Archivi giornalieri: 1 aprile 2021

Blocco dei licenziamenti e cassa integrazione covid-19: le novità del decreto Sostegni

Blocco dei licenziamenti e cassa integrazione covid-19: le novità del decreto Sostegni

Quali sono le novità del Decreto Sostegni su blocco dei licenziamenti e cassa integrazione covid-19? Ecco una analisi completa

Nell’ottica di contrastare gli effetti economici dell’emergenza COVID-19 il Governo Draghi ha licenziato il Decreto legge numero 41 del 22 marzo 2021 cosiddetto Decreto Sostegni contenente importanti disposizioni in materia di lavoro, contenute nel Titolo II.

Tra queste spiccano la proroga del blocco dei licenziamenti e le ulteriori settimane di cassa integrazione con causale “COVID-19”. Analizziamo le novità in dettaglio.

Blocco dei licenziamenti: le novità del decreto Sostegni

Il Decreto legge numero 41 ha prorogato al 30 giugno prossimo lo stop ai licenziamenti previsto dalla Legge di bilancio (L. n. 178/2020) sino al 31 marzo.

La misura (articolo 8 comma 9) inibisce alle aziende la possibilità di ricorrere a:

  • Licenziamenti individuali o plurimi per giustificato motivo oggettivo;
  • Procedure di licenziamento collettivo.

Sono altresì sospesi:

  • I licenziamenti collettivi pendenti avviati in data successiva al 23 febbraio 2020;
  • Le procedure di conciliazione obbligatoria in corso, previste per i dipendenti cui si applica la tutela ante Jobs Act.

Lo stop tuttavia non opera per le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso sia stato riassunto in conseguenza di cambio di appalto da parte del nuovo appaltatore, in conseguenza di un obbligo di legge, contratto collettivo ovvero clausola del contratto di appalto.

Sono inoltre esclusi, anche se rientranti nel novero dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, i recessi intimati in conseguenza di:

  • Cessazione definitiva dell’attività d’impresa;
  • Cessazione definitiva dell’impresa conseguente alla messa in liquidazione senza prosecuzione, sia pur parziale, dell’attività, nei casi in cui durante la liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività, tali da integrare un’ipotesi di trasferimento d’azienda o di un ramo di essa;
  • Accordo aziendale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, sottoscritto con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (in questa ipotesi, al ricorrere degli altri requisiti ordinari, l’interessato ha diritto all’indennità di disoccupazione NASPI);
  • Fallimento dell’impresa in assenza di esercizio provvisorio.

Con riguardo all’ultima ipotesi, a fronte della cessazione parziale dell’azienda, il divieto di licenziamento si applica esclusivamente ai settori in esercizio provvisorio.

Proroga del divieto di licenziamento con CIG COVID-19

Lo stop ai licenziamenti sarà inoltre prorogato dal 1° luglio al 31 ottobre 2021 (articolo 8 comma 10) per le sole aziende che faranno ricorso agli ammortizzatori sociali con causale COVID-19 previsti dallo stesso Decreto “Sostegni”, per gli eventi di:

  • Cassa integrazione guadagni in deroga (CIGD);
  • Assegno ordinario erogato dal FIS;
  • Cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA).

Lo stop ai licenziamenti per chi usufruirà della CIG avrà le stesse caratteristiche di quello operante sino al 30 giugno 2021, ivi compresi i casi di esclusione sopra citati.

Cassa integrazione ordinaria COVID-19: le novità del decreto Sostegni

Il Decreto legge “Sostegni” riconosce ulteriori settimane di Cassa integrazione per le aziende che hanno sospeso o ridotto l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza COVID-19.

In particolare (articolo 8 comma 1) le aziende private, con riferimento ai lavoratori in forza al 23 marzo 2021, possono presentare domanda di Cassa integrazione ordinaria per un periodo di 13 settimane dal 1° aprile al 30 giugno 2021.

L’accesso alla Cassa non comporta il pagamento di alcun contributo addizionale.

Si ricorda che la Legge di bilancio (L. n. 178/2020) ha introdotto dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2021 la possibilità di accedere alla CIGO “COVID-19” per un massimo di 12 settimane.

