Archivi giornalieri: 7 novembre 2022

Le misure legislative per il Pnrr, nell’incertezza del cambio di governo #OpenPNRR

Le misure legislative per il Pnrr, nell’incertezza del cambio di governo #OpenPNRR

Dei 21 interventi normativi previsti per il 2022, 6 sono ancora da completare. Non è chiaro come si porrà il governo Meloni, ma emergono già alcuni elementi critici.

 

Il quadro generale sugli interventi previsti

Per realizzare le riforme e gli investimenti in agenda, il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha bisogno di una serie di interventi normativi.

21 le misure legislative previste dal Pnrr per il 2022.

L’entrata in vigore di ognuna di queste norme è associata a una scadenza del piano, che ne definisce i tempi e le modalità di completamento. Questo ci permette di monitorarne l’avanzamento e di osservare eventuali differenze tra ciò che l’agenda prevedeva e ciò che governo e parlamento hanno realizzato.

Innanzitutto ricostruiamo il quadro complessivo di questi interventi normativi, a partire dalla loro distribuzione poco equilibrata. Se infatti nel primo e nel terzo trimestre andava completata solo 1 misura legislativa, nel secondo e nel quarto ne sono previste rispettivamente 8 e 11.

Il T4 ha più interventi previsti e la transizione ecologica è il tema principale.

I motivi di questa scelta potrebbero essere legati alla maggiore rilevanza che i trimestri 2 e 4 assumono a livello europeo. La fine di giugno e la fine di dicembre corrispondono infatti ai 2 momenti in cui l’Unione europea verifica il conseguimento delle scadenze previste. In caso di parere positivo, rilascia una nuova tranche di fondi ai paesi. La tendenza quindi sembrerebbe quella di concentrare nei 3 mesi precedenti a questi appuntamenti, un maggior numero di interventi da completare, compresi quelli legislativi.

Osservando invece i temi su cui intervengono le norme Pnrr 2022, la transizione ecologica è al primo posto, con 6 misure legislative su questa materia. Un dato in linea con la centralità che l’Ue ha chiesto di dare a questo ambito, a tutti gli stati membri. Seguono infrastrutture e scuola università e ricerca, ciascuna al centro di 3 scadenze.

Lo stato di avanzamento e il cambio di governo

Un discorso a parte merita l’avanzamento di queste scadenze. Come si evince dalla tabella sopra, la maggior parte (15) sono già completate. In particolare, 9 relative a trimestri già trascorsi e 6 all’attuale, il quarto, che si chiuderà alla fine dell’anno. Ma in base al nostro ultimo monitoraggio datato 2 novembre 2022, diverse misure legislative risultano ancora da realizzare.

le misure legislative per il Pnrr che devono ancora essere conseguite nel 2022. Delle quali 3 sono a buon punto, 2 in corso e 1 in ritardo.

Su questi come sugli altri interventi Pnrr, è ancora da capire come il governo Meloni intende procedere. Se interromperà la realizzazione dell’agenda attuale per avviare un processo di modifica o addirittura di ristesura del piano. O se procederà con l’attuazione dell’agenda esistente almeno fino alla fine dell’anno. Cioè quando il nostro paese dovrebbe aver completato tutte le scadenze previste e richiedere alla commissione europea la terza tranche di finanziamento.

Il cambio di governo pone un’incognita sugli interventi Pnrr ancora da completare.

Anche se questo non è ancora chiaro, a oggi è già possibile sottolineare alcuni aspetti critici sulle misure legislative da conseguire entro il 2022.

Ad esempio, un caso da approfondire riguarda l’entrata in vigore della legge annuale sulla concorrenza 2021. Il 16 settembre 2022 il consiglio dei ministri ha approvato i due decreti legislativi necessari a rendere la legge operativa. Tuttavia a oggi non sono ancora pubblicati in gazzetta ufficiale e non sono in vigore. Bisognerà vedere come interverrà a riguardo il nuovo esecutivo. Ad esempio chiedendo proroghe, evitando di approvare i decreti attuativi o introducendo in una fase successiva decreti che possano abrogare alcuni aspetti della norma.

