Archivi giornalieri: 10 febbraio 2023

Se quest’anno non hai i requisiti per la pensione ma li avevi nel 2022 puoi smettere di lavorare?

Se quest’anno non hai i requisiti per la pensione ma li avevi nel 2022 puoi smettere di lavorare?

Chi ha maturato il diritto ad andare in pensione con Quota 100 o Quota 102, può esercitarlo anche quest’anno. Come funziona la cristallizzazione.

pensione

I lavoratori che hanno maturato l’anno scorso i requisiti per andare in pensione e non li hanno esercitati possono farlo nel 2023. Anche se le regole sono cambiate e da quest’anno non sono più valide. In gergo si parla di cristallizzazione del diritto.

In questo senso, chi ha maturato lo scorso anno il diritto ad andare in pensione con Quota 102, ora non più valida, può esercitarlo anche quest’anno o negli anni a venire. Lo stesso dicasi per Quota 100 o, ancora, per Opzione Donna che dal 1 gennaio prevede requisiti più stringenti per andare in pensione anticipata.

In pensione con Quota 100 e Quota 102

Quota 100 e Quota 102 sono terminate rispettivamente a fine dicembre 2021 e fine dicembre 2022. Ma questo non significa che non sia più possibile andare in pensione con le regole previste per le deroghe passate, cioè con 62 anni con 38 di contributi o con 64 anni e 38 di contributi rispettivamente.

Chi avesse maturato i requisiti per Quota 100 o Quota 102 nei tempi previsti può accedervi anche quest’anno o nel 2024.

La cosa importante è avere maturato il diritto, cioè aver raggiunto l’età anagrafica e i contributi previsti dalla legge.A precisarlo è l’Inps con il messaggio n. 2019 del 2013 che specifica come una volta acquisito il diritto alla pensione anticipata, si può accedere alla prestazione da qualsiasi momento in avanti. Unica condizione è che l’attività lavorativa sia cessata al momento della richiesta.

Opzione Donna

Analogo discorso si può fare per Opzione Donna. La misura, a differenza delle Quote di cui sopra, non è da ritenersi scaduta ma modificata. Da quest’anno le lavoratrici vi possono accedere solo al compimento di 60 anni di età, non più 58 (59 per le autonome).

E’ previsto un anno di sconto per ogni figlio con un massimo 2 anni. Non è cambiato il requisito contributivo minimo di 35 anni.A parte ciò, dal 1 gennaio 2023 bisogna anche rientrare in una delle categorie sociali di disagio previste dalla legge di bilancio e cioè essere:

  • caregiver;
  • invalide dal 74% in su;
  • licenziate o dipendenti di aziende in crisi.

Questi requisiti sono nuovi, ma per coloro che entro il 31 dicembre 2022 non li possedevano e avevano età e contributi per uscire con Opzione Donna, potranno comunque fare domanda di pensione. Il diritto acquisito non si perde.

La cristallizzazione del diritto alla pensione vale anche per le pensioni ordinarie. Così chi ma ha raggiunto i requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia potrebbe decidere di posticipare l’uscita. Cosa che vale anche per le pensioni anticipate con 41-42 anni e 10 mesi di contributi.

 

Ordinanza n. 22150 del 13/07/2022 Impiego pubblico – dipendente comunale – conferimento incarichi dirigenziali – criteri di scelta

Ordinanza n. 22150 del 13/07/2022 Impiego pubblico – dipendente comunale – conferimento incarichi dirigenziali – criteri di scelta

Stampa PDF
Allegati:
Scarica questo file (2022 n 22150.pdf)2022 n 22150.pdf   245 Kb

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Il mancato esame in termini comparativi della posizione di una dipendente comunale in relazione all’incarico di reggenza di un ufficio affidatole dal comune, configura inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile. Gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali nel pubblico impiego (art. 19, comma 1, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), infatti, rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte dall’amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro. La Corte d’Appello aveva rigettato la domanda di riesame in termini comparativi dell’incarico di reggenza, sul presupposto che, trattandosi di incarico caratterizzato da straordinarietà e temporaneità, il relativo procedimento non era sottoposto alla regolamentazione dettata per l’ordinario conferimento degli incarichi dirigenziali. La Corte di Cassazione sostiene che l’Amministrazione – “anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. – è obbligata ad operare valutazioni comparative e ad esternare le ragioni giustificatrici delle scelte”.

