Archivi giornalieri: 19 aprile 2021

Bonus vacanze 2021, come funziona: guida all’uso fino al 31 dicembre

Bonus vacanze 2021, come funziona: guida all’uso fino al 31 dicembre

Il bonus vacanze 2021 potrà essere sfruttato fino al 31 dicembre, ma solo da parte di chi lo ha richiesto entro il 2020. Ecco un riepilogo.

Se il cambio di Governo aveva messo in discussione, almeno in un primo tempo, la politica dei ‘bonus’ erogati alla cittadinanza, è comunque certo che il bonus vacanze 2021 non sarà toccato. Anzi, si può dire che senza ombra di dubbio, che per andare in ferie – anche quest’anno – ci si potrà avvalere del cosiddetto voucher vacanze. Ovviamente, se in possesso dei requisiti richiesti e se lo stesso è stato richiesto entro il 31 dicembre 2020.

Gli osservatori ritengono che il contributo in oggetto possa rivelarsi un successo proprio in questa delicatissima fase di ripresa per la società e l’economia italiana; e ciò nonostante le persistenti incertezze su aperture e spostamenti, legate all’emergenza sanitaria da coronavirus. Per molti cittadini e per molte famiglie, la voglia di viaggiare infatti è cresciuta dopo più di anno di epidemia. Pertanto,  c’è da presumere già ora che il detto bonus avrà un largo utilizzo, pur essendo una misura lanciata l’anno scorso. E tra alcune critiche mai definitivamente sopite. D’altronde, c’è di mezzo il rilancio dei consumi dei cittadini italiani e dell’intero settore del turismo, duramente penalizzato in questi ultimi mesi da chiusure e restrizioni.

Vediamo allora, più nel dettaglio, quelli che sono i tratti distintivi del buono vacanze 2021, onde non farsi trovare impreparati al momento della partenza nel periodo di ferie.

Bonus vacanze 2021, come funziona

Per chiarezza, ricapitoliamo in breve di seguito che cosa si deve intendere con l’espressione ‘bonus vacanze 2021′. Esso altro non è che l’incentivo fino ad un massimo di 500 euro, predisposto dal decreto Rilancio, ed entrato in vigore nella primavera dello scorso anno, in piena prima fase pandemica. Questi soldi sono utilizzabili per tutto quanto attiene alle spese dei soggiorni in hotel; villaggi turistici; campeggi; agriturismi e bed & breakfast sparsi per la penisola italiana.

Il bonus è stato, in un secondo tempo, prorogato fino al 30 giugno 2021, attraverso il Decreto Ristori del 28 ottobre 2020. Successivamente il Decreto Milleproroghe – convertito con la legge n. 21 del 2021 – lo ha reso utilizzabile fino alla fine dell’anno.  Evidentemente le forze politiche continuano a puntare molto su questo beneficio, che da un lato dovrebbe spingere i cittadini a tornare a viaggiare; e dall’altro dovrebbe contribuire a rilanciare il turismo in crisi per i mancati incassi e per il crollo del volume di affari.

Bonus vacanze presso tour operator e agenzie di viaggio

E’ di queste ultime ore l’idea del Ministro del Turismo Massimo Garavaglia, per la quale il bonus vacanze 2021 potrebbe essere ampliato, per poterlo sfruttare nelle agenzie di viaggio. L’obiettivo di fondo sarebbe quello di semplificare l’accesso al contributo, servendosi delle risorse ancora disponibili, e favorendo così il turismo nelle località italiane.

Come accennato, detto beneficio è incluso nel pacchetto di misure per rilanciare un turismo travolto dalle restrizioni anti-contagio. Ma il Ministro, interpellato dagli organi di informazione, ha evidenziato che “tuttavia gran parte delle risorse stanziate per finanziarlo sono rimaste inutilizzate“. Serve insomma incentivare lo sfruttamento del bonus in oggetto, proprio in vista dell’estate 2021.

Più nel dettaglio, dei 2,6 miliardi di dotazione ne sono stati spesi finora ‘soltanto’ 820 milioni. Ecco perchè Garavaglia ha ricordato che “Sono disponibili tante risorse. Tant’è che vorremmo ampliarne la possibilità di utilizzo”. Proseguendo, ha rimarcato inoltre che  “La nostra idea  è renderlo molto più semplice, ad esempio renderlo spendibile in un’agenzia di viaggi, andare lì e fare tutto lì“.