Circostanze simili sono quelle che interessano la riforma della giustizia, di cui si sta discutendo molto nel dibattito pubblico recente. Non è chiaro perché questa misura non rientri tra quelle riportate dalla camera, ma entro dicembre è prevista l’entrata in vigore degli atti delegati per la riforma del processo civile e penale e la riforma del quadro in materia di insolvenza. In questo caso, i decreti legislativi erano già stati pubblicati, ma prevedevano date diverse per diventare operativi. Il decreto sul processo civile (149/2022) dovrebbe assumere validità entro il 30 giugno 2023. Quello sul processo penale invece (150/2022) riportava come data di entrata in vigore il 30 novembre 2022. Tuttavia, con il decreto legge approvato in Cdm una settimana fa, il 31 ottobre, il nuovo esecutivo ha disposto

il rinvio dell’entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, fino al 30 dicembre 2022, al fine di poter perfezionare misure organizzative già avviate e adeguati supporti tecnologici.

Questo dovrebbe dare tempo all’esecutivo di apportare le modifiche che ritiene necessarie. Riuscendo comunque a far diventare operativo il decreto sul processo penale prima della fine dell’anno. Così da completare comunque la scadenza nei tempi previsti per la verifica della commissione europea.

Il potere legislativo del governo

Un’altra prospettiva interessante da cui analizzare i dati sulle misure legislative per il Pnrr è la tipologia di atti adottati per realizzarle.

Spesso la misura legislativa attesa e quella effettiva non coincidono.

Il sito della camera fornisce l’informazione in merito a quale intervento (legge, decreto legge, decreto legislativo, …) l’agenda aveva previsto di realizzare per completare ciascuna scadenza. Nella gran parte dei casi però, la misura effettiva non corrisponde a quella che si era deciso di attuare, o per numero o per tipologia. Innanzitutto, 10 scadenze su 21 sono state realizzate da diversi articoli appartenenti a più leggi o decreti. Anche se era stato previsto un singolo intervento normativo per ogni scadenza. Inoltre, delle 13 leggi ordinarie attese, solo 5 misure hanno preso questa forma. Mentre nella maggior parte dei casi si è proceduto attraverso decreti legge, decreti legislativi e altre forme normative che hanno visto un contribuito marginale da parte del parlamento.

Questi dati vanno inquadrati in una tendenza più ampia, di cui abbiamo già parlato diverse volte. Cioè quella che vede governi degli ultimi anni fare sempre più spesso ricorso ai decreti legge, esercitando il potere legislativo in modo primario. Mentre il parlamento è chiamato solo in un secondo momento a convertire tali interventi in leggi, entro 60 giorni dalla loro emanazione.

Questo pone da un lato una questione democratica, legata al rischio di depotenziamento dell’organo legislativo, l’unico eletto direttamente dal popolo. Dall’altro vi è una questione tecnica. Il ricorso abituale ai decreti legge infatti satura l’agenda del parlamento, che avrà poco tempo. Sia per entrare nel merito delle misure ed eventualmente modificarle, sia per occuparsi di altri temi.

Alcuni Dl completano numerose scadenze Pnrr.

Infine è interessante notare che, per rispettare il rigido cronoprogramma del Pnrr, spesso il governo ha approvato dei decreti che realizzavano contemporaneamente più misure legislative. È il caso dei cosiddetti decreti Pnrr 1 e 2. Il primo è il Dl 152/2021 che ha contribuito, da solo o in concomitanza con altri atti, a rendere operative 10 misure legislative nel 2021 e 3 nel 2022. Mentre il secondo è il Dl 36/2022 che ha completato, allo stesso modo, 1 scadenza nel 2021 e 13 misure nel 2022.

