Archivi giornalieri: 7 aprile 2021

Contributi a fondo perduto dl Sostegni: cosa fare se l’IBAN è errato?

Lavoro e Diritti – La tua guida facile su lavoro, pensioni, fisco e welfare
 

Contributi a fondo perduto dl Sostegni: cosa fare se l’IBAN è errato?

I contributi partita Iva possono essere ottenuti con domanda ad hoc, ma attenzione a cosa si indica e, in particolare, all’IBAN.

contributi a fondo perduto sono stati appena varati dal recente dl Sostegnicome abbiamo già avuto modo di notare. Per ottenere detti ristori destinati alle partite Iva, gravemente penalizzate negli ultimi mesi a causa della pandemia e delle conseguenze legate al lockdown per ragioni sanitarie, è necessario però rispettare tutta una serie di istruzioni, tra cui l’indicazione dell’IBAN  corretto nell’”Istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto Decreto Sostegni“.

Bisogna prestare molta attenzione proprio a quest’ultimo elemento, giacchè sbagliare detto codice identificativo può comportare lo scarto della domanda; o, comunque, dei consistenti ritardi del versamento dei contributi partita Iva, da parte dell’Agenzia delle Entrate. Non solo. Come vedremo meglio più avanti, è attiva una procedura su internet, valevole laddove la banca, a seguito del versamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, storni l’accredito, in ragione di un IBAN sbagliato.

Cerchiamo, dunque, di fare chiarezza e capire come comportarsi in caso di IBAN sbagliato e come porvi rimedio.

Contributi a fondo perduto: che cosa sono in breve

Prima di soffermarci nello specifico sulla questione dell’IBAN sbagliato, ricapitoliamo i tratti essenziali dei nuovi contributi a fondo perduto per le partite IVA, di cui al recente dl Sostegni.

Come accennato, il primo maxi provvedimento economico del Governo presieduto dall’ex numero uno BCE ha, tra le sue finalità, quella di intervenire a supporto degli operatori economici più duramente colpiti dall’emergenza sanitaria; e dalle restrizioni che ne sono derivate. Lo stanziamento è notevole, trattandosi – appunto – di contributi ‘a fondo perduto’; d’altronde lo scostamento di bilancio pari a 32 miliardi di euro, approvato qualche mese fa dal Parlamento, mirava anche a poter varare questa ulteriore tipologia di aiuti economici.

La platea dei destinatari dei nuovi contributi a fondo perduto è piuttosto vasta. Ecco in sintesi chi sono:

  • soggetti che svolgono attività d’impresa; di arte; o professione; o di reddito agrario (inclusi i professionisti appartenenti a ordini professionali, prima esclusi);
  • titolari di partita IVA (anche in regime forfettario)
  • residenti o soggetti comunque stabiliti in Italia.

Non possiamo non rimarcare che una delle maggiori novità, che differenzia detti ‘sostegni’ dai precedenti ‘ristori’ del Governo Conte, è data dal fatto che questi contributi sono rivolti potenzialmente a tutti; senza distinguere per attività – infatti non sono applicati i discussi i codici ATECO – o per regime fiscale  – potranno quindi richiederlo anche le partite Iva forfettarie –  o per aree di appartenenza dei contribuenti interessati. Tuttavia, per ulteriori e maggiori dettagli, rimandiamo alla nostra guida sui contributi a fondo perduto.

Riportare l’IBAN correttamente è essenziale per incassare il contributo

Come accennato all’inizio, l’indicazione di un IBAN scorretto è tutt’altro che un errore infrequente, tanto da poter tranquillamente affermare che – in sede di compilazione della domanda per i contributi a fondo perduto –  l’indicazione di un IBAN scorretto determina lo scarto della richiesta o ritardi nel pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Tra gli elementi da includere obbligatoriamente nella domanda per i contributi a fondo perduto, c’è – ovviamente – anche l’IBAN, ossia  il codice identificativo del conto corrente (e della banca in cui si trova), su cui si richiede l’accredito dei contributi a fondo perduto. L’IBAN, in particolare, deve essere correttamente scritto dai soggetti che optano per il contributo tramite accredito diretto su c/c. Invece, coloro che scelgono l’utilizzo della somma spettante come credito d’imposta in compensazione, non sono tenuti a questo obbligo.

Inoltre, l’IBAN di cui alla domanda per i contributi a fondo perduto non soltanto deve essere esatto, ma anche e soprattutto deve fare riferimento ad un conto corrente intestato o cointestato a colui che fa richiesta dell’aiuto economico. Ciò in termini pratici significa che non si può usare il c/c di un terzo soggetto, neanche familiare o convivente. Anzi, il Fisco è molto attento su questo aspetto, tanto che se non registra corrispondenza fra i due dati, la domanda sarà scartata.

Attenzione anche al codice fiscale: i controlli formali dell’Agenzia delle Entrate

In base a quanto stabilito dal dl Sostegni, sappiamo che è stato lasciato sostanzialmente invariato il meccanismo dei controlli e delle sanzioni, in caso di percezione indebita di contributi. In particolare, detti controlli sono sia preventivi (detti formali), che successivi (detti approfonditi). I primi sono svolti dal Fisco, subito dopo la trasmissione della domanda per i contributi e la sua presa in carico.

Invece, circa la seconda tipologia di controlli, il riferimento da farsi è al decreto Rilancio, in merito ai controlli antimafia e il protocollo d’intesa siglato dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza nel 2020.

Attenzione dunque alla corrispondenza che deve esservi tra IBAN indicato nella domanda per i contributi a fondo perduto, e il codice fiscale: infatti, detta corrispondenza è uno degli elementi esaminati in sede di controlli formali da parte del Fisco, nella fase di lavorazione della domande presentate. In caso di incongruenza, la inevitabile conseguenza è lo scarto della domanda in oggetto. Tuttavia, il contribuente ha diritto di fare una nuova domanda, questa volta corretta, entro la scadenza del 28 maggio.