In buona sostanza, fare le vacanze in Italia o invogliare le persone a farle: questo è l’obiettivo dell’iniziativa. D’altronde “E’ evidente che sarà un estate con un turismo Italia su Italia, anche se c’è un po’ di ripresa dall’estero perché si va verso il green pass europeo”, ha poi concluso il Ministro del Turismo.

I requisiti per l’accesso al bonus: ecco quali sono

Come sopra accennato, il bonus vacanze 2021 consiste in un contributo fino a 500 euro da sfruttare per le spese relative a soggiorni presso strutture turistiche in Italia. Ma attenzione: detto bonus scatta soltanto per i soggetti che hanno fatto richiesta dal primo luglio al 31 dicembre 2020. Pertanto, non ci sono variazioni in merito alle condizioni e requisiti, che permangono tali e quali all’anno scorso. Pertanto, è fuori discussione che la citata modifica dei tempi attiene esclusivamente ai nuclei familiari che si sono mossi per tempo.

C’è un essenziale requisito di reddito cui fare riferimento: infatti detto bonus vacanze 2021 è rappresentato da uno sconto sotto forma di credito di imposta, destinato ai nuclei familiari con Isee al di sotto dei 40mila euro annui. Ricordiamo che per calcolare correttamente l’Isee è obbligatoria la cosiddetta Dichiarazione sostitutiva unica (DSU), che include i dati anagrafici; di patrimonio e di reddito di un certo nucleo familiare. Detta DSU è valida dalla data di presentazione fino al 31 dicembre successivo.

L’importo del bonus vacanze 2021

Attenzione anche al fatto che l’importo del bonus vacanze 2021 non è fisso, ma proporzionato in base al numero dei componenti del nucleo familiare che ne ha diritto. Ecco le cifre:

  • 500 euro per un nucleo familiare di tre o più persone;
  • 300 euro se il nucleo è di due persone
  • 150 euro da una persona.

Le norme in merito all’incentivo prevedono anche alcune limitazioni degne di nota. Infatti, il bonus vacanze 2021 può essere sfruttato da un solo membro del nucleo familiare. Può trattarsi anche di un soggetto differente da colui che di fatto ha presentato la domanda. Inoltre, detto beneficio deve essere speso in una unica soluzione, nell’ambito di una sola struttura turistica, situata nella penisola italiana.

Meccanismo di erogazione del bonus vacanze

Per quanto riguarda le modalità con cui richiedere il beneficio e il versamento dello stesso, ricordiamo che il meccanismo contempla esclusivamente la forma digitale, anche attraverso l’app IO della PA. Pertanto, per poter usufruire concretamente del bonus vacanze 2021, è obbligatorio che almeno un membro del nucleo familiare avente diritto, abbia attivato una identità digitale SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) o CIE 3.0 (Carta d’Identità Elettonica). In occasione della richiesta del bonus, l’interessato dovrà indicare le credenziali SPID e, in un secondo tempo, l’Isee aggiornato.

Non solo. La somma erogata sarà attribuita tramite un codice identificativo, legato a un QR code da presentare, con il codice fiscale, alla struttura turistica, in cui il nucleo ha deciso di trascorrere la vacanza. Da rimarcare che sarà poi l’operatore turistico a ottenere in via automatica il rimborso, sotto forma di credito d’imposta.

Che cosa si recupera con il 730?

Per coloro che hanno già sfruttato il bonus vacanze nel 2020, ora è giunto il momento di recuperare il 20%, tramite una detrazione fiscale. Infatti il bonus in oggetto è suddiviso in due parti, con l’80% da far valere nelle strutture ricettive autorizzate, ossia quelle con codice Ateco 55 (hotel; agriturismi; alberghi; campeggi; B&B; villaggi turistici).

Dunque, se l’80% è stato utilizzato direttamente nelle strutture turistiche – con lo sconto sul prezzo da versare per il soggiorno – il rimanente 20% è da indicare nella dichiarazione dei redditi. Ad esempio, chi ha ottenuto 500 euro di bonus, 400 li ha già recuperati, invece 100 euro varranno come detrazione dall’Irpef.