Foto: Presidenza del consiglio dei ministri

 

SACRO E PROFANO NELLA LETTERATURA NELLA CULTURA E NELLA TRADIZIONE POPOLARE…

 

 
Francesco Casula
 di Francesco Casula
Sacro e profano nella cultura e nella tradizione popolare sarda rappresentano un binomio inscindibile che s’incarna e s’incardina i tutta la nostra storia, passata e presente. Entro subito in medias res con un esempio tratto dalla letteratura sarda, un passo dell’opera di Sigismondo Arquer “Sardiniae brevis historia”: Quando i contadini celebrano qualche festa, dopo la Messa, per tutto il resto della giornata e della notte ballano – uomini e donne – dentro la chiesa del Santo, cantando canzoni profane; inoltre uccidono maiali, montoni e buoi e mangiano allegramente di queste carni in onore del Santo. Vi sono anche di quelli che ingrassano qualche maiale in onore di un santo, per poterlo poi mangiare durante la festa, spesso in una chiesina costruita fra i boschi. E se la famiglia non è tanto numerosa da poter consumare tutta quella carne, perché non ne avanzi, invitano altre persone al banchetto che si fa dentro la chiesa stessa. E siamo nel 1550! Ma a parte questo chiarissimo esempio di connubio e di ibridazione fra sacro e profano in realtà questo è presente in tutta la cultura popolare sarda come nelle tradizioni e le Feste: che sono nello stesso tempo religiose e profane. Alcuni studiosi fanno risalire alcune feste popolari e religiose addirittura al periodo prenuragico o comunque a quello nuragico in cui le comunità sarde periodicamente si ritrovavano e si riunivano nei “santuari” di allora: a Santa Cristina di Paulilatino come a Santa Vittoria di Serri. L’intelligenza e la flessibilità della Chiesa cattolica è stata nel sopprimere ma nello stesso tempo di recuperare e mediare quel senso di segno magico-pagano e profano, quell’universo mitico di estrazione folclorico-rurale, proveniente da antichissime abitudini precristiane, mai completamente sradicate, nell’ambito sacro del Cristianesimo e delle sue feste. Tanto che oggi non esiste scadenza liturgica importante che non presenti innesti di tipo pagano-profano, che la Chiesa comunque renderà compatibili con la simbologia cristiana, riplasmandoli in questo modo dal Natale alla Pasqua, dalla Quaresima alla Festa dei morti, dalla festa di San Giovanni a quella di Sant’Efisio, un’ampia gamma di soluzioni sincretistiche punteggerà in modo discreto ma persistente lo sviluppo dell’intero anno liturgico, per non parlare della loro presenza nel ciclo esistenziale di ciascun individuo: dalla culla alla bara. Dicevo della Pasqua (in sardo sa Pasca manna per distinguerla dae sa Paschixedda). Ebbene nelle Feste pasquali, nella settimana santa, nel ricordo rituale e drammatizzato della Passione di Cristo, l’elemento sacro e religioso si coniuga e si unisce a quello profano, riferibile al cosiddetto ciclo dell’anno e a rituali magico propiziatori legati, soprattutto in ambito rurale, alla rigenerazione primaverile della natura. Cosicché nell’elemento che accomuna la liturgia ufficiale della Chiesa e gli usi locali, le cosiddette paraliturgie, vi è la consapevolezza di vivere in quei giorni, una fase di passaggio e di rinnovamento interiore, di transito da una condizione di negatività a una, auspicata e propiziata, di benessere e prosperità di nuova vita. Abbiamo così due tipologie di rituali: quelli propriamente liturgici, con i riti del sacro oggetto della liturgia di Santa romana chiesa (fino a non molto tempo fa celebrati in latino) e quelli paraliturgici, in genere tramandati dalle Confraternite, dalla gente comune che spesso riprendono e riadattano a uso del popolo, i cerimoniali ufficiali, altre volte si sovrappongono ad essi introducendo, sincreticamente, usi e credenze di origine precristiana. Due tipologie di rituali insomma che a volte convergono a volte sembrano configgere fra loro e, per questo motivo hanno subito talvolta nel corso dei secoli e persino oggi, l’ostracismo e l’opposizione delle autorità ecclesiastiche. Persino oggi il rapporto fra parroci e sodalizi confraternali, vere e proprie macchine collaudate per trasmettere le paraliturgie, non sempre è stato o tuttora è idilliaco: ma a scontrarsi più che il sacro con il profano spesso è la tradizione sostenuta dalle comunità locali dei credenti con la linea ufficiale della Chiesa. Finché i due binari quello dell’ufficialità e quello della località scorrono paralleli e in rapporto di buon vicinato, non si verifica alcun problema. Le difficoltà emergono invece quando vi sono dei reali o presunti sconfinamenti di campo. Persino nelle cronache giornalistiche assistiamo a contrasti e brias fra Parroci e Confraternite e Pro Loco. O prendiamo la Festa di San Giovanni del 24 giugno. Ebbene fin dal primo Cristianesimo, di età patristica, la Chiesa ha fatto confluire in un tema della liturgia (Il giorno natale del Battista) quel che rimaneva allora del culto solstiziale di un’antica visione urano- agraria legata al momento del raccolto e