Archivi giornalieri: 6 aprile 2021

INPS

La storia

Nato oltre centoventi anni fa allo scopo di garantire i lavoratori dai rischi di invalidità e vecchiaia, l’Inps ha assunto nel tempo un ruolo di crescente importanza, fino a diventare il pilastro del sistema nazionale di protezione sociale.

Nel 1898 la previdenza sociale muove i primi passi con la fondazione della Cassa Nazionale di previdenza per l’invalidità e per la vecchiaia degli operai (Legge 17 luglio 1898, n. 350). Ispirata al principio della «previdenza libera sussidiata», si tratta di un’assicurazione volontaria integrata da un contributo di incoraggiamento e dal contributo anch’esso libero degli imprenditori. A ciascun iscritto è intestato un conto individuale su cui accreditare i contributi versati, le quote di concorso (ossia l’integrazione della Cassa) e i relativi interessi. Se il lavoratore non ha vincoli quanto all’entità ed alla durata del versamento, il diritto alla rendita sorge solo dopo un certo numero di anni di iscrizione ed alla maturazione dell’età di 60 anni.

Nel 1919 l’assicurazione per l’invalidità e la vecchiaia diventa obbligatoria per i lavoratori dipendenti privati (al personale pubblico si applicava diversa disciplina). S’introduce l’istituto della pensione di invalidità e vecchiaia (requisiti minimi: 65 anni di età e 12 anni lavorativi). Sempre nel 1919 viene introdotta l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione volontaria (dal 1923 affidata alla Cassa). È il primo passo verso un sistema che intende proteggere il lavoratore da tutti gli eventi che possono intaccare il reddito individuale e familiare, la cui gestione è affidata alla Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali (così ridenominata).

Nel 1933 la CNAS assume la denominazione di Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale, ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica e gestione autonoma che, dal 1944, diviene definitivamente Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

Tra il 1927 e il 1941 sono istituite l’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi, gli assegni familiari e la Cassa integrazione guadagni. Nel 1939 il limite di età per il conseguimento della pensione di vecchiaia viene ridotto a 60 anni per gli uomini e 55 per le donne; viene istituita la pensione di reversibilità a favore dei superstiti dell’assicurato e del pensionato.

Nel 1952 si avvia la transizione verso il modello a ripartizione e nasce il trattamento minimo di pensione.

Nel periodo 19571966 vengono costituite le Casse per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, per gli artigiani e per i commercianti.

Nel periodo 19681972 il sistema retributivo, basato sulle ultime retribuzioni percepite, sostituisce quello contributivo nel calcolo delle pensioni. Nascono la pensione di anzianità e la pensione sociale (che sostituisce la minima agli indigenti), erogata a tutti i cittadini al di sopra dei 65 anni di età ed al di sotto di una certa soglia di reddito indipendentemente da qualsiasi requisito contributivo. Vengono predisposte misure straordinarie di tutela dei lavoratori ( cassa integrazione guadagni straordinaria e pensionamenti anticipati) e per la produzione (sgravi contributivi).

Nel 1978 viene istituito il Servizio Sanitario Nazionale. Sono affidati all’INPS la riscossione dei contributi di malattia e il pagamento delle relative indennità.

Nel 1984 il legislatore riforma la disciplina dell’invalidità, collegando la concessione della prestazione non più alla riduzione della capacità di guadagno, bensì a quella di lavoro.

Nel 1989 entra in vigore la Legge di ristrutturazione dell’INPS (L. 88 del 1989), che rappresenta un momento di particolare importanza nel processo di trasformazione dell’Ente in una moderna azienda di servizi.

Nel 1990 viene attuata la riforma del sistema pensionistico dei lavoratori autonomi. La nuova normativa, che ricalca per vari aspetti quella in vigore per i lavoratori dipendenti, lega il calcolo della prestazione al reddito annuo di impresa.

Nel 1992 il legislatore eleva (con gradualità) l’età minima per la pensione di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne e il requisito assicurativo minimo a 20 anni.

Nel 1993 viene regolamentata la previdenza complementare, che si configura come un sistema volto ad affiancare la previdenza obbligatoria con forme di assicurazione a capitalizzazione di tipo privatistico.