La detrazione vale per il  contribuente al quale è stata intestata la fattura; la ricevuta fiscale; il documento commerciale o lo scontrino. Ovviamente, si tratta dei documenti collegati alla vacanza nella struttura turistica, prescelta per le passate vacanze. In particolare, il bonus come detrazione va indicato nel 730/2021 al Quadro E, ossia nell’area inerente Oneri e spese. La sezione di riferimento è la VI, riguardante le “altre detrazioni di imposta”. Va indicato nel rigo E83 l’importo che è il 20% del costo delle vacanze stesse (nel limite del bonus vacanze) con il codice 3.

Concludendo, ribadiamo che il decreto Milleproroghe ha soltanto esteso la validità del voucher in oggetto; ma non i termini per la fare la domanda, che – come sopra accennato – andava presentata entro la fine dell’anno scorso. Tuttavia, al momento non è detto che con l’arrivo della stagione estiva, non siano introdotte nuove ed ulteriori agevolazioni e bonus in ambito turistico e vacanze.

Calcolo e pagamento Cassa Integrazione: debutta il flusso UniEmens-Cig

Calcolo e pagamento Cassa Integrazione: debutta il flusso UniEmens-Cig

UniEmens-Cig: novità sull’invio telematico dei dati per il pagamento diretto da parte dell’INPS della Cassa Integrazione.

L’INPS conferma il debutto del flusso UniEmens-Cig: importanti novità in merito alla trasmissione dei dati necessari al calcolo e al pagamento della cassa integrazione e le altre integrazioni salariali. Infatti, per le domande di trattamenti di integrazione salariale riferite a sospensioni o riduzioni dell’attività lavorativa, decorrenti dal 1° aprile 2021, la trasmissione dei dati è effettuata con il nuovo flusso UniEmens che prende gradualmente il posto del Modello SR41. Durante il periodo transitorio di durata semestrale l’invio dei dati potrà essere effettuato o con il nuovo flusso telematico UniEmens-Cig o con il vecchio modulo SR41.

La scelta è determinata dal datore di lavoro in fase di invio dei dati da aprile 2021. Di conseguenza, tutte le richieste di pagamento successive alla prima e riferite allo stesso Ticket dovranno essere inviate con la medesima modalità utilizzata per il primo invio. A regime, la trasmissione dei dati utili al pagamento diretto e all’accredito dei contributi figurativi connessi ai trattamenti COVID-19 avverrà esclusivamente con il nuovo invio telematico UniEmens CIG.

A specificarlo è l’INPS con la Circolare n. 62 del 14 aprile 2021, alla luce delle novità introdotte dall’art. 8, co. 5, del D.L. n. 41/2021.

Cassa integrazione Covid-19: nuovo periodo di integrazione salariale

Il 22 marzo 2021 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 70 il D.L. n. 41/2021, recante “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19”.

Il provvedimento, tra le altre, modifiche alla disciplina in materia di trattamenti di integrazione salariale connessi all’emergenza epidemiologica da COVID–19.

In particolare, oltre a introdurre un ulteriore periodo di CIGO, CIGD e di ASO, il provvedimento prevede altresì modifiche al sistema di trasmissione dei dati necessari al calcolo e alla liquidazione diretta delle integrazioni salariali.

Modello SR41 e Uniemens-Cig: novità

Le novità si inseriscono nel quadro dei provvedimenti finalizzati a semplificare il sistema di pagamento diretto ai lavoratori dei trattamenti di integrazione salariale (CIGO, CIGD e ASO) di cui i datori di lavoro, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica ancora in atto, hanno fatto ricorrente uso.

Va, peraltro, ricordato che la disciplina dei trattamenti di integrazione salariale connessi all’emergenza da COVID–19 ha reso più semplice il ricorso al pagamento diretto. In pratica è stata superata la previsione ordinaria che ne circoscrive l’utilizzo ai soli casi di “comprovata difficoltà finanziaria dell’azienda”.

Il nuovo flusso UniEmens-Cig riguarda anche l’invio dei dati che consentono all’Istituto di effettuare il pagamento a saldo dei trattamenti di integrazione salariale COVID-19 per cui i datori di lavoro hanno richiesto il pagamento diretto con anticipo del 40%.