Tuttavia, non sempre il codice indicato è scorretto, e nonostante ciò possono aversi dei problemi. Infatti, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, se la domanda è scartata per invalidità dell’IBAN, il contribuente farà bene a controllare comunque l’esattezza del codice indicato nell’istanza. Non è infatti escluso che si riveli corretto e, in questa ipotesi, è necessario approfondire il motivo del mancato riscontro con la banca (ad es. c/c chiuso, IBAN non più valido causa fusione tra istituti di credito, c/c non intestato al soggetto che fa domanda).

L’istituto di credito storna l’accredito: che fare?

Non è finita qui. In tema di assegnazione dei contributi a fondo perduto, potrebbe insorgere un differente problema. Infatti, è possibile che l’Agenzia delle Entrate controlli la correttezza di tutti i dati forniti con l’istanza, dia di seguito l’ok al pagamento; ma poi il la banca storni l’accredito verso colui che ha fatto domanda.

Ciò per esempio può accadere per un conto non intestato al beneficiario o per IBAN non più valido. In dette circostanze, è possibile indicare all’Agenzia delle Entrate un nuovo IBAN valido, tramite il quale conseguire la ri-emissione del mandato di pagamento; servendosi di una specifica funzionalità internet, inclusa nell’area riservata del sito web dell’Agenzia.

Per concludere, attenzione ad un dettaglio pratico non di poco conto: a quest’ultima procedura può accedere soltanto il richiedente e non l’intermediario. E’ necessario fare il login, entrare  nella propria area riservata, e selezionare il percorso “Servizi per → Richiedere” nel menu principale, posizionato a sinistra dello schermo. Di seguito, occorre cliccare sulla voce IBAN per ri-emissione accrediti contributo a fondo perduto, e così immettere il codice esatto.

 

Contributi a fondo perduto dl Sostegni

Contributi a fondo perduto dl Sostegni: cosa fare se l’IBAN è errato?

I contributi partita Iva possono essere ottenuti con domanda ad hoc, ma attenzione a cosa si indica e, in particolare, all’IBAN.

contributi a fondo perduto sono stati appena varati dal recente dl Sostegnicome abbiamo già avuto modo di notare. Per ottenere detti ristori destinati alle partite Iva, gravemente penalizzate negli ultimi mesi a causa della pandemia e delle conseguenze legate al lockdown per ragioni sanitarie, è necessario però rispettare tutta una serie di istruzioni, tra cui l’indicazione dell’IBAN  corretto nell’”Istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto Decreto Sostegni“.

Bisogna prestare molta attenzione proprio a quest’ultimo elemento, giacchè sbagliare detto codice identificativo può comportare lo scarto della domanda; o, comunque, dei consistenti ritardi del versamento dei contributi partita Iva, da parte dell’Agenzia delle Entrate. Non solo. Come vedremo meglio più avanti, è attiva una procedura su internet, valevole laddove la banca, a seguito del versamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, storni l’accredito, in ragione di un IBAN sbagliato.

Cerchiamo, dunque, di fare chiarezza e capire come comportarsi in caso di IBAN sbagliato e come porvi rimedio.

Contributi a fondo perduto: che cosa sono in breve

Prima di soffermarci nello specifico sulla questione dell’IBAN sbagliato, ricapitoliamo i tratti essenziali dei nuovi contributi a fondo perduto per le partite IVA, di cui al recente dl Sostegni.

Come accennato, il primo maxi provvedimento economico del Governo presieduto dall’ex numero uno BCE ha, tra le sue finalità, quella di intervenire a supporto degli operatori economici più duramente colpiti dall’emergenza sanitaria; e dalle restrizioni che ne sono derivate. Lo stanziamento è notevole, trattandosi – appunto – di contributi ‘a fondo perduto’; d’altronde lo scostamento di bilancio pari a 32 miliardi di euro, approvato qualche mese fa dal Parlamento, mirava anche a poter varare questa ulteriore tipologia di aiuti economici.

La platea dei destinatari dei nuovi contributi a fondo perduto è piuttosto vasta. Ecco in sintesi chi sono:

  • soggetti che svolgono attività d’impresa; di arte; o professione; o di reddito agrario (inclusi i professionisti appartenenti a ordini professionali, prima esclusi);
  • titolari di partita IVA (anche in regime forfettario)
  • residenti o soggetti comunque stabiliti in Italia.

Non possiamo non rimarcare che una delle maggiori novità, che differenzia detti ‘sostegni’ dai precedenti ‘ristori’ del Governo Conte, è data dal fatto che questi contributi sono rivolti potenzialmente a tutti; senza distinguere per attività – infatti non sono applicati i discussi i codici ATECO – o per regime fiscale  – potranno quindi richiederlo anche le partite Iva forfettarie –  o per aree di appartenenza dei contribuenti interessati. Tuttavia, per ulteriori e maggiori dettagli, rimandiamo alla nostra guida sui contributi a fondo perduto.

Riportare l’IBAN correttamente è essenziale per incassare il contributo

Come accennato all’inizio, l’indicazione di un IBAN scorretto è tutt’altro che un errore infrequente, tanto da poter tranquillamente affermare che – in sede di compilazione della domanda per i contributi a fondo perduto –  l’indicazione di un IBAN scorretto determina lo scarto della richiesta o ritardi nel pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Tra gli elementi da includere obbligatoriamente nella domanda per i contributi a fondo perduto, c’è – ovviamente – anche l’IBAN, ossia  il codice identificativo del conto corrente (e della banca in cui si trova), su cui si richiede l’accredito dei contributi a fondo perduto. L’IBAN, in particolare, deve essere correttamente scritto dai soggetti che optano per il contributo tramite accredito diretto su c/c. Invece, coloro che scelgono l’utilizzo della somma spettante come credito d’imposta in compensazione, non sono tenuti a questo obbligo.