ricco di valenze propiziatorie (della terra e della donna). Il culto si è imposto alla Chiesa come qualcosa che sarebbe stato difficile sradicare tanto che ancora oggi sopravvivono elementi precristiani: i falò (su fogaroni), la raccolta delle erbe da destinare a chi verrà scelto come compare. Is cannas friscas. Proprio il Comparatico di S. Giovanni colpirà l’interesse di un illustre viaggiatore italiano in Sardegna. Alberto Ferrero della Marmora, torinese, scrittore, geografo e militare che visiterà la Sardegna, la prima volta nel 1819 e in seguito vi soggiornerà più volte. Egli infatti soggiornò nell’Isola, sebbene non stabilmente, per un arco di quasi quattro decenni, dal 1819 al 1857. Scriverà Itinerarie de l’île de Sardaigne (1860) ma soprattutto quei monumenti che sono i quattro volumi di Voyage en Sardaigne, ou description statitique, phisique e politique de cette ile, avec des recherches sus ses produtions naturelles et ses antiquités (1826). In quest’opera scriverà a proposito della Festa di San Giovanni: Oltre al comparatico per un bambino tenuto al battesimo o alla cresima, ve n’è un terzo detto di S. Giovanni, che è in uso solo fra i campagnuoli. Due persone di sesso diverso, ed in generale coniugate, si scelgono reciprocamente come compare e comare di San Giovanni: l’accordo si conclude presso a poco due mesi prima. Alla fine del mese di Maggio, la futura comare prende un pezzo grande di cor¬teccia di sughero, lo arrotola facendone un vaso, lo riempie di terra e vi semina un pizzico di grano della qualità migliore. S’innaffia, di tanto in tanto la terra con cura e il grano germina rapidamente, sì che in capo ad una ventina di giorni si vede un bel ciuffo detto erme o nènneri. Il giorno di S. Giovanni il compare e la comare prendono que¬sto vaso e, accompagnati da un corteo numeroso, s’incamminano verso una chiesetta dei dintorni. Giunti là, uno dei due getta il vaso contro la porta; poi tutti insieme mangiano una frittata colle erbe: infine ciascuno, mettendo le mani su quelle del suo vicino o della vicina, ripete ad alta voce ed a più riprese, queste parole: compare e comare di S. Gíovanni; si balla per parecchie ore e la festa è fi¬nita. Parlando di Feste popolari e religiose in cui il binomio sacro-profano è corposamente presente e difficilmente separabile non si può sottacere quella di Sant’Efisio a Cagliari. Si celebra da secoli (i656) il primo maggio, ininterrottamente (a parte l’interruzione per il Covid) e rientra all’interno di quelle Feste che si celebrano numerose ogni anno per assolvere l’impegno di un voto fatto dalla cittadinanza in seguito alla diffusione della peste, che si credette risolta con un intervento miracoloso del santo. Fu scelto proprio il mese di maggio poiché simbolo di rigenerazione della natura. Anche questa Festa, storicamente ed ancora oggi è presente insieme, una forte dimensione religiosa e devozionale ma anche ampi tratti profano- folcloristici, ludici e spettacolari e, viepiù consumistici e di mercato. Occorre infatti affermare con nettezza ed essere consapevoli, pur senza moralismi predicatori, che molte feste popolari e religiose – soprattutto quelle ad alta intensità di partecipazione di vere e proprie folle (a Cagliari Sant’Efisio, a Sassari I candelieri e a Nuoro Il Redentore) a poco a poco e progressivamente si stanno trasformando in una celebrazione meramente consumistica, in larga parte gestite secondo modelli elargiti a piene mani dall’industria culturale-mediatica dell’immagine e del mercato. In cui rischia di scomparire non solo la dimensione religiosa ma anche quella profana della tradizione culturale e simbolica del nostro passato. La festa rischia infatti di entrare solo nell’economia dei consumi, come semplice momento ludico ed edonistico, cui si assiste ma non si partecipa. E magari è fatta – penso soprattutto alle grandi Feste come San’Efisio – più per i turisti che per i sardi. Occorrerà una battaglia per restituire alla Festa, popolare e religiosa, la sua dimensione e funzione autentica, di strumento prezioso di incontro e autoconsapevolezza di sé e delle proprie radici, di conoscenza delle nostre tradizioni e della nostra civiltà oltre che della propria fede religiosa. Una Festa, come simbolo sacro della propria identità, della propria appartenenza e sodalità di paesani, soprattutto a fronte della omologazione crescente, culturale prima ancora che economica. Dobbiamo infatti considerare e vivere la Festa religiosa popolare tradizionale come un nostro bene culturale identitario, un nostro rito collettivo comunitario di sarditudine, irrinunciabile per le nostre comunità locali, che coniuga la tradizione e la cultura popolare con la religiosità, dove il moderno si coniuga con l’antico e l’arcaico. Senza queste due dimensioni Sant’Efisio come altre Feste, rischiano di ridursi a spettacolarizzazione multimediale, magari solo in funzione del turista, con scarse o nulle possibilità di risonanze nelle coscienze individuali e nella Comunità.

