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RIFORMA PENSIONI/ Dopo Quota 100 perché non ripartire dall’Ape sociale?

RIFORMA PENSIONI/ Dopo Quota 100 perché non ripartire dall’Ape sociale?

Pubblicazione: 20.04.2021 – Giuliano Cazzola

Prima o poi il Governo dovrà occuparsi del rompicapo della riforma delle pensioni. E per il post-Quota 100 si può ripartire dall’Ape sociale

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RIFORMA PENSIONI E QUOTA 100: CHE FARE? Tra i criteri che la Corte Costituzionale richiede per l’ammissibilità di un referendum abrogativo/manipolativo (quando il quesito con un lavoro accurato di bisturi sulle frasi e le parole trasforma il dispositivo della norma) vi è quello definito della “autoapplicazione” della norma modificata. In sostanza la norma amputata deve risultare (ancorché diversamente) precettiva rispetto alla materia regolata. Il paragone non è pertinente, in senso tecnico-giuridico, con riguardo al sistema pensionistico, ma rende bene l’idea di quanto intendo proporre. 

 


 
 

Prima o poi il Governo dovrà occuparsi del rompicapo delle pensioni, anche in vista del venire a scadenza a fine anno (salvo che per coloro che ne maturino i requisiti entro il corrente anno ma intendano avvalersene successivamente) di “quota 100“, il frutto proibito del Giardino dell’Eden giallo-verde. Siamo proprio sicuri che sia necessario – una volta decisa la mancata proroga – individuare una misura di carattere strutturale che stabilizzi quanto previsto in proposito dal decreto n.4/2019? 

 
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Vediamo una cosa per volta. In primo luogo, la disciplina, sfrondata di una norma sperimentale temporanea, sarebbe “autoapplicabile” secondo il seguente schema: a) pensione di vecchiaia a 67 anni e almeno 20 anni di versamenti; b) pensione anticipata di vecchiaia (ex anzianità) facendo valere, a prescindere dell’età anagrafica, 42 anni e 10 mesi se uomo, un anno in meno se donna. Anche in questo caso si tratta di una deroga giallo-verde che verrà a scadenza (salvo modifiche) alla fine del 2026; c) opzione donna con 58 anni e 35 di contributi ma in regime interamente contributivo. A tre capisaldi si aggiungono altre norme di carattere strutturale quali le tutele per i lavori usuranti e per l’accesso precoce al lavoro. 

A questo punto, però, si levano come un sol uomo i “difensori della fede” per denunciare l’ostacolo di un nuovo “scalone” sulla strada verso l’agognata pensione. Infatti, col venir meno della scorciatoia di quota 100 (62 anni + 38 di contributi), i soggetti che non sono in grado di far valere i requisiti per la pensione anticipata ordinaria (lo ripetiamo: 42 anni e 10 mesi di versamenti se uomini e un anno in medo se donne) finirebbero nel girone della vecchiaia dovendo così sottostare (ecco lo scalone) a un limite anagrafico di 67 anni. “Come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”, rammenta il Poeta. 

È il caso però di porsi una domanda: che cosa ci sta a fare l’Ape sociale, una misura sempre riconfermata (sarebbe bene che diventasse strutturale) anche dallo stesso Governo Conte 1? Ricordiamoci i requisiti: età pari ad almeno 63 anni; anzianità contributiva minima di 30 anni (36 per lavoratori che svolgono attività difficoltose o rischiose); maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi; non essere titolari di alcuna pensione diretta; cessazione di qualunque attività lavorativa anche autonoma.

L’Ape (anticipo pensionistico) sociale consiste in un’indennità, a favore di determinate categorie di soggetti in condizioni di disagio famigliare, occupazionale e sociale, e spetta fino alla maturazione dei requisiti pensionistici di vecchiaia. La prestazione ha natura assistenziale, è a carico dello Stato ed erogata dall’Inps. L’indennità è pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione, non può in ogni caso superare l’importo massimo mensile di 1.500 euro, non è soggetta a rivalutazione ed è erogata mensilmente su dodici mensilità all’anno. L’indennità è comunque compatibile con la percezione di redditi da lavoro nei limiti di 8.000 euro annui. 

Certo, le differenze tra l’Ape e una pensione sono evidenti, soprattutto per il fatto che, nell’anticipo, sono previste delle condizionalità che non esistono nel caso del pensionamento di anzianità. È diversa la logica delle due misure: l’Ape si rivolge (ci sono fino a 43 mesi di anticipo del trattamento) a chi ha un’esigenza effettiva di uscire dal lavoro il prima possibile; e può farlo a carico dello Stato. Quota 100 e surrogati rientrano nelle scelte di vita della persona. 

Santa Sara di Antiochia

 

Santa Sara di Antiochia


Nome: Santa Sara di Antiochia
Titolo: Martire
Nascita: III Secolo, Antiochia, Turchia
Morte: 20 aprile 305, Antiochia, Turchia
Ricorrenza: 20 aprile
Tipologia: Commemorazione

Il Sinassario Alessandrino è l’unico documento a portare testimonianza scritta di Santa Sara vissuta fra il III ed il IV secolo, ponendo il giorno commemorativo della sua “rinascita al cielo” (dies natalis) il 20 aprile.

Figlia di una famiglia benestante, andò in sposa ad un alto ufficiale impegnato nelle persecuzioni avviate da Diocleziano. Preferì non fare battezzare in città i figli, decidendo di farlo ad Alessandria d’Egitto, dove viveva una prosperosa comunità di cristiani che non erano ancora stati eccessivamente vessati dalle persecuzioni.

Durante il viaggio, avversato da una tempesta che faceva presagire un naufragio, Sara si incise il petto con un coltello e con il sangue segnò con un segno di croce la fronte dei due bambini, poi li immerse per tre volte nell’acqua del mare, invocando la Santissima Trinità, secondo il rito battesimale. La tempesta passò e la nave giunse al porto di Alessandria d’Egitto, qui Sara si presentò dal prete Pietro per fare battezzare i figli. Giunto il momento di ricevere il battesimo, però, avvenne un fatto inspiegabile: ogni volta che Sara si avvicinava per far battezzare i figli, l’acqua del battistero si congelava all’istante. Sara domandò spiegazioni al prete, il quale, saputo del battesimo somministrato in un momento di grande pericolo, la rassicurò della validità del sacramento da lei impartito ai figli.

Sara fece ritorno ad Antiochia con i figli. Giunta a casa raccontò il fatto al marito Socrate sperando nella sua conversione, ma l’ufficiale fece rapporto al suo comandante Diocleziano. Questi fece convocare Sara e la inquisì con asprezza, ella spaventata si chiuse in un totale mutismo. Irritato per il comportamento tenuto dalla donna, la condannò al rogo con i suoi due figli.