Inoltre, l’IBAN di cui alla domanda per i contributi a fondo perduto non soltanto deve essere esatto, ma anche e soprattutto deve fare riferimento ad un conto corrente intestato o cointestato a colui che fa richiesta dell’aiuto economico. Ciò in termini pratici significa che non si può usare il c/c di un terzo soggetto, neanche familiare o convivente. Anzi, il Fisco è molto attento su questo aspetto, tanto che se non registra corrispondenza fra i due dati, la domanda sarà scartata.

Attenzione anche al codice fiscale: i controlli formali dell’Agenzia delle Entrate

In base a quanto stabilito dal dl Sostegni, sappiamo che è stato lasciato sostanzialmente invariato il meccanismo dei controlli e delle sanzioni, in caso di percezione indebita di contributi. In particolare, detti controlli sono sia preventivi (detti formali), che successivi (detti approfonditi). I primi sono svolti dal Fisco, subito dopo la trasmissione della domanda per i contributi e la sua presa in carico.

Invece, circa la seconda tipologia di controlli, il riferimento da farsi è al decreto Rilancio, in merito ai controlli antimafia e il protocollo d’intesa siglato dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza nel 2020.

Attenzione dunque alla corrispondenza che deve esservi tra IBAN indicato nella domanda per i contributi a fondo perduto, e il codice fiscale: infatti, detta corrispondenza è uno degli elementi esaminati in sede di controlli formali da parte del Fisco, nella fase di lavorazione della domande presentate. In caso di incongruenza, la inevitabile conseguenza è lo scarto della domanda in oggetto. Tuttavia, il contribuente ha diritto di fare una nuova domanda, questa volta corretta, entro la scadenza del 28 maggio.

Tuttavia, non sempre il codice indicato è scorretto, e nonostante ciò possono aversi dei problemi. Infatti, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, se la domanda è scartata per invalidità dell’IBAN, il contribuente farà bene a controllare comunque l’esattezza del codice indicato nell’istanza. Non è infatti escluso che si riveli corretto e, in questa ipotesi, è necessario approfondire il motivo del mancato riscontro con la banca (ad es. c/c chiuso, IBAN non più valido causa fusione tra istituti di credito, c/c non intestato al soggetto che fa domanda).

L’istituto di credito storna l’accredito: che fare?

Non è finita qui. In tema di assegnazione dei contributi a fondo perduto, potrebbe insorgere un differente problema. Infatti, è possibile che l’Agenzia delle Entrate controlli la correttezza di tutti i dati forniti con l’istanza, dia di seguito l’ok al pagamento; ma poi il la banca storni l’accredito verso colui che ha fatto domanda.

Ciò per esempio può accadere per un conto non intestato al beneficiario o per IBAN non più valido. In dette circostanze, è possibile indicare all’Agenzia delle Entrate un nuovo IBAN valido, tramite il quale conseguire la ri-emissione del mandato di pagamento; servendosi di una specifica funzionalità internet, inclusa nell’area riservata del sito web dell’Agenzia.

Per concludere, attenzione ad un dettaglio pratico non di poco conto: a quest’ultima procedura può accedere soltanto il richiedente e non l’intermediario. E’ necessario fare il login, entrare  nella propria area riservata, e selezionare il percorso “Servizi per → Richiedere” nel menu principale, posizionato a sinistra dello schermo. Di seguito, occorre cliccare sulla voce IBAN per ri-emissione accrediti contributo a fondo perduto, e così immettere il codice esatto.

Nuovo Bando Macchinari Innovativi

Nuovo Bando Macchinari Innovativi: compilazione domande dal 13 aprile

Domande online tramite procedura nella sezione “Nuovo bando Macchinari innovativi” del sito web del Ministero (www.mise.gov.it)

Il Ministero dello sviluppo economico da il via al 2° sportello, “Nuovo bando Macchinari Innovativi”, per la concessione di agevolazioni finalizzate all’effettuazione di investimenti innovativi 4.0. L’obiettivo delle agevolazioni è quello di favorire la trasformazione tecnologica e digitale dell’impresa nonché la transizione del tessuto economico verso il modello dell’economia circolare. In tal modo, il Ministero vuole promuovere  una crescita economica sostenibile connessa alla creazione di nuovi posti di lavoro nelle regioni meno sviluppate.

Le domande potranno essere presentate tramite la procedura informatica, accessibile nell’apposita sezione “Nuovo bando Macchinari innovativi” del sito web del Ministero (www.mise.gov.it), dalle ore 10.00 alle ore 17.00 di tutti i giorni lavorativi, dal lunedì al venerdì, a partire dal 27 aprile 2021.

L’iter di presentazione delle domande di agevolazioni è quello già previsto per il precedente “sportello”. L’apertura del 2° sportello è avvenuta con l’adozione del decreto del 26 marzo scorso.

Nuovo Bando Macchinari Innovativi: la misura agevolativa

Come riportato sul sito del MI.SE.:

la misura sostiene gli investimenti innovativi che, attraverso la trasformazione tecnologica e digitale dell’impresa mediante l’utilizzo delle tecnologie abilitanti afferenti il piano Impresa 4.0 e/o la transizione dell’impresa verso il paradigma dell’economia circolare, siano in grado di aumentare il livello di efficienza e di flessibilità dell’impresa nello svolgimento dell’attività economica, mediante l’acquisto di macchinari, impianti e attrezzature strettamente funzionali alla realizzazione dei programmi di investimento, nonché programmi informatici e licenze correlati all’utilizzo dei predetti beni materiali.

L’intervento è coperto da risorse comunitarie già stanziate.

Gli investimenti devono essere destinati ai territori delle seguenti Regioni:Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Difatti si tratta delle regioni meno sviluppate.

Nello specifico i beni agevolati sono macchinari, impianti e attrezzature. L’agevolazione si estende anche a programmi informatici e licenze correlati all’utilizzo dei predetti beni materiali. Sempre nell’ottica di industria 4.0.

In cosa consiste?

L’agevolazione opera sia quale contributo in conto impianti sia quale finanziamento agevolato.

