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La cooperazione e la prima legge di bilancio del governo MeloniCooperazione

In questi giorni il parlamento sta lavorando sul primo disegno di legge di bilancio del governo Meloni. Le decisioni assunte saranno fondamentali per consolidare la crescita delle risorse destinate alla cooperazione. Una crescita che invece rischia di essere episodica.

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In questi giorni il parlamento ha iniziato ad analizzare la prima legge di bilancio del governo Meloni. Anche per il settore della cooperazione, la legge ha probabilmente ricalcato in gran parte quanto già programmato dall’esecutivo precedente. Ciò non toglie che sarà la nuova maggioranza a dover approvare il testo assumendosi, assieme al governo, la responsabilità di questo passaggio politico.

Le risorse per la cooperazione negli ultimi anni

Per comprendere l’impatto che la legge di bilancio avrà sul settore della cooperazione è utile conoscere l’andamento che l’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) ha avuto negli ultimi anni. I dati preliminari sul 2022 saranno pubblicati da Ocse solo ad aprile 2023, ma nel frattempo è possibile consultare quelli degli anni precedenti.

Tra 2018 e 2020 le risorse destinate dall’Italia alla cooperazione hanno visto un calo continuo. Il 2021 ha rappresentato invece un’inaspettata inversione di tendenza che ha portato il nostro paese a raggiungere un valore pari allo 0,28% nel rapporto tra Aps e reddito nazionale lordo (Rnl). Un dato ben distante dall’obiettivo di arrivare allo 0,70% Aps/Rnl entro il 2030 ma comunque decisamente maggiore rispetto allo 0,22% raggiunto solo l’anno precedente.

Una buona notizia insomma che tuttavia va letta alla luce delle considerazioni fatte dal comitato per l’aiuto allo sviluppo dell’Ocse (Dac).

Il comitato infatti indica chiaramente come le risorse aggiuntive siano legate, oltre che a operazioni di cancellazione del debito, all’aumento delle risorse destinate ai rifugiati nel paese donatore e alle spese sostenute in campo multilaterale per contrastare la pandemia.

L’aiuto multilaterale riguarda le risorse destinate a organizzazioni internazionali per svolgere attività volte a promuovere lo sviluppo. Vai a “Cosa sono il canale bilaterale e il canale multilaterale”

Già in un precedente approfondimento abbiamo visto come questi due ultimi elementi possano essere considerati aiuto gonfiato. Ovvero risorse che, pur essendo correttamente rendicontate come Aps secondo le regole del comitato per lo sviluppo (Dac) dell’Ocse, non sono in senso stretto legate a progetti di cooperazione. Considerando solo l’aiuto genuino come definito da Concord infatti le risorse destinate alla cooperazione risultano sostanzialmente stagnanti tra 2020 e 2021.

Le risorse in aumento inoltre non hanno un carattere strutturale. Per questo dunque non è affatto scontato che in futuro gli stanziamenti crescano ancora e neanche che rimangano stabili.

Le incongruenze tra le leggi di bilancio e le risorse rendicontate

Come accennato la crescita dell’Aps nel 2021 è stata una buona notizia abbastanza inaspettata. D’altronde dalla legge di bilancio 2021 non emergeva un aumento di questa portata. Una discrepanza spiegata dal fatto che esiste uno scostamento tra le risorse messe a preventivo nella legge di bilancio e quelle effettivamente rendicontate in sede Ocse.

Una parte delle voci che compongono l’Aps in effetti non può rientrare nella legge di bilancio per varie ragioni. Come il fatto che una parte della spesa, per quanto piccola, non sia di competenza dello stato centrale ma degli enti locali, o che un’altra parte rientri invece nel bilancio di cassa depositi e prestiti.