Nel 1995 viene emanata la legge di riforma del sistema pensionistico (L. 335 del 1995) che si basa sui seguenti principî: le pensioni sono calcolate sull’ammontare dei contributi versati durante tutta la vita lavorativa (montante contributivo), moltiplicato per un coefficiente di trasformazione calcolato in ragione della durata attesa della prestazione; l’età di pensionamento è flessibile, tra i 57 e 65 anni (uomini e donne); si accelera l’armonizzazione delle gestioni previdenziali; diviene operativa la Gestione separata per tutti i lavoratori non rientranti in altre gestioni (soprattutto i lavoratori coordinati e continuativi); è previsto un regime transitorio.

Nel 2003 sono approvate la Legge 30 e il conseguente Decreto legislativo 276 di riforma del mercato del lavoro, ispirata alle idee ed agli studi del professor Marco Biagi.

Nel 2004 sono modificati i requisiti di accesso alla pensione e sono previsti incentivi per il posticipo della pensione.

Nel 2007 sono modificati nuovamente i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico e le finestre di uscita dal lavoro. Tra i punti salienti della riforma la revisione automatica dei coefficienti di trasformazione e l’introduzione, a partire dal 2009, del cosiddetto “sistema delle quote”, in base al quale il diritto alla pensione di anzianità si perfeziona al raggiungimento di una quota data dalla somma fra l’età anagrafica minima richiesta e l’anzianità contributiva.

Nel 2009 è disposto che i requisiti di età per ottenere la pensione vengano adeguati all’incremento della speranza di vita accertato dall’ISTAT. La diffusione del nuovo strumento dei buoni lavoro per il pagamento del lavoro occasionale accessorio e nuove norme e sinergie istituzionali rafforzano il ruolo dell’Inps nel contrasto al lavoro nero e nel recupero dei crediti contributivi.

Nel 2010 vengono adottate ulteriori misure per stabilizzare il sistema pensionistico. Viene confermato ed accelerato il meccanismo di adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita e viene introdotta una finestra “mobile” per l’accesso alla pensione in sostituzione dei precedenti termini di decorrenza.

Nel 2011, nel medesimo provvedimento contenente la «riforma Monti-Fornero», vengono soppressi INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica) ed ENPALS (Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo) e viene disposto, al 31 marzo 2012, il trasferimento all’INPS di tutte le competenze dei due enti. Si completa così un processo ventennale di progressivo accorpamento in INPS di tutti gli enti di sicurezza sociale, assicurando ai cittadini un unico soggetto interlocutore per i servizi di previdenza ed assistenza.

Beato Notkero il Balbuziente

 

Beato Notkero il Balbuziente


Beato Notkero il Balbuziente

Nome: Beato Notkero il Balbuziente
Titolo: Monaco di San Gallo
Nascita: 840 circa, Heligan, Zurigo
Morte: 912, San Gallo, Svizzera
Ricorrenza: 6 aprile
Tipologia: Commemorazione

Notkero nacque intorno all’840 e fu educato nella grande abbazia di S. Gallo in Svizzera.

Era un bambino delicato, soprannominato “Balbulus” per via della sua balbuzie; il suo interesse principale era la musica, che studiava assieme a due compagni, Ratperto e Tuotilo, sotto la guida del monaco irlandese Marcello.

I tre giovani divennero tutti insegnanti nell’abbazia, e si adoperarono per farne un centro dove venisse correttamente eseguita la musica sacra. Notkero divenne monaco e gli furono affidati anche gli incarichi di bibliotecario e responsabile dell’ospitalità.

L’ultimo incarico che ricoprì fu quello di rettore della scuola monastica. Persone esterne all’abbazia lo consultavano per avere consigli su questioni spirituali e temporali; fu anche amico e consigliere preferito dell’imperatore Carlo il Grosso (881-887).

Fu probabilmente anche l’autore di una biografia in versi di Carlo Magno, scritta su richiesta dell’imperatore; continuò anche il Breviario dei re franchi e scrisse una Vita in versi di S. Gallo (16 ott.), il fondatore dell’abbazia. Poiché però vi erano diversi monaci di nome Notkero, è difficile attribuire con certezza la paternità di alcune di queste opere.

Notkero è soprattutto noto nel campo della musica liturgica: la sua opera più famosa è considerata il Liber Hymnorum dell’884. Si riteneva che egli fosse l’inventore della sequenza, una sorta di inno cantato o recitato nelle festività prima del Vangelo, come, ad esempio, il Veni, Sancte Spiritu a Pentecoste e il Dies Trae nel giorno di Tutti i Santi, mentre ora è opinione comune che tali composizioni esistessero già, in qualche forma, molto tempo prima; l’intervento di Notkero consistette nel raccoglierle, comporne circa quaranta nuove e, in generale, renderne popolare l’uso oltralpe. Dal punto di vista tecnico le sue composizioni sono importanti per determinare la struttura delle sequenze precedenti.