Difatti, l’intervento agevolativo è così articolato:

  • per le imprese di micro e piccola dimensione, un contributo in conto impianti pari al 35% e un finanziamento agevolato pari al 40%;
  • per le imprese di media dimensione, un contributo in conto impianti pari al 25% e un finanziamento agevolato pari al 50%.

Anche la restituzione del finanziamento prevede condizioni di favore. Infatti, deve essere restituito dall’impresa beneficiaria senza interessi, in un periodo della durata massima di 7 anni. A decorrere dalla data di erogazione dell’ultima quota a saldo delle agevolazioni.

Le agevolazioni sono erogate da Invitalia che gestisce le relative attività istruttorie.

Chi sono i soggetti beneficiari

Possono beneficiare dell’agevolazione le micro, piccole e medie imprese (PMI) che alla data di presentazione della domanda:

  • sono regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle imprese, sono nel pieno e libero esercizio dei propri diritti e non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali;
  • sono in regime di contabilità ordinaria e dispongono di almeno due bilanci approvati e depositati presso il Registro delle imprese, ovvero hanno presentato, nel caso di imprese individuali e società di persone, almeno due dichiarazioni dei redditi;
  • in regola con la normativa vigente in materia di edilizia ed urbanistica, del lavoro e della salvaguardia dell’ambiente, nonché con gli obblighi contributivi;
  • non hanno effettuato, nei due anni precedenti la presentazione della domanda, una delocalizzazione verso l’unità produttiva oggetto dell’investimento;
  • non rientrano tra i soggetti che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti considerati illegali o incompatibili dalla Commissione europea.

Quali sono le imprese escluse

Inoltre, le imprese non devono essere “in difficoltà”.

Su tale ultimo punto, i regolamenti europei che dichiarano compatibili gli aiuti con il mercato interno, individuano le imprese che possono essere definite tali.

Ad esempio, è considerata in difficoltà:

  • la società a responsabilità limitata qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate;
  •  la società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata, qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate;
  • l’impresa  oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o che soddisfa le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori;
  •  l’impresa che abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e nona bbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione;
  • ecc.

Anche i professionisti possono accedere all’agevolazione.

I settori esclusi

Possono accedere all’agevolazione le attività manifatturiere.

Sono però escluse le attività di cui ai settori: siderurgico; estrazione del carbone; costruzione navale; fabbricazione delle fibre sintetiche; trasporti e relative infrastrutture; produzione e distribuzione di energia, nonché delle relative infrastrutture.

Sono inoltre ammesse le attività di servizi alle imprese elencate nell’allegato 3 del decreto ministeriale 30 ottobre 2019.

E’ corretto richiamare tale ultimo decreto, in quanto è stato proprio tale decreto a prevedere due distinti sportelli per il riconoscimento delle agevolazioni in esame.

Il decreto del 26 marzo che ha disposto l’apertura del 2° sportello, conferma le disposizioni operative fissate dall’ulteriore decreto del 23 giugno 2020 che ha individuato, nell’ambito del primo sportello: i termini e le modalità di presentazione delle domande di agevolazioni  nonché le modalità di presentazione delle richieste di erogazione.

Apertura del 2° sportello Bando Macchinari Innovativi

Come appena anticipato, il decreto del 26 marzo, definisce i termini di apertura del 2° sportello.

Sono state così definite le tempistiche di presentazione delle istanze. L’invio della domanda è preceduta dalla sua compilazione e dal suo successivo invio, con tempistiche differenziate.

Infatti:

  1. la compilazione della domanda di accesso alle agevolazioni, è ammessa a partire dalle ore 10.00 del 13 aprile 2021;
  2. l’invio della domanda di accesso alle agevolazioni, è ammesso dalle ore 10.00 e fino alla 17, dal 27 aprile 2021.

Le domande si presentano solo in via telematica. Tramite la procedura informatica, accessibile nell’apposita sezione “Nuovo bando Macchinari innovativi” del sito web del Ministero (www.mise.gov.it).

Attenzione, per accedere alla procedura informatica bisogna essere in possesso di una casella PEC attiva (nel caso di PMI la PEC utilizzata deve risultare la medesima comunicata al Registro delle imprese) e della Carta nazionale dei servizi, oltre che del PIN rilasciato con la stessa Carta.

Paura riforma pensioni

Paura riforma pensioni: si torna alla Fornero?

Dopo Quota 100 quali saranno le decisioni che verranno prese con la prossima riforma delle pensioni? Scopriamolo.

di , pubblicato il  alle ore 19:00
Dopo Quota 100 quali saranno le decisioni che verranno prese con la prossima riforma delle pensioni? Scopriamolo.

L’emergenza pandemica continua ad avere delle ripercussioni negative sia dal punto di vista delle relazioni interpersonali che della situazione economica a livello internazionale.

L’esecutivo guidato dall’ex governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha la finalità di prendere decisioni in uno scenario economico particolarmente complicato come quello attuale.

Il prossimo 31 dicembre ci sarà l’addio definitivo di Quota 100 e, per questo motivo, sono in molti a chiedersi quali saranno le decisioni che verranno prese con la prossima riforma delle pensioni.

Uno dei timori più grandi è quello di un ritorno alla famigerata Legge Fornero.

Riforma pensioni: torna la paura della Fornero

Il Governo Draghi dovrebbe fare i conti con un sistema pensionistico basato sulla Legge Fornero, ma attualmente non c’è ancora nulla di cosa bolle in pentola.

Il Ministro del Lavoro Andrea Orlando – nel corso di un’intervista a Radio24 – ha sottolineato come la riforma delle pensioni non rientri nell’agenda del Governo.

In assenza di provvedimenti, quindi, Draghi potrebbe decidere, temporaneamente, di imitare semplicemente la Legge Fornero.

I Sindacati spingono affinchè si renda meno traumatico il fatto di dover fare i conti con uno scalone di 5 anni e con l’introduzione di una pensione anticipata alternativa.