Le misure legislative per il Pnrr, nell’incertezza del cambio di governo #OpenPNRR

Le misure legislative per il Pnrr, nell’incertezza del cambio di governo #OpenPNRR

Dei 21 interventi normativi previsti per il 2022, 6 sono ancora da completare. Non è chiaro come si porrà il governo Meloni, ma emergono già alcuni elementi critici.

 

Il quadro generale sugli interventi previsti

Per realizzare le riforme e gli investimenti in agenda, il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha bisogno di una serie di interventi normativi.

21 le misure legislative previste dal Pnrr per il 2022.

L’entrata in vigore di ognuna di queste norme è associata a una scadenza del piano, che ne definisce i tempi e le modalità di completamento. Questo ci permette di monitorarne l’avanzamento e di osservare eventuali differenze tra ciò che l’agenda prevedeva e ciò che governo e parlamento hanno realizzato.

Innanzitutto ricostruiamo il quadro complessivo di questi interventi normativi, a partire dalla loro distribuzione poco equilibrata. Se infatti nel primo e nel terzo trimestre andava completata solo 1 misura legislativa, nel secondo e nel quarto ne sono previste rispettivamente 8 e 11.

Il T4 ha più interventi previsti e la transizione ecologica è il tema principale.

I motivi di questa scelta potrebbero essere legati alla maggiore rilevanza che i trimestri 2 e 4 assumono a livello europeo. La fine di giugno e la fine di dicembre corrispondono infatti ai 2 momenti in cui l’Unione europea verifica il conseguimento delle scadenze previste. In caso di parere positivo, rilascia una nuova tranche di fondi ai paesi. La tendenza quindi sembrerebbe quella di concentrare nei 3 mesi precedenti a questi appuntamenti, un maggior numero di interventi da completare, compresi quelli legislativi.

Osservando invece i temi su cui intervengono le norme Pnrr 2022, la transizione ecologica è al primo posto, con 6 misure legislative su questa materia. Un dato in linea con la centralità che l’Ue ha chiesto di dare a questo ambito, a tutti gli stati membri. Seguono infrastrutture e scuola università e ricerca, ciascuna al centro di 3 scadenze.

Lo stato di avanzamento e il cambio di governo

Un discorso a parte merita l’avanzamento di queste scadenze. Come si evince dalla tabella sopra, la maggior parte (15) sono già completate. In particolare, 9 relative a trimestri già trascorsi e 6 all’attuale, il quarto, che si chiuderà alla fine dell’anno. Ma in base al nostro ultimo monitoraggio datato 2 novembre 2022, diverse misure legislative risultano ancora da realizzare.

le misure legislative per il Pnrr che devono ancora essere conseguite nel 2022. Delle quali 3 sono a buon punto, 2 in corso e 1 in ritardo.