Cassa integrazione in deroga e assegno ordinario

L’articolo 8 comma 2 riconosce ulteriori periodi di Cassa integrazione in deroga (CIGD) ed assegno ordinario erogato dal FIS a beneficio dei datori di lavoro privati che sospendono o riducono l’attività per cause riconducibili all’emergenza COVID-19, limitatamente ai soggetti in forza al 23 marzo 2021.

A differenza della CIGO, la Cassa in deroga e l’assegno ordinario hanno a disposizione un plafond di 28 settimane dal 1° aprile al 31 dicembre 2021.

Nonostante l’accesso ai citati ammortizzatori sia privo di costi (non è dovuto il contributo addizionale all’INPS), le aziende che accedono alla CIGD o all’assegno ordinario saranno bloccate nei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo sino al 31 ottobre 2021, come sopra evidenziato.

E’ opportuno precisare che la Manovra 2021 (L. n. 178/2020) ha riconosciuto 12 settimane di CIGD ed assegno ordinario dal 1° gennaio al 30 giugno 2021.

Di conseguenza, un’azienda che ricorre ininterrottamente alla CIGD prevista dalla Legge di bilancio esaurirà le 12 settimane il 25 marzo 2021, salvo poi accedere ai periodi ex Decreto “Sostegni” dal 1° aprile 2021.

CISOA

Dopo che la Legge di bilancio ha riconosciuto, dal 1° gennaio al 30 giugno 2021, un massimo di 90 giorni di Cassa integrazione salariale operai agricoli con causale “COVID-19”, l’articolo 8 comma 8 ha previsto ulteriori 120 giorni dal 1° aprile al 31 dicembre 2021.

Ammortizzatori sociali Decreto Sostegni: modalità di pagamento

A differenza di quanto accaduto per i precedenti periodi di Cassa “COVID-19”, il D.l. “Sostegni” ha uniformato le modalità di pagamento delle ore non lavorate a carico dell’INPS.

E’ infatti possibile, con riferimento a tutti i trattamenti, scegliere tra l’anticipo in busta paga degli importi in capo all’INPS (con successivo recupero in sede di versamento dei contributi all’Istituto con modello F24) ed il pagamento diretto ai beneficiari.

La novità in parola investe le domande di Cassa integrazione in deroga, per le quali, sino al 31 marzo 2021, era possibile optare per il solo pagamento diretto da parte dell’INPS ai beneficiari; eccezion fatta per quelle riguardanti le aziende “plurilocalizzate”.

Domande di accesso

Le aziende che intendono ricorrere agli ammortizzatori previsti in Decreto Sostegni devono inviare la richiesta direttamente all’INPS; l’Istituto ha individuato le modalità di invio con il messaggio numero 1297 del 26 marzo 2021.

Il termine, a pena di decadenza, entro cui trasmettere le istanze è fissato alla fine del mese successivo quello di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. In via eccezionale, in sede di prima applicazione della normativa, la scadenza coincide con il 30 aprile 2021.

Nei casi di pagamento diretto, l’invio all’INPS dei modelli “SR41” per l’erogazione delle spettanze ai beneficiari è previsto:

  • entro la fine del mese successivo quello interessato dal periodo di integrazione salariale
  • ovvero, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dal provvedimento di concessione (ricevimento della PEC).

In sede di prima applicazione, la scadenza è stabilita al trentesimo giorno successivo quello di entrata in vigore del “Sostegni”; nel caso in cui quest’ultimo risulti più favorevole dei termini ordinari.

Nuovo Decreto covid per aprile: ecco quali sono le novità dopo Pasqua

Nuovo Decreto covid per aprile: ecco quali sono le novità dopo Pasqua

Via libera al nuovo Decreto Covid Aprile: diverse novità dalle restrizioni, allo sblocco dei Concorsi, al rientro a scuola e altro ancora.

 

Altre novità in arrivo in tema di regole sugli spostamenti e limitazioni totali o parziali delle attività lavorative. Infatti, nel pomeriggio di mercoledì 31 si è riunito il CdM che ha varato il nuovo Decreto covid per aprile. Le nuove regole saranno il più aderenti possibile agli ultimi sviluppi della questione coronavirus in Italia. La necessità d’altronde è limpida, se pensiamo che le norme al momento vigenti scadono il 6 aprile, dunque dopo le festività pasquali che – come già successo per quelle natalizie – vedranno tutta Italia colorata di rosso.