Tra le ipotesi allo studio ci sono Quota 41 e Quota 92. Quota 41 è la misura destinata ai lavoratori precoci, che abbiano maturato 12 mesi di contributi al compimento del diciannovesimo anno di età.

Per accedere a Quota 41 si devono perfezionare 41 anni di contributi al momento della richiesta.

La misura Quota 92 è una soluzione prospettata dal senatore Tommaso Nannicini per i lavoratori con 62 anni di età e con 30 anni di servizio.

Il pensionamento a 62 anni con 30 anni di contributi potrebbe essere una soluzione alternativa favorevole a chi non raggiunge l’accesso a Quota 100.

Paura Riforma Pensioni: la diminuzione dell’aspettativa di vita

È stato fissato fino al 2026 il blocco dell’adeguamento alla speranza di vita: l’aspettativa di vita degli italiani è diminuita ultimamente di 5 anni.

La vera paura è che ritorni a prevalere un atteggiamento rigidamente basato sulle aspettative di bilancio, a discapito dei diritti dei lavoratori.

Si tratta di un atteggiamento già sperimentato ai tempi di Monti e della Fornero, con effetti negativi in capo ai lavoratori per quanto concerne l’età pensionabile.

Quota 100 se ne va e allora in pensione a 67 anni?

Articolo 18: dalla Consulta nuova bocciatura per la riforma Fornero

Articolo 18: dalla Consulta nuova bocciatura per la riforma Fornero

L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, così come modificato dalla legge Fornero, è incostituzionale. Ecco perchè.

Una recente sentenza della Corte Costituzionale si focalizza di nuovo sull’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, così come modificato dalla discussa riforma Fornero – ossia la legge n. 92 del 2012 – disponendo l’obbligo di reintegra del lavoratore in ipotesi di ‘licenziamenti economici’ se il fatto del licenziamento economico è “manifestamente insussistente”.

Ciò è quanto si può apprendere dal testo del recente provvedimento della Corte Costituzionale, con cui si dichiara “incostituzionale l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori; nel testo modificato dalla ‘riforma Fornero’, con riferimento all’articolo 3 della Costituzione”. Vediamo allora un po’  più nel dettaglio che cosa ha stabilito la Consulta e perchè le sue conclusioni sono così importanti.

Articolo 18 Statuto dei Lavoratori: la Consulta boccia di nuovo la riforma del lavoro

La Corte Costituzionale è dunque giunta a bocciare l’approccio della legge Fornero riguardo all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e alla delicata materia dei licenziamenti. In buona sostanza, se alla verifica dei fatti, il licenziamento del dipendente emerge come ingiusto, non può essere il riferimento ai ‘motivi economici’ a giustificare detto recesso unilaterale, da parte del datore di lavoro. Anzi, conseguentemente il lavoratore deve essere riassunto.

Già in passato, in relazione al Jobs Act che tutti riconduciamo al periodo in cui Matteo Renzi fu Presidente del Consiglio, la Consulta si espresse negativamente sulla riforma del lavoro; e bocciò il criterio automatico per il calcolo dell’indennità di licenziamento ingiustificato. Alcuni anni fa, infatti, questo giudice dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 comma 1, del d. lgs. n. 23 del 2015, in tema di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nella parte che dispone in modo rigido l’indennità attribuita al lavoratore licenziato in maniera ingiustificata.

In quell’occasione, la Corte si espresse con le seguenti e limpide parole “la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è, secondo la Corte, contraria ai principi di ragionevolezza; e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione”.

Il ragionamento della Corte in sintesi: violato il principio costituzionale di uguaglianza

Come accennato all’inizio, nella sua recente sentenza la Consulta ha stabilito che in ipotesi di ‘licenziamenti economici’ è ”obbligatoria la reintegra se il fatto è manifestamente insussistente”. Ecco perchè la riforma Fornero sul punto è da ritenersi incostituzionale.

La Corte si sofferma sull’illegittimità costituzionale del carattere meramente facoltativo del rimedio del reintegro del lavoratore. E lo fa con queste parole chiarificatrici in una nota: “In un sistema che, per scelta consapevole del legislatore, attribuisce rilievo al presupposto comune dell’insussistenza del fatto; e a questo presupposto collega l’applicazione della tutela reintegratoria del lavoratore”, si palesa come disarmonico e lesivo del principio di eguaglianza” il ”carattere facoltativo del rimedio della reintegrazione per i soli licenziamenti economici; a fronte dell’inconsistenza della giustificazione addotta e della presenza di un vizio ben più grave rispetto alla pura e semplice insussistenza del fatto”.

Onde non lasciar alcun dubbio circa la posizione assunta, la Corte Costituzionale nella nota chiarisce ulteriormente perchè l’articolo 18 Statuto dei Lavoratori, così come riformato dalla Fornero, deve ritenersi contrario ai principi costituzionali. Infatti, la Consulta ha bocciato la norma nella parte nella quale dispone che il magistrato, una volta acclarata la manifesta insussistenza del fatto posto a fondamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, “può altresì applicare”; invece che “applica altresì” la tutela reintegratoria nei confronti del lavoratore.

In buona sostanza, la norma di cui all’articolo 18, come modificato dalla riforma Fornero, è in palese contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza. Infatti detto principio ”risulta violato se la reintegrazione, in caso di licenziamenti economici, è prevista come facoltativa; mentre è obbligatoria nei licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo, quando il fatto che li ha determinati è manifestamente insussistente”.

Violato altresì il principio di ragionevolezza

Ricapitolando quello che è stato il meccanismo che ha portato la Corte Costituzionale ad esprimersi per l’incostituzionalità dell‘articolo 18 Statuto dei Lavoratori; così come riformulato dalla legge Fornero, appare dunque ingiustificato un eventuale differente trattamento per quanto riguarda i licenziamenti economici infondati. E ciò “nonostante la più incisiva connotazione della inesistenza del fatto, indicata dal legislatore come manifesta’’.