Su questi come sugli altri interventi Pnrr, è ancora da capire come il governo Meloni intende procedere. Se interromperà la realizzazione dell’agenda attuale per avviare un processo di modifica o addirittura di ristesura del piano. O se procederà con l’attuazione dell’agenda esistente almeno fino alla fine dell’anno. Cioè quando il nostro paese dovrebbe aver completato tutte le scadenze previste e richiedere alla commissione europea la terza tranche di finanziamento.

Il cambio di governo pone un’incognita sugli interventi Pnrr ancora da completare.

Anche se questo non è ancora chiaro, a oggi è già possibile sottolineare alcuni aspetti critici sulle misure legislative da conseguire entro il 2022.

Ad esempio, un caso da approfondire riguarda l’entrata in vigore della legge annuale sulla concorrenza 2021. Il 16 settembre 2022 il consiglio dei ministri ha approvato i due decreti legislativi necessari a rendere la legge operativa. Tuttavia a oggi non sono ancora pubblicati in gazzetta ufficiale e non sono in vigore. Bisognerà vedere come interverrà a riguardo il nuovo esecutivo. Ad esempio chiedendo proroghe, evitando di approvare i decreti attuativi o introducendo in una fase successiva decreti che possano abrogare alcuni aspetti della norma.

Circostanze simili sono quelle che interessano la riforma della giustizia, di cui si sta discutendo molto nel dibattito pubblico recente. Non è chiaro perché questa misura non rientri tra quelle riportate dalla camera, ma entro dicembre è prevista l’entrata in vigore degli atti delegati per la riforma del processo civile e penale e la riforma del quadro in materia di insolvenza. In questo caso, i decreti legislativi erano già stati pubblicati, ma prevedevano date diverse per diventare operativi. Il decreto sul processo civile (149/2022) dovrebbe assumere validità entro il 30 giugno 2023. Quello sul processo penale invece (150/2022) riportava come data di entrata in vigore il 30 novembre 2022. Tuttavia, con il decreto legge approvato in Cdm una settimana fa, il 31 ottobre, il nuovo esecutivo ha disposto

il rinvio dell’entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, fino al 30 dicembre 2022, al fine di poter perfezionare misure organizzative già avviate e adeguati supporti tecnologici.

Questo dovrebbe dare tempo all’esecutivo di apportare le modifiche che ritiene necessarie. Riuscendo comunque a far diventare operativo il decreto sul processo penale prima della fine dell’anno. Così da completare comunque la scadenza nei tempi previsti per la verifica della commissione europea.

Il potere legislativo del governo

Un’altra prospettiva interessante da cui analizzare i dati sulle misure legislative per il Pnrr è la tipologia di atti adottati per realizzarle.

Spesso la misura legislativa attesa e quella effettiva non coincidono.

Il sito della camera fornisce l’informazione in merito a quale intervento (legge, decreto legge, decreto legislativo, …) l’agenda aveva previsto di realizzare per completare ciascuna scadenza. Nella gran parte dei casi però, la misura effettiva non corrisponde a quella che si era deciso di attuare, o per numero o per tipologia. Innanzitutto, 10 scadenze su 21 sono state realizzate da diversi articoli appartenenti a più leggi o decreti. Anche se era stato previsto un singolo intervento normativo per ogni scadenza. Inoltre, delle 13 leggi ordinarie attese, solo 5 misure hanno preso questa forma. Mentre nella maggior parte dei casi si è proceduto attraverso decreti legge, decreti legislativi e altre forme normative che hanno visto un contribuito marginale da parte del parlamento.

Questi dati vanno inquadrati in una tendenza più ampia, di cui abbiamo già parlato diverse volte. Cioè quella che vede governi degli ultimi anni fare sempre più spesso ricorso ai decreti legge, esercitando il potere legislativo in modo primario. Mentre il parlamento è chiamato solo in un secondo momento a convertire tali interventi in leggi, entro 60 giorni dalla loro emanazione.