Cerchiamo allora di fare il punto della situazione e di capire quali sono le novità più significative e le modifiche alle regole valide al momento, in vista del mese di aprile.

Decreto covid aprile: confermate le restrizioni, ma con alleggerimenti

Niente zone gialla e bianche prima di fine mese, tuttavia vi è spazio per qualche allentamento delle restrizioni. Infatti, proprio il premier Draghi ha già reso noto che le misure dipenderanno da una dettagliata analisi dell’andamento della curva dei contagi. Anzi nel decreto aprile, è incluso un particolare meccanismo per il quale, da una certa data di aprile in poi e nella sussistenza di dati molto confortanti, le autorità potrebbero permettere un allentamento delle misure restrittive e di parziale (o totale) lockdown.

Insomma, la norma permette degli alleggerimenti delle misure anti-contagio già dal mese in corso. Ma per averne certezza, sarà necessario tener conto anche del numero delle vaccinazioni giornaliere, che si auspica in aumento entro pochi giorni. Sono in arrivo in Italia circa 500mila dosi del vaccino Moderna; ed entro un paio di settimane è atteso anche quello di Johnson&Johnson.

Tuttavia, nell’ambito del Governo Draghi, trovare la quadra tra fronte degli ‘aperturisti’ e quello dei ‘rigoristi’ non è stato affatto facile.

Ok alla norma che sanziona i no-vax nel personale sanitario

Nel Decreto trova spazio la norma, di carattere bipartisan, atta a impedire che gli operatori sanitari (medici ed infermieri) infettino pazienti in corsia; o comunque i privati cittadini che si trovano all’interno degli ospedali, luoghi di cura e gli anziani ospitati nelle Rsa.

Detta norma, in buona sostanza, impone un implicito obbligo di vaccinazione non soltanto per i medici a contatto con i malati, ma per tutto il personale che lavora in strutture sanitarie.

La nuova regola non impone il licenziamento per coloro che diranno no al vaccino; ma prevede sanzioni quali: una multa, l’interdizione dalle mansioni o lo spostamento in altri settori o uffici per impedire il contatto diretto dei ‘no vax’ con i pazienti e tutti i privati cittadini presenti nelle strutture sanitarie. Non solo: sul tavolo anche probabili sanzioni specifiche per le strutture sanitarie che non intervengono sui sanitari no-vax.

Sblocco dei concorsi della PA nel nuovo decreto

Il nuovo provvedimento dell’Esecutivo prevede anche lo sblocco dei concorsi pubblici della PA. Una notizia attesa da molti, e accolta con soddisfazione in particolar modo dal Ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. “Nel decreto Covid il governo sbloccherà tutti i concorsi della pubblica amministrazione“,  aveva dichiarato l’esponente di Forza Italia, nel corso dalla presentazione della relazione 2020 del CNEL sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche.

In questa decisione dello sblocco, è stato determinante il contributo del Comitato tecnico scientifico (CTS), il quale – di fatto – ha dato il via libera a tutti i concorsi della pubblica amministrazione, in precedenza congelati causa pandemia. C’è però da puntualizzare che per comprendere con chiarezza i termini della riapertura, occorrerà poter leggere i contenuti del decreto covid nella sua versione finale.

Come appena accennato, è emersa sul punto la soddisfazione di Brunetta che ora potrà spingere con ancor maggior forza su una complessiva riforma della PA, forse entro l’anno in corso. Tra gli obiettivi, un maggior ricambio generazionale e una più marcata digitalizzazione dei servizi al cittadino. A detta riforma, peraltro, non può non ricollegarsi altresì la pensione anticipata nel pubblico impiego, come recentemente abbiamo già avuto modo di notare.

Viaggi all’estero limitati con il nuovo decreto

Altra spinosa questione è quella relativa ai viaggi all’estero: il Ministro della Salute Speranza ha già firmato una ordinanza ad hoc che impone fino al 6 aprile un doppio tampone e quarantena obbligatoria al ritorno per chi effettua viaggi pasquali nei Paesi UE. Confermata la quarantena obbligatoria fino a 14 giorni, invece, per chi proviene da paesi non dell’area UE e comunque considerati ad alto rischio.