Non solo violazione del principio di eguaglianza, vero e proprio pilastro della Carta e del nostro sistema democratico. La Corte Costituzionale sottolinea altresì “l’irragionevolezza intrinseca del criterio distintivo adottato, che conduce a ulteriori e ingiustificate disparità di trattamento”.

Non deve dunque stupire che questo giudice abbia notato che, per i licenziamenti economici, “il legislatore rende facoltativa la reintegrazione; senza offrire all’interprete un chiaro criterio direttivo”. Inoltre, la scelta tra forma di tutela data dal reintegro, e forma di tutela indennitaria, è rimessa a una valutazione soggettiva del giudice competente per la questione. Ma le sue conclusioni risultano disancorate “da precisi punti di riferimento“.

Concludendo e in sintesi, la Corte Costituzionale ha deciso di ritenere fondata l’illegittimità costituzionale relativa all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori nella sezione nella quale si dispone che il giudice abbia esclusivamente la facoltà; e non il dovere di imporre al datore di lavoro la reintegra sul posto di lavoro. Ciò appunto laddove sia emerso, in corso di causa, che il licenziamento del lavoratore per giustificato motivo oggettivo è stato fondato su un fatto manifestamente non sussistente

Cassa integrazione Decreto Sostegni: primi chiarimenti INPS

Lavoro e Diritti – La tua guida facile su lavoro, pensioni, fisco e welfare

Cassa integrazione Decreto Sostegni: primi chiarimenti INPS

Primi chiarimenti INPS sull’accesso alle settimane di Cassa integrazione previste dal Decreto Sostegni. Novità su invio domande e pagamenti.

Il messaggio INPS numero 1297 del 26 marzo 2021 fornisce le prime indicazioni operative per accedere alle settimane di Cassa integrazione previste dal Decreto Sostegni (Dl 41 del 22 marzo 2021). La norma, entrata in vigore il 23 marzo scorso, ha l’obiettivo di sostenere le imprese chiamate a fronteggiare gli effetti economici dell’emergenza COVID-19, attraverso ulteriori periodi di ammortizzatori sociali.

Nello specifico, i trattamenti già introdotti dal 1° gennaio 2021 ad opera della Legge di bilancio vengono prorogati per:

  • 13 settimane con riferimento alla Cassa integrazione ordinaria (CIGO);
  • 28 settimane per assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga (CIGD);
  • 120 giorni per la Cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA).

Nel messaggio in parola l’INPS rende note le modalità di trasmissione delle domande; oltre a chiarire il conteggio delle settimane spettanti, alla luce della sovrapposizione con i periodi ex Manovra 2021.

Analizziamo la questione nel dettaglio.

Cassa integrazione Decreto Sostegni: CIG ordinaria

Il Decreto Sostegni (articolo 8 comma 1) ha previsto 13 settimane di Cassa integrazione ordinaria dal 1° aprile al 30 giugno 2021.

Tali periodi si sommano a quelli già introdotti dalla Legge di bilancio (L. n. 178/2020) pari a 12 settimane dal 1° gennaio al 31 marzo 2021.

Nel complesso, pertanto, le aziende avranno a disposizioni 25 settimane dal 1° gennaio al 30 giugno 2021.

Assegno ordinario e Cassa in deroga

Come disciplinato dall’articolo 8 comma 2 del Decreto in parola dal 1° aprile al 31 dicembre 2021 i datori di lavoro privati avranno a disposizione 28 settimane complessive di Cassa integrazione in deroga o assegno ordinario erogato dal FIS.

E’ opportuno ricordare che la Manovra 2021 ha introdotto 12 settimane di CIGD o assegno ordinario dal 1° gennaio al 30 giugno 2021.

Sotto questo aspetto il messaggio INPS precisa che eventuali periodi, già richiesti e autorizzati ai sensi della Legge di bilancio, collocati anche parzialmente in periodi successivi al 1° aprile 2021 non riducono il numero di settimane spettanti (28) in base al Decreto Sostegni. Queste, al contrario, si aggiungono alle 12 settimane di Cassa precedenti.

Ne deriva che le aziende avranno a disposizione 40 settimane di ammortizzatori sociali dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021, fermo restando che le 12 previste dalla Manovra devono collocarsi entro e non oltre il 30 giugno 2021.

Facciamo l’esempio dell’azienda Alfa, la quale ha richiesto 12 settimane di CIGD dal 1° gennaio al 30 aprile 2021 ai sensi della Legge n. 178. Dal 3 maggio (il 1° maggio è un sabato) Alfa potrà accedere ad ulteriori 28 settimane di Cassa Decreto Sostegni.

Destinatari

I trattamenti previsti dal Decreto Sostegni, Cassa ordinaria, assegno ordinario e Cassa in deroga, si applicano ai lavoratori in forza al 23 marzo 2021, data di entrata in vigore del Decreto-Legge.

Modalità di pagamento

Le ore non lavorate a carico dell’INPS per effetto del ricorso ai trattamenti di Cassa integrazione ai sensi del Decreto numero 41, possono essere liquidate ai dipendenti con due distinte modalità:

  • Anticipo delle spettanze in busta paga da parte del datore di lavoro, salvo il successivo recupero delle somme rispetto ai contributi da versare all’Istituto con modello F24;
  • Pagamento diretto da parte dell’INPS ai beneficiari.

Con specifico riferimento alle domande di CIGD, posto che in base alla normativa ex Legge di bilancio era consentita la sola modalità del pagamento diretto, l’anticipo in busta paga è riconosciuto per i soli periodi decorrenti dal 1° aprile 2021. Con riferimento alle settimane precedenti è invece possibile unicamente il pagamento diretto (eccezion fatta per le aziende cosiddette “plurilocalizzate”).

Da ultimo, è confermato anche per le settimane del Decreto Sostegni l’anticipo del 40% degli importi di Cassa con pagamento diretto.

Invio delle domande

Le richieste di accesso ai trattamenti CIGO, Assegno ordinario, CIGD e CISOA previsti dal Sostegni, devono essere inviate in modalità telematica sul portale INPS, utilizzando la nuova causale “COVID-19 – DL 41/21”.