 

AranSegnalazioni

Nota operativa “Adesione al Fondo nazionale pensione complementare Perseo-Sirio, anche mediante forme di silenzio-assenso e relativa disciplina di recesso del lavoratore”

Stampa PDF

Segnalazione da UO Studi e analisi compatibilità

Il Dipartimento della funzione pubblica ha emanato la nota operativa DFP-0007959-P-03/02/2023 rivolta a ministeri, regioni, autonomie locali, enti e aziende del servizio sanitario nazionale, enti pubblici non economici, ENAC, CNEL, università, enti di ricerca, agenzie fiscali affinché portino a conoscenza dei lavoratori le finalità del Fondo previdenziale Perseo-Sirio e le modalità di adesione, anche in coordinamento e collaborazione con il Fondo stesso. Il DFP ricorda che “Già con i CCNL 2016-2018, codeste Amministrazioni sono state invitate a portare a conoscenza dei lavoratori le caratteristiche e le finalità del Fondo, anche con il contributo dello stesso. Si rammenta, inoltre, che, in data 16 settembre 2021, l’Aran e le organizzazioni sindacali hanno sottoscritto un “Accordo sulla regolamentazione inerente alle modalità di espressione della volontà di adesione al Fondo nazionale pensione complementare Perseo-Sirio, anche mediante forme di silenzio-assenso, ed alla relativa disciplina di recesso del lavoratore”.

CFL196

 CFL196

Stampa PDF
 

Con l’entrata in vigore del nuovo ordinamento professionale del CCNL 16.11.2022, la specifica indennità riconosciuta alle categorie A e B1, prevista dall’art. 70 septies del CCNL del 21 maggio 2018, a chi spetta?

Per dare una risposta esaustiva è necessario fare un distinguo tra personale già in servizio alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento (1° di aprile 2023) e personale assunto dopo tale data.

Personale già in servizio alla data del 1° di aprile 2023:

La specifica indennità di cui all’art. 70 septies del CCNL del 21 maggio 2018 continuerà ad essere riconosciuta, anche dopo l’entrata in vigore del nuovo ordinamento professionale (1° aprile 2023), a tutti i soggetti legittimati a riceverla, in quanto inquadrati (entro il 31 marzo 2023) in profili della categoria A o in profili collocati nella categoria B, posizione economica B1, a prescindere dalla trasposizione automatica che avverrà in Area Operatori o Operatori Esperti dal 1° di aprile

Personale assunto dal 1° di aprile 2023:

La specifica indennità di cui all’art. 70 septies del CCNL del 21 maggio 2018  sarà riconosciuta a favore del personale che verrà assunto dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema di classificazione (1 aprile 2023) ascritto all’Area Operatori.

CQTF15

CQTF15

 

Da quando si attivano i flussi finanziari dei versamenti contributivi dall’amministrazione verso il Fondo?

L’amministrazione deve iniziare a versare sia il contributo datoriale che il contributo a carico del dipendente dopo aver ricevuto dal Fondo (ai sensi dell’art. 6, c. 5) la comunicazione con i nominativi dei dipendenti che non hanno esercitato il diritto di recesso per i quali si è dunque “consolidata” l’adesione ed entro il secondo mese successivo alla data di tale comunicazione (art. 4, c. 9)

CQTF13

CQTF13

 

L’art. 6 dell’accordo prevede che entro trenta giorni dalla comunicazione di adesione ricevuta dal Fondo Perseo-Sirio, l’iscritto mediante silenzio-assenso può esercitare il diritto di recesso. Al riguardo, si chiede come e a chi deve essere comunicata la volontà di recesso?

In base all’art. 6 c. 3 dell’Accordo, la comunicazione del dipendente della propria volontà di esercitare il diritto di recesso va indirizzata al Fondo Perseo-Sirio.