Il Premier Draghi si è mostrato d’accordo con la finalità dell’ordinanza di Speranza, ossia stabilire un “forte deterrente” agli spostamenti fuori dall’Italia. E detta scelta appare condivisibile, se pensiamo che i Paesi dove è possibile andare nelle vacanze pasquali, ‘senza necessità di motivazione’; ed anche quindi per motivi turistici, non sono pochi in Europa. Tra essi, Spagna, Croazia, Portogallo e Grecia.

Riapertura delle scuole

Un altro elemento significativo che trova spazio nel decreto covid è rappresentato dal ritorno a scuola dei bambini di asilo nido, scuole materne, elementari e prima media.

Fino alla prima media si tornerà in presenza anche nelle zone rosse. Nelle zone arancioni saranno in classe gli alunni fino alla terza media e quelli delle superiori, ma al 50%.

Infine i presidenti di Regione, a differenza di quanto è stato fino ad oggi, non potranno emanare ordinanze più restrittive per chiudere le scuole.

Bar e ristoranti

Restano chiuse le attività di ristorazione bar e ristoranti. Sarà possibile solo l’asporto, fino alle 18, e la consegna a domicilio, fino alle 22 e comunque solo per i ristoranti. Se vi sarà il ripristino delle zone gialle, bar e ristoranti potranno riaprire a pranzo.

Palestre, piscine, cinema, teatri e musei

Nessuna riapertura fino al 30 aprile neanche per palestre, piscine, cinema, teatri e musei. Se la verifica di metà mese darà esito positivo e torneranno le zone gialle, si valuterà la riapertura di cinema e i teatri con le regole previste nel precedente decreto: prenotazione obbligatoria, massimo 200 spettatori al chiuso e 400 all’aperto. Anche per i Musei valgono le stesse ipotesi.

Riforma pensioni

 

Riforma pensioni: da Quota 102 a Quota 41, ipotesi allo studio

Riforma Pensioni: spunta l’opzione Quota 41, che consente di superare Quota 100 e anticipare l’età della pensione.

di , pubblicato il  alle ore 17:00
Riforma Pensioni: spunta l’opzione Quota 41, che consente di superare Quota 100 e anticipare l’età della pensione.

A Cesena IV tappa ‘Articoliamo’ per salute articolare emofilici
 
 
 

e Automatica è in Pausa

Come lasciare il mercato occupazionale a 64 anni? I sindacati avanzano le ipotesi allo studio: spunta l’opzione Quota 41, che consente di superare Quota 100 e anticipare l’età della pensione al di sotto dei 67 anni previsti per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia.

Allo studio anche Quota 102 che sostituirà la misura previdenziale Quota 100, la quale consente di accedere al pensionamento con 64 anni di età e con almeno 38 anni di contributi.

Riforma delle Pensioni: Quota 41

Quota 41 è la misura previdenziale riservata esclusivamente ai lavoratori precoci ma il Governo sembra essere disponibile ad estenderla a coloro che sono giudicati inidonei, ai lavoratori fragili e a coloro che sono a maggior rischio COVID (lavoratori del settore trasporti e sanità).

Ad oggi è improbabile che il Governo possa decidere di introdurre la misura Quota 41 per tutti a partire dall’anno 2022.

Quota 41 prevede l’uscita dal mercato previdenziale con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica.

Quota 41 comporterebbe una riduzione dell’assegno previdenziale anche fino al 25% o 30%.

Per accedere alla riduzione del requisito contributivo per i precoci è necessario presentare una domanda di riconoscimento.

Si ricorda che la domanda va presentata online all’INPS attraverso il servizio dedicato.

In alternativa, si può inoltrare l’istanza tramite:

  • Contact Center al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164 164 da rete mobile;
  • Enti di patronato e intermediari abilitati attraverso i servizi telematici.

Riforma delle Pensioni: in arrivo Quota 102

Con l’addio definitivo di Quota 100 il Premier Draghi studia la possibilità di introdurre Quota 102.

Il meccanismo di Quota 102 sarebbe il medesimo di quello previsto da Quota 100, ma consentirebbe di uscire dal mondo del lavoro al compimento di 64 anni con 38 anni di contributi.

Di certo sarebbe previsto il taglio dell’assegno previdenziale che verrebbe accreditato a coloro che farebbero richiesta di Quota 102.