Come denunciato dalle organizzazioni della società civile in molte occasioni, l’incongruenza più lampante è rappresentata dalle risorse inserite in legge di bilancio dal ministero dell’interno per la gestione dell’accoglienza dei migranti (circa 1 miliardo e mezzo) e le risorse effettivamente rendicontate dall’Ocse a questo scopo (che negli ultimi 2 anni hanno oscillato tra i 201 e i 470 milioni di euro). Una differenza molto consistente che rende le previsioni di spesa del Viminale nel settore della cooperazione del tutto inaffidabili. Questo tuttavia non sembra interessare il ministero che ogni anno ripropone cifre del tutto simili. Senza considerare dunque né che solo una parte della spesa per l’accoglienza dei migranti può essere rendicontata come Aps né le variazioni dei flussi migratori e delle presenze nei centri di accoglienza.

Tra le risorse destinate all’Aiuto pubblico allo sviluppo può essere rendicontata anche una parte specifica della spesa sostenuta per l’accoglienza dei rifugiati. Vai a “Che cos’è il capitolo di spesa “rifugiati nel paese donatore””

Nel 2021 si è aggiunto un altro elemento. Si tratta, come abbiamo visto, delle spese sostenute per la lotta alla pandemia passate da meno di 86 milioni nel 2020 a oltre 565 nel 2021. La ragione per cui tali importi non rientravano, almeno integramente, nella legge di bilancio 2021 è probabilmente dovuta da un lato al fatto che determinate decisioni (come i contributi straordinari alle agenzie Onu impegnate nel contrasto al Covid) sono state assunte dopo l’approvazione della legge. E dall’altro dal fatto che la donazione di vaccini avanzati (inizialmente acquistati per l’Italia), non poteva ovviamente rientrare in questo tipo di partita contabile.

In conclusione, negli anni in analisi la distanza tra le cifre indicate a monte in legge di bilancio e quelle effettivamente rendicontate a valle dal comitato aiuto allo sviluppo dell’Ocse si è fatta sempre più ampia. Per questa ragione conviene leggere e confrontare le cifre della legge di bilancio in relazione a quelle indicate l’anno precedente. Consapevoli che poi le risorse effettivamente investite nel settore potranno essere verificate solo dopo il rilascio dei dati Ocse. Ad aprile 2023 infatti sono attesi i dati preliminari sul 2022 e in seguito quelli definitivi.

Confronto tra leggi di bilancio

Date queste premesse possiamo confrontare le ultime leggi di bilancio, osservando le differenze e le variazioni in specifici ministeri e specifici capitoli di spesa.

Da un primo confronto tra le cifre riportate per il 2021, per il 2022 e per il 2023 (nelle rispettive leggi di bilancio), emerge un aumento considerevole per il prossimo anno.

Uno dei ministeri che vedono un aumento delle risorse destinate alla cooperazione è quello dell’economia e delle finanze (+296 milioni tra 2022 e 2023). Una struttura questa che finanzia buona parte del canale multilaterale italiano.

Anche in questo caso però non è facile interpretare il dato. Potrebbe infatti trattarsi nuovamente di risorse destinate alla lotta alla pandemia, che dunque sono poi previste in calo per gli anni successivi. Inoltre il canale multilaterale è periodicamente soggetto a oscillazioni dovute alle diverse annualità con cui sono rifinanziati i bilanci delle organizzazioni internazionali a cui prende parte l’Italia. L’aumento potrebbe dunque essere del tutto episodico e in effetti è previsto in calo per gli anni 2024 e 2025.

Un altro ministero che segna una crescita importante è quello dell’ambiente (già ministero della transizione ecologica). Qui infatti è previsto per la prima volta per il 2023 un finanziamento pari a 420 milioni di euro che rappresenta la componente rendicontabile come Aps del Fondo rotativo per il clima (che per intero ammonta a 840 milioni). Si tratta tuttavia di una novità che è entra in vigore nel 2023 ma che era già prevista nella scorsa legge di bilancio.

420 mln € le risorse del Fondo rotativo per il clima che dovrebbero essere rendicontate come aiuto pubblico allo svilupppo.