Al riguardo, si informa che il Fondo Perseo-Sirio ha definito una procedura web per esercitare il diritto di recesso alla quale si accede dall’area riservata di ciascun iscritto, con userid e password comunicate dal Fondo

FAQ ed altro materiale utile per l’applicazione dell’accordo del 16/9/2021 sulla “Regolamentazione inerente alle modalità di espressione della volontà di adesione al Fondo Perseo-Sirio, anche mediante forme di silenzio-assenso

FAQ ed altro materiale utile per l’applicazione dell’accordo del 16/9/2021 sulla “Regolamentazione inerente alle modalità di espressione della volontà di adesione al Fondo Perseo-Sirio, anche mediante forme di silenzio-assenso”

Stampa PDF

Il 16 settembre 2021 è stato sottoscritto l’accordo che regolamenta l’adesione al Fondo Perseo-Sirio, anche con la modalità del silenzio-assenso.

L’accordo si applica al personale assunto, dopo il 1° gennaio 2019, nelle amministrazioni pubbliche destinatarie del Fondo Perseo-Sirio, il fondo di previdenza complementare negoziale a cui possono aderire i lavoratori dei ministeri, delle regioni, delle autonomie locali, della sanità, degli enti pubblici non economici, dell’ENAC, del CNEL, delle università, degli enti di ricerca, delle agenzie fiscali.

L’accordo definisce modalità e regole che assicurino una puntuale ed esaustiva informazione per i neo-assunti. Si prevede infatti che il lavoratore, al momento dell’assunzione, riceva una dettagliata informativa, dalla propria amministrazione, sull’attività del Fondo pensione, sulla possibilità di iscriversi e sulla modalità di adesione mediante silenzio-assenso. Nei sei mesi successivi, il lavoratore può iscriversi direttamente o esprimere la volontà di non aderire. Se il dipendente non manifesta alcuna volontà, allo scadere dei sei mesi è iscritto. Il Fondo comunicherà ai nuovi iscritti l’avvenuta adesione, ribadendo il diritto al recesso da attivarsi entro un mese. Trascorso questo ulteriore periodo, senza che sia stata manifestata alcuna volontà, l’iscrizione si consolida.

L’ARAN, al fine di supportare le amministrazioni, ha predisposto:

  • – un’informativa contenente alcune prime indicazioni per facilitare l’applicazione delle disposizioni sottoscritte;
  • – alcune slides che sintetizzano le varie fasi ed i principali passaggi previsti dall’accordo;
  • – alcune FAQ, in risposta a quesiti formulati da alcune amministrazioni.

Per approfondire il tema della previdenza complementare, si rinvia inoltre alla guida introduttiva alla previdenza complementare curata da Covip:

https://www.covip.it/per-il-cittadino/educazione-previdenziale/guida-introduttiva-alla-previdenza-complementare

Per maggiori informazioni sul Fondo Perseo-Sirio, si rinvia infine al sito internet del Fondo:

https://www.fondoperseosirio.it/ https://www.fondoperseosirio.it/documenti-per-neoassunti/

– In data 3 febbraio 2023 il Dipartimento della funzione pubblica ha emanato la nota operativa DFP-0007959-P-03/02/2023

“Adesione al Fondo nazionale pensione complementare Perseo-Sirio, anche mediante forme di silenzio-assenso e relativa disciplina di recesso del lavoratore”

COMUNICATO Contributi dovuti all’ARAN per l’anno 2023

COMUNICATO Contributi dovuti all’ARAN per l’anno 2023

Stampa PDF
 

Si segnala che il contributo annuale per l’anno 2023 dovuto dalle Amministrazioni, di seguito elencate, sarà richiesto dall’ARAN con un avviso di pagamento “PagoPA” spedito dall’indirizzo pec  serviziopa@pec.infogroup.it alla pec istituzionale di ogni singola Amministrazione:

–       Enti pubblici non economici;

–       Collegi e Ordini professionali presenti nel conto annuale RGS 2021: gli Enti, presenti nella tabella allegata, sono esclusivamente quelli rilevati dal conto annuale RGS per l’anno 2021. I Collegi e Ordini professionali, non presenti nel conto annuale 2021, riceveranno l’avviso di pagamento “PagoPA” in una successiva fase e con dedicata procedura;

–        Enti di Ricerca;

–        Enti art. 70 d.lgs. 165/2001;

Per una fattiva collaborazione istituzionale, si chiede di provvedere al pagamento del contributo dovuto alla scrivente Agenzia per l’anno 2023 esclusivamente utilizzando la procedura PagoPA.