La nuova misura di anticipo pensionistico Quota 102 comporterebbe un risparmio di spesa rispetto al rinnovo di Quota 100.

Riforma delle Pensioni: in arrivo Quota 92

Altra possibile ipotesi allo studio è la possibile introduzione della misura Quota 92, ma solo per i lavori usuranti.

La misura previdenziale prevederebbe l’abbassamento del numero di anni di contribuzione, consentendo di uscire a 62 anni con 30 anni di contributi.

Per accedere a questa forma di pensione anticipata è necessario essere lavoratori fragili, usuranti e donne.

I dieci modi per andare in pensione anticipata nel 2021

I dieci modi per andare in pensione anticipata nel 2021

Dieci metodi per il ritiro anticipato dal lavoro nel 2021. Ovvero: la pensione anticipata vera e propria, Quota 100, l’assegno straordinario, l’Ape sociale, la Rita, l’isopensione e altri

Ci sono dieci modi per andare in pensione anticipata nel 2021. Dieci scorciatoie che passano per vie ordinarie, ovvero previste dalle norme vigenti, oppure sfruttando l’attività che si effettua e le possibilità di ritiro prima del tempo. Oppure con l’aiuto dello Stato o dell’azienda. Ed è possibile anche l’anticipo di una rendita sulla futura pensione integrativa mentre si è ancora al lavoro.

I dieci modi per andare in pensione anticipata nel 2021 li enumera Italia Oggi. Il primo è il più semplice, ovvero la pensione anticipata. È possibile accedere attraverso il requisito contributivo, ovvero la valutazione dei periodi contributivi per i lavoratori che hanno contributi versati al 31 dicembre 1995 (ovvero coloro che appartengono al regime retributivo o misto di calcolo della pensione) e coloro che hanno iniziato a versare i contributi dal primo gennaio 1996. Il quotidiano spiega che in entrambi i casi e fino al 31 dicembre 2026 le donne possono andare in pensione con 41 anni e 10 mesi di contributi, gli uomini con 42 anni e 10 mesi. Questo significa che è possibile andare in pensione con 42 anni e 1 mese le donne e con 43 anni e 1 mese gli uomini. Nel caso di lavoratori senza contributi al 31/12/1995 è possibile un’ulteriore uscita: a 64 anni di età con 20 anni di contributi.

Poi c’è quota 100. La misura sperimentale varata dal primo governo Conte si esaurisce quest’anno e consente di andare in pensione maturando la somma di 100 tra somma di età (non inferiore ai 62 anni) e contributi (almeno 38 anni). Quota 100 varrà fino al 31 dicembre 2021 ed entro quel termine è necessario maturare l’età e i contributi per garantirsi il diritto al pensionamento anticipato. Possono avvalersi di quota 100 i lavoratori dipendenti ed autonomi, inclusi i parasubordinati del settore pubblico e privato. Sono esclusi il personale militare e delle forze armate. Il cumulo contributivo è utilizzabile.

Il terzo metodo è l’assegno straordinario fondi solidarietà bilaterali. Si tratta di un’invenzione della riforma Fornero poi confermata dal Jobs Act.  I fondi servono per erogare prestazioni a sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro, prestazioni integrative, assegni straordinari per il sostegno al reddito riconosciuti nel quadro di processi di agevolazioni all’esodo e contributi al finanziamento di programmi formativi o di lavoratori. I fondi possono prevedere l’erogazione di un assegno straordinario in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa. Ma bisogna maturare i requisiti per il pensionamento entro i successivi cinque anni. Le regole valgono anche per quota 100.

Anche i lavoratori precoci possono andare in pensione anticipata. Si tratta di coloro che hanno lavorato e versato contributi prima dei 19 anni di età e qualora siano disoccupati, invalidi, impegnati in attività usuranti o gravose, possono accedere alla pensione anticipata con 41 anni di contributi. L’unico requisito contributivo è fissato a 41 anni ma è applicabile una finestra di tre mesi per l’accesso alla pensione. L’opportunità esiste dal primo maggio 2017 e interessa solo i lavoratori precoci e appartenenti a una categoria particolare.