Si riducono invece le risorse destinate al ministero degli esteri e della cooperazione internazionale (Maeci). È vero che una riduzione era già prevista per il 2023 dalla scorsa legge di bilancio, almeno in alcuni capitoli di spesa del Maeci. Il taglio tuttavia appare più consistente del previsto andando peraltro a incidere su alcuni punti particolarmente importanti.

Tra questi si segnala ad esempio la riduzione di 50 milioni di euro del capitolo di spesa relativo al finanziamento dell’Agenzia italiana per la cooperazione. Si tratta in sostanza di una riduzione degli aumenti previsti per il bilancio dell’agenzia dalla scorsa legge di bilancio. Aumenti che erano stati ampiamente valorizzati dal governo Draghi.

Certo è vero che gli importi sono relativi se confrontati al totale dell’aiuto pubblico allo sviluppo allo sviluppo. Tuttavia è bene tenere a mente la differenza che esiste tra finanziare aspetti specifici, con il rischio che tali interventi risultino episodici, e dotare delle risorse necessarie la struttura a cui è attribuito il compito di rendere il settore organico e funzionale a una vera e propria strategia di cooperazione allo sviluppo.

Le richieste della campagna 070 e delle ong del terzo settore

Partendo dalle considerazioni elencate fin qui la Campagna 070 (promossa da FocsivAoiCini e Link 2007 con il patrocinio di AsvisCaritasForum del terzo settore e Fondazione Missio) segnala la necessità che nella discussione sul disegno di legge di bilancio si dia seguito ad alcuni elementi di grande importanza.

Prima di tutto il ripristino dell’incremento di risorse programmato nella precedente legge di bilancio e destinate all’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo. Risorse che nella attuale proposta del governo risultano essere state tagliate in modo progressivo. Su questa questione sono stati presentati emendamenti da vari gruppi, volti a ripristinare gli aumenti previsti. Al momento però sembra che nessuno di questi emendamenti arriverà alla discussione finale. Se così fosse si tratterebbe di un passo indietro che avrebbe effetti molto gravi per il settore della cooperazione allo sviluppo.

Inoltre, la campagna 070 sostiene la necessità che l’Italia si doti di strumenti legislativi che avviino una road map specifica per raggiungere l’obiettivo di destinare lo 0,70% dell’Rnl all’aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2030. Disporre di chiari obiettivi intermedi è infatti fondamentale per valutare se e come si stia procedendo per raggiungere concretamente questo traguardo. Un percorso che deve partire dal consolidamento dei risultati ottenuti, avanzando progressivamente sia in termini di quantità che di qualità dell’aiuto.

L’articolo è stato redatto grazie al progetto “Cooperazione: mettiamola in Agenda”, finanziato dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Le opinioni espresse non sono di responsabilità dell’Agenzia.

Foto: Aics

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Nel 2017 cala l’aiuto pubblico allo sviluppo dei paesi Dac Cooperazione

Nel 2017 cala l’aiuto pubblico allo sviluppo dei paesi DacCooperazione

I dati definitivi Ocse per il 2017 mostrano un calo dei fondi destinati all’aps da parte dei paesi del comitato Dac. Una riduzione che, se pur inferiore rispetto a quanto emergeva dai dati preliminari, conferma la fine di un trend di crescita che proseguiva dal 2012.

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Il calo dell’aiuto pubblico allo sviluppo

I dati definitivi per il 2017 certificano che, rispetto al 2016, il livello complessivo dei fondi erogati dai paesi appartenenti al comitato per l’aiuto allo sviluppo dell’Ocse (Dac) si è ridotto invece di aumentare.

I fondi destinati all’aps da parte dei paesi Dac si sono ridotti dello 0,15% tra il 2016 e il 2017. Vai a “Che cosa sono i paesi dac”

Di riduzione dei fondi per la cooperazione si era già parlato ad aprile 2018, quando l’Ocse aveva rilasciato i dati preliminari relativi al 2017. In quell’occasione era emerso di un calo dello 0,60% rispetto al 2016 che nei dati definitivi risulta ridotto allo 0,15%.