Si segnala, altresì, che l’avviso di pagamento in questione proveniente dall’indirizzo pec serviziopa@pec.infogroup.it, generato in automatico dal sistema di pagamenti PagoPA, potrebbe essere erroneamente identificato come “spam”. Occorre, pertanto, verificare periodicamente la cartella “spam” del proprio client di posta o del servizio webmail, al fine di “recuperare” la mail contrassegnata in modo errato.

Eventuali richieste di chiarimenti in ordine alla quantificazione dell’importo del contributo dovuto, potranno essere inviate a questa Agenzia al seguente indirizzo di posta elettronica:  riscossionecontributi@aranagenzia.it

 

I beni culturali a rischio alluvione Ambiente

I beni culturali a rischio alluvione Ambiente

Uno degli indicatori del dissesto idrogeologico è costituito dai beni culturali esposti al rischio. Nel 2021 se ne registravano quasi 50mila in Italia (il 23% del totale). La zona più esposta è l’Emilia Romagna, ma tra le città la prima è Venezia.

 

Sono numerosi gli indicatori che l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) utilizza per descrivere il dissesto idrogeologico. Nel caso specifico del dissesto idraulico (i fenomeni alluvionali), abbiamo recentemente analizzato la quota di terreno a rischio.

Inquinamento, frane e alluvioni danneggiano i monumenti.

Si possono però considerare altri indicatori per misurare l’impatto potenziale delle alluvioni, come ad esempio la quota di popolazione esposta. Ma questi fenomeni hanno un impatto anche su ciò che è stato costruito dall’uomo come ad esempio i beni culturali. Si tratta di beni architettonici, monumentali e archeologici che necessitano di particolari tutele vista la loro fragilità. Insieme all’inquinamento, i fenomeni franosi e alluvionali sono infatti i principali fattori ambientali che contribuiscono al danneggiamento e al degrado dei monumenti.

I beni culturali a rischio nelle province italiane

Ispra realizza una mosaicatura a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale dei beni culturali esposti al pericolo idraulico. Nel 2021 in Italia se ne registravano quasi 50mila. Si tratta del numero di beni culturali, tra quelli catalogati nel progetto Vincoli in rete (Vir) realizzato dall’istituto superiore per la conservazione e il restauro (Iscr), che sono localizzati in aree considerate come a rischio idraulico. Queste ultime con riferimento alla mappatura realizzata dall’Ispra stessa.

Purtroppo non si può fare in questo caso un ragionamento di andamento temporale perché, come evidenzia Ispra stessa, negli anni la banca dati relativa ai beni culturali è stata ampliata e revisionata e così anche la mappatura delle zone a pericolosità idraulica.

49.903 i beni culturali a rischio alluvione in Italia nel 2021.

Ovvero il 23,3% di tutti i beni culturali registrati nel nostro paese. Parliamo qui specificamente dei beni culturali localizzati in zone che Ispra cataloga come “a pericolosità idraulica bassa” (che comprende, come suoi sottoinsiemi, le zone a pericolosità media ed elevata). Mentre sono 6.025 quelli in zone a rischio elevato (7,5% del totale).

L’Emilia Romagna è la regione italiana che riporta la quota più elevata: oltre il 65%. Veneto, Liguria e Calabria sono invece quelle con la quota più elevata di beni culturali a rischio idraulico elevato (con percentuali comprese tra il 16% e il 20%).

La prima provincia per beni culturali esposti a rischio idraulico è Ferrara, dove oltre il 100% di tutti i beni culturali si trova in zone a pericolosità alluvionale. Come abbiamo recentemente raccontato infatti la provincia romagnola è esposta per il 99,9% del suo territorio.