La sua capacità di usare il latino e la sua sensibilità per le relazioni tra parole e musica mostrano talento e accuratezza considerevoli. Egli fece un uso vivido di immagini tratte da un’ampia gamma di fonti bibliche, classiche e patristiche; i suoi testi «mostrano una personalità e, occasionalmente, un’originalità degna della letteratura più alta» (Crocker).

Ebbe un ruolo importante anche nell’introdurre il metodo romano del canto dei salmi in Francia e Germania. Uno dei monaci dell’abbazia lo descriverà come «debole di fisico ma non di mente, balbuziente di lingua ma non di intelletto, uno che procedeva con rapidità nelle cose divine, un vaso ricolmo di Spirito Santo senza pari nel suo tempo […] assiduo nella preghiera, nella lettura e nell’imitazione, ricco di sapienza [e] maestro nel canto».

Notkero morì nel 912; il suo culto si diffuse immediatamente e fu approvato nel 1512.

MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di San Gallo in Svevia, nel territorio dell’odierna Svizzera, beato Notchero il Balbo, monaco, che trascorse quasi tutta la vita in questo cenobio, dedicandosi alla composizione di numerose sequenze; gracile nel corpo ma non nell’animo, balbuziente nella voce ma non nello spirito, fu profondo nelle scienze divine, paziente nelle avversità, mite verso tutti, sollecito nella preghiera, nella lettura, nella meditazione e nella scrittura.

Customer Experience 2021: al via il questionario dell’INPS

Customer Experience 2021: al via il questionario dell’INPS

Prende il via il 6 aprile 2021 la rilevazione di Customer Experience dell’INPS, predisposta in collaborazione con il Dipartimento della Funzione Pubblica e FormezPA.

Il Dipartimento della Funzione Pubblica ha elaborato le linee guida sulla valutazione partecipativa per fornire alle amministrazioni pubbliche gli indirizzi metodologici che favoriscano la partecipazione degli utenti alla valutazione della performance organizzativa e ha istituito dei laboratori di sperimentazione supportati da FormezPA.

L’INPS, come indicato nel messaggio 2 aprile 2021, n. 1405, aderisce all’iniziativa e partecipa con una campagna di rilevazione dedicata al servizio di accesso alle prestazioni pensionistiche rivolta a 300.000 utenti, relativa ai seguenti trattamenti:

  • pensione di vecchiaia
  • pensione anticipata
  • pensione Quota 100
  • pensione in regime di cumulo
  • pensione in regime di totalizzazione

A tutti gli utenti percettori di prestazioni nel 2020 verrà inviata una email contenente il link per accedere e compilare il questionario.

I risultati saranno resi noti con successivo messaggio e, oltre a fornire indicazioni sul grado di soddisfazione di questa tipologia di utenti durante il periodo emergenziale, costituiranno le evidenze per il proseguimento dei laboratori sulla valutazione partecipativa.

Reddito di emergenza, i casi particolari in cui è previsto per il 2021: i requisiti

 
 
 

 
Reddito di emergenza 2021: a chi spetta in casi particolari
 
 
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Reddito di emergenza, i casi particolari in cui è previsto per il 2021: i requisiti

L’Inps ha chiarito a chi spetta il beneficio Covid, anche in casi particolari, cioè in alcune specifiche condizioni che non siano quelle previste dal beneficio ordinario

 

Il decreto Sostegni approvato dal governo Draghi (qui lo speciale QuiFinanza) ha stabilito la proroga di altri tre mesi per il Reddito di emergenza, misura di sostegno economico istituita dal governo Conte con il Decreto Rilancio in favore dei nuclei familiari in difficoltà a causa dell’emergenza Covid.

Il REM è riconosciuto ai nuclei familiari in possesso dei requisiti socio-economici previsti dalla legge: cioè, com per il Reddito di cittadinanza, il beneficiario della prestazione non è il singolo richiedente ma l’intero nucleo familiare a cui appartiene.

REM, i requisiti in casi particolari

Con il messaggio 1° aprile 2021 n. 1378 l’Inps ha chiarito a chi spetta il beneficio, anche in casi particolari. Vi sono cioè delle situazioni di eccezione, rispetto ai requisiti generali che potete trovare approfonditi qui, in cui viene comunque riconosciuto.