In relazione alla portata della novella legislativa, si evidenzia che rientra nel campo di applicazione del nuovo sistema di trasmissione il flusso dei dati riferito ai trattamenti di integrazione salariale COVID-19 a pagamento diretto decorrenti da “aprile 2021” in poi.

Restano, dunque, esclusi dall’ambito di applicazione della norma i trattamenti di integrazione salariale del settore agricolo. Conseguentemente, per detti trattamenti rimangono in vigore le modalità di trasmissione dei dati tramite il modello SR43 semplificato.

CIG Covid-19: termini di trasmissione del flusso UniEmens-Cig

Con riferimento ai termini di trasmissione del flusso UniEmens-Cig, il datore di lavoro è tenuto a inviare all’Istituto i dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi:

  • entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale;

ovvero,

  • entro il termine di 30 giorni dalla notifica del provvedimento di autorizzazione, se più favorevole al datore di lavoro.

Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri a essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

Novità del flusso UniEmens-Cig rispetto al Modello SR41

L’utilizzo del flusso UniEmens-Cig implica una serie di vantaggi rispetto all’attuale modalità di trasmissione dei dati tramite il modello SR41 di seguito riassunti:

  • omogeneizzazione dei flussi e utilizzo di un unico linguaggio;
  • efficientamento dei tempi di erogazione della prestazione;
  • ulteriori vantaggi per i datori di lavoro e gli intermediari.

Compilazione del nuovo flusso UniEmens-Cig

Il ticket richiesto per la gestione dei pagamenti diretti tramite UniEmens-Cig sarà un Ticket tipizzato per tali pagamenti. Quindi, in fase di  richiesta del ticket nei casi di pagamento diretto va selezionata la relativa voce, indicante la corretta tipologia di pagamento diretto.

In fase di accoglienza verranno applicati controlli di coerenza del Ticket dichiarato nel flusso. Il ticket tipizzato richiesto per il pagamento diretto potrà essere dichiarato unicamente nela nuova tipologia di UniEmens.

Di conseguenza, un ticket per il pagamento diretto produrrà un errore bloccante se indicato in un flusso ordinario; un Ticket non tipizzato per il pagamento diretto produrrà un errore se indicato in un flusso UniEmens-Cig.

Patrimoniale sui conti correnti in

Patrimoniale sui conti correnti in arrivo? Il FMI rilancia l’idea. Ecco le ipotesi

La proposta di una nuova patrimoniale sui conti correnti torna alla ribalta, grazie al FMI. Ma in Italia il dibattito non è mai stato chiuso.

Periodicamente, si torna a parlare di patrimoniale e di nuova tassa sui conti correnti dei privati cittadini. D’altronde, negli ultimi tempi, le perdite economiche arrecate dalla pandemia e dalle restrizioni da lockdown, che ne sono conseguite, sono state del tutto evidenti. Secondo alcuni, dunque, sarebbe opportuno predisporre una patrimoniale ad hoc, tassando i redditi dei più facoltosi, per controbilanciare l’aumento del debito pubblico italiano, necessario a contrastare gli effetti negativi provocati dalla crisi sanitaria da coronavirus.

Non possono, pertanto, essere dimenticati gli scostamenti di bilancio a cui le forze politiche si sono affidate, per garantire ristori ed indennizzi alle categorie economiche più colpite negli ultimi mesi (pensiamo ad esempio all’azzeramento del turismo invernale). Cerchiamo allora di fare il punto della situazione, per capire quali potrebbero essere i prossimi passi in tema di nuova tassa patrimoniale sui conti correnti. 

Patrimoniale sui conti correnti: l’idea del FMI

La proposta di una nuova imposta sui redditi delle persone più ricche arriva dal Fondo monetario internazionale (FMI), che infatti – proprio in quest’ultimo periodo – si è mostrato assai favorevole all’introduzione di una nuova tassa sui redditi maggiori, così da contribuire alla ripresa finanziaria dei Paesi più penalizzati dalla pandemia. E tra questi, ovviamente, c’è anche l’Italia.