Questo pone da un lato una questione democratica, legata al rischio di depotenziamento dell’organo legislativo, l’unico eletto direttamente dal popolo. Dall’altro vi è una questione tecnica. Il ricorso abituale ai decreti legge infatti satura l’agenda del parlamento, che avrà poco tempo. Sia per entrare nel merito delle misure ed eventualmente modificarle, sia per occuparsi di altri temi.

Alcuni Dl completano numerose scadenze Pnrr.

Infine è interessante notare che, per rispettare il rigido cronoprogramma del Pnrr, spesso il governo ha approvato dei decreti che realizzavano contemporaneamente più misure legislative. È il caso dei cosiddetti decreti Pnrr 1 e 2. Il primo è il Dl 152/2021 che ha contribuito, da solo o in concomitanza con altri atti, a rendere operative 10 misure legislative nel 2021 e 3 nel 2022. Mentre il secondo è il Dl 36/2022 che ha completato, allo stesso modo, 1 scadenza nel 2021 e 13 misure nel 2022.

Foto: Presidenza del consiglio dei ministri

 

STUPORE FUORI LUOGO: non conoscono la civiltà nuragica!

 

STUPORE FUORI LUOGO:
non conoscono la civiltà nuragica!

di Francesco Casula

Due studentesse all’esame dimostrano di non conoscere nulla sul periodo nuragico. Bene. Lo trovo normale. Perché mai ci si dovrebbe meravigliare? Dove mai avrebbero dovuta studiarlo?
Certo non a scuola, nei libri scolastici: dove la storia, la lingua, la civiltà complessiva dei Sardi è stata non solo negata ma cancellata, abrasa.
Ma neppure nei Media: dov’è ugualmente dimenticata. Del tutto. O comunque mistificata.

La Biblioteca del Quotidiano Repubblica, nel 2005 ha pubblicato e diffuso a migliaia di copie un volume di 800 pagine sulla preistoria nel quale nuraghi e Sardegna non vengono citati, neppure per errore. Un’occasione mancata per la cultura italiana che pur pretende, – e con quale spocchia – di dominare sull’Isola. Per contro, uno dei redattori più influenti del quotidiano romano, Sergio Frau, da tempo sostiene, producendo una grande messe di indizi e di prove, che al tempo dei nuraghi la Sardegna altro non era se non Atlantide. La tesi, se verificata fino in fondo, sconvolgerebbe la storia del Mediterraneo così come la conosciamo; anche per questo è avversata con veemenza da accademici, sovrintendenti, geologi e antropologi (soprattutto sardi), poco disposti a mettere in discussione se stessi e le certezze su cui hanno fondato carriere e fortune. E’ la stessa veemenza usata nel passato contro il dilettante scopritore di Troia, anch’essa come Atlantide considerata un semplice “mito”.
Se il Quotidiano “La Repubblica” ha compiuto un semplice peccato di omissione, qualcuno ha fatto di peggio: certo Gustavo Jourdan, uomo d‘affari francese, deluso per non essere riuscito dopo un anno di soggiorno in Sardegna, a coltivare gli asfodeli per ottenerne alcool, in “l’Ile de Sardaigne” (1861) parla della Sardegna “rimasta ribelle alla legge del progresso, terra di barbarie in seno alla civiltà che non ha assimilato dai suoi dominatori altro che i loro vizi”. E a proposito dei Nuraghi scrive che si tratta di “rovine”, peraltro insignificanti, perché “resti incontrati vicino al mare in tre o quattro punti” (sic!).
L’inglese Donald Harden, archeologo, filologo e storiografo di fama, dopo aver visitato molte contrade della Sardegna, agli inizi del Novecento, tra gli anni ’20 e ‘30, espresse giudizi poco lusinghieri sulla tradizionale cultura del popolo sardo che lo aveva ospitato e in una sua opera “The Fhoenician” parlerà della Sardegna come regione sempre retrograda.
Ma tant’è: accecati dall’eurocentrismo, evidentemente costoro dimenticano che quella nuragica è stata la più grande civiltà della storia di tutto il mediterraneo centro-occidentale del secondo millennio avanti Cristo. Con migliaia di nuraghi (8.000 secondo le fonti ufficiali: l’Istituto geografico militare, che però li censisce secondo modalità militari e non archeologiche; 20.000 secondo Sergio Salvi e 25–30.000 secondo altre fonti non ufficiali) costruzioni megalitiche tronco-coniche dalle volte ogivali con scale elicoidali; pozzi sacri, betili mammellari, terrazze pensili, androni ad arco acuto, innumerevoli dolmens e menhir, migliaia di statuette e di navicelle di bronzo.Con un’economia dell’abbondanza: di carne, pesce, frutti naturali. Che produce oro, argento, rame, formaggi, sale, stoffe, vini. Ma anche la musica delle launeddas
Quella Sardegna, (per Omero la Scherìa, la terra dei Feaci, abitanti di un’Isola su tutte felice), posta a Occidente nel mezzo del Mediterraneo, aperta al mondo, che combatte, alleata con i Popoli del mare contro i potenti eserciti dei Faraoni e dei re di Atti che tiranneggiano e opprimono i popoli.
La Sardegna, l’Isola sacra in fondo al mare di Esiodo, l’Isola dalle vene d’argento (Argyròflebs) di Platone poi Ichnusa Sandalia ecc. oltre che Isola “felice” è infatti Isola libera, indipendente e senza stato. Organizzata in una confederazione di comunità nuragiche mentre altrove dominano monarchi e faraoni, tiranni e oligarchi. E dunque schiavitù. Non a caso le comunità nuragiche costruiscono nuraghi, monumenti alla libertà, all’egualitarismo e all’autonomia; mentre centinaia di migliaia di schiavi, sotto il controllo e la frusta delle guardie, sono costretti a erigere decine di piramidi, vere e proprie tombe di cadaveri di faraoni divinizzati.
Per sfuggire alle carestie, alla fame e alla miseria ma anche alle tirannidi e alla schiavitù molti si rifugeranno nell’Isola, che accoglierà esuli e fuggitivi. Venti mila – secondo il linguista sardo Massimo Pittau – scampati alla distruzione della città-stato di Sardeis in Anatolia, da parte degli invasori Hittiti. Altri arriveranno dalla stessa Troia