Seguono da questo punto di vista le province di Reggio Emilia e Rovigo, entrambe con quote superiori al 90%. Mentre in numeri assoluti, la prima in Italia è Venezia, con oltre 4.500 siti a rischio.

La provincia di Venezia è prima anche se consideriamo la quota di beni culturali esposti a rischio idraulico elevato. È l’unica in cui la percentuale supera il 50% (attestandosi specificamente al 57,3%). Seguono le province di Pisa, Savona e Pordenone con quote comprese tra il 20% e il 30%.

L’esposizione dei beni culturali al rischio alluvione nelle città

I centri urbani sono le aree con il maggior numero di beni culturali. Per questo è interessante analizzare, a livello comunale, qual è la situazione delle principali città italiane da questo punto di vista. Anche in questo caso Venezia è quella che riporta la situazione più problematica.

GRAFICO
DA SAPERE

I dati si riferiscono al numero di beni culturali a rischio nelle aree a pericolosità bassa (la categoria più ampia, che racchiude in sé i vari gradi di pericolosità), nei comuni capoluogo delle città metropolitane.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra
(consultati: martedì 31 Gennaio 2023)

 

Con 3.357 beni culturali a rischio nelle zone a pericolosità idraulica (ovvero l’80% del totale), Venezia registra il dato più elevato d’Italia. Segue Firenze con circa 1.800, anche in questo caso l’80% del totale. Ultima invece Napoli, con 8 siti in zone esposte, pari a meno dell’1%.

Foto: Andy Cat – licenza

 

Pensioni: corre la spesa, conti Inps in rosso

Pensioni: corre la spesa, conti Inps in rosso. Tutte le incognite che pesano sulla riforma

Storia di di Marco Rogari • Ieri 18:57
 
 
 
 

Una falsa partenza. È quella che ha caratterizzato il confronto sulla nuova riforma delle pensioni dopo il vertice generale del 19 gennaio. Governo e parti sociali si sarebbero dovute incontrare l’8 febbraio per affrontare il tema della “copertura previdenziale” di donne e giovani, ma l’esecutivo ha deciso di posticipare il tavolo e di limitarlo ai soli sindacati. Un chiaro sintomo di quanto la strada si presenti in salita.

Pensioni: corre la spesa, conti Inps in rosso. Tutte le incognite che pesano sulla riforma

Pensioni: corre la spesa, conti Inps in rosso. Tutte le incognite che pesano sulla riforma© Fornito da Il Sole 24 Ore
 

Con alcuni ostacoli non facili da superare: anzitutto l’allentamento della stretta su Opzione donna, chiesta a gran voce dai sindacati ma su cui il governo non ha ancora trovato una quadratura del cerchio. C’è poi l’allarme conti: l’Inps ha previsto di chiudere l’esercizio 2023 con un risultato negativo di oltre 9,7 miliardi, contro gli 1,8 miliardi di “attivo” del 2022, e la spesa complessiva per pensioni è già stimata in crescita di oltre 23 miliardi quest’anno e di più di 50 miliardi nel 2025. Un andamento che rende complicato individuare una soluzione nell’ottica della flessibilità in uscita per superare la legge Fornero in linea con la Quota 41 proposta dalla Lega o con le uscite a 62-63 anni invocate da Cgil, Cisl e Uil.

L’idea del governo è di definire le linee guida della nuova riforma entro l’estate con l’obiettivo di avviare gradualmente il precorso per superare (almeno in parte) la legge Fornero a partire dall’inizio del 2024. Ma i sindacati chiedono un primo tangibile segnale sulla nuova rotta pensionistica già nel Documento di economia e finanza (Def) che dovrà essere presentato ad aprile. C’è de vedere se dopo lo slittamento al 13 febbraio del round inizialmente fissato l’8 febbraio ci sarà un’accelerazione del tavolo.