La nuova tassa patrimoniale contribuirebbe dunque a riequilibrare i conti: nel suo rapporto semestrale sulla fiscalità, l’FMI ha rilevato come nell’ultimo anno di pandemia le disuguaglianze e disparità tra ricchi e poveri siano aumentate. E, a ben vedere, c’era da aspettarselo.

Ecco perchè l’Ente internazionale ritiene una scelta opportuna quella di di prevedere ed imporre “un contributo temporaneo di recupero, riscosso su redditi elevati o ricchezza”. Lo scopo sarebbe quello di favorire la redistribuzione delle risorse in modo più equo e bilanciato, sia a favore di chi ha patito danni economici gravissimi (ad es. chi ha dovuto chiudere l’attività per colpa del coronavirus), sia a favore dei conti pubblici.

Come potrebbe funzionare la nuova tassa? Il meccanismo

Vero è che con un debito che aumenta ogni mese che passa, la soluzione prospettata dal FMI non pare certamente una sorpresa. D’altronde, i provvedimenti governativi sono costantemente adottati, servendosi di regolari e maggiori spostamenti del deficit pubblico.  Ci riferiamo, in particolare, ai decreti Sostegni del Governo Draghi. Ecco perchè la tassa patrimoniale sta tornando prepotentemente in auge.

Pertanto, il Fondo Monetario Internazionale è giunto alla conclusione per cui sarebbe auspicabile creare un meccanismo tramite cui i più ricchi saranno obbligati a finanziare una non irrilevante parte del deficit attuale. Secondo gli osservatori, il FMI potrebbe spingersi a chiedere una tassa patrimoniale sui valori mobiliari al 10%. Si tratterebbe di contributi temporanei, sui redditi più alti.

La patrimoniale si ispirerebbe a criteri di progressività

Ma potrebbe essere recuperata la proposta emersa nel passato Esecutivo, con abolizione IMU e dell’imposta di bollo sui c/c, sostituite un’imposta variabile sui patrimoni consistenti, ipotizzando contestualmente – per la nuova tassa patrimoniale – un’aliquota progressiva minima ad hoc.

Lo Stato potrebbe dunque introdurre una tassa a scaglioni sul patrimonio superiore ai 500.000,00 euro. Con una aliquota base dello 0,2% fino ad un milione; per poi aumentare al 2% o 3% per i patrimoni superiori ai 50 milioni di euro. Per questa via, è stato osservato che in questo modo non si colpirebbe in modo forzoso ed indiscriminato tutto il risparmio della cittadinanza, ma esclusivamente quello di una ristretta élite di persone. Tuttavia, c’è chi già fa notare che per i maxi-patrimoni sopra il miliardo di euro, il rischio di una super-aliquota sarebbe assai concreto. Nell’ottica della nuova patrimoniale, anche le ricchezza all’estero che producono redditi in Italia.

Per quanto attiene alle proprietà immobiliari, la proposta sarebbe quella di revisionare le rendite catastali verso l’alto. E’ chiaro però che idee come quelle appena riportate, se venissero nuovamente considerate ed introdotte anzi nel programma di Governo, condurrebbero altresì a nuove polemiche e critiche. Temi come quello della tassa patrimoniale sono da sempre forieri di divisioni sia a livello politico che di opinione pubblica. Trovare una convergenza che soddisfi tutti – sul tema della nuova tassa patrimoniale – è e resta dunque un rebus.

I tratti essenziali della patrimoniale: temporaneità ed essenzialità

Caratteristica tipica della tassa patrimoniale è la eccezionalità. Detta imposta è dunque stata storicamente prevista in mere situazioni di gravità straordinaria per il Paese, complessivamente considerato. E’ stata utilizzata per contribuire alla ripresa a seguito dei debiti di guerra e delle distruzioni legate alle due guerre mondiali e per oltrepassare le crisi finanziarie del 1992 e nel 2012. Ci riferiamo, in particolare, ai prelievi sui conti correnti all’epoca del Governo Amato e alla tassa sugli immobili, durante il governo Monti.