Solo nel caso in cui non sussistano i requisiti generali stessi indicati nell’articolo 12, comma 1, del decreto–legge, il comma 2 prevede che il REM venga riconosciuto anche a chi abbia terminato tra il 1° luglio 2020 e il 28 febbraio 2021 le prestazioni NASpI e DIS-COLL e abbia un ISEE in corso di validità, ordinario o corrente, inferiore a una determinata soglia.

Si tratta, in sostanza, di una prosecuzione dei benefici NASpI e DIS-COLL, in misura fissa, condizionata alla verifica dello stato di bisogno del richiedente, valutata tramite l’indicatore ISEE, e al rispetto di una serie di requisiti di compatibilità.

Ecco i requisiti specifici:

  • residenza in Italia al momento di presentazione della domanda per il membro del nucleo f
  • DSU in corso di validità al momento della presentazione della domanda, con valore dell’indicatore ISEE, ordinario o corrente, non superiore a 30mila euro.
  • amiliare che ha terminato di beneficiare della NASpI o della DIS-COLL nel periodo di riferimento;

I casi di esclusione al REM in caso di NASpI o DIS-COLL

Per il diritto al REM ai sensi del comma 2 è necessario che il membro del nucleo familiare che ha terminato tra il 1° luglio 2020 e il 28 febbraio 2021 le prestazioni NASpI o della DIS-COLL e ha un ISEE non superiore ai 30mila euro, non sia titolare:

  • di una delle indennità Covid di cui all’articolo 10 del decreto–legge n. 41/2021, cioè quelle predisposte per i lavoratori stagionali del turismo, degli stabilimenti termali, dello spettacolo e dello sport;
  • di una prestazione pensionistica diretta o indiretta, ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità, alla data del 23 marzo 2021, data di entrata in vigore del decreto Sostegni;
  • di un contratto di lavoro subordinato, alla data del 23 marzo 2021, con esclusione del contratto di lavoro intermittente senza diritto all’indennità di disponibilità, o di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa;
  • in caso di intervenuta riscossione, in relazione allo stesso periodo, del Reddito o della pensione di cittadinanza.

La domanda va presentata dal 7 al 30 aprile. Tutte le info su come fare qui.

Pensioni: fuga verso quota 100, ultima chance

Pensioni: fuga verso quota 100, ultima chance

Ultimo anno per lasciare il lavoro con quota 100 per chi ha i requisiti. Chi ne non ne approfitterà, resterà tagliato fuori.

di , pubblicato il  alle ore 13:00
 

Ultimo anno per approfittare di quota 100. La legge sul pensionamento anticipato di durata triennale scade infatti il 31 dicembre 2021 e dal prossimo anno non si sa ancora cosa accadrà

La riforma delle pensioni non è ancora stata presa in considerazione, ma da ogni parte trapelano indiscrezioni sul fatto che quota 100 non sarà rinnovata. Il governo Draghi non ha intenzione di mettersi contro i poteri forti di Bruxelles (leggasi Angela Merkel) e quindi questa forma di pensionamento anticipato andrà in soffitta.

Quota 100 prevede infatti la possibilità di lasciare il lavoro in anticipo rispetto ai requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia. Bastano 62 anni di età e 38 di contributi per andare in pensione liberando posti ai giovani.

Quota 100, la grande fuga

Finora tutto bello, ma costoso. E anche penalizzante perché i lavoratori devono accettare un assegno più basso rispetto a quanto prenderebbero con la pensione di vecchiaia. Dnfatti, finora quota 100 non ha attirato tutti gli aventi diritto, tant’è che vi sono stati considerevoli risparmi di spesa rispetto alle previsioni.

Le cose, però, quest’anno potrebbero cambiare. Trattandosi dell’ultimo anno di vita di quota 100, chi finora ha preferito attendere, adesso è probabile che presenti domanda all’Inps. Per due ragioni: la prima è che non si sa cosa accadrà dal 2022 in poi, ma è certo che quota 100 finirà il 31 dicembre 2021. La seconda è che coloro che avevano maturato i requisiti per quota 100 nel 2019 e 2020, hanno preferito ritardare l’uscita per ottenere maggiori contributi versati e quindi un assegno di pensione migliore.

Ultima chance

Quest’anno ci sarà quindi una grande fuga verso quota 100, contrariamente a quanto si è detto riguardo alla discreta accoglienza finora ricevuta. I lavoratori che ne hanno diritto sanno che non ci sarà un’altra occasione e ne approfitteranno.