Il termine per la trasmissione delle istanze è fissato, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo quello in cui ha avuto inizio la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.

Per le domande a pagamento diretto INPS, il termine per l’invio dei modelli SR 41 (necessari per la liquidazione delle spettanze ai lavoratori interessati) è fissato entro la fine del mese successivo quello interessato dall’integrazione salariale ovvero, se più favorevole, entro 30 giorni dalla data di notifica via PEC dell’autorizzazione.

Aziende in CIGS

Il messaggio INPS affronta anche il tema delle aziende in Cassa integrazione straordinaria (CIGS) toccato dal Decreto Sostegni all’articolo 8 comma 1.

Sotto questo aspetto le imprese che alla data del 23 marzo 2021 hanno in corso un trattamento di CIGS, costrette a sospendere ulteriormente il programma di Cassa straordinaria, a causa dell’interruzione dell’attività produttiva per effetto dell’emergenza COVID-19, possono accedere a 13 settimane di CIGO dal 1° aprile al 30 giugno 2021.

Tale opzione è consentita se l’azienda rientra in uno dei settori ammessi alla Cassa integrazione ordinaria.

In sede di invio telematico della domanda di ammortizzatore COVID-19, la causale da utilizzare sarà “COVID-19 – DL 41/21-sospensione CIGS”.

Cassa integrazione salariale operai agricoli

L’articolo 8 comma 8 del Decreto Sostegni introduce ulteriori 120 giorni di CIG operai agricoli (CISOA), fruibili dal 1° aprile al 31 dicembre 2021.

I periodi si sommano a quanto previsto dalla Legge di bilancio, nello specifico 90 giornate dal 1° gennaio al 30 giugno 2021.

Sulla falsariga di CIGD e assegno ordinario, i 120 giorni del “Sostegni” si aggiungono a quelli ex L. n. 178. Unico limite: le 90 giornate devono essere collocate entro e non oltre il 30 giugno 2021.

Flusso telematico “UniEmens-Cig”

Infine new entry nel panorama degli adempimenti INPS è il flusso telematico “UniEmens-Cig” che prenderà il posto del modello SR 41; farà il suo debutto (previa circolare di prossima pubblicazione) per consentire ad aziende intermediari di trasmettere i dati necessari a:

  • Calcolo e liquidazione diretta degli importi a titolo di Cassa integrazione;
  • Saldo delle anticipazioni;
  • Accredito della contribuzione figurativa.

Postepay Green.

 

Postepay Green: come funziona e quanto costa la nuova carta prepagata

Postepay Green è la nuova carta prepagata ricaricabile e biodegradabile di Poste Italiane per i ragazzi tra i 10 e i 17 anni. I dettagli.

Postepay Green è la nuova carta prepagata ricaricabile e biodegradabile di Poste Italiane per i ragazzi tra i 10 e i 17 anni. Anche Poste ha deciso di dare un contributo all’ambiente lanciando sul mercato la nuova prepagata ricaricabile. La nuova card biodegradabile è già disponibile in più di 12.800 uffici postali presenti sul territorio italiano e può essere richiesta dai ragazzi con età da 10 a 17 anni.

Ma vediamo più nel dettaglio come funziona la nuova carta Postepay, quali sono i costi di attivazione e come richiederla.

Come funziona Postepay Green

La nuova carta prepagata Postepay è stata realizzata in collaborazione con Visa utilizzando esclusivamente elementi biodegradabili. L’obiettivo di Poste Italiane è quello di educare finanziariamente i più piccoli gestendo le proprie spese personali e contemporaneamente ridurre la plastica presente sul nostro pianete.

La Postepay Green è rivolta esclusivamente ai minorenni di età compresa tra i 10 e i 17 anni. La carta consente ai più giovani di poter effettuare acquisti online e offline, controllare le proprie finanze oppure scambiare somme di denaro con i propri amici direttamente dall’app Postepay.

Va precisato però che i genitori possono controllare in tempo reale tutte le transazioni effettuate dai propri figli e contemporaneamente limitarne l’utilizzo. Infatti, i genitori possono:

  • impostare il limite di spesa e prelievo;
  • abilitare oppure disabilitare gli acquisti online;
  • impostare il limite di pagamento all’estero.

Inoltre, è possibile attivare gratuitamente all’interno della propria area personale la possibilità di poter ricevere in tempo reale una notifica sul proprio smartphone nel momento in cui viene svolta una determinata operazione, come ad esempio l’acquisto online. Raggiunta la maggiore età la Postepay può restare attiva e richiedere la sospensione del controllo da parte dei genitori.

Cosa posso fare con Postepay Green?

La nuova carta prepagata ricaricabile di Poste Italiane ha la stessa funzione della classica Postepay a differenza che la postepay Green è rivolta ai minorenni ed è possibile partecipare al nuovo programma ScontiPoste lanciato da Poste Italiane.

Con Postepay Green è possibile:

  • pagare gli acquisti online oppure presso i negozi fisici;
  • effettuare i pagamenti attraverso il codice QR esposto nel negozio;
  • inviare denaro con la modalità p2p;
  • acquistare biglietti per i mezzi pubblici.
  • accreditare la paghetta tramite ricarica automatica a tempo.

Come richiedere la Postepay Green

Attualmente la Postepay Green è possibile richiederla solo ed esclusivamente presso gli uffici postali. La richiesta del rilascio della carta prepagata può essere effettuata solo dal genitore/tutore del minore. Non è necessaria la presenza del minore durate l’apertura del conto.

Per poter richiedere l’apertura della carta prepagata sono necessari i documenti del minore e del genitore.

Quanto costa Postepay green

La richiesta della postepay green ha un costo di 5 euro e successivamente al rilascio della carta il genitore è obbligato a ricaricarla con almeno 5 euro per poter attivare tutte le funzioni. Ad ogni prelievo presso gli ATM Postamat, POS Postamat oppure presso gli uffici postali, è prevista una commissione di 1 euro. Mentre nel caso in cui si decide di prelevare presso uno degli ATM bancari la commissione sarà di 1,75 € ad ogni prelievo effettuato.

