, da discutere nell’imminente Consiglio dei Ministri. Da lunedì 26 aprile, più spazi saranno concessi agli italiani, giacchè vi sarà un allentamento progressivo delle restrizioni delle ultime settimane. Come accennato, torneranno altresì le zone gialle e la scelta del nuovo green pass italiano, ossia del certificato di vaccinazione Covid va appunto nella direzione di consentire una boccata di ossigeno agli italiani, permettendo a chi vorrà, di potersi spostare con il pass apposito, nelle zone arancioni e gialle della penisola.

 

Non solo: come accennato, questa sorta di ‘passaporto’ servirà, ad esempio, per poter assistere ad uno spettacolo teatrale o ad un concerto dal vivo, ma anche per seguire come spettatore una partita di calcio allo stadio. Per questa via, da un lato sarebbe così salvaguardata l’esigenza di tutela della salute; mentre dall’altro sarebbero nuovamente concesse libertà fondamentali ai cittadini e occasioni di svago.

Ma è chiaro che una ulteriore finalità del certificato vaccinazione Covid – o più in generale ‘certificazione verde’ –  che si lega al più generale piano di ripresa socio-economica del Paese, è dare una risposta concreta ai tanti lavoratori del mondo dello spettacolo, i quali negli ultimi giorni sono andati in piazza per protestare contro la situazione di stallo e di blocco di tutte le attività di intrattenimento, persistenti ormai da molti mesi.

Sono ben note, infatti, le oggettive difficoltà economiche che gravano sul settore degli spettacoli teatrali, cinema e concerti. Ecco perchè il certificato vaccinazione Covid – che attesta una delle 3 condizioni sopra indicate – è mirato altresì ad assicurare di nuovo la presenza del pubblico agli spettacoli dal vivo, specialmente ora con l’avvicinarsi della stagione estiva.

Quanto dura il certificato vaccinazione?

Il certificato di vaccinazione Covid, o comunque comprovante la guarigione dal virus o l’effettuazione del tampone negativo, ha una durata differente a seconda di come lo si è ottenuto. Infatti, detto documento cartaceo o digitale – rilasciato anche tramite app, arriveranno presto indicazioni in proposito – avrà una durata di 6 mesi per i vaccinati e i guariti; ma di 48 ore per chi si effettuerà un test antigenico o molecolare con esito negativo.

 

In attesa, tutti coloro che necessitano di un certificato vaccinale o sulla guarigione dal Covid, possono fare riferimento o all’Asl locale; o al medico di famiglia. Nel particolare caso in cui  il cittadino abbia soltanto fatto il tampone, potrà mostrare l’attestato con il risultato negativo del test effettuato 48 ore prima, per poter esercitare i propri diritti.

Rimarchiamolo: per coloro che effettueranno il test antigenico rapido o molecolare con esito negativo, la certificazione verde durerà soltanto 48 ore, e sarà emessa dalla struttura stessa che ha svolto il tampone, ossia farmacie; medici di medicina generale; pediatri; strutture sanitarie pubbliche; private e accreditate.

Attenzione però: il certificato vaccinazione Covid o certificazione verde permarrà in vigore fino all’attivazione della piattaforma europea, in cui saranno inclusi anche i certificati nazionali. In altre parole, scatterà a breve il meccanismo del cosiddetto DGC-Digital Green Certificate, interoperabile a livello europeo, e sostituirà l’attuale assetto. Data di avvio dovrebbe essere il prossimo primo luglio.

Concludendo, ricordiamo che nella bozza di decreto sono incluse anche le conseguenze nel caso di aggiramento delle norme sul certificato vaccinazione Covid: sono previste sanzioni penali, ed altresì la pena della reclusione.


Come accedere al 730 precompilato 2021: online dal 10 maggio. I dettagli
 

Dal 10 maggio i contribuenti hanno la possibilità di accedere al modello 730 precompilato 2021 per i redditi 2020: possono quindi accettarlo così com’è oppure modificarlo e/o integrarlo prima dell’invio all’Agenzia delle Entrate, ma solo in data successiva (la data ufficiale non è ancora nota, l’anno scorso era il 14 maggio). La scadenza dell’invio slitta invece ufficialmente al 30 settembre. Da ricordare però che prima si invia e prima arrivano eventuali rimborsi IRPEF spettanti.

 

Ma come si accede alla dichiarazione dei redditi precompilata? Le modalità sono diverse e ognuna con le proprie istruzioni, con la breve guida che segue cercheremo di fare chiarezza e dare tutte le informazioni a riguardo.

Modello 730 precompilato 2021 online dal 10 maggio

Dal 10 maggio come detto (il termine per legge è il 16 aprile, ma quest’anno è slittato a maggio per via del coronavirus) l’Agenzia delle Entrate rilascia ai diretti interessati il modello precompilato.

Anche quest’anno l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione online in una sezione ad hoc del proprio sito il modello 730 precompilato, la dichiarazione dei redditi compilata in alcune sue parti direttamente dal Fisco.

I dati precompilati dal Fisco sono normalmente: Certificazione Unica, compensi di lavoro autonomo occasionale, dati relativi alle locazioni brevi, interessi passivi sui mutui, spese sanitarie, spese veterinarie, spese universitarie, spese per la frequenza degli asili nido, bonifici riguardanti le spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e altri dati presenti nell’Anagrafe tributaria.