San Prosdocimo di Padova

 

San Prosdocimo di Padova


Nome: San Prosdocimo di Padova
Titolo: Protovescovo
Nascita: I secolo, Grecia
Morte: I secolo, Padova
Ricorrenza: 7 novembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Greco, cresciuto alla greca sapienza, come sentì l’ apostolo Pietro predicare il Vangelo in Antiochia, si diede subito a seguirlo. E Pietro, venuto a Roma con lui, l’ordinò Vescovo quando aveva appena, vent’anni e lo spedì a Padova a portarvi la fede di Gesù Cristo. E là le sue fatiche furono coronate di splendidi miracoli e di abbondantissima messe.

Appresso anche Vicenza, Feltre, Este, Altino, Asolo furono il fortunato campo dove egli gettò la divina semente. Anzi Treviso decise che abbia avuto il coraggio d’innalzare perfino una chiesa ad onore del suo maestro.

Tra molti che convertì, levò rumore Vitaliano il prefetto della provincia. Il quale, essendo vicino a soccombere di una mortale infermità, chiamato a sè Prosdocimo, si fece da lui battezzare, e fu subito guarito. Anche sua moglie gli venne dietro nella conversione, perchè ormai disperando di aver prole, per orazione del Santo venne fatta madre di una figlia di nome Giustina, che in seguito cresciuta ad alta perfezione, si cinse della doppia corona della, verginità e del martirio.

Dopo queste missioni, il beato Prosdocimo tornava a Padova quando appunto scoppiava la crudele persecuzione di Nerone. A mitigarla, e forse anche a finirla, il generoso voleva darsi ai’ pagani. Ma Iddio, che lo aveva serbato a predicare sino all’ultimo la verità, disponeva invece che, superati sempre tutti i pericoli, vivesse della vita la più lunga. Di anni 113 si addormentava in Cristo.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Padova, san Prosdocimo, che si ritiene sia stato il primo vescovo di questa città.