Tutti i modi per andare in pensione prima nel 2021

Il quinto metodo per andare in pensione prima nel 2021 è sfruttare le possibilità date a chi fa un lavoro usurante. Si tratta di lavori faticosi e pesanti e dei lavori notturni per gran parte o tutto l’anno. L’attività usurante deve essere stata svolta per almeno metà della vita lavorativa e per almeno 7 anni negli ultimi dieci di lavoro. Italia Oggi spiega che per avere la pensione anticipata, il lavoratore deve prima ottenere il riconoscimento del diritto al beneficio da parte dell’Inps. A tal fine deve fare domanda alla sede territorialmente competente dell’Inps entro il 1° maggio dell’anno precedente quello durante il quale saranno maturati i requisiti (età, contributi, «quota») per il diritto al prepensionamento. In particolare, entro il prossimo 1° maggio 2021 vanno presentate le domande da parte dei lavoratori che maturano i requisiti agevolati nel corso dell’anno 2022.

Un altro modo per usufruire del diritto anticipato al ritiro dal lavoro è l’Opzione Donna. Dal primo gennaio 2021 la misura è stata prorogata di un altro anno e possono usufruirne le lavoratrici del settore pubblico e privato, dipendenti o autonome,  che entro il 31 dicembre 2020 hanno compiuto 58 anni d’età se dipendenti o 59 anni se autonome, in presenza di almeno 35 anni di contributi. In cambio, però, ricevono la pensione calcolata con il sistema contributivo dopo una “finestra” di attesa di 12/18 mesi.

Poi c’è l’Ape sociale, che permette a chi compie i 63 anni di età di mettersi a riposo in attesa di maturare la pensione di vecchiaia. Il sussidio mensile può arrivare a 1500 euro lordi. La prima scadenza per fare richiesta è il 31 marzo, la seconda il 15 luglio. Se si presenta in tempo la domanda si ha diritto agli arretrati a partire da gennaio. Questo a condizione di aver cessato l’attività lavorativa, non essere titolare di pensione diretta, avere 30 anni di contributi o 36 per chi svolge attività gravose e maturare una pensione di vecchiaia di importo non superiore a 1,4 volte l’importo della pensione minima dell’Inps. Bisogna versare in stato di disoccupazione per licenziamento, dimissioni per giusta causa o per risoluzione consensuale. Non bisogna percepire l’indennità di disoccupazione.

L’ottavo metodo è il contratto di espansione che  in cambio di formazione e di nuove assunzioni autorizza il licenziamento dei dipendenti prossimi alla pensione con uno scivolo di cinque anni, nonché a ridurre l’orario di lavoro agli altri lavoratori, che sono ripagati in parte con la Cigs (cassa integrazione guadagni straordinaria).

LA LEGGE DI BILANCIO DEL 2021 (LEGGE N. 178/2020) HA RIDOTTO A 500 IL REQUISITO DEI LAVORATORI RICHIESTO ALLE AZIENDE PER BENEFICIARE DEL CONTRATTO DI ESPANSIONE LIMITATAMENTE ALL’ANNO 2021 (E A 250, SEMPRE SOLO PER L’ANNO IN CORSO 2021, NEL CASO IN CUI SI PREVEDA ANCHE IL RICONOSCIMENTO DI UN’INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO ALLA PENSIONE. L’INPS HA DETTATO LE ISTRUZIONI OPERATIVE CON LA CIRCOLARE N. 48 DEL 24 MARZO 2021.

Il nono modo è la cosiddetta isopensione, ovvero la possibilità di andare in pensione sette anni prima con l’Esodo Fornero. Il metodo si rivolge alle aziende che hanno lavoratori ai quali mancano sette anni per maturare il diritto ad andare in pensione. La misura si applica ai datori di lavoro che hanno almeno 15 dipendenti. L’Inps ha precisato che non può essere accolta la domanda di pensione anticipata nel caso in cui il lavoratore sia già titolare di pensione d’invalidità o di assegno ordinario d’invalidità (circolare n. 119/2013). Oltre l’accordo serve una domanda.