Per questo un suo utilizzo temporaneo, e legato alla delicatezza della situazione socio-economica attuale, potrebbe essere giustificato dalle circostanze straordinarie dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

La stessa Elsa Fornero appare favorevole all’idea di una nuova tassa patrimoniale che, interpellata sul punto dagli organi di informazione, si è espressa così:

“Aumenterà il debito pubblico, in questo momento fare debito è ammesso e dovuto, altrimenti dove si prendono i soldi? Si potrebbe introdurre una patrimoniale, ma quale partito la proporrebbe? Sarebbe un discorso onesto, vorrebbe dire non addossare tutto alle generazioni future”.

E ha aggiunto che: “Il debito sarà un problema, ma il principale è il lavoro, perché si lavorava poco e si lavorerà ancora meno”. Ciò quasi a voler sottolineare che la nuova tassa patrimoniale è praticamente una soluzione obbligata. Staremo a vedere se dalle parole si passerà ai fatti, e con quali conseguenze pratich

Sant’ Emma di Sassonia

 

Sant’ Emma di Sassonia


Sant' Emma di Sassonia

Nome: Sant’ Emma di Sassonia
Titolo: Vedova
Nascita: XI Secolo, Germania
Morte: 1040, Germania
Ricorrenza: 19 aprile
Tipologia: Commemorazione

Le Sante con il nome di Emma sono due: della seconda non avremo occasione di parlare, perché la sua memoria cade il 29 giugno, festa degli Apostoli Pietro e Paolo. Della prima possiamo invece parlare oggi, dato che nessun altro Santo è proposto, a questa data, dal Calendario universale. Ne consegue che il 19 aprile può essere preso come giorno onomastico di tutte le donne che ripetono questo nome bello quanto diffuso; e nome a pieno diritto, non cioè, come qualcuno potrebbe credere, semplice diminutivo.

Sembra che il nome Emma sia germanico, la cui forma originaria fu Imma, che ebbe anche un maschile, Immo, in seguito scomparso. Attraverso la forma antica di Imma, sembra che sia imparentata anche con Irma, nome che però non ha una propria Santa tutelare, o meglio che vien fatto cadere sotto la protezione di Sant’Irmina.

La Santa che oggi incontriamo sotto il nome germanico di Emma fu anch’ella tedesca, e visse intorno dell’anno Mille. Ella era sorella di San Meginverco, Vescovo di Paderborn, ed aveva sposato in giovanissima età il conte Ludgero, il quale però morì dopo pochi anni di matrimonio.

Ed ecco la caratteristica più spiccata della nostra Santa Emma: quella di essere restata vedova per quarant’anni, e vedova esemplare, facendo della sua delicata condizione uno strumento più raffinato di perfezione spirituale.

Alla morte del marito, era ricca, giovane e bella. Avrebbe potuto, come si dice comunemente, « rifarsi una vita », e vivere onestamente, e magari virtuosamente, accanto ad un altro uomo e nell’affetto di una famiglia. Scelse invece la via più difficile. quella della rinunzia al mondo e a tutti i suoi allettamenti. Una rinunzia che non fu né egoista né sterile, perché Santa Emma fece della sua condizione vedovile non soltanto un mezzo di propria perfezione spirituale. ma soprattutto uno strumento di bene per il prossimo. con la preghiera e con l’incessante carità. Erede di un ricchissimo patrimonio, la Santa vedova lo amministrò nel modo più redditizio, distribuendolo ai poveri e donandolo a istituzioni benefiche, perché fosse investito in opere di carità corporale e anche spirituale. Quando morì, nel 1040, si era spogliata non soltanto delle sue doti femminili, della bellezza e della gioventù, ma anche di tutte le sue ricchezze materiali. E se la prima circostanza era dovuta semplicemente al passare degli anni, la seconda era stata merito suo, di Santa Emma, modello di vedova cristiana, nel senso più ricco e più umano del termine. La vedovanza non era stata infatti, per lei, fedeltà quasi morbosa a un ricordo sempre più lontano, ma impegno di vita vissuta giorno per giorno, come sposa, pur senza marito, come madre, pur senza figli: come donna, insomma, la cui più alta missione è quella di dare: dare se stessa, cioè dare e moltiplicare la vita, sia in senso genetico che in senso sociale e spirituale.