Al posto di quota 100, dal prossimo anno, ci sarà sicuramente qualcosa che eviterà lo scalone con i requisiti previsti per la pensione di vecchiaia. Non c’è però da aspettarsi nulla di tanto vantaggioso per uscire prima dal lavoro.

I conti dell’Inps sono destinati a peggiorare e una manovra restrittiva in tal senso è ormai nei piani del governo dal tempo. Solo i lavori usuranti saranno tutelati, così come le donne e chi è in particolare svantaggio sociale.

Pensioni anticipate e penalizzazione

Posto quindi che quota 100 uscirà di scena con la riforma pensioni, resta da capire come evitare lo scalone con le pensioni di vecchiaia. Il governo Draghi intende mantenere il sistema di pensionamento anticipato, ma introducendo un fattore penalizzazione per chi decide di lasciare il lavoro prima. Esattamente come avviene in Germania.

E’ una questione di messa in sicurezza dei conti pubblici di fronte all’invecchiamento progressivo della popolazione e al tendenziale aumento della spesa previdenziale. Per questo si guarda al modello tedesco?

La riforma pensioni in Italia sarà probabilmente improntata su tale modello che è penalizzante. In pratica si potrà lasciare il lavoro qualche anno prima, ma solo se si è disposti a subire una decurtazione della pensione.

In altre parole, visto che sui conti pubblici pesa maledettamente il calcolo della pensione col sistema retributivo, si vorrebbe introdurre l’opzione del prepensionamento solo con sistema interamente contributivo. Il modello, più che quello tedesco, è quello di “opzione donna” dove si chiede alla lavoratrice che decide di andare in pensione in anticipo di rinunciare al calcolo della pensione col sistema misto.

Pensioni: per i nati nel 1956 le pensioni si allontaneranno e la riforma servirà a poco

AUTORE: GIACOMO MAZZARELLA

 

Pensioni: per i nati nel 1956 le pensioni si allontaneranno e la riforma servirà a poco

 
 

Anche se si interverrà con una profonda revisione del sistema previdenziale, molti nati nel 1956 pagheranno dazio.

La riforma delle pensioni è necessaria per evitare lo scalone di quota 100 dopo la sua scomparsa a partire dal 2021. Riforma necessaria anche per dotare il sistema previdenziale della flessibilità necessaria per via del contributivo. E riforma necessaria anche per superare la riforma Fornero, che ha reso il sistema rigido e le misure pensionistiche difficili da centrare.

Il cantiere riforma è fermo al palo, con ritardi inevitabili vista l’emergenza sanitaria del paese. Ma che venga attuata o meno, ci saranno lavoratori che non potranno che patire le conseguenze di una pensione che si allontanerà sempre di più nel tempo.

E se c’è una fetta di popolazione che inizierà presto a pagare le conseguenze sono i nati nel 1956, cioè i 65enni di oggi. Per loro, ma non solo, le pensioni si allontaneranno, in barba a tutte le ipotesi di pensionamento anticipato che si fanno o a tutte le misure di anticipo oggi vigenti.

Il nato nel 1956, la pensione si allontana

I nati nel 1956 saranno penalizzati in termini di pensionamento, ma perché proprio i nati nel 1956? Parliamo delle persone che oggi hanno 65 anni di età o che si accingono a compierli. Per loro esistono diverse misure di anticipo pensionistico, ma necessitano di carriere piuttosto lunghe e complesse, con anni di contribuzione rilevanti.

Sono 38 anni per esempio quelli che consentirebbero ad un nato nel 1956, un 65enne di oggi, di anticipare la pensione con la quota 100.
E servono 30 o 36 anni per l’Ape sociale, 35 per le lavoratrici con opzione donna, 41 anni per la quota 41 e 42,10 o 41,10 per le anticipate ordinarie.

Con pochi anni di contributi le porte delle pensioni restano chiuse se non si arriva a 67 anni e si centra l’età pensionabile per la quiescenza di vecchiaia. E per chi è nato nel 1956, se ne riparlerà nel 2023.

L’aspettativa di vita dal 2023, 3 mesi in più?

Anche se non c’è nulla di ufficiale ancora, per chi oggi ha 65 anni, la pensione di vecchiaia che potrà essere presa nel 2023 quando basterebbero 20 anni di contributi versati, slitterà a 67 anni e 3 mesi. Dovrebbe essere questo lo scenario dettato dall’aspettativa di vita.

Infatti fino al 2022 l’età pensionabile è già stata ufficialmente bloccata a 67 anni, ma dal 2023 è previsto un nuovo scatto di 3 mesi, dopo l’ultimo del 2019 che issò l’età pensionabile 5 mesi più in avanti nel tempo, cioè da 66 anni e 7 mesi a 67 anni.