Infine c’è la possibilità offerta da Rita, ovvero la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. Offre la possibilità di ricevere una rendita dal proprio fondo pensione in attesa del ritiro. La Rita rende possibile mettersi a riposo già a 57 anni ma, aggiunge il quotidiano, non si tratta di un vero e proprio pensionamento. È semplicemente la facoltà di ricevere questa “rendita temporanea”, ovvero l’erogazione anzitempo, cioè, di quanto un lavoratore ha versato e accumulato presso un fondo pensione. Per usufruirne bisogna aver perso il posto di lavoro e la Rita può essere richiesta fino a cinque anni prima della maturazione dell’età della pensione di vecchiaia (ovvero 67 anni) e dieci anni prima (ovvero a 57 anni) se si è disoccupati da oltre 24 mesi. In questo caso non è richiesto il possesso di venti anni di contributi versati

Festività pasquali e lockdown: restrizioni e limiti agli spostamenti. I dettagli

Festività pasquali e lockdown: restrizioni e limiti agli spostamenti. I dettagli

Previsto un lockdown quasi totale nei giorni delle festività pasquali. Ecco quali sono i divieti, i limiti agli spostamenti e le eccezioni.

Le festività pasquali si svolgeranno in un periodo certamente non felice dal punto di vista sanitario: tra le varianti del coronavirus che imperversano, comportando una recrudescenza della pandemia, e una campagna vaccinale ancora non all’altezza della situazione, si profila una sorta di lockdown quasi totale su circa tre quarti della penisola italiana. La terza ondata del covid-19 sta infatti mettendo a dura prova la tenuta del sistema ospedaliero, soprattutto se pensiamo al boom dei ricoveri in terapia intensiva.

Urgono insomma nuove misure di contenimento dei contagi: così si spiega la scelta di limitare gli spostamenti in concomitanza con le festività pasquali. Qui di seguito vogliamo offrire una panoramica su quelle che sono e saranno le regole da seguire durante il periodo in oggetto, con particolare riferimento ai giorni 3, 4 e 5 aprile (Pasqua e Pasquetta). Tante le limitazioni previste, sia agli spostamenti che nei confronti di chi esercita attività di ristorazione e somministrazione di cibi e bevande.

Vediamo dunque più nel dettaglio a che cosa prestare attenzione, onde non farsi trovare impreparati proprio in questo periodo.

Festività pasquali: tutta la penisola in lockdown. I vincoli per bar e ristoranti

In molti se lo staranno domandando, forse disorientati dalla raffica di provvedimenti di carattere nazionale o locale, adottati negli ultimi tempi. Quali sono le regole da seguire durante le festività pasquali? entro che limiti ci si potrà spostare? Ebbene, rimarchiamolo subito: i cittadini italiani dovranno organizzare la settimana di Pasqua, tenendo conto del fatto che per i tre giorni festivi e prefestivi, ossia sabato 3, domenica 4 e lunedì 5, l’intera penisola sarà interamente in lockdown.

In concreto, ciò significa che, da lunedì 29 marzo a venerdì 2 aprile, i bar e le attività di somministrazioni di cibi e bevande potranno restare aperti ma con vincoli da rispettare. Infatti, dalle ore 18 alle 22, infatti, potranno restare aperti per l’asporto solo i locali con cucina e le enoteche; invece non potranno vendere i locali con licenza esclusiva per alcolici e bevande. Non solo: molti Comuni hanno già vietato con ordinanze locali più restrittive, anche la mera vendita ai supermercati di vino e bevande alcoliche.

In zona rossa, in ogni caso, bar e ristoranti resteranno chiusi. Ma resta ammesso l’asporto fino alle 22 – mentre fino alle 18 per i bar – a condizione che il consumo non si svolga sul posto o nei pressi del locale. E’ però permessa la consegna a domicilio senza vincoli di orario.

Spostamenti tra Regioni vietati ma sì al raggiungimento della seconda casa

Durante il periodo delle festività pasquali permangono vietati gli spostamenti fuori dai confini regionali, peraltro già vietati da diversi mesi.

Le uniche deroghe ammesse sono collegate ai noti motivi di lavoro, salute o necessità urgente e per fare rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione. In linea generale, sarà possibile – anche durante questo periodo – raggiungere la seconda casa di proprietà, anche se si parte da una regione rossa e si arriva in una (differente) regione rossa. Ma ciò a condizione che si rechi nell’immobile una solo nucleo familiare e che di detta abitazione si abbia la disponibilità, per titolo di proprietà; o per aver stipulato un affitto a lungo termine, in data anteriore al 14 gennaio. Se richiesto, sarà necessario dare dimostrazione di questo.