Smart working, un incentivo a ritardare la pensione

Smart working, un incentivo a ritardare la pensione

Il ricorso allo smart working migliora le condizioni di lavoro e le domande di pensione anticipate con quota 100 tendono a scemare.

di , pubblicato il  alle ore 09:00
Il ricorso allo smart working migliora le condizioni di lavoro e le domande di pensione anticipate con quota 100 tendono a scemare.

 
A Cesena IV tappa ‘Articoliamo’ per salute articolare emofilici
 
 
 
 
 
 
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Lo smart working si è rivelato un incentivo a restare al lavoro. Le migliori condizioni lavorative offerte dall’ambiente domestico, in alternativa agli uffici, hanno ritardato i pensionamenti nel settore terziario.

A farlo notare è il presidente dell’Inps Pasquale Tridico durante un intervento all’evento “Italia 2021, le sfide della pubblica aministrazione”. L’impressione dell’Inps è che lo smart working abbia incentivato molti lavoratori a restare in servizio o al lavoro pur avendo maturato i requisiti per andare in pensione in anticipo.

Smart working incentivo a restare in servizio

Non ci sono numeri precisi da analizzare, anche perché lo smart working ha preso piede in maniera dirompente solo da un anno in Italia. Ma pare che vi sia la tendenza a posticipare la domanda di pensione anticipata fra gli impiegati. Dice Tridico:

non sono sicuro che la chiusura di quota 100 possa incentivare grandi numeri perché ci sono delle finestre prestabilite. Quello che abbiamo visto negli ultimi tempi è sostanzialmente che il tasso delle domande è in linea con l’andamento del triennio probabilmente favorito anche dallo smart working“.

E’ quindi possibile che molti lavoratori in odore di pensionamento anticipato, pur avendo maturato i requisiti per uscire con quota 100, abbiano deciso di restare in servizio. Soprattutto nella pubblica amministrazione.

La pensione può attendere

E’ del resto verificato da più parti che il settore terziario ha tratto notevole vantaggio dal riscorso allo smart working in Italia. Sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Nel primo caso si tratta di un miglioramento netto delle condizioni lavorative che, grazie a internet, ha permesso a tanti impiegati di svolgere le incombenze d’ufficio a distanza, da casa, senza lontano dallo stress degli uffici e dei capi.

Un vantaggio adatto però più per adulti che per giovani.Nel secondo caso, invece, lo smart working ha permesso ai datori di lavoro di risparmiare enormi risorse economiche. Se da un lato la pandemia ha obbligato i lavoratori a stare a casa, dall’altro ha creato le premesse strutturali per consentire enormi risparmi di spesa. Mantenere aperti uffici, pagare affitti, assicurazioni, forniture e servizi ha un costo elevato per le aziende. Potendone fare a meno, esse hanno risparmiato sui costi.

Pensione più tardi in smart working

Ma torniamo ai lavoratori in smart working. Secondo svariati sondaggi condotti sia in Italia che all’estero, lavorare da casa è più salutare e proficuo. Quando la pandemia si sarà diradata, sarà difficile che si torni alla normalità pre-covid in questo senso. I lavoratori hanno già fatto sapere che preferiscono lavorare a distanza piuttosto che in ufficio. Tanto nella pubblica amministrazione quanto nel settore privato.

Ne deriva che migliori condizioni ambientali e lavorative per i dipendenti abbiano un impatto positivo anche sui conti dell’Inps. La tendenza che si è avvertito – come sottolinea Tridico – è che le domande di pensione anticipata non sono aumentate nell’ultimo anno.

Il lavoro agile nel piano di riforma pensioni

Il riferimento esplicito è a quota 100 dove occorre aver maturato almeno 38 anni di contributi e 62 di età. Opzione che tramonterà alla fine del 2021. Resta da vedere cosa il legislatore introdurrà al suo posto, ma è evidente che non si potrà non tener conto del cambiamento epocale delle condizioni lavorative con l’avvento dello smart working.

Il lavoro agile potrebbe così entrare a far parte dei piani di riforma del sistema pensionistico italiano. Le ipotesi che si rincorrono sono molte e, data la positiva esperienza del ricorso al lavoro a distanza, il pensionamento potrebbe essere legato anche alle migliori condizioni lavorative e di vita conseguenti al ricorso a tale forma di lavoro agile.