In ogni caso si tratta della prima riduzione nel volume di risorse destinate all’aps dal 2012. Un calo che, se non si interviene con un’inversione di rotta potrebbe segnare in maniera ben più incisiva i dati sui prossimi anni, compromettendo il raggiungimento dello 0,70 di aps globale previsto dall’agenda 2030.

Il calo della spesa per i rifugiati nel paese donatore

Secondo il rapporto di Concord Europe Aidwatch 2018, che analizzava i dati preliminari 2017 rispetto ai 28 paesi membri dell’Unione europea, emergeva come il calo nel volume complessivo dell’aps fosse strettamente legato al minore afflusso di rifugiati e  migranti sbarcati sulle coste europee nel corso del 2017.

Da diversi anni infatti la voce rifugiati nel paese donatore incide in maniera significativa sul volume dell’aps complessivo, in particolare in paesi donatori particolarmente esposti come l’Italia, ma non solo.

Tra il 2016 e il 2017 il valore della voce “rifugiati nel paese donatore” presente nell’aps dei paesi Dac è calato del 14%. Vai a “Che cos’è il capitolo di spesa “rifugiati nel paese donatore””
Per la prima volta dal 2012 calano i fondi rendicontati come “spesa per i rifugiati nel paese donatore”.

I dati definitivi per il 2017 confermano che il calo della voce “rifugiati nel paese donatore”, insieme a una flessione del canale multilaterale, rappresenta una delle componenti principali nella riduzione dei fondi per l’aiuto pubblico allo sviluppo (aps). Il calo dei fondi così rendicontati non è di per sé una cattiva notizia visto che la decisione di inserire questa voce all’interno dell’aps è stata da più parti contestata. Il problema però è che questa riduzione non è stata bilanciata dall’allocazioni di risorse  in aps destinate alla lotta alla povertà e lo sviluppo sostenibile.

Quello dei rifugiati è un tema particolarmente rilevante quando si parla dei fondi per l’aps, e sarà necessario monitorarlo da vicino anche nei prossimi anni. Questo perché, almeno per quanto riguarda l’Europa, la riduzione dell’arrivo di richiedenti asilo e migranti è un fenomeno che è iniziato nel 2017 ma che poi è proseguito nel 2018 e risulta confermato dai dati sui primi mesi del 2019. Di conseguenza è lecito attendersi che anche i costi rendicontati per l’accoglienza dei migranti siano destinati a calare e con questi il volume complessivo dell’aps. L’unico modo per evitare questa riduzione è infatti che i governi decidano di investire di più in altri settori della cooperazione incrementando i fondi destinati all’aiuto genuino.

Calano gli aiuti anche dai paesi europei

Concentrando l’analisi sui paesi dell’Unione europea membri del comitato Dac emerge come nel 2017, nella maggior parte dei casi, si sia verificata una riduzione nel rapporto tra investimenti in aiuto pubblico allo sviluppo e reddito nazionale lordo (aps/rnl) rispetto all’anno precedente.

14 dei 20 paesi europei del comitato Ocse-Dac, nel 2017 hanno ridotto il rapporto aps/rnl rispetto all’anno precedente.

La riduzione della quota di risorse destinata all’aps ha coinvolto principalmente paesi come la Spagna, l’Austria e l’Ungheria, mentre in Svezia e Francia si sono visti i principali aumenti. Per una volta anche l’Italia si è trovata nel gruppo dei 6 paesi che, in controtendenza sul dato europeo, hanno accresciuto le risorse destinate alla cooperazione.

Ma non sono solo i paesi europei a ridurrei il proprio impegno in materia di cooperazione. Nel 2017 infatti si è assistito anche a un calo considerevole del contributo delle istituzioni europee all’aiuto pubblico allo sviluppo che è passato da 15,4 miliardi di euro nel 2016 a 14,5 nel 2017 che, in termini reali, rappresenta un calo del 6,7% del proprio contributo.

 

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Openpolisultima modifica: 2022-12-16T20:13:08+01:00da vitegabry
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