 
 
 

Cgil, Cisl e Uil si attendono anzitutto una risposta sull’allentamento della stretta su Opzione donna impressa dall’ultima legge di bilancio con cui è stata significativamente ridotta, anche attraverso l’innalzamento dei requisiti, la platea delle lavoratrici che possono accedere a questa via d’uscita. I sindacati e una parte della stessa maggioranza spingono per tornare allo schema del 2022 con una proroga dei vecchi requisiti: 58 anni (59 per le “autonome”) e 35 anni di versamenti con il ricalcolo contributivo dell’assegno. Una soluzione che non dispiacerebbe al ministro del Lavoro, Marina Calderone, che da tempo sta cercando una via d’uscita. Ma il governo anche nel corso dell’esame parlamentare del decreto Milleproroghe ha detto no, per mancanza di risorse, agli emendamenti presentati dalle opposizioni per far scattare questo tipo di proroga. Un’impasse che rischia di peggiorare il clima al tavolo della riforma.

Spinta dall’impennata dell’inflazione, con i conseguenti maggiori costi per l’indicizzazione degli assegni pensionistici, la spesa per pensioni ha ricominciato a correre. Una spesa che, secondo le ultime previsioni, dovrebbe salire dai 297,3 miliardi del 2022, a 320,8 miliardi alla fine di quest’anno e a 349,7 miliardi nel 2025, quando la sua incidenza sul Pil dovrebbe essere del 16,4% contro il 15,7% del 2022. Questo andamento non sembra favorire la costruzione di una riforma con soluzioni onerose. E, non a caso, l’incognita spesa è quella che ha aleggiato sul tavolo già durante il primo incontro “generale” di gennaio.

Anche i conti dell’Inps non sembra incoraggiare nuovi interventi di spesa. Il bilancio preventivo per il 2023 dell’ente indica un risultato economico negativo di oltre 9,7 miliardi a fine anno, mentre l’esercizio 2022 si è chiuso con un attivo di 1,8 miliardi. Un’evoluzione dovuta soprattutto al peggioramento del quadro economico. Ma in ogni caso, senza nuovi interventi, l’Istituto vedrà inesorabilmente peggiorare la situazione patrimoniale.Il problema sostenibilità: nel 2050 rischia di scendere a 1 il rapporto lavoratori-pensionatiA far capire chiaramente a governo e parti sociali che le prospettive di equilibrio finanziario del sistema previdenziale sono preoccupanti è stato lo stesso presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, partecipando alla riunione del 19 gennaio. Tridico ha sottolineato che se oggi ci sono circa 1,4 lavoratori per pensionato, già nel 2029 si scenderà a 1,3 con il serio rischio di arrivare a 1 nel 2050.

Il governo è consapevole delle incognite legate all’andamento della spesa e della sostenibilità del sistema previdenziale, ma confida sui positivi effetti che produrrebbe sui conti una separazione delle voci pensionistiche da quelle assistenziali. Una separazione che i sindacati reclamano a gran voce. Nell’ultimo rapporto del centro studi e ricerche “Itinerari previdenziali”, Alberto Brambilla evidenzia che nel 2021 escludendo gli oneri assistenziali per maggiorazioni sociali, integrazioni al minimo e Gias dei dipendenti pubblici (23,257 miliardi in totale), l’incidenza della spesa previdenziale sul Pil sarebbe scesa al 12,11%. Un dato – si legge nel rapporto – più che in linea con la media Eurostat.

Il principale traguardo che il governo intende tagliare con la riforma in cantiere è quello dell’introduzione di forme di flessibilità in uscita per superare la legge Fornero ma anche l’attuale sistema delle Quote: ultima della serie Quota 103. Ma trovare una sintesi tra governo e sindacati e all’interno della stessa maggioranza, tenendo conto delle scarse risorse a disposizione, non sarò facile. Come è noto, la Lega ha fissato come obiettivo di legislatura Quota 41, ovvero la possibilità di uscire con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. A questa soluzione, ma non solo, guardano anche il ministero del Lavoro e gli stessi sindacati, che però preferirebbero consentire il pensionamento anticipato a 62-63 anni d’età. E Quota 41 non sembra una priorità per tutta la maggioranza. Forza Italia, ad esempio, punta anzitutto, come ha più volte ribadito Silvio Berlusconi, a far salire la soglia delle pensioni minime a mille euro. Un intervento che avrebbe un costo abbondantemente superiore ai 10 miliardi. Ma anche Quota 41 per tutti richiederebbe già il primo anno non meno di 3-4 miliardi