Per i prelievi in altre valute da ATM circuito Visa presenti all’estero, viene applicata una commissione di 5€  + 1,10% dell’importo prelevato.

In caso di pagamenti da uffici postali abilitati, ricarica cellulare oppure acquisto presso esercenti aderenti al circuito Visa/Visa payWave non sono previste commissioni. Per i pagamenti in una valuta diversa dall’euro verrà applicata una commissione pari all’1,10% dell’importo speso.

I limiti

Essendo una carta prepagata rivolta esclusivamente ai giovani, la Postepay Green ha i suoi limiti. Infatti non è possibile prelevare più di 100 euro al giorno presso gli sportelli ATM, ha un limite di spesa pari a 150 euro, un plafond massimo di 1.000 euro. Infine è possibile inviare fino da un massimo di 200 euro con la modalità p2p.

Come ricaricare PostePay Green

Per agevolare i minorenni all’utilizzo della nuova carta prepagata ecosostenibile di Poste Italiane, sono state abilitate molteplici modalità per poter ricaricare la Postepay Green. Infatti, è possibile ricaricarla:

  • direttamente online sul sito di poste.it oppure su postepay.it.
  • presso le tabaccherie e punti vendita convenzionati della rete Lottomatica;
  • dagli sportelli automatici ATM Postamat;
  • presso gli uffici postali con versamento in contanti oppure con un’altra postepay o Bancoposta.
  • attraverso la paghetta dei propri genitori con pagamento automatici a tempo. Ossia ogni settimana, 15 giorni oppure ogni qualvolta il saldo scende al di sotto del limite prescelto

San Giovanni Battista de La Salle

 

San Giovanni Battista de La Salle


Nome: San Giovanni Battista de La Salle
Titolo: Sacerdote
Nascita: 30 aprile 1651, Reims, Francia
Morte: 9 aprile 1719, Rouen, Francia
Ricorrenza: 7 aprile
Tipologia: Commemorazione

S. Giovanni Battista, primo di dieci fratelli, nacque a Reims il 30 aprile del 1651 e secondo il bell’uso cristiano fu battezzato nello stesso giorno. Il padre, signor Luigi de la Salile, era consigliere del re.

Giambattista non dimostrò nei primi anni nulla di straordinario : godeva dell’affettuosità della madre e cresceva nella bontà e nella pietà. Le sacre funzioni parlavano alla sua fantasia e gli suggerivano l’altarino in casa e l’imitazione infantile delle cerimonie sacre. A sette anni serviva in parrocchia, e a nove frequentava le scuole pubbliche: il tutto in modo diligente, ma ordinario.

Dopo retorica, studiò filosofia e nel 1669, (contava allora diciotto anni) ottenne il diploma per cui si vedeva aperta davanti ogni via. Ma il giovane aveva già scelto la sua strada fin dagli undici anni quando fece la sua prima Comunione: voleva essere religioso. L’ll marzo 1662 ricevette la tonsura e gli fu offerto un canonicato dal parente Doret, che egli accettò. Nel 1668 ricevette gli ordini minori ed intanto frequentava il corso di teologia nel Seminario di S. Sulpizio a Parigi ove venne consacrato suddiacono.

Mortagli la madre nel 1671 e l’anno dopo il padre, si trovò ad essere il capo famiglia e quindi dovette lasciare Parigi per tornare a Reims, ov’erano ancora quattro fratelli e due sorelle. Si scelse per confessore e direttore spirituale il canonico Nicola RolIand, e a quel giovane sacerdote, pio, ardente e caritatevole, affidò l’animo suo. Fortificato dai suoi consigli, ricevette il diaconato nel 1676 e il 9 aprile 1678 veniva consacrato sacerdote.

Fu subito assegnato al ministero, ma Iddio lo voleva unicamente dedicato all’educazione della gioventù; e perfezionando l’uso che i chierici del Seminario francese avevano di raccogliere ogni festa i giovani in apposite scuole per insegnare loro le orazioni e la dottrina cristiana, fondò la benemerita Congregazione delle Scuole Cristiane.

Da tanti in Francia si sentiva tale bisogno e tanti aprivano or qua or là scuole, ma il più efficace e benemerito fu questo Santo. Aiutato da una pia signora, aprì le sue prime scuole e trasformò alcuni giovani volenterosi in abili maestri.

Ebbe dure prove: abbandono di fratelli, mancanza di mezzi, ma con aspre penitenze e una illimitata confidenza nella SS. Vergine sotto il cui patrocinio aveva posta la sua Congregazione, superò ogni difficoltà. Nelle avversità passava notte intere chiuso in chiesa da solo, e si flagellava piangendo ai piedi del santo tabernacolo. Però non si esaltava nè si abbatteva mai : sia nelle prosperità come nelle avversità soleva dire: « Dio sia benedetto ». E consapevole che i più grandi disegni di Dio su di un’anima non si compiono che per mezzo della croce, perseverò nel bene e con gran tenacia difese l’opera sua, resistendo alle prove del maligno che lo tormentò in mille modi poiché vedeva che le Scuole operavano un gran bene.

Il Signore premiò largamente il suo fedele servo, poiché il 9 aprile del 1719 quando lo chiamò a sé, la sua istituzione contava già 40 case, 274 fratelli e 9885 allievi.

PRATICA. — Facciamo nostra la bella giaculatoria del Santo « Dio sia benedetto », dicendola specialmente quando siamo provati dal Signore.

PREGHIERA. — O Dio, che ad istruire cristianamente i poveri e a confermare la gioventù nella via della verità hai suscitato S. Giovanni Battista confessore e hai radunato per suo mezzo nella Chiesa una nuova famiglia, concedi propizio, che accesi per intercessione ed esempio di lui nello zelo di tua gloria per la salvezza delle anime, possiamo essere messi a parte della sua corona in cielo.