E se davvero non sopraggiungerà una riforma, allo scalone di 5 anni cui andranno incontro tutti coloro che non sono riusciti ad arrivare a 38 anni di contributi entro la fine del 2021, si aggiungerebbero altri mesi di attesa.

E se allo scenario previdenziale cupo si aggiunge quello lavorativo, con la crisi occupazionale di oggi e con i licenziamenti che scatteranno inevitabili a fine blocco e fine emergenza nazionale, il fatto che le pensioni si allontaneranno è pressoché certo.

Anche perché con l’incremento dei decessi per via della pandemia, la stima di vita degli italiani dovrebbe diminuire e non aumentare, ma fa specie il fatto che questo argomento non sia trattato da nessuno e che anzi, si parla di aumenti per le aspettative di vita.

San Pietro da Verona

 

San Pietro da Verona


Nome: San Pietro da Verona
Titolo: Sacerdote e martire
Nascita: 1200, Verona
Morte: 6 aprile 1252, Seveso
Ricorrenza: 6 aprile
Tipologia: Commemorazione

Nacque a Verona, l’anno 1200. Benché i suoi genitori e tutti i suoi parenti fossero manichei, il nostro Pierino, protetto dalla divina grazia, rimase illeso da questa particolare religione, poiché a sette armi fu mandato dal padre ad una scuola cattolica, ove assieme ai primi elementi apprese la dottrina apostolica.

Un suo zio vedendo il grande amore del fanciullo per la religione cattolica, tanto fece che lo tolse da quella scuola.

Di comune accordo con il padre fu mandato all’Università di Bologna, ambiente allora di sfrenata scostumatezza.

Quanti fiori in mezzo a tanto marciume erano appassiti! Ma il giglio olezzante di Pietro, la candida sua anima, fu dal Divino Giardiniere serbata immacolata.

Stomacato per tanto male, decise di abbandonare tutto e tutti e si chiuse nella pace del chiostro domenicano, sotto la guida del suo santo Fondatore.

Suo principale studio era imitare i più fervorosi e cercare d’emularli.

Ancora novizio, cadde in una gravissima malattia, che mise in pericolo la sua preziosa esistenza; per grazia di Dio superò questa crisi e, nonostante rimanesse assai indebolito, s’applicò agli studi così che meritò, ancora chierico, la cattedra di Sacra Scrittura e di teologia del suo convento. Fin d’allora con grande sapienza e zelo difese la dottrina cattolica e confutò gli eretici.

Consacrato sacerdote, fu un instancabile ministro della parola di Dio nell’Italia Settentrionale e Centrale; migliaia erano le conversioni ch’egli operava colla sua parola e innumerevoli le anime che indirizzò alla santità.

A suggello del suo apostolato, egli chiese al Signore il martirio, ma Gesù volle prima sottoporlo a un’altra prova, per meglio prepararlo a questo atto eroico.

Fu accusato da alcuni confratelli d’aver introdotto nella sua cella persone d’altro sesso ed essersi intrattenuto a lungo con esse.

Pietro senza punto affermare o negare, umilmente confessò d’essere un grande peccatore.

Il Superiore credendolo colpevole, gli proibì di predicare e lo mandò come penitente al convento di Jesi. Ma l’innocenza trionfa sempre e Pietro riconosciuto innocente fu d’allora in poi ammirato e venerato dagli stessi accusatori. Fu pure premiato dal Signore, il quale infuse nuova grazia alle sue prediche. Ma gli eretici vedendo l’immenso bene che compiva, pensarono di togliergli la vita.

Conosciuta la via che avrebbe percorso per portarsi a Como, si posero in agguato, e al suo passaggio, assalitolo a colpi di sciabola l’uccisero il 6 aprile 1252. Prima di spirare balbettò una volta ancora il Credo, mentre il dito della sua destra, intinta nel proprio sangue scriveva nella sabbia: « Credo ».

PRATICA. — Cristiano, il Credo è il simbolo della fede cattolica che professi: esso riassume la verità della religione. Recita tutti i giorni questa ammirabile preghiera.

PREGHIERA. — Fa’, te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che imitiamo la fede del tuo martire Pietro quale per la dilatazione della stessa fede, meritò di ottenere la palma del martirio.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Milano la passione di san Piétro, dell’Ordine dei Predicatori, Martire, ucciso dagli eretici per la fede cattolica