Riforma Pensioni 2023

Riforma Pensioni 2023, i problemi: aumento della spesa pubblica e conti dell’INPS

L’appuntamento del 8 febbraio tra il governo e i sindacati è stato rimandato, una decisione che pone l’accento sulle sfide che il paese deve affrontare per raggiungere un nuovo intervento strutturale. La spesa pubblica, spinta dall’impennata dell’inflazione, è in aumento e si prevede che raggiungerà livelli senza precedenti quest’anno, con un aumento di oltre 23 miliardi di euro, e di 50 miliardi nel 2025. L’Inps, a causa del peggioramento del quadro economico, sta prevedendo un esercizio 2023 in rosso, con una perdita di quasi 10 miliardi di euro. Queste cifre evidenziano la necessità di trovare soluzioni innovative per gestire la crescita della spesa pubblica e garantire un futuro economicamente stabile per il paese. i problemi da affrtnare:

Ultime novità riforma pensioni 2023: i problemi da affrontare, inflazione e conti INPS

La strada verso una soluzione sostenibile per la Riforma delle pensioni e è piena di ostacoli difficili da superare. Il primo di questi è la richiesta da parte dei sindacati di allentare la stretta su “Opzione Donna”, ma il governo non è ancora riuscito a trovare un equilibrio. Inoltre, i conti pubblici sono allarmanti: l’Inps prevede di chiudere l’esercizio 2023 con una perdita di oltre 9,7 miliardi di euro, rispetto agli 1,8 miliardi di euro di utile del 2022.

La spesa per le pensioni è già stimata in aumento di oltre 23 miliardi di euro quest’anno e di più di 50 miliardi nel 2025. Questa crescita rende complicato trovare una soluzione che garantisca la flessibilità in uscita dal lavoro, allineandosi alla proposta della Lega per la “Quota 41” o alle richieste di Cgil, Cisl e Uil per l’uscita a 62-63 anni.

Riforma Pensioni 2023, le prossime tappe in programma

Il governo ha l’obiettivo di stabilire le linee guida per una nuova riforma pensionistica entro l’estate e di iniziare a superare la legge Fornero gradualmente a partire dall’inizio del 2024. Tuttavia, i sindacati stanno sollecitando un segnale concreto sulla nuova direzione pensionistica già nel prossimo Documento di economia e finanza (DEF) che sarà presentato ad aprile. Il futuro è incerto, poiché dopo lo slittamento del tavolo di negoziazione previsto per l’8 febbraio al 13 febbraio, è ancora da vedere se ci sarà un’accelerazione nei negoziati.

Il governo mira a introdurre forme di flessibilità in uscita con la sua prossima riforma pensionistica, con l’obiettivo di superare la legge Fornero e il sistema delle Quote attualmente in vigore. Tuttavia, trovare un accordo tra il governo, i sindacati e la maggioranza non sarà facile, soprattutto considerando la scarsità di risorse a disposizione. La Lega ha fissato come obiettivo di legislatura la Quota 41, che consentirebbe il pensionamento con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica. Tuttavia, questa soluzione non sembra essere una priorità per tutta la maggioranza e i sindacati preferirebbero un’uscita anticipata a 62-63 anni. Inoltre, anche Forza Italia ha posto l’aumento delle pensioni minime a 1000 euro come prioritaria, un intervento che richiederebbe molte risorse. Quota 41 per tutti, d’altra parte, richiederebbe almeno 3-4 miliardi già nel primo anno.

Pensionipertutti.it grazie alla sua informazione seria e puntuale è stato selezionato dal servizio di Google News, se vuoi essere sempre aggiornato sulle nostre ultime notizie seguici tramite GNEWS andando su questa pagina e cliccando il tasto segui.