Le regioni possono adottare ordinanze locali più rigide

In termini pratici, coloro che vorranno andare in vacanza per Pasqua con la propria famiglia (o da soli), recandosi nella seconda casa al mare o montagna, avranno diritto di farlo. Ma attenzione alle ordinanze regionali restrittive: infatti, proprio in questi giorni la Sicilia impone di arrivare soltanto potendo far valere un tampone molecolare negativo; in alternativa, concede la possibilità di farlo nei porti ed aeroporti.

Toscana e Sardegna hanno deciso lo stop all’ingresso di persone che arrivano da altre Regioni. E Campania e Liguria, tra le altre, vietano le seconde case ai residenti. Quest’ultima Regione, in particolare, vieta gli arrivi a partire da mercoledì 31 e impone anche il divieto di raggiungere le barche ormeggiate nei tanti porticcioli sparsi per le due riviere liguri.

Nelle feste pasquali si può partire per l’estero, anche per turismo

Quanto appena indicato vale per gli spostamenti all’interno del territorio italiano. Infatti, è da rimarcare che se un cittadino o un nucleo familiare residente in Italia intende partire per un paese straniero, al momento gli è consentito farlo. E ciò anche per motivi connessi al turismo. Tuttavia, dovrà sottoporsi alle misure di sicurezza sanitaria dispose nel paese di destinazione. Analogamente, al momento del rientro nel nostro Paese dovrà rispettare le misure stabilite a livello interno.

Naturalmente al rientro in Italia dovrà osservare tutte le regole previste: in particolare ci si riferisce all’ordinanza imminente del Ministero della Salute, attraverso la quale sarà previsto “per arrivi e rientri da Paesi dell’Unione Europea, tampone in partenza; quarantena di 5 giorni e ulteriore tampone alla fine dei 5 giorni”. Da ricordare altresì che la quarantena è già prevista per tutti i Paesi extra Ue o comunque ad alto rischio. La scelta della stretta sui viaggi all’estero giunge a seguito delle polemiche interne e delle critiche mosse da albergatori e operatori del turismo italiani, costretti al lockdown e alla situazione paradossale per la quale i cittadini non possono uscire dal Comune nelle feste pasquali, pur potendo partire per Spagna o Portogallo, per esempio.

In base a quanto finora vigente, anche fare le vacanze pasquali in Italia è ammesso, ma nei limiti del proprio Comune e in zona arancione. Ed attenzione perchè i giorni 3, 4 e 5 aprile tutta Italia sarà comunque in zona rossa, come durante le feste natalizie.

Zona rossa dal 3 al 5 aprile: quali sono le restrizioni da rispettare?

Restrizioni assai severe sono previste dal 3 al 5 aprile. Infatti, in tutta la penisola, indipendentemente dall’andamento della curva dei contagi, sarà zona rossa e varranno dunque le ben note limitazioni, anche in aree arancioni nei giorni precedenti. Tuttavia, non sarà un lockdown integrale: qualche deroga al divieto generale di spostamento è stata ammessa. In questi tre giorni sono consentiti ovunque, anche in aree rosse, gli spostamenti per andare a trovare (fino ad un massimo di due persone con bambini al di sotto dei 14 anni e persone disabili) familiari e amici. 

Attenzione però: lo spostamento sarà libero nell’ambito dei confini regionali, ma una sola volta al giorno e nei limiti previsti dal coprifuoco. Proprio quest’ultimo permarrà invariato tra le ore 22 e le 5; tranne che vi siano ragioni di lavoro, di salute o necessità, da giustificare con l’autocertificazione.

La citata deroga è stata giustificata dall’Esecutivo, per permettere delle piccole riunioni di famiglia per i pranzi di Pasqua e Pasquetta; pur restando valevole la forte raccomandazione delle autorità a mantenere le distanze di sicurezza anche a pranzo, e la mascherina anche all’interno dell’abitazione, se vi sono persone non conviventi.

Concludendo, è scontato ricordare che è auspicabile osservare tutte le regole e limitazioni previste per le festività pasquali: non farlo esporrebbe al rischio concreto di una multa dall’importo non esiguo.  Anzi sul piano dei controlli e per vigilare sul rispetto delle restrizioni, il Ministero dell’Interno ha già chiarito che metterà in campo ben 70mila uomini delle forze dell’ordine.