Lavoratori dipendenti e pensionati possono accettare il modello così come proposto oppure possono modificarlo o integrarlo e poi inviarlo all’Agenzia direttamente on line in data successiva; tale data deve ancora essere ufficializzata dall’Agenzia delle Entrate. Prima si invia e prima arriveranno gli eventuali rimborsi IRPEF del conguaglio fiscale.

 

Come accedere al 730 precompilato 2021

I contribuenti che accedono al 730 precompilato non sono poi obbligati ad utilizzarlo o inviarlo ma possono continuare ad avvalersi del modello 730 ordinario.

Chi invece vuole usare la dichiarazione dei redditi precompilata la prima cosa che deve fare è accedervi, poi potrà modificarla, integrarla oppure accettarla e inviarla così come la trova, ma solo in data successiva e comunque entro il 30 settembre. Le date sono cambiate a causa dell’emergenza Covid-19.

Ma come si accede al modello 730 precompilato? Per prima cosa bisogna recarsi all’indirizzo https://infoprecompilata.agenziaentrate.gov.it e poi accedere con una delle modalità previste.

Accesso al 730 precompilato con SPID e altre credenziali

La prima modalità di accesso al 730 precompilato è tramite le credenziali Spid, il nuovo “Sistema Pubblico dell’Identità Digitale” per accedere ai servizi della Pubblica Amministrazione. Dal sito apposito (www.spid.gov.it/richiedi-spid) per ottenere Spid basta essere in possesso di un indirizzo e-mail, numero di telefono del cellulare, documento di identità in corso di validità e la tessera sanitaria con il codice fiscale e seguire una serie di passaggi.

Altra modalità di accesso è tramite le credenziali rilasciate dall’Agenzia delle Entrate a Fisconline. In tal caso per registrarsi a Fisconline, il contribuente può scegliere la registrazione:

  • online dal sito dell’Agenzia delle Entrate
  • tramite app (basta scaricare l’applicazione mobile “AgenziaEntrate” e accedere a una serie di servizi per smartphone o tablet)
  • in ufficio (occorre recarsi presso un qualsiasi ufficio territoriali e compilare l’apposito modulo)
  • tramite la Carta Nazionale dei Servizi (CNS).

Accesso al 730 precompilato con PIN INPS

Altra modalità di accesso al modello 730 precompilato è tramite il codice PIN che rilascia l’Inps. A chi già possiede le credenziali INPS ricordiamo che l’istituto di previdenza rilascia due tipologie di codice Pin:

 
  • uno ordinario che permette esclusivamente di effettuare operazioni di consultazioni;
  • uno “dispositivo”, col quale effettivamente eseguire le operazioni.

Per accedere al 730 precompilato occorre il PIN dispositivo. Per chi invece non avesse tale codice basta andare sul sito dell’Inps richiedere quello ordinario e poi trasformarlo in PIN “dispositivo” con la funzione “Converti PIN”.

Leggi anche: Pin Inps online: richiesta e conversione in PIN dispositivo

Accesso alla precompilata con NOiPA

Si può accedere al modello 730 precompilato anche con l’utenza riservata a NOiPA, i servizi online del Portale della Pubblica Amministrazione.

Per la registrazione a NOiPA basta seguire le istruzioni riportate sul sito (https://noipa.mef.gov.it/documents/10179/a40f1323-11f2-4d5c-b643-5c1a744d0134), ma si precisa che la registrazione al Portale è riservata solo ai dipendenti della Pubblica Amministrazione.

Accesso al 730 precompilato da parte del tutore

Per chi ha un tutore nominato dal Giudice tutelare, la dichiarazione precompilata deve essere presentata proprio dal tutore. Stessa cosa per i minori tenuti a presentare la denuncia dei redditi: in tal caso sono i genitori ad assolvere al loro obbligo dichiarativo. Come vi accedono?

In entrambi i casi tramite le credenziali Fisconline o Entratel, insieme ad una specifica delega che sarà rilasciata presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate.

In mancanza delle credenziali Fisconline o Entratel, si dovrà procedere alla propria registrazione ai servizi telematici.

Accesso alla precompilata per gli eredi

Dalla precompilata 2021 è possibile accedere anche da parte di eventuali eredi del contribuente de cuius; si può accedere come erede se si presenta la dichiarazione di una persona deceduta.

 

In questo caso per entrare bisogna essere in possesso del proprio SPID o le proprie credenziali di Fisconline.

Mancata predisposizione del 730 precompilato

Una volta ottenute le credenziali di accesso e averle inserite si visualizzerà la homepage dell’applicazione della dichiarazione precompilata.

Può accadere che una volta entrati, l’Agenzia delle Entrate non ha predisposto la dichiarazione precompilata perché ad esempio il Fisco non disponeva di nessun dato per poterlo inserire nella denuncia dei redditi precompilata.

In tal caso l’Agenzia delle Entrate offre sempre la possibilità di presentare la dichiarazione dei redditi attraverso l’applicazione web. Dopo aver inserito le credenziali, si visualizzerà un messaggio con l’avviso che la dichiarazione precompilata non è stata predisposta e che si può compilare comunque la dichiarazione senza alcun dato precompilato, a eccezione dei dati anagrafici.

Area dedicata Dichiarazione Precompilata

Per accedere all’area dedicata al modello 730 precompilato 2021 sul sito dell’Agenzia delle Entrate seguire i seguenti link:

  • Accesso al 730 precompilato: link
  • Accesso alle istruzioni e a tutte le altre informazioni disponibili: link

Cassa integrazione COVID per il 2021: comunicato e nuove istruzioni INPSultima modifica: 2021-04-23T21:54:12+02:00da vitegabry
Reposta per primo quest’articolo